Mps sempre meno Monte di Stato: governo Meloni si sbarazza di altra quota, occhio al titolo
Il titolo Mps-Monte dei Paschi di Siena recupera terreno dopo l’iniziale scivolone successivo alla nuova mossa del governo Meloni, determinato a riconsegnare la banca al mercato.
Ieri il Mef maggiore azionista della banca ha annunciato lo smobilizzo di una ulteriore quota del capitale sociale dell’istituto, pari al 12,5%, al prezzo di 4,150 euro per azione.
Il nuovo atto del Tesoro ha fatto scendere la partecipazione detenuta dallo Stato in Mps dal 39,23% al 26,73% circa.
Il titolo del Monte di Stato ha reagito all’inizio della giornata di contrattazioni di Piazza Affari confermandosi prima maglia nera del Ftse Mib, capitolando fino a -4%, per poi azzerare le perdite e salire alle 11 circa ora italiana dello 0,80% circa, attestandosi a quota 4,29 euro.
- Mps: arriva il secondo atto del governo Meloni. L’annuncio del Mef
- Mps ‘preda ambita’? La storia della banca post flop storico Mef-UniCredit
- La svolta con il piano salva Monte di Draghi: l’aumento di capitale
- Mps e quei cavalieri bianchi fantasma. Le prossime mosse di Meloni
- Prezzo troppo alto per M&A? La frase di Orcel sugli ostacoli al risiko
Mps: arriva il secondo atto del governo Meloni. L’annuncio del Mef
Così si legge nel comunicato stampa diramato dal Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze):
“Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (il ‘MEF’) comunica di aver perfezionato con successo la cessione di n. 157.461.216 azioni ordinarie Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., pari al 12,5% del capitale sociale attraverso un ‘Accelerated Book Building – ABB’ riservato ad investitori istituzionali italiani ed esteri. La domanda raccolta è stata pari a oltre tre volte l’ammontare iniziale”.
La cessione dell’ulteriore quota detenuta dallo Stato in Mps, avvenuta al prezzo di 4,150 euro per azione, ha consentito al Tesoro di incassare un “controvalore complessivo pari a circa Euro 650 milioni”.
Il Tesoro ha precisato che il corrispettivo versato per azione è a sconto del 2,49% rispetto al prezzo con cui il titolo del Monte dei Paschi di Siena ha concluso la sessione di ieri, martedì 26 marzo 2024.
Ad agire in qualità di Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners sono stati BofA Securities, Citigroup Global Markets Europe AG, Jefferies e Mediobanca.
Clifford Chance ha agito in qualità di consulente legale.
Il Tesoro maggiore azionista si è impegnato inoltre con i Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners a non vendere sul mercato ulteriori azioni BMPS per un periodo di 90 giorni.
Il Mef ha infine reso noto che il regolamento dell’operazione di cessione avverrà il prossimo 2 aprile 2024.
Questa seconda mossa del governo Meloni segue il primo atto del piano di privatizzazioni di Mps, lanciato ufficialmente alla fine di novembre:
quel primo smobilizzo, aveva messo in evidenza un articolo di Bloomberg, era avvenuto a seguito della decisione di Moody’s, annunciata il 17 novembre del 2023, di confermare il rating sul debito pubblico italiano al livello Baa3 – superiore al rating junk di appena un gradino – e di migliorare contestualmente l’outlook da “negativo” a “stabile”.
Proprio la mancata bocciatura a “junk” del rating sul debito italiano da parte di Moody’s, aveva rimarcato Bloomberg, era stata tra i motivi che avevano convinto il governo Meloni ad agire sul Monte e a dare l’ok al Mef per piazzare sul mercato le azioni della banca.
Il governo Meloni si era così mosso smobilizzando una prima quota del capitale sociale di Mps pari al 25%, per un corrispettivo per azione di 2,92 euro e dunque per un controvalore complessivo pari a circa 920 milioni.
A conferma di quanto appreso da Bloomberg, l’annuncio era arrivato dal Tesoro il 20 novembre del 2023, pochi giorni dopo il verdetto di Moody’s sui BTP.
Con quel suo primo atto della privatizzazione del Monte, il Tesoro aveva limitato la propria partecipazione detenuta nel capitale della banca dal 64,23% al 39,23% circa.
Ieri, martedì 26 marzo 2023, con la seconda mossa annunciata, la quota si è ridotta ulteriormente al 26,73% circa.
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Che il governo Meloni fosse pronto a lanciare il secondo atto del processo di privatizzazione di Mps, lo si era appreso alla fine di febbraio, quando l’agenzia di stampa Bloomberg aveva riportato alcune indiscrezioni, secondo cui il Tesoro stava lavorando per lanciare un nuovo collocamento di una parte della quota detenuta nella banca fino al 10%, in linea con l’impegno preso con l’Unione europea per liberare l’istituto dal giogo dello Stato, in essere dal 2017.
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Le azioni del Monte dei Paschi avevano segnato subito un rally sulla scia dei rumor, che avevano anticipato una nuova mossa del governo Meloni tesa, attraverso la privatizzazione della banca, e nell’ambito di una strategia anti-debito ancora più ampia – incisa nel piano di privatizzazioni da 20 miliardi di euro Meloni-Giorgetti – a gettare le basi per la creazione di un terzo polo bancario attraverso una operazione di M&A (fusione e acquisizione) tra le banche italiane.
Va detto che di una operazione di risiko tra le banche italiane imperniata su Mps – definita dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ‘preda ambita’ da più di un anno – si parla e si scommette a Piazza Affari da parecchio:
finora, tuttavia, dal settore bancario italiano non è emerso mai un interesse ufficiale a rilevare il Monte dei Paschi di Siena, a parte la parentesi delle trattative tra il Mef maggiore azionista di Mps e UniCredit, culminate in un clamoroso flop, per motivi, ovviamente, di prezzo.
