UniCredit-Commerzbank: risiko anche a Piazza Affari con Mps? Occhio ai titoli nel Bce Day. Terzo polo bancario di Meloni: quando?
In Italia Mps-Monte dei Paschi di Siena rimane Monte di Stato e patata bollente per il governo Meloni mentre in Germania, pochi giorni dopo l’annuncio del governo tedesco, relativo alla decisione di smarcare lo Stato una volta per tutte da Commerzbank, Berlino passa subito all’incasso, con UniCredit che rileva una quota del 4,49%, acquistandola nell’ambito di un'”offerta di accelerated book building”.
Lo shopping di UniCredit in Germania è stata la grande notizia di ieri che ha fatto la gioia del governo di Berlino e del titolo della seconda banca tedesca, quotata alla borsa di Francoforte, schizzato di oltre il 18% durante la sessione, per poi chiudere in progresso del 16,55%.
I buy continuano anche oggi, con le azioni di Commerzbank che segnano un balzo superiore a +1,5%, salendo a quota 14,91 euro, mentre una fonte interpellata da Reuters fa sapere che per ora il governo tedesco non venderà altre azioni del gruppo, per valutare bene la situazione dopo il blitz di UniCredit.
Molto solida anche la performance delle azioni di UniCredit che, in attesa dell’annuncio sui tassi della Bce di Christine Lagarde, che si conoscerà oggi alle 14.15 ora italiana, scattano sul Ftse Mib di Piazza Affari dell’1,9% circa, a quota 36,82 euro, così come sono in rialzo i titoli di altre banche italiane, come Banco BPM e Mps-Monte dei Paschi di Siena.
E’ su Mps e sull’intenzione del governo Meloni di creare un terzo polo bancario che si continua a concentrare l’attenzione degli operatori di mercato, e non solo, ora che UniCredit ha preso ulteriormente le distanze dal Monte.
UniCredit: Orcel punta su fusione con Commerzbank?
Oltre ad avere acquisito la partecipazione del 4,5% circa da Berlino, UniCredit ha rilevato altre azioni Commerzbank attraverso operazioni di mercato, diventando il secondo azionista dell’istituto teutonico, con in mano una quota complessiva del 9%. Quota che potrebbe anche salire, Bce permettendo, visto che l’AD Orcel non avrebbe intenzione di fermarsi qui.
Una fonte vicina al dossier ha riportato infatti all’agenzia di Reuters che il ceo di UniCredit , dopo aver fatto incetta delle azioni della banca tedesca, avrebbe contattato i vertici di Commerzbank per valutare l’opzione di procedere a una fusione tra le due banche.
Sempre Reuters ha ricordato che, forte della pioggia di dividendi e di utili incassati grazie ai rialzi dei tassi della Bce, le azioni UniCredit hanno quadruplicato il loro valore da quando Orcel ha preso le redini della banca, nell’aprile del 2021, facendo salire la capitalizzazione del gruppo a 59 miliardi di euro, rispetto ai 15 miliardi di euro di Commerzbank.
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A questo punto, la domanda che è scattata a Piazza Affari è se la mossa di UniCredit darà il via a un risiko anche made in Italy, magari incentrato su Mps, in linea con i desiderata del governo Meloni.
Inevitabile è intanto il confronto tra le mosse del governo Meloni e quello di Berlino, che stanno cercando entrambi di fare cassa vendendo le quote detenute rispettivamente in Mps e Commerzbank, dopo la corsa segnata dalle azioni in Borsa.
Il governo Scholz non ha dovuto aspettare molto per iniziare a passare all’incasso con Commerzbank, in un momento in cui anche il governo Meloni, al lavoro sulla manovra per il 2025 e alle prese con conti pubblici decisamente più disastrati rispetto a quelli tedeschi, punta a fare anch’esso a reperire risorse per rimpinguare le casse dello Stato, assillate dalla spina del debito pubblico elevato, vendendo sul mercato quote di società partecipate dallo Stato.
Tra le pedine più importanti c’è proprio Mps, che si conferma ormai da anni puntuale dossier che scotta per il governo italiano di turno.
E che, contrariamente a Commerzbank, sulle cui azioni UniCredit si è catapultata subito, non ha attratto finora nessuna banca, sia in passato, sia nelle precedenti operazioni di Accelerated Book Building lanciate dal Tesoro.
Il trend del titolo Mps sul Ftse Mib di Piazza Affari
Detto questo ieri, il titolo Mps ha chiuso in rialzo, guadagnando lo 0,82%, a quota 4,891 euro, a fronte di un Ftse Mib che ha terminato la seduta all’insegna della debolezza, in ribasso dello 0,12%, a 33.174,42 punti.
Oggi Mps scatta al rialzo insieme ai titoli di altre banche italiane, segnando un progresso dell’1,9% circa e continuando così a portare avanti il recupero dopo il trend non proprio brillante dell’ultimo periodo, che ha interessato anche altre azioni del comparto.
Nell’ultima settimana, Mps ha perso l’1,27%, a fronte di una performance su base mensile che indica un calo di oltre il 3%.
YTD la performance rimane più che solida, pari a un rally del 63,7% circa, mentre su base annua le azioni vantano un balzo di oltre il 106%.
In generale, nel Bce Day, i titoli delle banche italiane sono reduci da una settimana di dietrofront a Piazza Affari:
Banco BPM ha ceduto su base settimanale l’1 circa%, Bper ha fatto -0,71%, Intesa SanPaolo ha perso lo 0,49%. UniCredit ha riportato invece un rialzo dello 0,30%, in un momento in cui in tutta l’area euro ci si chiede quale sarà l’effetto dei tagli dei tassi che la Bce si appresta ad annunciare sulla redditività degli istituti di credito.
