Notizie Notizie Italia Tassa extraprofitti banche: a Piazza Affari ritorna l’incubo. Meloni ci riprova?

Tassa extraprofitti banche: a Piazza Affari ritorna l’incubo. Meloni ci riprova?

2 Agosto 2024 14:44

Nel bel mezzo del terremoto che sta scuotendo i mercati azionari globali, in Italia si torna a parlare della tassa sugli extraprofitti delle banche: quella tassa, diventata fantasma, che evidentemente il governo Meloni non ha voluto però mai mandare del tutto in soffitta. E quella tassa che, per quanto stravolta nei contenuti a partire dal giorno del suo annuncio, dopo il noto bagno di sangue che travolse i titoli delle banche italiane in data 8 agosto 2023, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha mai rinnegato. E con lei neanche il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.

Diversi i quotidiani italiani che oggi hanno lanciato la nuova ‘bomba’ della tassa sugli extraprofitti delle banche italiane, come fa notare nel suo commento odierno sui mercati Equita SIM.

Nel frattempo, oggi è un’altra giornata da dimenticare per Piazza Affari: contagiato dalla raffica di smobilizzi che ha colpito e sta colpendo Wall Street, il Ftse Mib cede alle 14.50 circa ora italiana il 2,5%. Male anche le altre borse europee, a conferma del fatto che le flessioni sono generalizzate.

Piazza Affari e il Dax della borsa di Francoforte sono tuttavia i listini che soffrono perdite più significative.

Tra le banche italiane, Mps-Monte dei Paschi di Siena si conferma anche oggi tra i titoli peggiori del Ftse Mib, in calo di oltre il 4%.

UniCredit perde più del 3%, così come Banco BPM, Intesa SanPaolo, Bper.

Tassa extraprofitti banche: nuova edizione? I rumor

“Nuova edizione della tassa sugli “extraprofitti” in Italia?

Così si legge nel commento di Equita:

“A seguito di alcune indiscrezioni emerse nei giornali di ieri, diversi articoli di stampa ritornano sulla possibilità che il governo punti all’introduzione di una nuova imposta nei confronti di determinati settori (si parla di banche, assicurazioni, società energetiche), anche con la finalità di trovare adeguate coperture in vista della prossima manovra di bilancio”.

Secondo le indiscrezioni – riporta la SIM milanese – ad oggi non ci sarebbe nulla di definito ed è ritenuto altamente improbabile che una proposta in tal senso possa essere già presentata ad inizio agosto, con i ragionamenti che verranno rinviati a settembre. Come nel caso della tassazione sugli ‘extraprofitti bancari’ presentata lo scorso anno, le visioni all’interno del governo sarebbero contrastanti, con diversi esponenti di rilievo contrari”.

Equita lancia tuttavia già un avvertimento sulle conseguenze che il bis dell’annuncio avrebbe su Piazza Affari:

Chiaramente, l’indiscrezione sulla volontà di andare nuovamente a colpire i profitti delle
banche è un elemento di disturbo, che va ad aumentare la rischiosità percepita sul settore (maggiore rischio regolatorio)”.

“Dall’altro lato – ha sottolineato Equita – ricordiamo che, anche alla luce di sentenze passate da parte della Corte Costituzionale, l’introduzione di nuove imposizioni potrebbe essere ritenuta illegittima, qualora non rispondesse adeguatamente ai criteri di ‘ragionevolezza, congruità, coerenza e proporzionalità”.

Tassa anche su extraprofitti assicurazioni e società energetiche

Le indiscrezioni su una nuova versione della tassa sugli extraprofitti delle banche, che lo scorso anno ha fatto tanto rumore per essere infine annacquata, fanno intanto il giro del mondo della finanza, come si legge nell’articolo di Bloomberg “Italy Considers Levy on Banks, Energy Companies, La Stampa Says, che fa riferimento a quanto riportato in primis dal quotidiano italiano La Stampa.

Nel mirino del governo italiano non ci sarebbero ‘solo’ le banche, ma anche le società energetiche e le assicurazioni.

