Bce: quanti tagli tassi nel 2024? Nodo salari-inflazione, con Lagarde rischio contentino

Tutto pronto per la grande svolta sui tassi di interesse firmata dalla Bce di Christine Lagarde, ovvero per il primo taglio del costo del denaro dell’area euro dal 2019.
L’ennesima conferma della mossa in dirittura d’arrivo tanto agognata dai mercati e dai cittadini dell’area euro è arrivata negli ultimi giorni da diversi esponenti della Banca centrale europea:
tra questi, a far capire che il dado è tratto, sono stati il governatore di Bankitalia Fabio Panetta e l’esponente del Consiglio direttivo della Bce Piero Cipollone, facenti parte entrambi dell’ala dovish dell’Eurotower.
Via libera alla riduzione dei tassi anche dal capo economista dell’Eurotower, Philip Lane, intervistato dal Financial Times: anche se, in questo caso, i “se” e i “ma” non sono mancati:
fattore che, unito al rapporto sui salari dell’Eurozona – che è stato annunciato dalla banca centrale e che ha sicuramente preso in contropiede Christine Lagarde in primis – alimenta sempre di più il dubbio su cosa farà la Bce dopo il taglio dei tassi atteso per dopodomani, giovedì 6 giugno, in particolare nella riunione di luglio, scatenando al contempo i seguenti interrogativi:
Lagarde e i suoi rimarranno con le mani in mano, dopo il taglio previsto per il mese di giugno, che sarà tra l’altro, praticamente un mini-taglio (si prevede una sforbiciata di appena 25 punti base)?
Francoforte si limiterà a dare un contentino, sia alle borse che ai cittadini dell’area euro? E cosa succederà ai titoli di stato dell’area euro?
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Bce: i dubbi sul contentino di Lagarde ai mercati
I dubbi sulle prossime mosse della Bce oltre a quella scontata per la giornata di dopodomani non sono stati alimentati ‘solo’ dalla recente pubblicazione del rapporto sui salari, che Lagarde attendeva praticamente dall’inizio del 2024 per disporre di tutte le informazioni a suo avviso imprescindibili per iniziare a tagliare i tassi.
Venerdì scorso è stato pubblicato dal fronte macroeconomico dell’Eurozona anche il dato relativo al trend dell’inflazione, che avrà indispettito di nuovo la presidente della Bce Christine Lagarde:
L’Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Unione europea, ha reso noto che l’indice dei prezzi al consumo del blocco ha segnato il mese scorso un rialzo del 2,6% su base annua, oltre il 2,5% atteso dal consensus degli analisti e, ancora peggio, in accelerazione rispetto al 2,4% precedente di aprile.
Il grande dubbio che è tornato così ad attanagliare i mercati è sulla sostenibilità del processo di disinflazione che, dopo i grandi progressi compiuti nel periodo compreso tra il 2022 e il 2023 ha, di fatto, rallentato il passo.
Cruciali saranno dunque le parole che Lagarde proferirà in occasione della conferenza stampa che segue di consueto l’annuncio sui tassi.
Gli osservatori concordano sul fatto che la presidente della Bce non darà indicazioni sulle mosse successive, ribadendo che le prossime decisioni sui tassi dell’area euro dipenderanno dai dati macroeconomici.
Già prima della diffusione del dato clou sull’inflazione, diversi analisti avevano però avvertito che una ennesima brutta sorpresa era in dirittura d’arrivo, sbandierando il rischio di una dinamica rialzista dei prezzi, in Eurozona, ancora persistente.
Il Financial Times aveva già messo in conto l’alta probabilità che la Bce sarebbe stata costretta ad adottare “un approccio più cauto nella strategia di tagli ai tassi di interesse“.
E Mark Cus Babic, economista di Barclays, aveva segnato in particolare il nodo dell’inflazione dei servizi che, come da sue previsioni, si è confermata di nuovo ostinata, complice anche l’impatto del lancio, in Germania, dei pass Deutschlandticket, ovvero dei biglietti per il trasporto pubblico a 49 euro al mese, varati lo scorso anno, che hanno rappresentato di fatto un sussidio erogato da Berlino a sostegno dei consumatori.
Quel dato relativo all’inflazione dell’area euro, comunicato venerdì scorso 31 maggio, ha dunque ulteriormente sfiammato le scommesse sulla prospettiva di più tagli dei tassi da parte dell’Eurotower nel corso del 2024, che si erano già affievolite dall’inizio dell’anno.
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Frederik Ducrozet, economista di Pictet Wealth Management aveva già avvertito, prima della comunicazione dei numeri relativi all’inflazione, che probabilmente la Bce avrebbe annunciato “il primo taglio dei tassi nel suo meeting del 6 giugno, per fare poi una pausa a luglio, a causa dei salari persistenti ma anche per l’inflazione dei servizi, che noi riteniamo rimarrà elevata a maggio. Tra i motivi, non ultimi gli effetti di base in Germania”.
