Bce e taglio tassi: Lagarde verso sorpresa bis? L’incubo più inflazione con Fed

Nel giorno della Bce di oggi, giovedì 11 aprile 2024, la domanda che già assillava i trader da un po’ sembra aver trovato ormai una risposta:
la Bce di Christine Lagarde taglierà i tassi di interesse dell’area euro prima della Fed di Jerome Powell e magari anche due volte, sia a giugno che a luglio.
A mettere all’angolo la Fed è stata la pubblicazione, avvenuta nella giornata di ieri, dell’indice dei prezzi al consumo, tra i termometri principali per monitorare il trend dell’inflazione, degli Stati Uniti.
- Trauma inflazione Usa fredda la Fed. Cosa farà ora la Bce?
- Countdown Bce: oggi giovedì 11 aprile l’annuncio sui tassi
- Tassi: la Bce di Lagarde taglierà prima della Fed di Powell?
- Lagarde verso due tagli consecutivi dei tassi?
- L’ostacolo al taglio tassi della Bce si chiama ora Fed
- Riflesso tassi su euro-dollaro. Il timore per l’inflazione importata
- Ma la probabilità di un errore hawkish della Bce sale ogni giorno che passa
Trauma inflazione Usa fredda la Fed. Cosa farà ora la Bce?
Quell’indice CPI è tornato a rinfocolare il terrore delle colombe per il rischio che la Fed di Powell decida di lasciare i tassi sui fed funds Usa fermi anche nel meeting di giugno: proprio quella riunione, fino a poco fa, che era stata considerata il timing più o meno perfetto, per la Federal Reserve, per iniziare a tagliare i tassi. E invece no.
D’altronde, di soft landing, negli Usa non c’è traccia: l’economia americana continua a stupire con la sua resilienza.
Ottima notizia per la ‘realtà’, ma non per i mercati, dove già da mesi era in atto un repricing degli asset per riflettere una crescita del Pil Usa che non giustifica per ora nessun intervento salvifico da parte della Federal Reserve.
Per non parlare dell’inflazione, che rimane, come è emerso dai numeri di ieri, fin troppo ostinata. In più, indicazioni hawkish sui tassi sono arrivate in queste ultime settimane da alcuni stessi esponenti della Fed.
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Quale sarà l’annuncio sui tassi che la Bce di Christine Lagarde farà?
La Banca centrale europea taglierà davvero i tassi a giugno, come i mercati ormai prezzano?
Al momento, vale la pena di ricordare, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono pari al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%, dopo l’ultima stretta monetaria che risale al meeting di settembre del 2023.
Countdown Bce: oggi giovedì 11 aprile l’annuncio sui tassi
L’annuncio sui tassi che la Banca centrale europea farà oggi, giovedì 11 aprile 2024, sembra trovare tutti, o quasi, d’accordo.
I mercati hanno già deciso, sulla scia delle dichiarazioni arrivate da Francoforte, che la prima sforbiciata dei tassi dell’area euro sarà annunciata a giugno, e non prima.
La presidente Christine Lagarde ha ribadito infatti più volte la necessità di attendere la pubblicazione dei dati relativi al trend dei salari nel primo trimestre del 2024, prima di decidere il da farsi.
Quei numeri saranno resi noti solo a maggio: la speranza è che la crescita dei salari stia continuando a moderare il passo, dopo che i dati del quarto trimestre del 2023, comunicati alla fine di febbraio, sono riusciti ad alleviare la paura dei mercati (e di Lagarde) di una spirale salari-prezzi.
Proprio la crescita meno sostenuta dei salari di fine 2023 ha portato Lagarde a smussare il suo lato hawkish e ad aprire alla possibilità di iniziare a tagliare i tassi dell’area euro, sebbene con tutti quei distinguo che ha continuato a ripetere negli ultimi mesi, più probabilmente a giugno.
Le minute relative all’ultima riunione della Bce hanno confermato poi il timing sul taglio ideale.
Tassi: la Bce di Lagarde taglierà prima della Fed di Powell?
