Bce ed eurobond: identikit del vero scudo pro BTP

Bce favorevole agli eurobond?
Di eurobond ormai si parla da anni: l’argomento torna di attualità, in un momento in cui si fanno pronostici su quale sorte spetterà all’Italia e agli altri paesi indebitati dell’area euro, visto che la Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde inizierà a breve a smobilizzare, con il Quantitative Tightening, la grande mole di BTP e di altri titoli di stato dell’Eurozona.
Le polemiche esplose in Italia contro la Bce di Christine Lagarde, sia riguardo alla decisione di continuare ad alzare i tassi che per il lancio del QT, sono note (vedi critiche Crosetto & Salvini).
Con il suo debito pubblico, l’Italia rischia di essere la vittima illustre della Bce versione falco.
“I bond dei paesi periferici (Italia inclusa, dunque i BTP) sarebbero quelli che trarrebbero maggior beneficio dall’emissione di debito comune europeo, in quanto misure del genere si tradurrebbero in una minore offerta sul mercato (dunque minore offerta di BTP) e dunque in rendimenti inferiori, grazie agli sforzi comuni dell’Ue”, commentava a Bloomberg Antoine Bouvet, strategist senior della divisione dei tassi di ING nell’ottobre dell’anno scorso, sulla scia del riaccendersi delle speranze per la realizzazione del sogno degli eurobond, ovvero dell’emissione di debito comune europeo.
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Cosa sono gli eurobond, il vero scudo anti-spread salva BTP
Intanto, cosa sono gli eurobond?
Per l’Italia, la loro emissione sarebbe sicuramente una manna dal cielo, o meglio, un – se non IL – vero scudo anti-spread salva BTP.
Proposti già dall’inizio degli anni ’90 dall’allora presidente della Commissione europea Jacques Delors, gli eurobond permetterebbero ai paesi caratterizzati da un elevato debito pubblico di emettere titoli di stato a tassi molto contenuti.
In questo modo, nel caso specifico dell’Italia, caratterizzata da un rating sul debito inferiore a quello dei debiti di Francia e Germania, il nuovo debito, con gli eurobond, potrebbe essere emesso a tassi decisamente più bassi rispetto a quelli attuali.
Per i BTP italiani, uno scudo notevole:
i timori sulla Bce pronta a staccare la spina a favore dell’Italia (e in generale dell’Eurozona) si leggono di fatto già sul mercato,
Basta guardare alle ultime emissioni di BTP: il rialzo dei tassi è evidente e marcato.
E lo scudo anti-spread salva BTP ufficiale della Bce viene considerato da molti insufficiente a blindare l’Italia.
Un aiuto anche contro il doom loop banche-BTP
Un eurobond permetterebbe invece all’Italia, così come alla Germania, di emettere titoli di stato sicuri, provvisti di una garanzia comune.
Come si legge nel sito della LUISS, “Per paesi come il nostro i vantaggi dell’introduzione di un debito congiunto, di una mutualizzazione del rischio, sarebbero evidenti. Oltre al già richiamato risparmio di interessi, un titolo di debito europeo, per definizione sicuro perché garantito congiuntamente, consentirebbe di rompere finalmente il doom loop tra bilanci pubblici e bancari”.
Non per niente gli eurobond vengono definiti safe asset, ovvero asset sicuri. E non per niente, nel pieno della crisi scatenata dal Covid, nel 2020, l’Italia rinnovava il suo appello pro-eurobond, premendo per il lancio dei coronabond.
L’idea veniva appoggiata da nove paesi membri dell’area euro, guidati da Italia, Spagna e Francia, che firmavano una lettera chiedendo espressamente l’emissione congiunta di strumenti di debito che venissero garantiti da tutti i paesi dell’area, Germania inclusa.
L’appello veniva tuttavia snobbato da tutti, e la risposta era sempre la stessa: MES. Altro tema di attualità di questi giorni.
Focus EU bonds del NextGenEU
Poi, è arrivata la novità Recovery Fund-Next Generation EU. (che ha visto protagonista, in particolare, il governo Draghi .
Di eurobond si è parlato, per alcuni impropriamente, proprio in relazione ai bond che la Commissione europea ha emesso e sta emettendo per finanziare il programma NextGenerationEU, lanciato per blindare l’Eurozona dalla crisi scatenata dal coronavirus.
Si tratta di EU-bond, concepiti per finanziare per l’appunto il NextGenEU, che permettono la raccolta di finanziamenti volti a sostenere la ripresa degli Stati membri dell’Unione europea.
Il primo eurobond, così chiamato, è stato emesso dall’Unione europea il 14 giugno del 2021, nell’ambito di un piano di emissioni di un valore di 800 miliardi di euro previsto per i cinque anni successivi, in media 150 miliardi di euro di emissioni di debiti all’anno fino al 2026.
Si tratta di un piano ambizioso, ma secondo alcuni non sufficiente, in quanto limitato nel suo scopo e nella sua durata.
L’eurobond chiesto dall’Italia è invece un bond permanente, un safe asset.
I tre Mr. Bce chiedono un safe asset
Ed è qui che entra in campo la Bce, con l’appello che è stato firmato dai tre economisti Tilman Bletzinger, William Greif e Bernd Schwaab.
