Mps e il doppio regalo Moody’s. La mossa Meloni-Mef sul Monte scattata con il fattore BTP
Mps protagonista a Piazza Affari anche oggi, stavolta con i buy che tornano sul titolo dopo i forti sell scattati alla vigilia, a seguito dell’annuncio della vendita di una quota del 25% del capitale da parte dello Stato maggiore azionista.
A riportare gli acquisti sulle azioni del Monte dei Paschi di Siena la notizia dell’upgrade del rating arrivato da Moody’s.
Mps: titolo in rialzo a Piazza Affari post sell
Stamattina la banca senese ha comunicato che l’agenzia di rating Moody’s ha alzato le valutazioni principali sul debito del Monte di un gradino.
La mossa è scattata dopo la decisione di Moody’s, annunciata venerdì scorso 17 novembre, di confermare il rating sul debito pubblico italiano al livello Baa3 – superiore al rating junk di appena un gradino – e di migliorare contestualmente l’outlook da “negativo” a “stabile”.
Mentre si cerca di capire chi abbia assorbito la quota del 25% piazzata dal Tesoro, ovvero chi siano i nuovi soci della banca senese, si apprende come proprio la mossa di Moody’s – che ha praticamente allontanato la minaccia “junk”, spazzatura, per l’Italia – abbia convinto il governo Meloni ad agire sul Monte e a dare l’ok al Mef per piazzare sul mercato le azioni della banca, per alleggerire la sua quota e dare il via al processo di privatizzazione di quella che, almeno dal 2017, è nota come Monte di Stato.
Il titolo Mps-Monte dei Paschi di Siena sale subito in avvio di seduta, accelerando poi al rialzo dopo pochi minuti dall’inizio della giornata di contrattazioni di Piazza Affari, dopo la caduta del 7,94% della vigilia, che ha portato il valore delle azioni a 2,828 euro alla fine della sessione.
Il sell di ieri si spiega con la notizia della vendita del 25% del capitale comunicata dal Tesoro, che ha portato le azioni ad allinersi al prezzo a cui il Tesoro ha smobilizzato le quote, pari a 2,92 euro.
L’upgrade del rating firmato Moody’s
Le azioni Mps oggi beneficiano dell’upgrade di Moody’s che arriva qualche giorno dopo il giudizio che l’agenzia di rating ha sfornato sull’Italia.
Moody’s alzato le valutazioni di Mps di un gradino, portando il rating standalone Baseline Credit Assessment (‘BCA’) a ‘Ba3’ da ‘B1’, il long-term deposit rating a ‘Ba1’ da ‘Ba2’ e il long-term senior unsecured debt a ‘Ba3’ da ‘B1’.
“La decisione di Moody’s si inserisce in un’ampia revisione dei rating di alcune banche italiane e fa seguito all’azione di rating sull’Italia del 17 novembre scorso, che ha determinato il miglioramento del Macro Profile dell’Italia”, ha annunciato stamattina la banca senese guidata dal ceo Luigi Lovaglio.
Oltre ad aver migliorato il rating, Moody’s ha confermato l’outlook “positivo” sui bond di Siena.
“L’outlook sui rating di lungo termine dei depositi e del debito senior unsecured di MPS è stato confermato a positivo e riflette l’opinione di Moody’s secondo cui il miglioramento del merito creditizio della banca potrebbe portare ad un rating standalone BCA più elevato se i progressi compiuti si dovessero mantenere nei prossimi 12-18 mesi”.
L’agenzia ha motivato l’upgrade con diversi fattori, tra cui “i progressi compiuti dalla banca nella ristrutturazione, la maggiore capacità di generare utili e la riduzione del profilo di rischio, in un contesto operativo più favorevole”.
E’ stato messo in evidenza, anche, che Mps può contare su “una base di depositi retail ampia”.
C’è poi anche l’altro punto di forza, rappresentato dal fatto che la banca senese “ha riconquistato l’accesso al mercato obbligazionario”.
La nota di Moody’s segue l’upgrade arrivato sui rating del Monte dei Paschi di Siena, di recente, anche da Fitch che, così come Moody’s, ha migliorato la propria valutazione dopo aver confermato il rating sul debito pubblico italiano.
Retroscena Mps. Il via libera di Meloni a vendita Mef con il fattore spread-BTP
L’articolo di Bloomberg “Meloni, UBS and Jefferies Pull Off Stealth $1 Billion Bank Sale“ svela intanto il retroscena che ha convinto il governo Meloni a muoversi su Siena, portando il Tesoro a vendere inizialmente una quota del capitale della banca pari al 20%, per poi piazzare il 25% sulla scia della forte domanda riscontrata sul mercato.
