Notizie Notizie Italia No rating junk Moody’s per i BTP e l’Italia di Meloni. I fattori banche e Bce

No rating junk Moody’s per i BTP e l’Italia di Meloni. I fattori banche e Bce

Pubblicato 19 Novembre 2023 Aggiornato 20 Novembre 2023 12:07

Niente rating junk di Moody’s per il debito pubblico italiano. L’Italia di Meloni e i BTP superano l’esame Moody’s, che non solo conferma il giudizio Bba3 – che rimane comunque il più basso tra i livelli di investment grade dell’agenzia di rating – ma che sforna anche una bella sorpresa: il miglioramento dell’outlook da “negativo” a “stabile”.

Così facendo, Moody’s allontana la minaccia di un downgrade al rating “spazzatura” che da più di un anno pendeva come una spada di Damocle sulla testa dei BTP e dell’Italia tutta.

Il governo Meloni, già forte della conferma dei rating arrivata nelle settimane precedenti dalle altre sorelle del rating, ovvero da S&P e da Fitch, così come anche dall’altra agenzia Dbrs Morningstar, canta vittoria.

La stessa agenzia di stampa Bloomberg, nell’articolo Italy Exits Moody’s Junk Danger Zone in Big Win for Meloni parla di “Grande vittoria per Meloni”.

Ma come stanno davvero le cose? Cosa ha scritto Moody’s nel comunicato?

Moody’s conferma rating “Baa3”, alza outlook a “stabile”. L’effetto PNRR

Intanto, vale la pena chiarire il giudizio di Moody’s sul debito pubblico italiano. Il rating è stato confermato a “Baa3”, livello più basso tra quelli di “investment grade” dell’agenzia, superiore al girone “junk”, spazzatura, riservato ai titoli di stato che vengono considerati speculativi, dunque rischiosi, di appena un gradino.

A essere riviste al rialzo sono state le prospettive del rating italiano.

L’outlook sul rating del debito è stato alzato da “negativo” a “stabile”. Il motivo?

Così si legge nel comunicato con cui Moody’s ha fatto il grande annuncio , in data venerdì, 17 novembre 2023.

“La decisione di cambiare l’outlook a stabile da negativo riflette la stabilizzazione delle prospettive per la crescita economica del paese, le condizioni di salute del suo sistema bancario e le dinamiche del debito governativo”.

In particolare, “le prospettive economiche cicliche di medio termine continuano a essere sostenute dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia (PNRR) e dal fatto che i rischi legati all’offerta di energia si sono smorzati, in parte a causa dei solidi interventi del governo. I miglioramenti che hanno interessato il settore bancario, che Moody’s stima ancora sostenuti, sono altri fattori che supportano la crescita economica ciclica”.

A proposito del PNRR, la cui attuazione da parte del governo Meloni  ha sollevato tante critiche dalle opposizioni ma anche da chi guarda sempre con sospetto e scetticismo alla capacità dell’Italia di fare le riforme, Moody’s chiarisce che le prospettive di crescita dell’Italia “continueranno a essere sostenute” proprio “dalla realizzazione degli investimenti, fino al 2026, stabiliti con piano”.

Tuttavia, “permangono rischi sostanziali” riguardo alla capacità dell’Italia di “trarre il più possibile vantaggio dalle risorse del piano, nonostante le recenti proposte volte a ridefinire e riformulare alcuni aspetti” del PNRR.

LEGGI ANCHE

BTP, spread e Meloni non temono rating Moody’s. ‘Ma banche anticipino Bce’

Meloni parla di tassi Bce, Mes, BTP e spread. ‘Governo credibile’

Rating BTP e Meloni verso giorno giudizio Moody’s. Rischio junk esploso con fine governo Draghi

Rating Italia passa test Fitch, tassi BTP e spread giù. Ma il debito teme junk Moody’s

Debito, deficit, spesa interessi: i veri rischi che gravano sul rating dell’Italia

In un contesto in cui un consolidamento fiscale significativo e sostenuto continuerà a confermarsi sfidante per motivi di natura politica, avverte Moody’s, “il peso del debito dell’Italia rimarrà molto alto, limitando la solidità fiscale” del paese.