“Il safe asset – scrivono gli economisti – è definito da tre caratteristiche. In primo luogo, presenta un rischio di default basso, è dunque un asset che presenta una ‘qualità’ elevata. In secondo luogo, così come un buon amico, un safe asset conserverebbe il suo valore anche in momenti negativi (presenterebbe la caratteristica definita ‘robustness’, dunque di solidità. Terza cosa, potrebbe essere venduto ai o attorno i valori di mercato correnti nella maggior parte delle condizioni di mercato (dunque sarebbe caratterizzato dalla liquidità)“.
Fatta questa premessa, i tre economisti hanno ricordato che in Europa si ritiene in generale che “l’area euro soffra dell’assenza di safe asset denominati in euro, soprattutto se si fa un paragone con gli Stati Uniti (..)”
“Per esempio, Gossé e Mourjane (2021) stimano che nel 2019 l’offerta di debiti sovrani con rating AA o più alto sia ammontata ad appena il 37% del Pil negli Stati membri dell’Unione europea, rispetto all’89% negli Stati Uniti. In più, il mercato dei bond sovrani Ue è frammentato, caratterizzato da diversi sub-mercati, e da percezioni dei partecipanti al mercato sui rischi relativi che possono cambiare nel corso del tempo”.
I tre esperti della Bce hanno scritto chiaro e tondo che “l’assenza di safe asset denominati un euro e la frammentazione del mercato sono problematici“.
Tra l’altro, “Entrambi i fattori possono aumentare i rischi di ‘doom loop’ tra banche e debiti sovrani (situazioni in cui i problemi del settore bancario possono contagiare quello dei titoli di stato e viceversa) e i costi di servizio del debito in situazioni negative, portando gli investitori a rifugiarsi negli asset più sicuri (situazioni in cui gli investitori vendono gli asset più rischiosi e acquistano gli asset più sicuri), che aumentano la frammentazione finanziaria“.
Di conseguenza, “in assenza di un safe asset sovranazionale denominato in euro, una corsa verso la sicurezza porterebbe il capitale a lasciare i paesi vulnerabili per rifugiarsi nei beni rifugio. In più, i doom loop possono essere anche la conseguenza di banche deboli che detengono un ammontare sproporzionato di asset volatili”.
Gli economisti hanno ricordato che “quasi tutte le emissioni nette di bond dell’Unione europea del 2020 e del 2021 sono state strettamente connesse a due iniziative politiche: ‘il sostegno temporaneo volto a mitigare i rischi di disoccupazione in uno stato di emergenza (SURE) e il piano ‘Next Generation EU'”.
Ora, per quanto queste iniziative siano state considerate “una pietra miliare” nella storia dell’euro e dell’Unione europea, “le prospettive di EU bond pronti a diventare un vero safe asset denominato in euro potrebbero essere potenzialmente a rischio: e questo perché entrambi i programmi SURE e NGEU sono stati concepiti per essere piani straordinari, risposte all’emergenza pandemica limitate nel tempo”.
“Un vero safe asset – invece, nel caso specifico dell’Italia un vero scudo anti-spread salva BTP – come sono quelli tradizionali come i Treasuries Usa o i Bund tedeschi, tende a essere scambiato sul mercato senza una scadenza definita, fattore che fa sì che valga la pena di sostenere il costo per creare una struttura di trading ad hoc”.
“Nel caso degli EU bond emessi in relazione ai piani SURE e NGEU, le scadenze sono previste rispettivamente per il 2052 e il 2058”, fattore che “potrebbe frenare gli investitori dal lanciare una strategia di investimenti di lungo termine, in cui gli EU bond possano essere considerati una parte permanente dei loro portafogli“.
“Questo ostacolo – si legge nel paper degli economisti della Bce – potrebbe essere mitigato dalla creazione di un ulteriore budget Ue finanziato dai bond, concepito per fare da cuscinetto all’impatto negativo della guerra in Ucraina scatenata dalla Russia, su cui l’Ue si sta confrontando nel momento in cui scriviamo”.
I tre esperti mettono infine in evidenza tutti i limiti degli EU bonds, “che non sono al momento inclusi negli indici che includono i debiti sovrani (i titoli di stato)”.
Ora, “questa esclusione limita la domanda di questi bond da parte di alcuni fondi safe-asset“.
Inoltre, “non c’è al momento alcuno strumento derivato di hedge per i bond EU. E affinché tale strumento sia efficace, è necessario prima di tutto che si evolva un mercato repo profondo e liquido”.
Un’apertura della Bce verso gli eurobond?
Sicuramente un altro passo importante affinché gli eurobond emessi nell’ambito dei programmi SURE e Next Generation EU non finiscano per essere ricordati solo come una parentesi della solidarietà europea, in un momento in cui il salvagente storico dell’Eurotower, ovvero il QE-Quantitative easing, si sta tramutando nel suo opposto – il QT-Quantitative Tightening – scaricando un bel po’ di BTP & Co. sul mercato. E in un momento in cui si continua a parlare di MES.
Ieri sera, rispondendo ad una domanda sulla questione durante la conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo, il commissario UE agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni si è così espresso:
“Sono fiducioso che il processo di ratifica” della riforma del Mes in Italia “andrà nella giusta direzione”.