La Stampa parla infatti di un piano volto a “colpire gli extraprofitti di banche, assicurazioni e grandi aziende energetiche per ricavare gettito da investire nella legge di bilancio”.

L’articolo ricorda che, tuttavia, il governo Meloni “si è già scottato una volta sulla tassa pensata per gli extraprofitti degli istituti di credito”, per cui ragionerebbe ora su un altro piano incentrato “su una sorta di ‘contributo di solidarietà'”.

Tassa extraprofitti banche: un anno fa la Caporetto di Borsa

‘Stiamo scherzando?’ Si staranno chiedendo molti italiani (ma non solo), a pochi giorni dall’anniversario dell’annuncio della versione originale della tassa sugli extraprofitti delle banche italiane, che sconvolse l’anno scorso Piazza Affari, facendo scendere in campo anche la Bce di Christine Lagarde:

in quella sessione del Ftse Mib di quasi un anno fa, l’8 agosto del 2023, l’Italia assistette a una vera e propria Caporetto di Borsa che si tradusse in un tonfo, per la capitalizzazione di mercato delle banche italiane e nell’arco di una sola sessione, di 9,5 miliardi di euro circa, e che vide subito diversi analisti lanciare i primi alert sulle terribili conseguenze dell’iniziativa del governo Meloni:

iniziativa comunicata tra l’altro non dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, ma dal vicepremier, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.

Insieme al vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, Salvini difese tuttavia subito la tassa, addossando la colpa agli effetti dei rialzi dei tassi lanciati dalla Bce di Christine Lagarde per porre un freno all’impennata dell’inflazione, esplosa nell’area euro.

Italy’s New Tax Wipes Out $10 Billion From Market Value of Banks“, ovvero “La nuova tassa in Italia cancella $10 miliardi di capitalizzazione delle banche”, riportava così un articolo di Bloomberg, facendo la conta dei danni.

Quei danni furono così ingenti che il governo Meloni fu costretto a correggere subito il tiro dopo il Black Tuesday di Piazza Affari.

La saga non terminò tuttavia lì, anzi andò avanti per diversi mesi, complici le dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in diverse occasioni, spiegò la ratio del prelievo, a dispetto dell’evidente stizza dei banchieri e degli investitori.

Tra questi l’ex numero uno di Intesa SanPaolo e attuale AD di Inwit Corrado Passera che fece notare come “sparando, come si sta facendo, nel mucchio”,  “paradossalmente” il rischio fosse “quello di scoraggiare il credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie”.

Dal canto loro gli azionisti di alcune banche italiane si sfogavano parlavano di una “confisca degli utili”.

“Una mossa tragica – commentava David Herro, responsabile degli investimenti di Harris Associates– Per anni le banche hanno arrancato in un contesto di bassi tassi di interesse. Nessuno ha chiesto l’elemosina nè aiuti. Ora finalmente assistiamo a una qualche forma di normalizzazione e il governo confisca i profitti”.

Ma Giorgia Meloni, in un’intervista rilasciata l’anno scorso al Corriere della Sera, Stampa e Repubblica, ripeteva: “Certo che la rifarei”, parlando di un prelievo da lei direttamente voluto per “mandare un messaggio rispetto all’idea di uno Stato giusto”.

Meloni andava così dritta per la sua strada, noncurante degli alert lanciati da banchieri, dalla stessa Bce e anche dal servizio Bilancio del Senato, sorda agli appelli di chi faceva notare all’Italia che la misura, oltre a produrre conseguenze negative sulle banche italiane, avrebbe messo a rischio anche  i BTP e dunque lo spread BTP-Bund.

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La fine dell’incubo con la versione più light del prelievo

Qualche mese dopo, la resa, mai riconosciuta tra l’altro dal governo Meloni, che ha continuato a rivendicare la paternità della misura anche quando ormai era stata, nel contenuto e nelle intenzioni originali, totalmente stracciata.

La resa arrivava con la versione più light del prelievo, attraverso la Legge del 9 ottobre 2023 n. 136 di conversione del Decreto legge del 10.08.2023 n. 104.

Il risultato?