La Bce potrebbe tagliare i tassi prima della Fed di Jerome Powell? E’ la domanda che si è posta giorni fa il Financial Times, nell’articolo che ha messo a paragone la Fed e la Bce “Could the ECB cut rates before the Fed?”.
Per molti critici della Bce, la risposta è scontata, visto che sono mesi che, a fronte di un’economia americana che continua a stupire con la sua resilienza, dall’altra parte dell’Oceano si mette in evidenza un’Europa che ancora arranca, riportando la classica crescita da zero virgola.
Gli affondi contro Christine Lagarde arrivati da più parti dell’area euro hanno avuto come fondamento, tra gli altri, la migliore performance che i fondamentali made in Usa hanno riportato rispetto ai Pil anemici dei paesi dell’Eurozona e l’opinione secondo la quale, nell’aspettare a tagliare i tassi, la Bce non starebbe facendo altro che soffocare l’economia dell’Europa.
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Altro che hard landing, si diceva alla fine del 2023. E altro che soft landing: è la frase ripetuta più volte in questa prima fase del 2024.
In questa situazione di solidità della domanda negli States, ovviamente inflazione Usa si è mostrata più persistente di quella dell’area euro, e tra gli stessi funzionari della Fed si è già insinuato il sospetto che il rallentamento della crescita dei prezzi abbia vita breve, come dimostrato già da alcuni dati.
L’inflazione Usa ha superato le attese dall’inizio dell’anno, con l’indice dei prezzi delle spese personali – noto come PCE, o anche come parametro preferito dalla Banca centrale americana – salito a febbraio al ritmo annuo del 2,5%, oltre il rialzo di gennaio, pari a +2,4%.
L’indice dei prezzi al consumo dell’Eurozona, si è appreso qualche giorno fa, è salito invece a marzo, su base annua, del 2,4%, in flessione per il quarto mese consecutivo, dirigendosi tra l’altro verso il target dell’Eurotower, pari al 2%.
Il dato, va precisato, ha tuttavia frenato le scommesse e le speranze , già poche in realtà, di chi aveva parlato della possibilità di un taglio dei tassi in occasione della imminente riunione della Bce di oggi.
Vanno a tal proposito segnalati gli ‘auspici’ di imminenti riduzioni ai tassi espressi dal governo Meloni per voce del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che, nella conferenza stampa successiva all’approvazione del Def – Documento di Economia e Finanza – da parte del Consiglio dei ministri, ha invocato un intervento delle banche centrali teso a tagliare i tassi, citando il problema (decisamente italiano) della spesa per gli interessi.
E va ricordata ovviamente anche la battaglia anti strette monetarie che il governo Meloni – ora forte dell’assist dovish che arriva dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta – ha lanciato fin dalla fine del 2022 contro la Banca centrale europea, non risparmiando forti attacchi contro la presidente Christine Lagarde.
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Lagarde verso due tagli consecutivi dei tassi?
Rimane tra l’altro la speranza che, una volta iniziato l’allentamento della politica monetaria Lagarde possa riservare una bella sorpresa ai mercati.
Se il dato relativo all’inflazione dell’Eurozona ha per ora escluso un taglio dei tassi nella riunione imminente di domani, un articolo di Bloomberg ha fatto notare che nell’area euro i tassi potrebbero essere tagliati per due volte consecutive:
nel mese di giugno, così come stanno prezzando ormai i mercati finanziari, e anche nella riunione successiva di luglio.
Ad alimentare le speculazioni in tal senso sono stati alcuni stessi funzionari della Bce:
tra questi, soprattutto il governatore della Banca centrale della Grecia Yannis Stournaras, il più esplicito a invocare due sforbiciate consecutive ai tassi, prima della pausa estiva della Bce, prevista per il mese di agosto.
Citato anche l’esponente del Comitato esecutivo della Bce, l’italiano Piero Cipollone, che ha detto chiaramente che la Bce dovrebbe agire “velocemente” anche a dispetto di forti aumenti dei salari.
