Notizie Notizie Mondo MSCI sbarra la strada a bond Ue. Europa paga assenza veri eurobond-debito comune

MSCI sbarra la strada a bond Ue. Europa paga assenza veri eurobond-debito comune

14 Giugno 2024 13:54

Una vera batosta per i bond Ue, non solo in termini di appetibilità, ma anche in termini reputazionali: si sta parlando dei bond Ue che vengono emessi dall’Unione europea per finanziare il Next Generation EU, il piano lanciato da Bruxelles durante il periodo del Covid per tamponare i danni economici provocati dalla pandemia: quel piano che, con l’erogazione di finanziamente e prestiti agli stati membri dell’Unione europea, rappresenta le fondamenta su cui regge il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza).

Nella giornata di ieri quei bond – che, va precisato, non vanno confusi con i veri eurobond il cui lancio è stato tanto invocato in primis dall‘ex presidente della Bce e del Consiglio Mario Draghi, e che più volte sono stati sponsorizzati anche dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta  – sono scesi nella giornata di ieri dopo l’annuncio di MSCI, il colosso finanziario americano ex Morgan Stanley Capital International, che stila gli indici di mercato tra i più importanti al mondo, come l’MSCI World, l’MSCI All Country World Index (ACWI) e l’MSCI Emerging Markets Indices.

Come ricorda il sito Investopedia, per esempio, l’indice MSCI All Country World Index è un indice compilato da MSCI che include più di 2.800 azioni di 47 indici azionari, che si riferiscono sia ai mercati emergenti che ai mercati dei paesi avanzati.

MSCI dice no a ingresso bond Ue nei suoi indici dei bond sovrani

Ieri proprio da MSCI è arrivata una doccia fredda per l’Unione europea e in particolare per i suoi bond, che ha messo in evidenza come il processo di integrazione in atto nell’Ue abbia decisamente molta strada da fare.

A seguito di una consultazione avviata con diversi investitori, MSCI ha deciso infatti di non includere il debito dell’Unione europea negli indici dei bond governativi da esso compilati:

uno schiaffo in faccia all’Unione europea che aveva sperato, attraverso l’inclusione dei suoi bond negli indici di MSCI, di essere considerata dagli investitori come uno stato vero e proprio. E invece no.

L’ok non è arrivato e il motivo è chiaro: quei bond Ue emessi nell’ambito del piano NextGenerationEU – che pur ha rappresentato una svolta storica per l’Ue, tanto che in alcuni casi questi titoli di stato sono stati chiamati anche eurobond – non sono eurobond nel senso stretto del termine.

Non c’è dietro all’emissione di questi titoli pseudo eurobond, un unico Stato che li emette, così come non c’è alla base un debito europeo davvero comune.

L’emissione di questi bond Ue ha anche un carattere temporaneo, dal momento che l’obiettivo di Bruxelles, attraverso la emissione di queste obbligazioni, è quello di raccogliere finanziamenti di 800 miliardi di euro circa entro il 2026, in concomitanza con la scadenza del piano NextGenerationEU, come ricorda la stessa Commissione europea.

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Sell sui bond Ue, i rendimenti scattano

Sebbene la ragione del mancato ingresso sia logica, un articolo di Reuters segnala che diversi erano stati gli investitori che avevano scommesso sul fatto che i bond Ue sarebbero entrati a far parte degli indici MSCI che includono le obbligazioni governative.

Ed erano state proprio queste speculazioni a far sì che i bond Ue performassero meglio rispetto ai titoli di stato emessi dalle singole nazioni europee, nel corso delle ultime settimane.

Di conseguenza, l’annuncio dell’MSCI è stato seguito da un sell off sulle obbligazioni Ue, che ha portato i rendimenti a 10 anni dei titoli Ue a salire di 7 punti base, fino al 3,13% e i rendimenti a 30 anni a balzare anch’essi di 7 punti base, al 3,51%, stando ai dati di Tradeweb riportati da Reuters.

La tensione si è poi allentata, con i tassi dei bond Ue che hanno limato i rialzi, concludendo la sessione di ieri in crescita di 5 punti base, facendo comunque peggio rispetto ai BTP e altri bond sovrani dell’area euro, che hanno assistito a un aumento dei rendimenti di 1-2 punti base.

MSCI ha spiegato il suo “no” con la presenza di opinioni discordanti sull’inclusione delle obbligazioni negli indici dei bond sovrani da esso stilati.

Un articolo del Financial Times, nel riportare la notizia, ha ricordato che l’ammontare totale del debito dell’Unione europea ammonta a 500 miliardi di euro: si tratta del sesto valore più alto nell’area euro, dunque sicuramente non del peggiore. 

Con eurobond e debito comune europeo l’Ue sarebbe più ricca

Non essendo espressione di un debito europeo comune, pur beneficiando dei rating AAA di alcune agenzie di rating, i bond Ue hanno continuato in questi ultimi anni a essere caratterizzati da una peculiarità evidenziata più volte da analisti ed esperti vari: il fatto di presentare rendimenti più alti rispetto ai titoli considerati più sicuri nell’area euro, ovvero i Bund tedeschi, pari al 3,12% rispetto al 2,55% dei titoli di stato teutonici, e anche rispetto ad altri bond.

Motivo: la natura poco chiara dell’emittente, ovvero dell’Unione europea, che non si è fatta ancora una: una lacuna che sta l’Europa sta pagando cara.

Il fatto che MSCI abbia sbarrato la strada ai bond EU, ha calcolato infatti Ninon Bachet, strategist della divisione di tassi europei presso Société Générale impedisce all’Unione europea di finanziarsi in modo più significativo sui mercati.

