Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Banche italiane, niente M&A a Piazza Affari. Ma ‘il risiko ci sarà’, registe Mps e UniCredit?

Banche italiane, niente M&A a Piazza Affari. Ma ‘il risiko ci sarà’, registe Mps e UniCredit?

8 Agosto 2024 14:24

Banche italiane sotto i riflettori a Piazza Affari, con diversi dossier che interessano il settore, tra cui il risiko incentrato su Mps che però non si è  ancora palesato, le dichiarazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, che ha smentito le indiscrezioni stampa sull’arrivo di una nuova versione della tassa sugli extraprofitti che aveva piegato i titoli bancari italiani esattamente un anno fa, l’8 agosto del 2023; e la prospettiva di una Bce più propensa a tagliare i tassi di interesse dell’area euro, sulla scia di una Fed di Powell più dovish.

In evidenza anche la stagione delle trimestrali delle grandi banche italiane, che si è appena conclusa, mettendo in luce la resilienza degli utili e soprattutto dei margini netti di interesse (NII), orfani ormai di quel forte sostegno alla redditività che, negli anni precedenti, si è presentato con la raffica di rialzi dei tassi da parte della Banca centrale europea.

Risiko banche italiane? Occhio a prossimi 12 mesi

La buona notizia – che dovrebbe in teoria far scattare i buy sui titoli delle banche italiane, che oggi fanno tuttavia dietrofront dopo i solidi rialzi della vigilia – è arrivata nelle ultime ore con il commento di Antonio Reale, co-responsabile della divisione di banche europee di Bank of America.

Contattato da CNBC, Reale ha detto di credere che l’Italia sia un terreno fertile per mega operazioni di M&A (mergers and acquistions, ovvero fusioni e acquisizioni) tra le banche, citando il caso di Mps-Monte di Stato e facendo il nome anche di UniCredit, la banca guidata dal ceo Andrea Orcel.

Se si considerano le banche singole in Italia, è difficile credere che non accadrà nulla, direi nell’arco dei prossimi 12 mesi”, ha affermato Reale, mettendo in evidenza il dossier del Monte dei Paschi di Siena, banca senese ormai a suo avviso riabilitata, e destinata a essere privatizzata a causa dei diktat dell’Unione europea: diktat che hanno prorogato i tempi per l’uscita dello Stato italiano da Mps alla fine del 2024.

Il governo Meloni, a tal proposito, ha già dato prova di voler rispettare i tempi, vendendo una prima quota, pari al 25% ,alla fine del 2023 e smobilizzando un’altra partecipazione all’inizio di quest’anno.

Mps: lock up scaduto, ma governo Meloni non si è mosso

Detto questo, nonostante sia passato un bel po’ di tempo dalla scadenza del lock up – lock up che fino a quel momento aveva legato le mani al Tesoro, impedendogli di liberarsi di altre quote di Mps – il Mef maggiore azionista non si è mosso.

Proprio l’attesa per la scadenza del lock up aveva rinfocolato le scommessse su un risiko tra le banche italiane (imperniato sulla preda Mps, e su un eventuale interesse da parte di Bper o della stessa Unipol, azionista di maggioranza sia della banca modenese che della Popolare di Sondrio), scatenando nuovi scatti dei titoli delle dirette interessate.

Passate un bel po’ di settimane, nessun segnale è arrivato dal governo Meloni: fattore che ha riportato gli operatori di mercato a mettere di nuovo in dubbio l’avverarsi di una operazione di risiko bancario.

Sul risiko in generale delle banche italiane Antonio Reale di Bank of America, tuttavia, continua a crederci, così come anche altri analisti, sebbene non proprio nel brevissimo termine.

Contattata anche lei dalla CNBC Paola Sabbione, analista di Barclays, ha ricordato che “Monte dei Paschi è alla ricerca di un partner,” e che “UniCredit sta guardando a possibili target. Di conseguenza, in teoria da queste banche potrebbero emergere diverse combinazioni”.

Il punto, tuttavia, è che “nessuna banca ha un bisogno urgente” di convolare a nozze con altri istituti, ha precisato Sabbione.

M&A tra banche, Spagna batte Italia

Reale ha rincarato dal canto suo la dose: “l’Europa ha bisogno di banche più grandi, solide e redditizie. E’ qualcosa di innegabile”, ha continuato l’esperto di Bank of America, facendo un paragone tra la Spagna e l’Italia:

La Spagna ha fatto grandi progressi“. Qui, infatti, “stiamo assistendo a una grande ondata di consolidamento dopo la crisi finanziaria globale”: consolidamento che, tra altro, “è continuato negli ultimi anni, sulla scia di una capacità in eccesso che è uscita dal mercato in  un modo o nell’altro”.

Guardando ai mercati bancari, l’Italia è invece “molto più frammentata”, ha aggiunto Reale, confermando quanto ha detto tra l’altro più volte il ceo di UniCredit, Andrea Orcel, che ha puntato spesso il dito contro l’Europa tutta, così come ha fatto lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, nello sponsorizzare accordi di M&A tra le banche europee, resi difficili per ora dal mancato completamento dell’Unione bancaria nel continente.

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UniCredit verso M&A? Grande quantità di eccesso di capitale

Reale di Bank of America ritiene in ogni caso che una  grande operazione di fusione tra le banche italiane rimane una ipotesi più che valida.