Tra l’altro, il governatore di Malta Edward Scicluna e il governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau non hanno neanche escluso la possibilità di tagli ai tassi a partire dal meeting di questa settimana, così come Mario Centeno, numero uno della Banca del Portogallo, ha sottolineato che, al fine di non provocare danni a una economia già in difficoltà, sarebbe necessario procedere subito alla riduzione dei tassi.
Negli States, invece, si mette in conto tuttora – come hanno espresso alcuni stessi funzionari della Federal Reserve – il rischio che i tassi sui fed funds debbano essere addirittura alzati.
Già nei giorni scorsi c’era chi affermava che il presidente della Fed Jerome Powell e colleghi avrebbero potuto pensare magari di posticipare il primo taglio ai tassi al mese di luglio.
Il dato di ieri, che avrà scioccato lo stesso Powell, ha costretto trader, economisti e strategist a rifare i loro conti: ora il primo taglio dei tassi Usa da parte della Fed, dopo i rialzi continui dei tassi avvenuti negli ultimi due anni, potrebbe presentarsi secondo alcuni soltanto nel mese di settembre.
Insomma, nessuna fretta a tagliare i tassi nell’America che continua a confermarsi solida.
“Nei primi tre mesi dell’anno si è palesata in modo diffuso l’evidenza che il processo di disinflazione rimane più forte in Europa che negli Stati Uniti“, ha commentato al Financial Times Frederik Ducrozet, responsabile della divisione di ricerca macroeconomica presso Pictet Wealth Management.
Detto questo, Bloomberg ha fatto notare anche che nessun economista interpellato prevede che il desiderio sotteso di qualche esponente dell’Eurotower di iniziare a tagliare i tassi dell’area euro già oggi venga esaudito.
La previsione ampiamente condivisa è che la prima sforbiciata dei tassi arriverà a giugno.
La maggioranza degli economisti stima inoltre che a luglio non ci sarà nessun altro taglio.
Al di là di quanto previsto dal consensus degli economisti, aumenta però il numero degli investitori che credono in un secondo taglio consecutivo a luglio, dopo quello di giugno.
Sarà davvero così? L’interrogativo, a questo punto, è se le indicazioni hawkish arrivate dagli Stati Uniti porteranno la Bce a essere ancora più cauta verso l’opzione di un taglio dei tassi, nei confronti della quale la presidente Lagarde, ossessionata dalla paura dell’inflazione, non ha mai manifestato grandi entusiasmi.
L’ostacolo al taglio tassi della Bce si chiama ora Fed
L’ostacolo a intervenire in modo diretto per risollevare la crescita del Pil dell’area euro è piuttosto significativo.
“La Bce può sicuramente muoversi prima della Fed”, ha ammesso a Bloomberg Piet Christiansen, chief strategist di Danske Bank.
Christiansen ha però frenato di fronte all’ipotesi che le politiche monetarie della Bce e della Fed possano imboccare due sentieri divergenti.
“Immaginare che le politiche divergano per un periodo di tempo più lungo – diciamo per nove mesi e oltre – è più difficile visto che, alla fine, qualunque cosa guidi le decisioni della Fed contagia l’Europa e condiziona l’Eurozona”, ha ricordato lo strategist.
La verità è che, per quanto Lagarde continui a ribadire l’altro mantra della indipendenza della Bce, Francoforte si dovrà adeguare alle decisioni che saranno state prese da Washington.
A riconoscere lo stretto legame che esiste tra la Bce e la Fed è stato uno stesso esponente del Consiglio direttivo della Bce, ovvero il falco e governatore della Banca centrale dell’Austria Robert Holzmann, che ha affermato giorni fa che, “se entro il mese di giugno i dati mostreranno che esiste un contesto che avalli un taglio, una settimana prima che la Fed prenda la sua decisione, allora molto probabilmente taglieremo, sperando che la Fed faccia lo stesso“.
Stando a quanto riportato dall’agenzia Reuters , Holzmann ha aggiunto che, se invece “non farà lo stesso, (la Fed) potrebbe ridurre l’impatto economico della nostra mossa”.