Lo scenario di base di Moody’s prevede che “la zavorra del debito italiano rimarrà attorno al 140% del Pil nel corso dei prossimi anni, mentre la sostenibilità del debito si indebolirà in modo graduale, a causa dell’aumento dei costi di emissione di nuovo debito più alti”.

Secondo lo stesso scenario di base, il rapporto debito-Pil dell’Italia si attesterà al 140,3% nel 2023, in calo rispetto al 141,7% del 2022, “grazie a una crescita nominale che rimane tuttora forte e alla riduzione del deficit”.

Tuttavia, “il livello rimarrà superiore di 6 punti percentuali circa rispetto al periodo precedente la pandemia”.

Ancora, “il debito si confermerà ampiamente stabile, permanendo attorno a questo livello fino alla fine di questo decennio”.

Va detto però che Moody’s, nello stilare questo outlook, non ha tenuto in considerazione l’eventuale assist che alle casse dello Stato potrebbe arrivare dal piano di privatizzazioni su cui punta il governo Meloni.

Questo particolare, precisa lìagenzia, “rappresenta una fonte di un potenziale andamento (dei conti pubblici) migliore di quanto atteso, sebbene in modo limitato”.

LEGGI ANCHE

Mps: Meloni si muove con dossier privatizzazioni. Ma il titolo crolla

Il costo del servizio del debito che, “così come nel caso di molti paesi, è salito in modo significativo”, rimane motivo di ansia per Moody’s che, da un lato, ammette che la scadenza del debito media di sette anni circa rallenta l’effetto dei tassi più alti sul peso degli interessi” ma che, dall’altro lato, spiega come la necessità dell’Italia di emettere nuovo debito rischi di mettere a repentaglio la sostenibilità del debito nel corso dei prossimi anni.

A tal proposito, l’agenzia di rating prevede che le spese per gli interessi che l’Italia sosterrà assorbiranno l’8,1% delle entrate, nel 2023, in calo rispetto all’8,2% del 2022, per poi salire tuttavia fino al 9,7% entro il 2027, “tornando così ampiamente ai livelli del 2013”.

Per quanto riguarda il rapporto deficit-Pil, Moody’s prevede un livello pari al 4,4% nel 2024, individuando “per gli anni successivi rischi sulla traiettoria fiscale a causa di alcuni obiettivi che il governo vuole realizzare, in particolare quello rappresentato dalla riforma dell’Irpef“.

LEGGI ANCHE

Debito Italia, spesa interessi su BTP & Co oltre 100 mld. Sanità tra le vittime illustri

IIF: debito globale $305 trilioni. Boom spese interessi

“Ridurre il deficit nei prossimi anni sarà il fattore chiave che determinerà la futura traiettoria del peso del debito, visto che il differenziale tra la crescita nominale e i tassi di interesse diventerà negativo nel 2025″, così rendendo necessario per l’Italia dotarsi di “avanzi primari per stabilizzare il debito”.

Moody’s riconosce che l’Italia è riuscita a riportare una serie di tutto rispetto di avanzi primari nel “decennio che ha preceduto la pandemia”.

Per questo motivo, “l’agenzia di rating ha fiducia nella capacità del governo di riportare un avanzo primario nei prossimi anni”.

E’ però anche vero che “l’Italia sta facendo fronte a una pressione crescente rappresentata dai costi legati all’invecchiamento veloce della sua popolazione e che questo fattore si aggiungerà agli sforzi fiscali richiesti per stabilizzare il debito”.

Di conseguenza, “c’è una incertezza significativa sulla capacità del governo di continuare a presentare ampi avanzi primari, in quanto la loro realizzazione potrebbe dimostrarsi difficile per motivi politici”.