Il fattore Fed che strema Lagarde
Christine Lagarde, numero uno della Bce, sta già facendo i conti con il fattore Fed, a dispetto dell’indipendenza della Bce dalla politica monetaria Usa da lei stessa recentemente proclamata, attraverso una dichiarazione che le avrà potuto fare pure onore, ma che non ha rispecchiato del tutto la realtà, visto che una divergenza troppo accentuata tra le politiche monetarie di entrambe le banche centrali rischierebbe di comportare un costo molto alto per l’economia dell’area euro:
quello dell’inflazione importata, che vanificherebbe gli interventi lanciati finora dall’Eurotower.
Tra le notizie positive degli ultimi giorni, il fatto che indicazioni meno preoccupanti siano arrivate proprio dagli Stati Uniti attraverso la pubblicazione, nello stesso giorno in cui è stato reso noto il dato CPI dell’area euro, del PCE core, l’indicatore che per la Federal Reserve è quello più appropriato per monitorare il trend dell’inflazione Usa.
Il trend dell’indice, stavolta, non ha acuito i timori dei trader sul rischio che Jerome Powell & Co non taglino i tassi neanche una volta nel corso del 2024, in quanto la crescita delle pressioni inflazionistiche si è confermata in linea con le attese del consensus, generando sui mercati un cauto ottimismo sulle prossime mosse della Fed.
Detto questo, la banca centrale americana è stata sempre molto chiara nel ribadire che non basta sicuramente solo un dato per placare l’ansia che l’inflazione torni a essere sotto controllo, e non c’è dubbio che l’atteggiamento prudente di Powell condizionerà anche quello di Lagarde.
Sui mercati europei, dunque, il grande dubbio è su cosa accadrà non tanto dopodomani ma nel meeting successivo di luglio.
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Bce, le parole di Lane: restrittivi per tutto l’anno
Tornando alle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti della Bce nelle ultime settimane, indicazioni importanti sono arrivate per voce di Philip Lane, capo economista della Banca centrale europea, intervistato dal Financial Times.
In quella occasione, Lane ha detto che “è probabilmente giusto dire che, a meno di grandi sorprese, ci siano presupposti sufficienti per dire che rimuoveremo il massimo livello di restrizione, pari al 4% (valore dei tassi sui depositi). Il flusso di dati che riceveremo nei mesi successivi ci aiuterà a decidere la velocità a cui rimuovere ulteriori livelli di restrizione”.
Per quanto riguarda i numeri recenti dei salari, Lane ha detto che “la direzione complessiva indica tuttora una decelerazione, che è essenziale”.
Ma, “la decelerazione non significa necessariamente un ritorno immediato a una situazione costante. Quest’anno – ha spiegato infatti il capo economista della Bce – l’aggiustamento è chiaramente piuttosto graduale” e “l’anno prossimo il livello sarà più basso di questo anno, ma noi crediamo che i salari si normalizzeranno soltanto nel 2026″.
Pur riconoscendo che “la Bce è pronta a iniziare a tagliare i tassi di interesse”, Lane ha rimarcato così che “il ritmo dei tagli dei tassi dipenderà dai dati”, ribadendo praticamente quello che è diventato il mantra della presidente dell’Eurotower Christine Lagarde.
Occhio all’avvertimento che il capo economista della Bce ha lanciato inoltre a chi continua ad avere speranze troppo dovish:
“Abbiamo bisogno ancora di essere restrittivi per tutto l’anno”, anche se “in qualche modo possiamo ridurre il livello di restrizione”.
Bce, il commento: Più incerto il cammino dopo giugno
La cautela mostrata dai banchieri della Bce riguardo alle mosse successive al meeting di giugno è stata commentata dal team strategy di Mps, che ha sottolineato che, “se è praticamente certo il taglio Bce di giugno, più incerto è il cammino nei mesi successivi”.
“Alcuni membri (Nagel, Schnabel) hanno lasciato intendere che preferiscono attendere la riunione di settembre per decidere un eventuale secondo taglio. Sulla stessa lunghezza d’onda sembra anche il capoeconomista Lane secondo il quale l’Istituto dovrà mantenere una politica monetaria abbastanza restrittiva per tutto il 2024 e allentarla maggiormente il prossimo anno quando l’inflazione è attesa avvicinarsi visibilmente al target”.
Nel menzionare Joachim Nagel e Isabel Schnabel, gli analisti di Mps hanno fatto riferimento ai noti falchi, entrambi tedeschi, della Banca centrale europea, che più volte hanno predicato cautela facendo riferimento al trend dei tassi.
Cosa hanno detto le colombe italiane Panetta e Cipollone
Commenti su quanto accadrà alla politica monetaria della Bce sono stati rilasciati nelle ultime settimane anche dal numero uno di Bankitalia Fabio Panetta, noto per essere stato voce dovish della Banca centrale europea quando era esponente del Comitato esecutivo della Bce, insieme a colui che ha preso il suo posto a Francoforte, ovvero all’altro italiano Piero Cipollone.
