Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Fed: Powell e l’inflazione Usa che gli gioca altri brutti scherzi. Ma la frase gela i falchi

Tassi Fed: Powell e l’inflazione Usa che gli gioca altri brutti scherzi. Ma la frase gela i falchi

15 Maggio 2024 10:50

Già altre volte il presidente della Fed Jerome Powell non aveva nascosto la propria delusione per gli ultimi dati sull’inflazione degli Stati Uniti che, dall’inizio del 2024, hanno continuato a presentare un trend dei prezzi, in particolar modo dei servizi, ancora troppo alto per essere considerato accettabile.

Ieri Powell è tornato a parlare, non facendo mistero della sua frustrazione: inevitabile, va riconosciuto, da parte di un banchiere centrale che ha trascorso gli ultimi due anni ad alzare i tassi, pur di far battere in ritirata una crescita dell’inflazione a ritmi record, provocata inizialmente dalle strozzature che hanno colpito le catene di offerta di tutto il mondo e poi dall’esplosione della guerra in Ucraina, il 24 febbraio del 2022.

Fed, Powell e l’inflazione che continua a metterlo in imbarazzo

Quelle strette monetarie sono riuscite sicuramente ad azzoppare la crescita dell’inflazione: ma, a due anni dal primo rialzo dei tassi, e dopo ben 11 strette monetarie che sono state varate dal marzo del 2022 fino al luglio del 2023, il risultato non è ancora soddisfacente. E Powell lo ha dovuto ammettere per l’ennesima volta, in una situazione che si sta rivelando sempre più imbarazzante per i banchieri centrali: soprattutto per lui.

Il trend dei prezzi in tutto il mondo sta mettendo infatti ancora in difficoltà tutte le banche centrali che, dopo la grande cantonata presa prima dello scoppio della guerra in Ucraina – ai tempi in cui sia Powell che la presidente della Bce Christine Lagarde avevano definito l’inflazione “transitoria” – si ritrovano tuttora alle prese con una dinamica dei prezzi che rivendica a ogni occasione la propria persistenza.

In imbarazzo si trova soprattutto Jerome Powell, mentre gli ultimi dati arrivati dall’area euro hanno fatto tirare un sospiro di sollievo a Lagarde e colleghi.

La frase che ha gelato i falchi e che fa da assist ai mercati

Allo stesso tempo, e questo è un bene per i mercati, il timoniere della banca centrale Usa ha proferito una frase che ha calmato i nervi degli investitori.

“Sapevamo che il percorso da fare non sarebbe stato semplice. Ma questi dati sull’inflazione si sono mostrati più alti di quanto nessuno, credo, riuscisse a immaginare”, ha detto il numero uno della Fed, parlando in un intervento all’assemblea annuale generale dell’associazione Foreign Bankers’Association che si è tenuta ieri ad Amsterdam.

Powell ha ricordato di fatto che il processo rapido di disinflazione che è iniziato nel 2023 si è indebolito quest’anno in modo considerevole, costringendo il Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, a un ripensamento sul da farsi.

Quello che è emerso infatti dai dati macro – e uno cruciale arriverà proprio oggi – è che “dovremo essere più pazienti e consentire alla politica restrittiva di fare il suo lavoro”.

Tradotto: tassi “higher for longer”, ovvero tassi più alti per un periodo di tempo più lungo, scenario che diversi economisti hanno già messo in conto.

Powell ha riconosciuto d’altronde che, pur prevedendo un rallentamento dell’inflazione nel corso del 2024, finora segnali in tal senso non ce ne sono stati.

Allo stesso tempo, il banchiere ha tenuto a precisare di non prevedere un altro rialzo dei tassi da parte della Fed.

“Credo che la domanda sia davvero se mantenere i tassi attuali per un periodo più lungo di quanto pensato in precedenza“, ha ammesso.

“Sulla base dei dati di cui disponiamo, non credo che (una nuova stretta monetaria) sia probabile, e che la prossima mossa sia un rialzo dei tassi – ha insistito Powell – Credo che sia più probabile che ci troveremo in una situazione in cui i tassi saranno lasciati dove si trovano”.

Powell accende i fari sui dati in arrivo. Il grande market mover di oggi

Grande attenzione sarà data dunque al dato grande market mover in dirittura d’arrivo:

l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti, tra i dati più cruciali per valutare il trend delle pressioni inflazionistiche.

Rispetto allo scatto su base annua pari a +9,1% che risale all’estate del 2022, l’indicatore è atteso rallentare a un ritmo di crescita pari a +3,4% nel mese di aprile. Una evoluzione non sufficiente, tuttavia, per la Federal Reserve, che punta a far scendere la crescita dell’inflazione al suo obiettivo, pari al 2%.

Tra l’altro, l’indice dei prezzi alla produzione reso noto ieri ha già confermato quanto l’inflazione degli Stati Uniti rimanga ostinata.

Powell stesso ha detto chiaramente ieri che le sue aspettative erano di un’inflazione che sarebbe scesa su base mensile a “livelli più in linea con quelli più bassi comunicati lo scorso anno”: in poche parole, il trend dei prezzi al rialzo ha preso in contropiede, ancora una volta, il banchiere centrale.

Il risultato è che “la mia fiducia (in questo trend previsto) non è più alta come prima”.

Ma per l’appunto, niente strette monetarie in vista. “Considerando diversi parametri, i tassi sono restrittivi – ha sottolineato, aggiungendo che sarà il tempo a dire se i tassi siano “restrittivi in modo sufficiente”, e che esiste solo “una probabilità molto bassa” che la prossima mossa sia un nuovo rialzo dei tassi.

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