Rating debito-BTP: S&P avverte l’Italia di Meloni su riforme-PNRR. Gli scenari downgrade & upgrade

Rating sul debito pubblico italiano, o anche sui BTP: a che punto siamo? L’agenzia S&P Global ha pubblicato un nuovo report dedicato al trend di metà anno dei rating sovrani dei mercati dei paesi avanzati europei, tornando a segnalare il suo giudizio e il suo outlook sull’Italia.
Nell’analisi “European Developed Markets Sovereign Rating Trends Midyear 2024: Lagging Regional Growth Could Weigh On Public Finances” l’agenzia di rating ha presentato gli elementi di forza e di vulnerabilità delle diverse economie europee, avvertendo, così come emerge chiaramente del titolo del rapporto, che la debolezza della crescita del Pil del blocco potrebbe “pesare sui conti pubblici”.
Conti pubblici che continuano ad assillare il governo Meloni, nel caso dell’Italia, a causa della spina onnipresente del debito pubblico, ma anche la Francia, come è stato dimostrato dalla raffica di sell che si è abbattuta contro i titoli di stato OAT francesi dopo l’annuncio del presidente Emmanuel Macron di indire le elezioni anticipate
S&P ha tra l’altro bocciato il rating di Parigi prima dello shock del voto esploso in Francia.
Debito pubblico Italia: il rating di S&P Global e i test superati
Va ricordato che lo scorso 19 aprile, l’agenzia S&P Global ha annunciato di avere confermato il rating di tripla B sul debito italiano, reiterando l’outlook stabile.
Così facendo, S&P ha rinnovato la decisione presa nell’autunno del 2023: un autunno di alta tensione per i BTP, a causa del rischio che la ‘sorella’ di S&P Moody’s bocciasse la carta italiana, bollando i BTP “junk”, ovvero spazzatura.
Quei giorni febbrili di attesa per i giudizi delle agenzie di rating si erano poi conclusi con una Italia che passava tutti i test più cruciali:
quello di Fitch, e soprattutto quello tanto temuto di Moody’s che, invece di annunciare il junk, nel giorno X della sua decisione finiva per migliorare anche l’outlook sul debito italiano, allontanando lo spettro junk.
Lo spettro non si è tuttavia volatilizzato, tutt’altro: potrebbe tornare ad aleggiare sui mercati, dal momento che il rating sui BTP di Moody’s, pari a Baa3, rimane all’ultimo gradino della classifica di giudizi investment grade dell’agenzia, il che significa che basta una sforbiciata per far diventare i BTP “spazzatura”.
Lo scorso autunno, sul debito italiano aveva detto la sua anche S&P, che poco dopo aveva fatto anche il punto sulle banche italiane, per poi tornare ad annunciare il suo giudizio sul debito pubblico italiano nel mese di aprile.
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Crescita Pil Italia: la parola d’ordine è PNRR
Oggi, il nuovo report, che è piuttosto il punto della situazione di metà 2024 che l’agenzia di rating S&P fa per i BTP, così come per i titoli di stato di altri paesi europei avanzati.
Nel caso dell’Italia, si parla ancora di un outlook stabile per il debito pubblico, grazie all’effetto dei fondi Ue, e dunque grazie all’attuazione del PNRR.
L’outlook stabile, spiega l’agenzia, è il risultato dell’equilibrio raggiunto tra “la nostra proiezione attuale di un aumento del debito governativo in termini percentuali, già a livelli elevati” e “una crescita del Pil più forte, che dovrebbe essere generata dagli stimoli economici significativi arrivati con i fondi Ue”.
L’agenzia ha presentato sia uno scenario al ribasso che uno al rialzo per il rating dell’Italia:
“Potremmo abbassare i rating nel caso in cui il fabbisogno del governo deviasse in modo significativo dalla traiettoria attuale”.
S&P Global ha anche menzionato la paura che “la crescita economica e i conti pubblici” finiscano “sotto pressione, nel caso in cui le riforme strutturali economiche e le riforme di bilancio vengano attuate in modo solo parziale, soprattutto quelle legate all’esborso dei fondi Ue”.
C’è però anche uno scenario al rialzo per il rating dei BTP:
“Potremmo alzare i rating se la performance di bilancio migliorasse – per esempio, con l’attuazione delle politiche di riduzione dei deficit, o se la crescita economica (Pil) fosse più forte delle attese – portando il debito-Pil a scendere”.
Vale la pena di riprendere le recenti parole proferite dal numero uno della Consob Paolo Savona, che ha intimato qualche settimana fa alle agenzie di rating di migliorare il giudizio sull’Italia.
“Innalzando i rating sui BTP”, ha affermato Savona , le agenzie di rating allevierebbero “l’onere sulla crescita reale dovuto al maggiore costo dell’indebitamento pubblico, così innalzando il livello del reddito potenziale”.