UniCredit, per esempio, ora “siede su una grande quantità di eccesso di capitale” e il governo Meloni ha una nuova agenda industriale, che vede tra gli obiettivi da realizzare un ambizioso piano di privatizzazioni incentrato su diversi pesi massimi di Piazza Affari, tra cui anche Mps.

L’articolo della CNBC ha ricordato a tal proposito i risultati record e stellari di Piazza Gae Aulenti, che ha continuato a sorprendere i mercati con utili che hanno battuto le attese, incassando nel 2023 profitti per 8,6 miliardi di euro,  in rialzo del 54% su base annua, e che ha premiato gli azionisti con una remunerazione ghiotta fatta di dividendi e di buyback da sogno.

La fiducia nel risiko tra le banche italiane è stata confermata anche da Nicola De Caro, vice direttore generale senior di Morningstar che, in una email alla CNBC, ha detto che, “in generale, intravediamo uno spazio per il consolidamento in mercati come quelli di Italia, Spagna e Germania”.

De Caro ha tuttavia avvertito che, proprio a causa delle lacune che impediscono all’Europa di dotarsi di una vera Unione bancaria, “un consolidamento entro i confini nazionali è più probabile di fusioni europee cross border”, menzionando la “presenza di alcuni impedimenti strutturali”.

In Italia frammentazione tra banche di media dimensione

L’esperto di Morningstar ha aggiunto inoltre che, nonostante la recente fase di consolidamento avvenuta in Italia con le fusioni Intesa-Ubi BPER-Carige e Banco-Bpm, l’Italia è caratterizzata ancora da un “numero significativo di banche” e da una “frammentazione tra le banche di media dimensione”.

Registe potenziali del risiko? Per il vice direttore generale senior di Morningstar “UniCredit, Mps e alcune banche di media dimensione giocheranno un ruolo nel potenziale futuro consolidamento del settore bancario” in Italia.

Il problema è che per ora la parola che circola di più a Piazza Affari, ogni volta che il ceo di una banca quotata sul Ftse Mib viene interpellato su un eventuale interesse a lanciare una operazione di M&A, è ‘no’.

Così ieri lo stesso AD di Bper Gianni Franco Papa che, nel commentare i conti, ha sottolineato nella call con gli analisti che il nuovo piano industriale di Bper getterà le sue basi sulla “crescita organica”, e non punterà invece su eventuali prede.

Il motivo? “Noi vediamo grandi opportunità” nella crescita per linee interne – ha detto Papa stando a quanto riportato da Il Sole 24 Ore, “grazie alla presenza della banca nelle aree più ricche dell’Italia’. Dunque no a possibili acquisizioni? “Per noi oggi non sono sul tavolo”, ha tagliato corto il ceo dell’istituto modenese.

Seppur in modo indiretto la nuova Mps, così come viene ormai chiamata, grazie a quel processo di ‘rinascimento’ che continua a percorrere, ha dunque incassato un nuovo no.

Il titolo del Monte di Stato ieri ha continuato a volare, grazie alle novità emerse con la trimestrale appena pubblicata: la sessione della vigilia è stata inoltre positiva per i titoli di altre banche italiane che hanno diffuso i conti, come Banco BPM e, ancora prima, UniCredit e Intesa SanPaolo.

Detto questo, sulla scia del tonfo che i titoli hanno riportato giovedì scorso, quando hanno iniziato a circolare indiscrezioni stampa sull’arrivo di una tassa sugli extraprofitti delle banche (e non solo) e dopo il massacro che ha azzannato l’azionario globale, complice la paura di una recessione ma, anche il boom del VIX-indice della paura e la chiusura delle posizioni di carry trade, quel rally dei titoli delle banche italiane scatenato dall’ondata di acquisti che si è riversata sulle azioni sia nel 2023 e nel 2024 ha accusato un brusco stop.

Titoli Mps, UniCredit & Co. giù nell’ultima settimana. Trend YTD

E così il titolo UniCredit ha perso nell’ultima settimana di contrattazioni più del 6%, scendendo su base mensile di oltre l’8,5%.

Rimane positivo il trend YTD (+36,62%), mentre su base annua e negli ultimi tre anni la performance è di rally pari rispettivamente a +51% e a +220% circa.

Il trend del titolo Intesa SanPaolo dell’ultima settimana e dell’ultimo mese è di cali rispettivamente di oltre il 5% e il 4%.

YTD il titolo è in rialzo di quasi il 29%, mentre su base annua e negli ultimi tre anni le azioni sono balzate di oltre il 42 e di oltre il 41,5%.

Il titolo Mps Monte dei Paschi di Siena, grazie allo scatto post conti, è in rialzo su base settimanale del 5% circa, e in calo di appena lo 0,35% circa su base mensile.

Il rialzo YTD è di quasi il 62%, mentre da inizio anno lo scatto è del 95% circa.

Peggiore in modo deciso è il trend di Banco BPM, che sta perdendo oggi a Piazza Affari più del 2% e che su base settimanale e mensile soffre ribassi rispettivamente pari a -7% e -11% circa. La performance YTD è di un rialzo del 18,7% circa.

Nell’ultimo anno il titolo è salito del 34,5% circa, balzando di oltre il 106% negli ultimi tre anni di contrattazione.

Male nell’ultimo periodo anche Bper, che nell’ultima settimana e nell’ultimo mese ha perso più del 10% e del 12%.

YTD il trend è di un progresso del 52% circa, mentre su base annua e negli ultimi tre anni i rialzi sono pari rispettivamente a oltre il 78% e il 155%.