Oggi motivo di orgoglio per l’Italia intera, così come ha detto la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per anni Mps è stata piuttosto motivo di ansia per il governo italiano di turno, confermandosi costante dossier che scotta e forte mal di testa per tutti gli esecutivi che si sono succeduti dopo la ricapitalizzazione precauzionale della banca, avvenuta nel 2017 ai tempi in cui premier era Paolo Gentiloni.
Non che prima le cose fossero andate bene, tutt’altro. Quella ricapitalizzazione precauzionale era stata varata infatti proprio per salvare l’istituto.
In questi ultimi due anni, a seguito dlle trattative naufragate per rilevare un perimetro di Mps, più volte Andrea Orcel ha ricordato come Mps si sia lasciata sfuggire una grande occasione, ovvero la possibilità di entrare a far parte della galassia di UniCredit, azzerando in diverse occasioni la prospettiva e soprattutto la speranza che Piazza Gae Aulenti potesse tornare sui propri passi, decidendo di riaprire le trattative con il Mef sul Monte di Stato.
Parallelamente, non sono mancate riflessioni varie sulle possibili strade alternative alla opzione di un M&A che avrebbero potuto blindare la banca di Siena dal rischio di un worst case scenario:
si è parlato per esempio in questi ultimi anni di un piano Isacco, così come della possibilità che a intervenire per il salvataggio dell’istituto fossero tutte le principali banche italiane.
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La grande svolta, per Mps, è avvenuta con una operazione di aumento di capitale che è stata decisa ai tempi del governo Draghi:
in sostanza, con un nuovo piano salva-Monte, partito poi nell’autunno del 2022 con presupposti non proprio di buon auspicio, con tanto di sospetti sulla possibilità che Mps fosse stata salvata con nuovi e ulteriori aiuti di Stato.
Quell’aumento di capitale è riuscito alla fine a concludersi con successo, costruendo le fondamenta della nuova Mps per il cui acquisto, tuttavia, nessun potenziale cavaliere bianco si è mai presentato ancora in modo ufficiale.
A fioccare in questi ultimi anni, a fronte di scommesse rilanciate più volte a Piazza Affari sull’avvento, finalmente, di una operazione di risiko, sono stati piuttosto i no convinti degli istituti di credito di fronte alla possibilità di inglobare il Monte dei Paschi di Siena: qualcosa messo più volte in evidenza a fronte di quella frase ‘tutti la vogliono’ proferita con orgoglio dal ministro Giorgetti, tutto concentrato a realizzare il piano di privatizzazioni che vede il Monte dei Paschi tra i nomi illustri di Piazza Affari.
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Tornando alla mossa del Tesoro annunciata nella serata di ieri, gli analisti di Equita SIM hanno rimarcato nella loro nota odierna a commento dei mercati che il piazzamento di una ulteriore quota di Mps non era inatteso.
Per quanto riguarda a questo punto quelle che saranno le prossime mosse del Mef, Equita ha citato alcune indiscrezioni stampa, da cui è emerso che, “in assenza di eventuali scenari di consolidamento (dunque di eventuali operazioni di M&A), il Mef potrebbe optare per un nuovo” smobilizzo di parte della propria partecipazione nel capitale della banca “dopo l’estate e ridurre la sua quota sotto il 20%”.
Gli analisti della SIM hanno poi sottolineato che, “la riduzione della stake da parte del governo rende teoricamente Mps maggiormente contendibile”. Detto questo, “non escludiamo che – in assenza di compratori interessati – il Mef possa negoziare con l’Ue una uscita completa dopo il 2024″.
Prezzo troppo alto per M&A? La frase di Orcel sugli ostacoli al risiko
La domanda che continua ad assillare gli operatori, ma anche i contribuenti italiani – sulle cui spalle continua a pesare il fardello Mps a dispetto del rinascimento presunto della banca -, è il motivo per cui è ancora assente un qualsiasi potenziale pretendente disposto a corteggiare il Monte dei Paschi.
Una risposta a questo interrogativo è stata data in parte dallo stesso ceo dell’ex unica pretendente della banca, ovvero da Andrea Orcel, numero uno di UniCredit.
Nell’affrontare il tema del risiko, su cui più spesso UniCredit è stata interrogata, Orcel si è riferito al ruolo che proprio le scommesse di Borsa sull’arrivo di un eventuale imminente operazione di M&A hanno avuto nell’affossare la prospettiva stessa delle nozze tra gli istituti di credito.
L’AD ha menzionato tra gli ostacoli a possibili matrimoni tra le banche “le valutazioni, che non sono allineate ai fondamentali, anzi, sono praticamente disallineate dai fondamentali, perchè ogni volta che ci sono rumor su possibili target le valutazioni schizzano al rialzo”:
un “fenomeno – ha avvertito Orcel . che va avanti da diverso tempo e che ha portato le banche a non muoversi”.
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“Ogni volta che vengo intervistato c’è qualcosa. Ieri era Commerzbank, oggi Popolare di Sondrio... Siamo molto disciplinati nel dire: è strategico? E si adatta in termini di valutazione?”, ha fatto notare Andrea Orcel.
Nel caso specifico di Mps, vale la pena ricordare il trend del titolo, gonfiato dalle scommesse sul risiko che finora non c’è mai stato: in calo dell’1,40% nell’ultima settimana, le azioni del Monte dei Paschi di Siena sono salite del 14,70% nell’ultimo mese, scattando di quasi il 41% dall’inizio dell’anno e volando di oltre il 134% nell’ultimo anno.