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S&P: decisioni di governi nuovi possono influenzare rating
Per quanto riguarda in generale i mercati sviluppati dell’Europa, nel report pubblicato oggi l’agenzia di rating S&P Global ha messo in evidenza i seguenti punti:
- Dei 30 paesi europei sviluppati con rating di S&P, che comprendono i quattro i membri del G7, 26 mantengono un outlook stabile, dopo una serie di declassamenti avvenuti all’inizio dell’anno.
S&P ha mantenuto un outlook positivo su quattro piccoli Paesi europei: Andorra, Cipro, Grecia e Portogallo. - Le decisioni sulle finanze pubbliche da parte di governi nuovi o ancora da formare che hanno visto un forte aumento del debito pubblico in seguito alla pandemia – in particolare Belgio, Francia e Regno Unito – potrebbero influenzare i rating.
- Poiché l’unione fiscale, dei mercati dei capitali e dell’economia non è ancora stata completata, l’Europa si trova in una posizione di svantaggio competitivo rispetto agli Stati Uniti, il che si manifesta con l’aumento del divario di produttività tra i due blocchi economici.
Per quanto riguarda i mercati emergenti dell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa):
- Gli outlook positivi sui paesi emergenti dell’area EMEA superano quelli negativi con un rapporto superiore a 3:1, sebbene i rating rimangano due notch al di sotto dei livelli raggiunti poco prima della crisi finanziaria globale del 2008.
- Escludendo i grandi esportatori del settore energy, il rapporto debito pubblico/Pil nella regione è in media superiore di 8 punti percentuali rispetto a prima della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina.
- I sovrani con rating con outlook positivo condividono alcuni fattori comuni, tra cui un migliore coordinamento delle politiche fiscali e monetarie, risultati fiscali più solidi e per la maggior parte dei casi economie ragionevolmente aperte.
- Gli outlook negativi riflettono principalmente il peggioramento degli squilibri fiscali, spesso legati a tensioni sociali o conflitti militari.
Nel mettere in evidenza le vulnerabilità dell’Europa, S&P Global ha fatto notare come l’Unione europea, in generale, continui a rimanere indietro agli Stati Uniti.
Il gap tra i redditi tra Stati Uniti e Ue, per esempio, sta salendo tanto che, nel periodo compreso tra la fine del 1999 e la fine del 2023, così come è emerso dai dati dell’Ocse, “il divario tra la produttività dell’area euro e quella degli Stati Uniti in termini di Pil per ora lavorata (a prezzi costanti) si è allargata dal 7% del 1999 al 23% dello scorso anno (e dal 3% al 31% nel caso dell’Italia”.
Ancora, con quello che è stato un monito già lanciato da diversi economisti e in primis dall’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio Mario Draghi, l’agenzia di rating ha puntato il dito contro l’incapacità dell’Ue di riuscire a far leva sul potenziale del mercato unico per creare economie di scala:
“Le decisioni sulle strategie di crescita sono lasciate ai governi nazionali; la maggior parte dei governi nazionali, in modo particolare nell’area euro, dà priorità a politiche che proteggono aziende e dipendenti nazionali, inibendo in questo modo il corretto funzionamento del mercato unico erigendo barriere contro la mobilità dei servizi professionali, del commercio, del lavoro“.
“Il risultato è che quasi non ci sono vere banche paneuropee (una questione sollevata più volte dal ceo di UniCredit Andrea Orcel), mentre le aziende paneuropee in grado di competere con le loro rivali americane e asiatiche sono molto poche. Questo è un freno alla crescita, che sta diventando sempre più visibile nell’allargamento della differenza della produttività Ue rispetto a quella americana”.
Un altro monito è stato lanciato all’Europa a causa “dell’assenza di un asset privo di rischio paneuropeo (eurobond) che sia garantito in modo comune e che possa competere con i Treasury Usa“.
La soluzione di questa frammentazione, ricorda S&P, sarebbe quella di rendere più profonda l’integrazione dell’Europa: qualcosa che comporterebbe “grandi cambiamenti, che sono stati proposti in diverse occasioni, in passato: una transizione verso una unione fiscale con trasferimenti significativi e permanenti e non transitori; e un bond singolo, sostenuto da una unica base imponibile comune”. Un eurobond per l’appunto.
La questione è che dalle elezioni Ue del giugno del 2024, ha sottolineato l’agenzia di rating, è emerso che “la maggior parte dell’elettorato europeo non è a favore di queste riforme. L’impressione è che la maggior parte degli elettori desideri una politica fiscale, del lavoro ed economica che rimanga sotto il controllo nazionale”.
Ma, visto che tutto questo alla fine comporta un allargamento del divario della ricchezza con altri grandi blocchi economici globali, fa notare S&P, forse gli stati membri potrebbero alla fine riconsiderare queste preferenze politiche. E questa riconsiderazione potrebbe essere scatenata dal prossimo shock economico globale”.
“Al momento, il risultato è che il Pil pro-capite francese, per fare un esempio, attorno a €34.000, rimane al di sotto del 40% rispetto a quello degli Stati Uniti. E, visti gli attuali trend della produttività, quel divario sembra destinato anche a salire”.
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