“Credo di non rivelare nulla se vi dico che vi siano condizioni per un adeguamento della politica monetaria. L’inflazione sta scendendo, i rischi di inflazione stanno diminuendo” e al Consiglio direttivo della Bce “mi sembra sia emerso un consenso abbastanza generale su un taglio dei tassi” a giugno, ha detto Panetta, nella conferenza stampa della presidenza italiana al termine del G7 delle Finanze, che si è svolto a Stresa due settimane fa circa.
Il governatore di Bankitalia ha confermato come ci sia maggiore convinzione riguardo alla necessità di iniziare ad avviare le sforbiciate.
Fabio Panetta è poi tornato a parlare di Bce e tassi in occasione del discorso sulle Considerazioni finali della Relazione annuale della Banca di Italia di venerdì scorso, 31 maggio.
“Ora dobbiamo però evitare che la politica monetaria diventi eccessivamente restrittiva, spingendo l’inflazione al di sotto dell’obiettivo simmetrico della Bce. Da settembre, quando aumentammo per l’ultima volta i tassi, i rendimenti reali a breve termine sono saliti di quasi mezzo punto percentuale. Per i prossimi mesi, se i dati risulteranno coerenti con le attuali previsioni, si profila un allentamento delle condizioni monetarie. Ciò non interromperà l’azione volta a ripristinare la stabilità dei prezzi”.
Panetta ha smorzato anche i timori relativi a quell’inflazione importata che potrebbe manifestarsi nel caso in cui la divergenza tra la politica monetaria della Bce e quella della Fed diventasse troppo ampia.
Un attenti è stato lanciato inoltre dal governatore sulla necessità che il piano QT-Quantitative Tightening lanciato dalla Bce non venga portato avanti dall’Eurotower in modo troppo aggressivo.
Da segnalare che proprio quel piano è stato considerato una sorta di piano-BTP, in quanto è andato sostituire quello diametralmente opposto del QE-Quantitative easing varato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi, che aveva sostenuto i titoli di stato italiani e dell’Eurozona, blindandoli dal rischio di speculazione.
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Da canto suo Piero Cipollone, parlando in occasione del Festival dell’Economia di Trento, ha sottolineato di aspettarsi che “la prima mossa per tagliare i tassi sia in occasione del prossimo meeting della Bce”.
“Successivamente – ha aggiunto – dovremo discutere, dovremo vedere, saremo dipendenti dai dati”.Cipollone ha concluso, sottolineando che i recenti dati “rafforzano la nostra certezza che saremo capaci di ridurre l’approccio restrittivo della nostra politica monetaria”.
Parole dovish, che rivelano una convinzione decisamente più marcata rispetto ai soliti falchi dell’Eurotower.
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Il commento DI UBP sulle mosse di Fed, Bce e BoE
Nel commentare le prossime mosse delle banche centrali, Michaël Lok, Group CIO e Co-CEO Asset Management di Union Bancaire Privée (UBP) ha scritto che “secondo il nostro scenario sull’inflazione, la Fed dovrebbe rinviare il primo taglio dei tassi a dicembre”, il che significa che “potremmo assistere a un solo taglio nel 2024″.
Ma “c’è anche la possibilità che quest’anno non venga effettuato alcun taglio dei tassi se l’inflazione dovesse continuare a deludere. Al contrario, se l’occupazione dovesse inaspettatamente peggiorare, la Fed potrebbe adattare prima la sua strategia sui tassi per adempiere al duplice mandato, ovvero la piena occupazione e il controllo dell’inflazione”.
Per quanto riguarda invece la Bce e la Bank of England, le due istituzioni “hanno più spazio di manovra rispetto alla Fed in termini di disinflazione”, il che significa secondo l’esperto che “i primi tagli dei tassi potrebbero quindi iniziare a giugno, con l’obiettivo di ridurre i tassi di 75 punti base nell’Eurozona e nel Regno Unito, o anche di più se la spinta salariale andrà a moderarsi ulteriormente”.
“Il ciclo attuale resta fortemente dipendente dall’attività degli Stati Uniti. Il divario con il resto del mondo dovrebbe ridursi gradualmente, ma altri Paesi non sono ancora in grado di assumere un ruolo guida. I numerosi conflitti e le tensioni sulle materie prime potrebbero indebolire la loro ripresa e un prezzo del petrolio superiore a 100 dollari al barile rappresenterebbe uno shock negativo per l’Europa e i paesi asiatici importatori di energia. La crescita globale ristagnerebbe e l’inflazione aumenterebbe, costringendo le banche centrali a rinviare o annullare i tagli dei tassi d’interesse. Il consolidamento della ripresa nei paesi al di fuori degli Stati Uniti e della Cina è un prerequisito per la sostenibilità del ciclo attuale”, ha concluso Michaël Lok.