Notizie Notizie Italia Mps: ancora sell su titolo a Piazza Affari tra tassi Bce, caso bond subordinati e rebus Meloni

Mps: ancora sell su titolo a Piazza Affari tra tassi Bce, caso bond subordinati e rebus Meloni

6 Settembre 2024 12:25

Il titolo Mps-Monte dei Paschi di Siena si conferma oggi tra i titoli peggiori del Ftse Mib di Piazza Affari: le azioni delle banche italiane sono in generale sotto pressione, spiegano gli operatori di mercato, per diversi motivi, che vengono così elencati: il fattore tassi Bce; la decisione della Russia di Putin di bloccare l’uscita da Mosca della banca austriaca Raiffeisen Bank International; l’impatto, nel caso di Mps, della sentenza della Corte di Appello di Firenze, pubblicata a inizio agosto, che, nel ribaltare la precedente sentenza del Tribunale di Pisa del 2021, ha dato ragione ai risparmiatori italiani detentori di quei bond subordinati di Mps che vennero convertiti in azioni per salvare il Monte dei Paschi, nel 2017.

Sempre nel caso specifico di Mps, l’interrogativo dei mercati è su quando il governo Meloni lancerà il terzo atto per portare avanti il processo di privatizzazione della banca, in linea con gli impegni assunti con l’Unione europea, consentendo così l’uscita dello Stato dal capitale entro la fine di quest’anno.

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Giorni fa sono stati diffusi alcuni rumor relativi al piano di privatizzazione lanciato dall’esecutivo, che hanno ricordato come Mps sia una pedina molto importante per il governo Meloni per fare cassa.

Mps e altre banche sotto pressione con ipotesi più tagli tassi Bce

Il titolo Mps e in generale i titoli delle banche italiane perdono terreno oggi a Piazza Affari pagando il rischio che la Bce, con il ‘via libera’ della Fed, possa tagliare i tassi di interesse dell’area euro in modo più significativo rispetto a quanto atteso finora dai mercati.

Occhio al trend di Mps, che a Piazza Affari perde il 2% circa, riportando un calo settimanale del 6% circa, e un ribasso mensile dell’1,8% circa.

Dall’inizio dell’anno, le quotazioni del Monte dei Paschi di Siena sono salite invece di oltre il 62%, incassando più del +118% su base annua.

Una minaccia, non solo per Mps, è che la Bce finisca tuttavia per tagliare i tassi più di quanto messo in conto.

Negli Stati Uniti si fanno sempre più insistenti, di fatto, le scommesse sulla possibilità che la Federal Reserve guidata da Jerome Powell, nella imminente riunione del 17-18 settembre, annunci una sforbiciata dei tassi sui fed funds pari a -50 punti base.

Il verdetto sui tassi sarà più chiaro nella giornata di oggi quando, dal fronte macro degli Stati Uniti, verrà annunciato il grande market mover di questa settimana, ovvero il report occupazionale Usa di agosto. Basterà poco, secondo gli analisti di Citi, per costringere la Fed a tagliare i tassi nella imminente riunione di ben mezzo punto percentuale.

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Ma se la Fed deciderà di tagliare i tassi in modo più sostenuto, rispetto a quanto fino a oggi prezzato, la Bce di Christine Lagarde, che si esprimerà tra l’altro sui tassi prima della banca centrale americana, ovvero la prossima settimana, giovedì 12 settembre, avrà anch’essa più spazio per intervenire a favore dell’economia dell’area euro e procedere a più riduzioni del costo del denaro.

Per quanto la presidente della Bce Christine Lagarde abbia rimarcato in più di una occasione l’indipendenza dell’Eurotower dalle decisioni di politica monetaria prese dalla Fed, la verità è che più volte è stata quest’ultima a dettare legge sui mercati.

E ora che è stato lo stesso presidente della Fed Jerome Powell a dare la sua benedizione all’arrivo dei tagli dei tassi anche in Usa, la Bce potrebbe avere un motivo in più, o un ostacolo in meno, per allentare ulteriormente la politica monetaria dell’area euro.

Così facendo, la Banca centrale europea priverebbe le banche dell’area euro e, nel caso specifico, le banche italiane, dell’assist fondamentale ai loro utili, e in particolare ai loro NII, rappresentati dai tassi di interesse più alti per un periodo di tempo più lungo.

E’ stata infatti la permanenza di quei tassi alti nell’area euro, dopo il contentino del mini taglio del 6 giugno scorso e il nulla di fatto nella riunione di luglio , a portare gli investitori a scommettere ancora sulla solidità degli istituti di credito. Istituti di credito che in Italia sarebbero destinati a riportare utili record anche nel 2024, come è emerso da alcuni studi, e che in generale in Europa si preparano a premiare gli azionisti con una pioggia di dividendi e di buyback, grazie a quello straordinario regalo ricevuto nel 2022 e nel 2023 dalla Bce sotto forma di strette monetarie.