Bachet ha sottolineato infatti che, se l’Ue venisse riclassificata alla stregua di emittente di bond sovrani, gli investimenti in titoli di stato europei potrebbero essere compresi tra 5 miliardi e 10 miliardi di euro.

Anche altri analisti hanno fatto notare inoltre che, se i bond Ue venissero inclusi in altri indici, come quelli stilati da Bloomberg, Barclays, FTSE o S&P Markit, l’Unione europea incasserebbe decisamente più fondi di quelli che finora riceve.

Il Financial Times ha ricordato che la decisione di MSCI è arrivata qualche giorno l’esito delle elezioni europee che, nel confermare l’avanzata dell’estrema destra, rende più difficile immaginare ora una Ue pronta a velocizzare il disegno ancora irrealizzato di emettere eurobond che siano espressione di un debito europeo comune. 

Interpellato anche lui dall’FT Tomasz Wieladek, responsabile economista di T Rowe Price, ha citato tra i motivi che avrebbero portato MSCI a rifiutare i bond Ue anche la scadenza del piano NextGenerationUE.

Nel commentare la decisione di MSCI,  Wieladek ha spiegato infatti la presenza di “timori attinenti alla liquidità, vista l’assenza di piani di emissione” di bond Ue “dopo il 2027”.

Di fatto, ha aggiunto l’economista, “quando vuoi inserire un emittente in un indice, vuoi anche essere sicuro che le emissioni procedano per un po’ di tempo nel mercato primario: e questa chiarezza, semplicemente, non c’è“.

La decisione di MSCI non è tuttavia definitiva: è stato infatti lo stesso gigante finanziario Usa a riferire che tornerà a valutare l’opzione di inserire i bond UE nei suoi indici di bond sovrani nel secondo trimestre del 2025: dunque c’è ancora speranza che l’Unione europea venga considerata un emittente sovrano.

“Ovviamente, la decisione di MSCI è un brutto colpo per le speranze dell’Ue di vedere i propri bond inclusi negli indici europei dei bond sovrani nel breve termine, ma in un’ottica di più lungo termine il percorso potrebbe essere più velocizzato, anche se in modo accidentato, piuttosto che fare un dietrofront permanente”, ha commentato al Financial Times Richard McGuire, responsabile della divisione di strategia sui tassi di Rabobank.

Gli appelli pro-eurobond di Draghi

Vanno ricordati i ripetuti appelli che l’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha lanciato in più di una occasione a favore di una Europa davvero unita, che trovi espressione nel completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali e che si faccia finalmente stato.

Mario Draghi ha spezzato una lancia a favore degli eurobond, sfidando il no dei paesi europei falchi, come Germania e Olanda, noti per opporre resistenza di fronte a un piano che, a loro avviso, li costringerebbe a farsi carico dei paesi più indebitati come l’Italia:

“Lo so che la strada è lunga, ma dobbiamo cominciare a incamminarci. È un obiettivo di lungo periodo, ma è importante avere un impegno politico”, disse Draghi tre anni fa, ai tempi in cui guidava l’Italia.

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La questione tuttora irrisolta degli eurobond affonda le sue radici ai tempi della crisi dei debiti sovrani, quando un appello a favore del loro lancio venne lanciato anche dall’investitore miliardario George Soros, che, intervistato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, invocò la creazione di un titolo di debito comune:

“La Germania e gli altri Paesi con la tripla A devono, in un modo o nell’altro, creare un sistema di euro-obbligazioni. In caso contrario l’euro crollerà – disse il noto filantropo.

Solo la Germania può rovesciare la dinamica distruttrice europea sostenendo la creazione di euro-obbligazioni ed evitando le perdite incalcolabili che il crollo dell’euro avrebbe sul sistema bancario”, aveva avvertito il finanziare.

Era l’agosto del 2011, 13 anni fa. Ma la Germania fece orecchie da mercante:

storica l’opposizione dell’ex Cancelliera tedesca Angela Merkel che più volte aveva già affossato l’idea, definendola una soluzione politicamente ed economicamente sbagliata, oltre a essere controproducente.

L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi è tornato a strigliare l’Unione europea sull’assenza di un debito comune europeo anche agli inizi di quest’anno, con un discorso proferito a Strasburgo, in occasione della riunione della Conferenza dei presidenti delle commissioni del Parlamento europeo.

Anche i più duri isolazionisti in Europa devono rendersi conto che ogni Paese europeo è troppo piccolo da solo”, aveva detto in quella occasione Draghi, spazientito per i troppi no che il Continente continua da anni a dire non solo agli eurobond, ma anche a riforme a suo avviso necessarie per garantire la crescita dell’Ue.

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Ma come, non abbiamo un mercato unico? Sì, in teoria, in pratica no. Ci sono tanti mercati e quindi le piccole imprese che nascono in Europa”, che puntano sull'”innovazione e sulla tecnologia, perchè abbiamo ancora tanti centri di ricerca, appena cominciano a svilupparsi si spostano e vanno negli Stati Uniti, oppure vendono agli imprenditori di altre parti del mondo”, aveva detto Draghi alla fine di novembre del 2023, durante la presentazione del libro di Aldo Cazzullo ‘Quando eravamo padroni del mondo’.

“Il modello di crescita europeo si è dissolto, fondamentalmente, quindi non possiamo più far conto su quelli che erano i pilastri di prima. Occorre reinventarsi un modo diverso di crescere: e per farlo, però, a differenza che in passato, occorre diventare Stato”. Stato con un debito comune europeo, per l’appunto, dove i bond Ue possano essere emessi finalmente da un emittente sovrano.