Moody’s: l’Italia e l’assist della Bce su debito e spread

Non si può prescindere dal sostegno che la Banca centrale europea continua a dare al debito italiano (e dunque ai BTP e di conseguenza allo spread), nel mettere in evidenza gli assist che blindano il rating dell’Italia.

Non lo fa certo Moody’s, che fa notare che il profilo di credito del paese “dipende dall’esistenza di uno scudo credibile della Bce”.

“Il rating dell’Italia prende in considerazione anche il sostegno al credito che arriva dall’impegno credibile della Bce a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, incluso il Transmission Protection Instrument (TPI)”: precisamente, lo scudo salva BTP anti spread che l’Eurotower guidata da Christine Lagarde ha annunciato nello stesso giorno in cui ha dato il via a quella carrellata di rialzi dei tassi di interesse lanciata per rimettere in riga la crescita dell’inflazione dell’area euro.

Quel giorno, 21 luglio 2022, è stato anche il giorno che ha sancito la fine dei giochi per il governo Draghi.

LEGGI ANCHE

Bce approva strumento anti-frammentazione TPI, portata acquisti dipenderà da gravità rischi per trasmissione politica monetaria

Bce, Lagarde su scudo anti-spread TPI: ‘tutti i paesi membri dell’area euro potranno accedervi con rispetto di determinati criteri’

La Bce sorprende su tassi e scudo anti-spread TPI. Nessun salva BTP ad hoc per l’Italia orfana di Draghi

Scudo Bce TPI salva-BTP? ‘Ecco perchè non può essere attivato per l’Italia. E Lagarde ha parlato anche di OMT (Mes)’

Banche italiane: per Moody’s tra i punti di forza dell’Italia. Il nodo tassa extraprofitti

Le banche italiane, reduci tra l’altro da una raffica di trimestrali positive, si confermano tra i punti di forza dell’Italia.

Moody’s riconosce infatti che “la forza sottostante del sistema bancario domestico è migliorata in modo significativo” e che “il lento ma graduale consolidamento del sistema bancario italiano si è tradotto in una migliore efficienza operativa” e “in un miglioramento complessivo della redditività”.

Tra gli altri aspetti delle banche italiane che si sono rafforzati, i profili di rischio, “grazie al miglioramento della qualità dei prestiti e al rafforzamento dei cuscinetti di capitale”.

Lo stock dei crediti deteriorati (non-performing loans (NPLs) si è così “ridotto in modo significativo, scendendo al 2,4% dei prestiti totali, nel corso del secondo trimestre del 2023″ , confermandosi, “ora, ampiamente in linea con quelli degli altri paesi europei”.

Moody’s ha spiegato il miglioramento costante della qualità del libro dei prestiti delle banche italiane, registrato negli ultimi anni, in parte con gli smobilizzi degli NPL su larga scala e con le operazioni di cartolarizzazione facilitate dal programma di garanzia lanciato dal governo italiano con il programma Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS) ma, anche, con il “numero significativamente più basso dei casi di default societari” e con gli standard più severi che le banche adottano nel momento in cui devono decidere se erogare o meno il credito.

E se è vero che le aspettative sono di “un aumento moderato degli NPL” delle banche, sulla scia “dell’inflazione più alta e del peggioramento delle condizioni economiche”, è vero anche che Moody’s si aspetta che “le banche italiane continueranno a vendere gli NPL, elemento che aiuterà a mantenere “relativamente basso il rischio degli asset, soprattutto rispetto ai livelli della storia”.

I meriti delle azioni lanciate dalle banche italiane vengono tutti riconosciuti.

“Le banche italiane hanno rafforzato, anche, i loro livelli di capitale. Dai dati relativi al secondo trimestre del 2023, emerge che il CET 1 si è attestato al 15,9%, in linea con la media dell’Unione europea“.