Nessuna banca avrebbe pagato l’imposta. La tassa che non c’è sarebbe diventata così cavallo di battaglia del M5S, che più volte ha rinfacciato infatti in questi mesi al governo Meloni la fine del provvedimento.

La ‘profezia’ sulla tassa su extraprofitti firmata da Scope Ratings

Eppure quell’idea di Meloni di tassare gli extraprofitti delle banche -extraprofitti che per diversi economisti neanche esisterebbero – non è stata mai dimenticata da alcuni analisti.

Tra questi, quelli di Scope Ratings che fecero alla fine del 2023 un riferimento esplicito alla tassa sugli extraprofitti menzionando, testuali parole, “the possibility of a new windfall tax”nel loro outlook dedicato alle banche italiane. Tanto che si può dire che, almeno stando a quanto sta trapelando in queste ore dai rumor, l’attenti di Scope Ratings si è rivelato profetico.

Il governo italiano “potrebbe voler compensare le entrate fiscali perse con una nuova misura da lanciare il prossimo anno”, si leggeva nel rapporto “Italian Bank Quarterly: growing resilience despite uncertainties” del 13/11/2023.

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Ci risiamo? Quei forti cali di Mps e UniCredit sul Ftse Mib

E ora, ci risiamo? Evidentemente qualcosa nell’aria c’è e la prova è la pessima performance che il Ftse Mib di Piazza Affari ha sofferto nella sessione di ieri, capitolando del 2,7% e confermandosi il listino peggiore dell’azionario europeo.

Vero è che le notizie negative in arrivo dal fronte macroeconomico Usa stavano facendo già crollare Wall Street, assaltata ieri, di nuovo, da forti sell off, all’indomani dell’annuncio sui tassi arrivato dalla Fed di Jerome Powell; vero è che da giorni il sentiment di mercato era (ed è) a dir poco scosso dal timore che quella grande scommessa delle Big Tech Usa-Magnifici 7 sul business dell’AI (artificial intelligence, intelligenza artificiale) impiegherà più tempo a inaugurare l’inizio di un vero e proprio boom per le varie Microsoft, Amazon, Apple & Co.

Vero, anche, che le incognite sono tante e che l’inflazione dell’area euro continua a confermarsi il grande mal di testa della Bce di Christine Lagarde, che non ha avuto il coraggio di tagliare di nuovo i tassi, in occasione dell’ultima riunione di luglio , dopo la mini sforciata del 6 giugno scorso.

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Detto questo, ieri il Ftse Mib ha perso per l’appunto il 2,7%, zavorrato da titoli condizionati dalle trimestrali come Tenaris e Prysmian, ma anche dal collasso di alcuni titoli di banche italiane, come Mps-Monte dei Paschi di Siena (-6,75%) e di UniCredit (-5,7%).

Tonfi non da poco, che si spiegherebbero secondo gli analisti proprio con l’idea sulla tassa degli extraprofitti che sarebbe tornata a essere sfoderata dal governo Meloni.

Ma quale sarebbe la nuova versione della tassa, considerate le giravolte che hanno azzoppato subito, a partire da quei primi giorni di agosto del 2023, il contenuto originale del prelievo e, anche, visto che la tassa tanto sponsorizzata in primis dalla stessa presidente del Consiglio si è rivelata alla fine un bluff, per non dire una farsa,  grazie tra l’altro a una scappatoia orchestrata dall’esecutivo?

Il governo Meloni può contare stavolta anche su un alleato dell’opposizione:

il M5S che, nella prima versione della tassa sugli extraprofitti del 2023, era stato battuto sui tempi dal governo italiano.

E che ora evidentemente vuol farsi anch’esso paladino di una misura che è stata definita a dir poco fondata sul populismo più scontato: quello che prendere di mira il mondo delle banche.

La nota del M5S: governo Meloni superi i timori reverenziali

Così si legge nella nota di Elisa Pirro, capogruppo M5S in Commissione bilancio del Senato:

“Il M5S torna a chiedere a Giorgia Meloni ciò che stiamo ripetendo da più di un anno, con tanto di proposte ed emendamenti che il Governo non può più permettersi di respingere: subito una tassazione degli extraprofitti bancari e degli altri settori che hanno conseguito una quantità impressionante di utili grazie alle emergenze sociali ed economiche che si sono susseguite”.

