Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Fed, altro che taglio tassi: diversi esponenti pronti a rialzarli. E Dimon (JPMorgan) presenta il worst case scenario

Fed, altro che taglio tassi: diversi esponenti pronti a rialzarli. E Dimon (JPMorgan) presenta il worst case scenario

Pubblicato 23 Maggio 2024 Aggiornato 29 Maggio 2024 06:41

Non solo nesssun taglio dei tassi da parte della Fed di Jerome Powell, nel corso del 2024, ma forse anche un nuovo rialzo. A Wall Street torna la paura che la banca centrale americana sia costretta a rimandare sine die l’agognata sforbiciata ai tassi o, meglio, l’agognata serie di sforbiciate, che Wall Street aveva dato quasi per scontata alla fine del 2023 e agli inizi di quest’anno.

Stavolta, a riaccendere i timori di una Fed con le mani legate a causa dell’inflazione Usa, sono state le minute relative all’ultima riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, dello scorso 11 aprile, quando Powell & Co. hanno lasciato i tassi sui fed funds invariati al range compreso tra il 5,25% al 5,25%, record degli ultimi 23 anni.

Minute Fed: progressi inflazione verso target non pervenuti

Dai verbali è emerso che l’inflazione degli Stati Uniti non ha compiuto progressi nella sua discesa verso il tasso obiettivo della Fed, pari al 2%.

Va precisato che le minute si riferiscono a quanto detto dagli esponenti del Fomc l’11 aprile scorso, quando il dato sull’inflazione Usa di aprile , che ha messo in evidenza finalmente il rallentamento tanto auspicato dei prezzi, non era stato ancora diffuso.

Da quell’indicatore è emerso che la componente core dell’indice CPI (indice dei prezzi al consumo) ha riportato la crescita più bassa dall’aprile del 2021, ovvero degli ultimi tre anni, notizia che ha fatto scattare subito l’entusiasmo a Wall Street.

L’euforia è durata tuttavia poco: d’altronde la crescita della componente core è stata pari a +3,6% su base annua, a fronte di una inflazione headline in rialzo del 3,4%: numeri, sebbene in discesa, ancora troppo alti rispetto a quel target del 2% della Fed.

Non basta inoltre certo la lettura di un solo dato macro a convincere Jerome Powell che la strada verso una fase di tagli ai tassi sia spianata.

Di conseguenza, a fronte di mercati che, dopo la diffusione del dato hanno spostato le speranze di una riduzione dei tassi dal meeting di giugno e di luglio a quello di settembre, dal mondo di Wall Street non sono mancati gli avvertimenti sul rischio che, come al solito, i trader non stiano facendo i conti con la realtà.

Tassi Fed, Dimon (JPMorgan) agita spettro stagflazione con hard landing

Nelle ultime ore la questione dei tassi della Fed è stata commentata in particolare da due ceo di rispettivi titani del panorama finanziario di Wall Street, ovvero da Jamie Dimon e David Solomon, amministratori delegati di JPMorgan e Goldman Sachs.

Dimon ha detto anche di non escludere una situazione di hard landing per l’economia americana, in un momento in cui la solidità del Pil Usa ha portato molti esperti a far notare come la previsione di un soft landing fosse addirittura campata in aria.

Il numero uno di JPMorgan ha affermato inoltre che a suo avviso i tassi di interesse potrebbero salire ancora “un po’”.

“Credo che l’inflazione sia più persistente di quanto la gente pensi. Penso che le probabilità siano più alte di quanto la gente pensi, soprattutto per il fatto che nel sistema è presente ancora una enorme quantità di stimili monetari e fiscali, che potrebbero star sostenendo questa liquidità” (e dunque questa inflazione).

Fed: tassi più alti hanno impatto inferiore rispetto al passato?

Dalle stesse minute della Fed è emerso che è possibile che “gli elevati tassi di interesse stiano avendo un impatto inferiore rispetto a quello prodotto in passato”.

Il motivo? Il fatto, secondo quanto segnala l’Associated Press, citando il pensiero degli economisti, che diverse famiglie proprietarie di immobili hanno rifinanziato i loro mutui durante l’emergenza pandemica, riuscendo così ad assicurarsi il pagamento di rate sui mutui ancora molto basse.