Riflesso tassi su euro-dollaro. Il timore per l’inflazione importata
Il motivo? Ovviamente il rapporto euro-dollaro.
E il problema è che, a seguito del dato relativo all’inflazione Usa pubblicato ieri, questo rapporto si è già mosso, dando ragione a chi ritiene che la moneta unica potrebbe scendere presto alla parità nei confronti del biglietto verde. Ieri, a seguito della pubblicazione dell’indice CPI Usa, il boom di buy sul dollaro ha portato l’euro ad accusare la perdita più sostenuta, nei confronti della valuta Usa, in più di un anno, scivolando a quota $1,0740.
Nel caso in cui la politica monetaria della Fed rimanesse più restrittiva rispetto a quella della Bce, l’effetto sul forex sarebbe infatti un apprezzamento del dollaro, a svantaggio dell’euro, che ieri si è verificato in modo lampante:
una situazione del genere tornerebbe ad acuire il timore di Lagarde & Co. di un ritorno dell’inflazione in Eurozona, in quanto il rialzo del dollaro aumenterebbe il costo delle importazioni che l’area euro dovrebbe sostenere per l’acquisto di beni energetici e di altre commodities denominate in dollari, facendo infiammare di nuovo quell’inflazione contro cui Christine Lagarde spera un giorno di riuscire a decretare finalmente la vittoria.
Studi citati frequentemente dalla Bce hanno calcolato che un deprezzamento del rapporto euro-dollaro pari a -1% alzerebbe l’inflazione dell’area euro dello 0,1% e fino a +0,25% in tre anni.
Vero è che, in alcune occasioni, la Bce ha già seguito un percorso diverso rispetto a quello della Fed.
Bloomberg ricorda che è successo nel dicembre del 2015 e successivamente nel marzo del 2016:
in entrambi i casi, la Bce ha tagliato i tassi dell’area euro, a fronte di una Fed che ha scelto invece di proseguire in un percorso di rialzi dei tassi che è durato tre anni.
Ma la probabilità di un errore hawkish della Bce sale ogni giorno che passa
C’è chi dice, alla luce di quanto avvenuto in passato, che la Bce dovrebbe svincolarsi in modo più significativo dalle scelte di politica monetaria della Federal Reserve.
“Probabilmente la Bce dovrebbe smettere di guardare alla Fed e agli Stati Uniti, dove i tassi di interesse sono più alti e l’economia è molto più solida – ha commentato a Bloomberg Nerijus Maciulis, capo economista di Swedbank – Diversamente dagli Stati Uniti, in Eurozona la probabilità di un errore hawkish -ovvero di tagliare troppo tardi, rispetto all’errore di tagliare troppo presto – sta diventando più alta ogni giorno che passa”.
Chi è andata avanti per la propria strada, senza aspettare né la Fed né la Bce è stata finora la Banca nazionale svizzera, ovvero la Swiss National Bank (SNB), che ha tagliato i tassi a marzo, al fine di prevenire una eventuale corsa del franco.
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Tornando ai desiderata dei funzionari della Bce riguardo alla direzione dei tassi, il falco olandese Klaas Knot ha riferito di preferire che una eventuale seconda mossa sui tassi si verifichi in occasione della pubblicazione da parte dello staff della Bce delle stime trimestrali, dunque a luglio oppure a settembre.
Knot ha quindi aperto alla possibilità di due tagli consecutivi dei tassi dopo una prima sforbiciata nella riunione del 6 giugno.
Ha mantenuto fede invece al suo DNA di superfalco il presidente della Banca centrale tedesca, ovvero della Bundesbank, Joachim Nagel, avvertendo gli investitori di non dare per scontato che, dopo un primo taglio dei tassi, ne seguiranno altri nelle riunioni successive della banca centrale.
E questa è l’altra paura che attanaglia i mercati: ovvero che il primo taglio dei tassi, non preluda a una politica monetaria accomodante basata su più sforbiciate.