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Se Lagarde decidesse di essere più aggressiva nel taglio dei tassi rispetto a quanto scommesso dai mercati, alle banche verrebbe a mancare, insomma, un importante supporto.

Mps giù con fattore Raiffeisen Bank

Ma i titoli delle banche italiane pagano oggi anche il caso della banca austriaca Raiffeisen Bank International AG, scoppiato dopo che un tribunale russo ha deciso di congelare le azioni nella sua controllata attiva in Russia, complicando ulteriormente l’iter del gruppo, volto a uscire dal paese.

Sono più di due anni che Raiffeisen cerca di vendere o di procedere a uno spin off della sua controllata per recidere i legami con Mosca.

Il caso è scoppiato, riporta Bloomberg, per la causa intentata da Rasperia Trading — società legata al miliardario Oleg Deripaska — contro il gruppo di costruzioni Strabag SE e i suoi principali azionisti austriaci.

Nessun reato è stato contestato a Raiffeisen Bank: tuttavia le azioni della sua controllata russa potrebbero essere usate come garanzia, secondo il tribunale russo che le ha congelate, in quanto tra i principali proprietari di Strabag c’è una banca regionale austriaca che risulta essere tra i maggiori azionisti di Raiffeisen Bank International.

“Possiamo ancora nominare i dirigenti e dare istruzioni ai russi, ma non possiamo vendere la banca“, hanno detto le fonti del gruppo austriaco interpellate da Reuters.

La notizia ha fatto crollare le azioni di Raiffeisen fino a oltre il 7% in Borsa: il titolo cede ora poco meno del 7%, continuando a contagiare le azioni del comparto bancario in Europa.

Ovviamente, la notizia di Raiffeisen interessa più UniCredit, la banca italiana guidata dal ceo Andrea Orcel, che Mps: è Piazza Gae Aulenti, infatti, a essere additata in particolare dalla Bce per continuare a essere presente in Russia.

La sentenza sui bond subordinati

Tornando al caso specifico di Mps, la banca paga anche il ripresentarsi di problemi propri con la sentenza della Corte di Appello di Firenze, che ha dato ragione agli obbligazionisti detentori di bond subordinati che furono coinvolti nell’operazione di burden sharing. Operazione che, insieme a quella di aumento di capitale, venne annunciata a servizio della ricapitalizzazione precauzionale  con cui lo Stato italiano, nel 2017, diventò maggiore azionista dell’istituto.

La Corte di Appello di Firenze ha praticamente riconosciuto, ribaltando la precedente sentenza, il diritto dei clienti a essere risarciti delle perdite, in quanto, a suo avviso, i consulenti di Mps non avrebbero mai informato gli obbligazionisti della natura subordinata dei bond. Non solo, ha riportato qualche giorno fa il Sole 24 Ore:

“La Corte d’appello di Firenze (ha precisato il legale interpellato dal quotidiano, Francesco Giordano dello studio legale Lexopera) nella quantificazione del danno ha utilizzato il criterio più favorevole ai possessori di questi bond. In sostanza, ha calcolato le quotazioni correnti del titolo Mps al momento della sentenza – quindi a inizio agosto – e non le quotazioni risultanti alla data della conversione in azioni dei bond (nel 2017)”.

Va detto in ogni caso che il contenzioso non interessa i piccoli risparmiatori, dunque gli investitori retail.

C’è infine il rebus dell’attesa mossa del governo Meloni che, tuttavia, non si è ancora palesata.

Il Mef maggiore azionista, forte del doppio regalo Moody’s, si è mosso smobilizzando una prima partecipazione detenuta nella banca senese pari al 25% alla fine dello scorso anno, incassando 920 milioni di euro circa, con una procedura accelerata di raccolta ordini (‘Accelerated Book Building – ABB’), per vendere poi un’altra quota del Monte ancora di Stato all’inizio di quest’anno, pari al 12,5% del capitale sociale della banca, e sempre attraverso un ‘Accelerated Book Building – ABB’, portando nelle casse dello Stato 650 milioni.

Dopo i due smobilizzi la quota in mano al Tesoro è scesa dal 64% circa al 26,7%, confermando lo Stato ancora azionista di maggioranza.

Il punto è che, in base agli accordi con Bruxelles, lo stesso Stato dovrebbe portare la sua partecipazione al di sotto del 20% entro la fine del 2024. Ma finora, quando mancano pochi mesi alla fine dell’anno, nessun annuncio su Mps è ancora arrivato da Via XX settembre.

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Si è fatto nelle settimane precedenti il nome di Unipol, la compagnia assicurativa bolognese guidata da Carlo Cimbri, come di possibile partner di Mps. Ma anche da quel fronte, nessuna novità. E Unipol si conferma tra l’altro oggi, insieme a Mps, tra i titoli peggiori del Ftse Mib.