Mps, l’FT plaude a resurrezione con Lovaglio. I nodi risiko e politica
Il Financial Times certifica la “resurrezione di Mps -Monte dei Paschi di Siena, la banca più vecchia del mondo e una di quelle più inclini a imbattersi in incidenti di percorso”.
In un articolo dedicato alla banca senese, il quotidiano britannico mette in evidenza come il titolo del Monte di Stato, un tempo considerato un investimento “tossico”, sia ora fortemente richiesto.
Merito del ceo della banca, Luigi Lovaglio, come emerge dallo stesso titolo dell’articolo dedicato alla banca senese: “Italian banks: remedy to MPS’s ills was Lovaglio, actually.
Tra l’altro, si apprende che il ceo ha dato una dimostrazione di fiducia, acquistando azioni della banca senese, dopo il collocamento della quota piazzata dal Tesoro.
Tornando al ceo Lovaglio, ieri l’amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena ha acquistato sul mercato 34.000 azioni Mps investendo complessivamente 98.559 euro.
L’acquisto, successivo al collocamento di parte della quota detenuta dal Tesoro, è stato realizzato in diverse tranche con prezzi tra 2,897 e 2,9 euro.
Mps, Financial Times: rottura con la tradizione sorprendente
Il Financial Times riassume le novità emerse negli ultimi giorni, focalizzandosi sull’annuncio con cui il Mef-Tesoro, maggiore azionista di Mps, ha comunicato la vendita di una partecipazione del 25% della banca.
Lo smobilizzo delle azioni ha fatto scendere la quota di maggioranza detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze dal 64,23% al 39,23%.
Il Mef si è così mosso, dando il via al percorso di privatizzazione del Monte di Stato, così bollato proprio a causa del controllo che lo Stato italiano esercita sulla banca dal 2017, anno in cui l’istituto è stato salvato con una operazione di ricapitalizzazione precauzionale che ha ricevuto il benestare dell’Ue.
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“Il governo italiano – si legge nell’articolo dell’FT – ha appena venduto il 25% della banca agli investitori istituzionali per 920 milioni di euro, prezzo a sconto di meno del 5% rispetto al valore di chiusura del titolo di lunedì scorso”.
Una svolta, ha riconosciuto il Financial Times, che ha parlato di come l’operazione rappresenti “una rottura con la tradizione sorprendente”.
“Nel periodo compreso tra il 2008 e il 2021 MPS – ricorda infatti l’FT – (la banca) ha provveduto ad aumenti di capitale per un valore superiore a 23 miliardi di euro”, una somma che è andata poi “bruciata” nel corso degli stessi anni.
La situazione tuttavia sembra essere cambiata, fa notare il quotidiano, visto che quegli stessi investitori che il governo Meloni ha avuto necessità di interpellare, per il buon fine dell’ultimo aumento di capitale lanciato da Mps nel 2021, per un valore di 2,5 miliardi di euro, “hanno incassato ora un ritorno superiore al 40%”.
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L’FT tesse le lodi dell’AD Luigi Lovaglio
“In parte – sottolinea il Financial Times – il merito (della resurrezione di Mps) è del lavoro svolto dall’amministratore delegato ed esperto di ristrutturazioni Luigi Lovaglio”.
Per merito l’FT si riferisce all’accetta che Lovaglio è stato costretto a brandire per sfoltire il numero dei dipendenti della banca, operazione che in termini di costi ha pagato, visto che “quest’anno i costi operativi scenderanno del 12%, stando alle stime di Mediobanca”.
Mps si è liberata inoltre del peso di altri non-performing loans (NPL), ovvero di crediti deteriorati. E “la rete locale di franchising è così forte che, anche con processi e tribolazioni, la maggior parte dei clienti è rimasta fedele”, visto che i “depositi da 70 miliardi di euro si sono confermati stabili su base annua”.
Ancora, “le condizioni economiche sono state di aiuto” a Lovaglio. “I tassi più alti (a seguito delle strette monetarie varate dalla Bce di Christine Lagarde) hanno fatto salire il margine netto di interesse del 63%, a 1,7 miliardi di euro. Il risultato è che ora Mps vanta un CET 1 solido, pari al 16,7%”, a conferma della sua “solidità finanziaria”.
Alcune cause legali, ha ricordato infine l’FT, si sono messe di traverso, “ma la montagna del petitum potenziale si sta lentamente sgonfiando”.
Mps, dall’FT anche l’attenti ai costi. Il commento sul risiko con Bper o Banco BPM
Il Financial Times non si è limitato tuttavia a tessere le lodi della banca e del suo AD Luigi Lovaglio.
C’è una caratteristica che rimane propria di Mps e che non è stata annoverata dall’FT tra i progressi compiuti dalla banca. Tutt’altro.
La caratteristica citata è il fatto che Monte dei Paschi di Siena, con tutti i passi avanti che ha fatto, rimane “una banca regionale di media dimensione”.
E proprio la bassa valutazione del titolo – pari a 3,3 volte gli utili di questo anno – riflette la posizione sfidante in cui il Monte si trova.
Tra l’altro, con i tassi di interesse che hanno testato il picco, l’FT ha avvertito che il “margine netto di interesse è destinato a imboccare una traiettoria al ribasso” e l’essere un istituto di media dimensione implica “costi relativamente alti”.
Un chiaro riferimento è stato fatto al rapporto cost-income di Mps, che è pari al 48%, “sfavorevole”, secondo il quotidiano, se si considerano i ratio delle rivali Intesa SanPaolo e di UniCrexdit, che sono pari rispettivamente al 41,9% e al 39%.
“La speranza, dunque, per gli investitori – scrive l’FT – è che davvero una Mps ripulita possa diventare un target appetibile di una operazione di acquisizione (M&A)”. Dopo aver ricordato il flop clamoroso delle trattative tra l’azionista di maggioranza Mef e UniCredit, la Big Bank italiana guidata dal ceo Andrea Orcel, l’FT ha affrontato così il nodo del risiko e delle nozze ricordando che, da quando l’accordo con UniCredit è andato a monte, “sono stati fatti spesso i nomi di Bper e Banco BPM”.
“Un accordo sarebbe un buon risultato sia per Mps che per l’acquirente, a meno che non si metta di nuovo in mezzo la politica“, ha sentenziato il quotidiano.