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Occhio tra i titoli ex banche anche a Unipol, che si è confermato ieri il titolo migliore del Ftse Mib, scattando dell’1,95% a quota 9,41 euro, e non a caso.
Il mercato è tornato a scommettere infatti nella giornata di ieri su una operazione di fusione tra Mps e il gruppo assicurativo guidato da Carlo Cimbri.
Mps in cerca di partner: nozze slittano al 2025
Sempre ieri, tuttavia, dalle pagine del quotidiano La Repubblica sono arrivate alcune indiscrezioni che riguardano proprio Mps, riassunte nel titolo: “Mps: verso un altro 10% in Borsa ma le nozze slittano al 2025”.
Stando a quanto riportato dal quotidiano, sebbene il Monte sia meno di Stato, a quanto pare il Mef ha tuttora grandi difficoltà a trovare un partner disposto a dare in sposa la banca senese a dispetto, così come si ripete da un po’ di tempo a questa parte, della resurrezione dell’istituto, di cui hanno tessuto le lodi, quest’anno, diversi analisti ed editoriali.
E a dispetto, anche, di quella definizione data dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, alla fine di maggio 2023, di preda ambita.
“Mps può diventare preda ambita invece di qualcosa da tenere lontana, può diventare un elemento chiave anche per definire l’assetto del credito in Italia”, aveva detto il titolare del Tesoro più di un anno fa.
Da allora, di banche e istituzioni finanziarie pronte ad accollarsi il Monte dei Paschi, neanche l’ombra.
Certo, di tanto in tanto a Piazza Affari si sono accesi rumor su ipotetiche operazioni di risiko bancario. Le indiscrezioni sono state tuttavia puntualmente affossate dalla realtà dei fatti.
Qualcosa si è certo mosso visto che, confortato anche dal fattore Moody’s, alla fine dell’anno scorso il governo Meloni ha smobilizzato una prima partecipazione detenuta nella banca senese pari al 25%, incassando 920 milioni di euro circa, vendendo poi un’altra partecipazione all’inizio di quest’anno, pari al 12,5% del capitale, sempre attraverso un ‘Accelerated Book Building – ABB’, guadagnando altri 650 milioni.
Il risultato si è visto: la quota in mano al Mef detenuta nel capitale del Monte è calata in modo significativo, dal 64% circa al 26,7%.
Lo Stato è rimasto tuttavia azionista di maggioranza – così come per ora anche lo Stato tedesco si conferma primo azionista di Commerzbank -, e il quotidiano La Repubblica ha scritto che “è improbabile” che la banca venga riconsegnata del tutto al mercato entro la fine dell’anno.
Detto questo, “è quasi sicuro” che il Tesoro riesca a limare dell'”8-10% la quota, per dare un altro segnale all’Europa, e incassare mezzo miliardo del piano privatizzazioni da 20 miliardi del ministro Giancarlo Giorgetti (3 già incassati)”.
A quel punto, ci dovrebbe essere finalmente il grande atto del governo Meloni: il “varo del ‘terzo polo bancario'”.
Con quale banca, tuttavia, non si sa. Di conseguenza, le nozze di Mps con un’altra ipotetica banca italiana potrebbero “slittare al 2025”.
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Germania sorpreda da blitz. La paura dello straniero anche qui
Nel frattempo, il dossier UniCredit-Commerzbank rischia di scatenare non poche tensioni in Germania.
Sui mercati e anche in Germania si è parlato infatti di un raid da parte di UniCredit, che ha preso in contropiede in primis Berlino, che già in passato si era mostrata riluttante a consentire a una banca straniera di mettere le mani su Commerzbank, anche per paura che una fusione avrebbe dato vita a una rivale troppo forte da fronteggiare per Deutsche Bank, banca numero uno nel paese.
Già in passato Orcel aveva avvicinato il ceo di Commerzbank Manfred Knof per valutare l’opportunità di procedere a una fusione. Ma non se n’era fatto niente.
La strada della conquista di Commerzbank da parte di UniCredit è tuttora in salita visto che, così come il governo Meloni vuole impedire che Mps finisca nelle grinfie di una banca straniera, la Germania non sarebbe d’accordo a vedere una delle sue banche più importanti fagocitata da un istituto non tedesco.
“Faremo tutto il possibile per impedire che avvenga. La combatteremo”, ha detto Stefan Wittmann, esponente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank, nel commentare la possibilità che UniCredit punti ad acquistare la banca in toto.
Wittman ha ricordato che l’acquisizione di Hvb in passato da parte di UniCredit si è tradotta in una raffica di tagli del personale, e nello trasferimento dei poteri decisionali a Milano. Qualcosa che non vuole che si ripeta di nuovo, stavolta con Commerzbank.
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Dall’altro lato, in Italia, rimane il nodo Mps, che ora ha ufficialmente un pretendente in meno: UniCredit. E verso cui Banco BPM non ha mai manifestato un interesse particolare, vista la strategia di Piazza Meda di continuare ad andare avanti da sola.
Se c’è un nome gettonato, è quello di Unipol. Tuttavia diversi quotidiani hanno ricordato più volte che la compagnia assicurativa bolognese non verrebbe vista di buon occhio dal governo Meloni, anche nel caso del dossier di Mps, “per via delle sue origini nell’ambito delle Coop rosse, che ancora mantengono un peso rilevante nell’azionariato”, come ribadisce oggi anche un articolo de La Stampa. E così, a parte le varie ipotesi, il caso Mps rimane ancora aperto, confermandosi una matassa difficile da districare. Nonostante i progressi inconfutabili della banca.
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