Si è trattato di un vero e proprio blitz, nel senso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe preso la decisione di vendere la partecipazione nell’arco di qualche ora appena, dopo l’annuncio di Moody’s sul rating del debito pubblico dell’Italia.
“Nel corso del fine settimana scorso- si legge nell’articolo – il governo ha deciso di agire sul piano discusso con gli advisor UBS e Jefferies, volto a vendere velocemente una quota del Monte dei Paschi. Tra i fattori dietro a quella mossa, il miglioramento dello spread BTP-Bund, stando a quanto hanno riferito a Bloomberg alcune fonti vicine al dossier”.
Bloomberg indica che proprio questa mossa potrebbe a questo punto facilitare il risiko tra le banche italiane, che finora è stato sicuramente più sulla carta che non nei fatti.
Con uno Stato sempre per ora maggiore azionista ma meno ingombrante – a seguito del collocamento delle azioni la partecipazione nel Monte è scesa al 39,23% dal 64% circa – le banche italiane, così si vocifera, sarebbero più propense a trattare per formare eventualmente quel terzo polo su cui Meloni aveva detto da parecchio di puntare.
La nota odierna di Equita SIM segnala oggi, di fatto, che “diversi articoli di stampa si sono focalizzati su Mps dopo il piazzamento di una quota del 25% da parte del MEF, tornando nuovamente a ipotizzare scenari di consolidamento”.
Detto questo, l’analista Andrea Lisi della SIM rimarca quanto detto alla vigilia ovvero che, “nonostante la riduzione della quota di capitale in mano pubblica, nell’attuale contesto di mercato continuiamo a non vedere necessariamente l’M&A come uno scenario di breve termine per la banca, anche alla luce delle strategie dei principali soggetti candidati per un’eventuale aggregazione (Banco BPM, Bper e UniCredit)”.
Per Equita, piuttosto, “considerando anche il marcato miglioramento della performance operativa da parte di MPS e la capacità della banca operare stand-alone, in assenza di soggetti interessati, il Mef potrebbe optare per un piazzamento di un’ulteriore quota, scaduto il lock-up di 90 giorni”.
A tal proposito, riporta la SIM, “secondo La Repubblica e Il Giornale, in primavera il Mef potrebbe decidere di collocare tra il 10% e il 20% del capitale”.
Verso il terzo polo? Ma da Banco Bpm, Bper e UniCredit per ora è vade retro
Sul risiko più probabile, il Messaggero scrive invece che “ieri chi ha parlato con Giuseppe Castagna l’ha trovato compiaciuto per il successo dell’operazione per l’Italia e perchè a questo punto, secondo lui, dovrebbe allentarsi la pressione speculativa che indica in Bpm il partner per le nozze”.
Vade retro Siena anche per UniCredit, con il ceo “Andrea Orcel che fa sapere che, a questi prezzi, Mps è fuori dal radar”.
E lo stesso riterrebbe Carlo Cimbri, numero uno di Unipol, azionista di maggioranza di Bper e Popolare di Sondrio.
Eppure è lo stesso quotidiano romano ad ammettere che la minore presenza dello Stato nel capitale del Monte dei Paschi di Siena farebbe da assist all’ipotesi del risiko.
Dal canto suo Il Sole 24 Ore scrive che, in caso di una fusione tra Mps e Banco BPM la quota del Mef maggiore azionista sarebbe pari al 12,3% del capitale, fattore che renderebbe lo Stato ancora maggiore azionista della banca risultante dall’aggregazione, davanti ai francesi di Credit Agricole.
Lo Stato sarebbe maggiore azionista anche nel caso di “un’aggregazione a prezzi di mercato con Bper”: in questo caso la partecipazione detenuta sarebbe pari al 16,5% – calcola Il Sole 24 Ore – davanti a Unipol”.
Con una operazione di M&A con UniCredit di Andrea Orcel, la quota in mano allo Stato sarebbe invece pari ad appena il 3%.
Detto questo, Il Sole sottolinea che una eventuale fusione tra Mps e Banco BPM o Mps e Bper che vedesse lo Stato rimanere nelle vesti di grande azionista potrebbe far storcere il naso all’Unione europea, che da anni chiede la privatizzazione del Monte, e che “difficilmente accetterebbe che una parziale privatizzazione facesse dello Stato il prima azionista, anche se non più di controllo, di una banca più grande”.
Intanto Equita SIM ha ricordato che una buona notizia che renderebbe Mps più appetibile agli occhi di eventuali banche pronte a buttarsi nel risiko potrebbe arrivare il prossimo 27 novembre, “con la sentenza d’appello sul caso Viola-Profumo che, se dovesse concludersi con un’assoluzione, potrebbe portare a un’ulteriore riduzione del petitum, con eventuali rilasci di riserve precedentemente accantonate”.