“Per farlo Giorgia Meloni, e il suo tecno-ministro Giancarlo Giorgetti, devono per una volta superare timori reverenziali e subalternità varie”.

Non è mancata nella nota di Elisa Pirro l’accusa rivolta al ceo di Mediobanca, Alberto Nagel che ieri, in occasione della presentazione dei conti di Piazzetta Cuccia, ha parlato di tasse fin troppo alte in Italia, commentando proprio i rumor sulla possibilità di una nuova versione di quel prelievo su cui Meloni ha fatto dietrofront.

Così Nagel, nella giornata di ieri: “Riguardo a iniziative di tassazione, mi limito a dire che le banche, facendo profitti robusti, contribuiscono in maniera rilevante come detto l’altro giorno dal collega Messina (Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa SanPaolo) al gettito fiscale” . Nagel ha detto anche di credere che “le banche italiane  siano tra quelle con una tassazione più alta in assoluto, già adesso”.

Nagel ha continuato, affermando di non commentare “le scelte governative”, ma facendo notare che “le banche sono un grande booster alle entrate fiscali e far andare bene le banche e non provocare una percezione negativa da parte del mercato va a vantaggio di tutta la comunità”.

La reazione del M5S non si è fatta attendere. Nella nota diramata, Pirro si è scagliata contro il ceo di Mediobanca:

“Oggi Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, sostiene che la banche pagano già tantissime tasse, quasi dimentico del fatto che il duo Meloni-Giorgetti ha confezionato alla sua Mediobanca, e a tutte le altre banche, un autentico regalo, trasformando la tassa sugli extraprofitti in un contributo volontario, in cambio di una patrimonializzazione delle banche stesse a costo zero e senza che questo ‘cadeau’ abbia minimamente inciso sull’aumento del credito a famiglie e imprese, che è anzi diminuito”.

“Giorgia Meloni che farà? Si farà ancora deridere e dileggiare da Nagel, da Mediobanca, da Mediolanum e dal prossimo banchiere, amico degli amici, che deformerà la realtà per curare solo gli interessi di pochi azionisti? Là fuori c’è un Paese che aspetta una Legge di bilancio degna di questo nome, non un intervento striminzito che non serve a nessuno”.

M5S mette nel mirino Mediobanca e Mediolanum

Non è finita qui, visto che a sbandierare la presunta bontà della tassa sugli extraprofitti delle banche, criticando le parole del ceo di Mediobanca, così come anche Mediolanum, è stato l’altro esponente del M5S Emiliano Fenu, capogruppo M5S in Commissione finanze della Camera:

“L’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, con una narrazione spregiudicata e manipolatoria, sostiene che le banche italiane già adesso pagano (paghino) molto al Fisco, confondendo ad arte tasse pagate in termini assoluti con tasse pagate in percentuale, dimenticando sempre ad arte che le banche pagano l’Ires, non certo quell’imposta progressiva che pagano lavoratori e famiglie schiacciate dall’aumento di quegli interessi sui prestiti che fanno ricche la banche stesse”.

“Nagel ci fornisce lo spunto per la richiesta di un approfondimento parlamentare che confronti la pressione fiscale sulle banche con quella sui comuni mortali e offra una comparazione con la pressione fiscale sulle banche estere. Senza contare che sempre oggi (ieri per chi legge) anche Massimo Doris, Ad di Mediolanum, banca assai cara alla famiglia Berlusconi e a Forza Italia, arriva quasi a dileggiare il Governo dicendosi non interessato alla questione extraprofitti, preferendo concentrarsi sul business bancario”.

“Beh – ha concluso Fenu – non c’erano dubbi che Nagel e Doris avessero come priorità quella di fare gli interessi dei loro azionisti. Meloni e Giorgetti, di contro, sulla carta dovrebbero fare gli interessi degli italiani. Invece da più di un anno preferiscono le strizzatine d’occhio alle banche amiche, salvo poi essere presi in giro dai loro manager. Che situazione penosa per la sovranista Giorgia“.