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Tassa extraprofitti banche, dubbi dal Senato: costituzionale o no?

Pubblicato 11 Settembre 2023 Aggiornato 14 Settembre 2023 13:03

La tassa sugli extraprofitti delle banche annunciata dal governo Meloni agli inizi di agosto e che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è affrettata a rivendicare fin da subito, assumendosene la piena responsabilità è, prima di tutto, costituzionale o no?

A sollevare dubbi sulla costituzionalità del provvedimento è stato lo stesso servizio Bilancio del Senato, che ha posto la questione nella nota di lettura dedicata alla “Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”.

La possibilità che il governo Meloni sia costretto a rivedere e/o alleggerire la tassa sostiene oggi i titoli delle banche italiane.

In evidenza soprattutto Mps-Monte dei Paschi di Siena che, fin dall’inizio della giornata di contrattazioni a Piazza Affari, si è portata in cima al Ftse Mib (nelle ultime ore scavalcata da Saipem).

Le quotazioni balzano di quasi il 3%.

Acquisti anche su UniCredit, Intesa SanPaolo, Banco BPM e Bper.

Erano state proprio le banche, la scorsa settimana, a zavorrare il trend della borsa di Milano,  stremate dalla prospettiva di un prelievo (la tassa sugli extraprofitti), che andrebbe a penalizzare non solo gli utili, ma anche la distribuzione dei dividendi agli azionisti e la stessa erogazione del credito alle imprese e alle famiglie.

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Tassa extraprofitti banche: il rischio di incompatibilità costituzionale

La prospettiva di una revisione della tassa è stata alimentata dalla pubblicazione della “Nota di lettura” del servizio di Bilancio del Senato.

Nell’Articolo 26 dedicato all’“Imposta straordinaria calcolata su incremento margine interesse”  è stato ricordato quanto stabilito dalla proposta del governo Meloni, ovvero “il comma 1, che istituisce per l’anno 2023, in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito, una imposta straordinaria, determinata ai sensi dei commi 2 e 3, a carico delle banche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (T.U. in materia bancaria)”.

“Va poi preso in considerazione – si legge nel testo – un possibile rischio legato all’eventuale incompatibilità costituzionale (in particolare con gli articoli 3 e 53, qualora non si tenga adeguatamente conto della effettiva capacità contributiva dei soggetti passivi del prelievo o si creino distorsioni fiscali irragionevoli) della disposizione, che potrebbe essere dichiarata dopo l’avvenuto introito e la conseguente spesa delle somme in questione, il che determinerebbe un peggioramento dei saldi corrispondente alle risorse che dovessero essere restituite alle banche per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale. Appare quindi opportuno prospettare alcune questioni da approfondire sotto tale profilo, non affrontato né nella relazione illustrativa né nella relazione tecnica”.

Nello specifico, viene ricordato l’impatto che il prelievo avrebbe sui bilanci delle banche.

“Si osserva anzitutto che l’imposta in questione incide in modo rilevante (il 40%) su importi inerenti ad una specifica voce del conto economico delle banche (il margine di interesse), la quale, come base imponibile del prelievo, dovrebbe preliminarmente essere considerata come idoneo indice di effettiva capacità contributiva”.

“Sussistendo la possibilità che soggetti che presenteranno risultati molto positivi in relazione a tale voce del conto economico, destinati quindi ad essere pesantemente incisi dall’imposta straordinaria, registrino tuttavia risultati di bilancio inferiori (anche significativamente) a quelli conseguiti da soggetti meno incisi dal prelievo, non sembra si possa escludere l’ipotesi di un’alterazione del nesso fra imposizione fiscale e capacità contributiva, fra l’altro nell’ambito della medesima categoria di contribuenti, con possibile sindacato negativo di costituzionalità”.

Costituzionale con natura straordinaria del prelievo. Ma..

Il servizio di Bilancio del Senato, costituito dai tecnici del Senato, esamina però anche in che modo la tassa sugli extraprofitti delle banche italiane potrebbe essere considerata, invece, costituzionale, mettendo in evidenza che, a favore del prelievo, ci sarebbe il carattere straordinario dell’imposta, il suo essere una tantum.

A supporto della costituzionalità della norma soccorre invece il carattere straordinario del prelievo (al di là della mera definizione recata dall’articolo), correlato alla presenza di circostanze che possono essere considerate eccezionali, perlomeno secondo valutazioni discrezionali che non appaiono comunque infondate o irragionevoli. La temporaneità altresì del prelievo e la finalità implicitamente solidaristica deducibile dal comma 7 potrebbero concorrere a giustificare una imposizione soggettivamente differenziata (ossia posta a carico esclusivo di talune imprese)”.