E “anche la maggior parte delle grandi società ha rifinanziato i propri debiti a tassi bassi”, hanno fatto notare gli esperti, indicando che sarebbe stato questo il motivo per cui quella sfilza di 11 rialzi dei tassi che la Fed ha varato nel 2022 e nel 2023 non è riuscita a riportare la crescita dell’inflazione al ritmo del 2% auspicato dalla banca centrale.

Con quell’ultimo annuncio sui tassi dell’11 aprile scorso, gli esponenti del Fomc avevano già detto che i progressi compiuti dall’inflazione nel puntare verso il target della Fed erano praticamente “entrati in una fase di stallo nei primi tre mesi di questo anno”.

Dal comunicato era emerso che la Banca centrale non avrebbe dunque iniziato a tagliare i tassi fino a quando non avrebbe avuto “maggior fiducia” nel percorso discendente dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%.

Fed: diversi funzionari disposti a rialzare i tassi con ripresa inflazione

Lo scetticismo sul processo disinflazionistico negli States è stato confermato ieri anche dalle minute, che hanno riferito che “i recenti dati mensili hanno indicato aumenti significativi delle componenti dell’inflazione dei beni e dei servizi”.

Tra le cose peggiori, il fatto che dai verbali è emerso che “diversi” funzionari hanno “menzionato la volontà” di tornare ad alzare i tassi, in caso di riaccelerazione dell’inflazione:

dichiarazioni, queste, che cozzano non poco con quanto detto di recente dallo stesso timoniere della Banca centrale Usa Jerome Powell. Detto questo, dopo aver rassicurato i mercati definendo improbabile un rialzo dei tassi, Powell era stato quasi subito smentito da una esponente della stessa Fed.

Tornando agli ultimi commenti rilasciati da Jamie Dimon, sia sull’inflazione che sui tassi, va ricordato che quello di ieri è stato  solo uno dei tanti attenti lanciati dal banchiere.

Dimon ha rincarato tra l’altro la dose, sottolineando di non escludere la prospettiva di un hard landing per l’economia degli States, presentando contestualmente il worst case scenario della stagflazione.

Nel rispondere alla domanda se il mondo sia preparato a far fronte a una inflazione più alta, Jamie Dimon ha ribattuto: “Proprio per niente”.

E il ceo di Goldman Sachs prevede “zero tagli” tassi nel 2024

Dal canto suo, il ceo di Goldman Sachs David Solomon ha ribadito che la sua view rimane quella di “zero tagli” dei tassi da parte della Fed nel corso di quest’anno.

Parlando in occasione di un evento al Boston College, anche Solomon ha detto di credere che gli Stati Uniti siano destinati ad attraversare un periodo di “una inflazione più persistente”.

L’ipotesi di zero tagli da parte della Fed è stata spiegata dal ceo di Goldman Sachs con il fatto che “l’inflazione non è solo nominale, è anche cumulativa”.

L’AD del colosso di Wall Street ha raccontato tra l’altro di aver parlato di recente con il ceo di una catena di negozi alimentari, che ha confermato come i consumatori americani stiano tagliando le spese in risposta a prezzi ancora elevati.

“Stiamo vedendo l’americano medio rallentare (gli acquisti) e cambiare le proprie abitudini”, ha detto Solomon.

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Colombe a bocca asciutta. Dubbi anche sulla Bce di Lagarde

Nessun regalo insomma nelle ultime ore alle colombe, neanche a quelle che cercano di prevedere le prossime mosse della Bce di Christine Lagarde.

In vista del giorno clou della riunione del Consiglio direttivo del prossimo 6 giugno, oggi è stata la Banca centrale europea stessa ad annunciare il tanto atteso dato relativo ai salari: quello che la presidente Lagarde aveva detto più volte che avrebbe condizionato la direzione della politica monetaria dell’Eurotower.

Ebbene, contrariamete alle aspettative dei mercati e molto probabilmente della stessa banca centrale, nel primo trimestre del 2024 la crescita dei salari non solo non si è indebolita, ma è tornata ad accelerare il passo.

Insomma, l’unica cosa certa in un mondo sempre più preda di nuove incognite è che la lotta sfrenata all’inflazione Usa e dell’area euro lanciata rispettivamente dalla Fed di Jerome Powell e dalla Bce di Christine Lagarde non ha dato finora i risultati sperati. 

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