Questo, in un contesto in cui “i tassi sui prestiti più alti – sulla scia dei rialzi dei tassi lanciati dalla Bce di Christine Lagarde – sosterranno i margini netti di interesse e rafforzeranno i livelli di capitale trattenuti dalle banche, a dispetto della crescita più debole dei prestiti e della elevata presenza di prestiti a tasso fisso presenti nel portafoglio prestiti del settore”.

Moody’s non poteva non esprimersi sulla tanto contestata tassa sugli extraprofitti delle banche varata dal governo Meloni che, annunciata agli inizi di agosto, ha scatenato inizialmente anche una vera e propria Caporetto di Borsa.

Lo shock è stato smorzato poi dalla versione definitiva della tassa, che si è confermata  decisamente più light rispetto a quella iniziale.

“La tassa sugli extraprofitti inizialmente annunciata dal governo ad agosto avrà probabilmente un impatto limitato sul sistema“, si legge nella nota di Moody’s.

“La proposta approvata dal Parlamento a ottobre è diversa rispetto alla prima proposta includendo l’opzione, per le banche, di accantonare una somma a riserva invece di procedere al pagamento della tassa “, ricorda l’agenzia di rating, aggiungendo che “questa opzione rende la tassa meno negativa rispetto a quanto inizialmente contemplato, visto che quasi tutte le banche italiane hanno scelto di rafforzare i loro livelli di capitale, invece che pagare l’imposta”.

Di questa scelta, numerose dimostrazioni sono arrivate infatti proprio con la diffusione dei conti delle principali banche italiane, che sono riuscite a dribblare il prelievo grazie a quella che è stata definita una scappatoia di Stato.

LEGGI ANCHE

Banche italiane, boom di utili e solidità patrimoniale: la view di Dbrs

Effetto Bce su banche: 16 mld di utili in nove mesi per UniCredit e le altre Big

Le banche italiane scansano tassa Meloni. Extraprofitti? Doris: li farà lo Stato

BTP ‘alla mercé’ della Bce. E fine TLTRO assilla le banche italiane

“Settore manifatturiero italiano robusto, risparmio famiglie elevato”

La crescita sostenuta del Pil (dell’Italia) dei prossimi anni – scrive Moody’s – riduce i rischi di un deterioramento rapido e significativo della solidità dei conti”.

Tra i punti di forza che Moody’s riconosce all’Italia c’è dunque anche la solidità economica, di cui l’agenzia di rating parla nella nota per giustificare la sua valutazione pari a Baa3.

Moody’s menziona “il settore manifatturiero robusto, l’elevato risparmio delle famiglie, e il basso livello di indebitamento del settore privato”.

Questi due ultimi aspetti forniscono al paese “un cuscinetto nell’attuale contesto di shock inflazionistico”.

Detto questo – continua l’agenzia – è improbabile che un qualsiasi eventuale miglioramento della crescita potenziale nell’arco del prossimo decennio, derivante dall’attuazione e dagli investimenti del PNRR,  possa compensare a pieno l’impatto di più lungo termine dell’invecchiamento della popolazione”.

Di conseguenza, Moody’s calcola un potenziale di crescita (del Pil dell’Italia), nell’arco di questo decennio, attorno allo 0,8%. A partire dal 2030, l’agenzia di rating stima inoltre una flessione graduale del potenziale di crescita allo 0,6%, a causa dei trend demografici”.

Vale la pena rimarcare la fiducia che l’agenzia ripone nei confronti del settore manifatturiero dell’Italia, definito “ampio, diversificato, competitivo”: un settore che “ha dimostrato una capacità veloce di ripresa”.

Il problema rimane tuttavia lo scetticismo verso la capacità del paese di dare davvero attuazione al PNRR. In tal senso, Moody’s ricorda che l’Italia ha già dimostrato in passato di essere stata in difficoltà nel riuscire “a sfruttare i fondi Ue in modo rapido, soprattutto a causa di una capacità amministrativa limitata a livello locale” .