Detto questo, come stabilire la percentuale dei profitti direttamente legata agli effetti della politica di rialzi dei tassi lanciata dalla Bce , rispetto a quella guadagnata grazie alle strategie e business plan lanciati dalle banche interessate dall’imposta?

Se è vero che la tassa andrebbe a colpire i cosiddetti extraprofitti, ovvero “un vantaggio economico non dipendente da meriti imprenditoriali, ma derivante dalle scelte di politica monetaria operate dalla Bce”, si legge nella nota che arriva dai tecnici del Senato, è altrettanto vero che “i tassi di incremento dei margini di interesse (5% e 10%) previsti dalla norma per attivare l’imposta straordinaria non sembrano di entità tale da escludere la possibilità di essere invece stati conseguiti proprio in virtù di adeguate capacità gestionali“.

Extraprofitti: tutto merito delle strette della Bce di Lagarde? Il caso UniCredit

A tal proposito, è utile ricordare quanto detto da Andrea Orcel, ceo di UniCredit, nel commentare il miglior semestre di sempre e il decimo trimestre consecutivo di crescita della redditività della banca , annunciato alla fine di luglio.

Nel motivare la decisione di UniCredit di rivedere al rialzo l’outlook sia sull’utile netto che sulla remunerazione agli azionisti Andrea Orcel, noto anche come il Ronaldo dei banchieri, pur ammettendo le conseguenze dei “tassi alti più a lungo” e del “pass- through su depositi che va meglio del previsto (specialmente in Italia)” sui conti di Piazza Gae Aulenti, si è tolto più di un sassolino dalla scarpa:

Senza togliere nulla all’effetto della Bce, Andrea Orcel ha precisato che “la parte più importante è il continuo impatto della trasformazione del gruppo: se prendi i costi, senza il nuovo piano sarebbero stati più alti a causa dell’inflazione; inoltre, il calo dei costi è fatto in maniera focalizzata, cosa ci consente di investire nel business e nel digitale, quindi investimenti nelle factories, nella distribuzione e nella tecnologia. Tutto ciò poi spinge i ricavi”.

Orcel ha poi detto la sua sul prelievo sugli extraprofitti delle banche proprio qualche giorno fa, mentre netta è stata la bocciatura sul provvedimento da parte del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

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Più entrate fiscali nelle casse dello Stato? Attenzione

Tornando al dossier del servizio Bilancio del Senato sul provvedimento, l’effetto della tassa sugli extraprofitti non sarebbe infine neanche così positivo per aumentare eventualmente le entrate fiscali nelle casse dello Stato.

“A latere, si osserva che, incidendo il prelievo non sull’incremento, ma sull’intero ammontare del maggior valore conseguito fra i due considerati, esso potrebbe indurre alcuni soggetti a modificare la propria politica dei tassi proprio al fine di evitare o ridurre l’imposizione, con riflessi positivi per correntisti e/o mutuatari, ma con possibili effetti negativi per la finanza pubblica, non già per la mancata applicazione della presente imposta, bensì per l’impatto sul conto economico complessivo degli istituti di credito e quindi sulla tassazione da questi ordinariamente dovuta”.

In tal senso, secondo gli esperti del Senato, “sarebbe opportuna l’acquisizione di dati che consentano di stimare il livello di entrate che si prevede di conseguire, perlomeno in linea di massima”, visto che la relazione tecnica al dl non contiene una  previsione in tal senso.

Non è certo la prima volta che i tecnici si mettono di traverso rispetto ai proclami del governo.

In questo caso, i tecnici del Senato non emettono alcun verdetto (sebbene i dubbi siano, per l’appunto tanti), sollevando dubbi di incostituzionalità ma mettendo in evidenza anche i possibili aspetti costituzionali. Un imbarazzo sicuramente non della portata del parere che i tecnici del Mef avevano dato invece al Mes, sconfessando il governo Meloni.

Sulla tassa sugli extraprofitti delle banche montano i dubbi tra gli economisti.

Evidente la stizza, soprattutto, di banchieri, azionisti di banche , strategist ed economisti , che non hanno risparmiato aspre critiche al governo Meloni, in un momento in cui lo spettro di un credit crunch si è fatto realtà da un bel po’. In attesa tra l’altro che arrivi, sulla stessa imposta, la lettera della Bce, che conterrebbe critiche sul metodo e sul merito. E mentre il miracolo economico dell’Italia decantato da Meloni & Co non è durato neanche il tempo di una stagione.