Notizie Notizie Italia Governo Meloni Privatizzazioni: il piano Giorgetti-Meloni. Dossier Eni, Poste, Mps, Rai Way

Privatizzazioni: il piano Giorgetti-Meloni. Dossier Eni, Poste, Mps, Rai Way

22 Gennaio 2024 11:40

Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha presentato il piano di privatizzazioni del governo Meloni, che ha come obiettivo quello di far confluire nelle casse dello Stato qualcosa come 20 miliardi di euro, nell’arco di tre anni. Lo fa nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui conferma, come anticipato la scorsa settimana, di aver parlato in occasione dell’evento World Economic Forum di Davos con gli investitori.

Giorgetti mette tuttavia anche i puntini sulle “i”, in risposta a chi nell’opposizione vede il governo italiano propenso a vendere, con il pericolo di svendere, i noti gioielli di Stato.

E invece no, precisa Giorgetti: il piano di privatizzazioni non è sinonimo di fare cassa. O, almeno, non solo.

Giorgetti: più corretto parlare di razionalizzazione patrimonio partecipate

Al quotidiano italiano, Giorgetti lo dice subito:

E’ più corretto parlare di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate, quindi il pubblico decide di entrare di più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale e al passo con i tempi”.

Non è semplicemente fare cassa – aggiunge il ministro – In NetCo (dossier dossier TIM-Telecom Italia) stiamo rinazionalizzando e c’è l’auspicio che entrino investitori pazienti. Sulle infrastrutture o sulle società critiche, al netto del golden power è bene avere soggetti nazionali e internazionali fuori da ottiche meramente speculative”.

Niente accordi con investitori mordi e fuggi, insomma: Giorgetti e, in generale, il governo Meloni, puntano a smobilizzare le quote delle società partecipate dallo Stato a investitori per l’appunto “pazienti”, non a speculatori che puntano su investimenti mordi e fuggi.

I fondi con cui ha parlato Giorgetti: l’incontro con Ray Dalio (Bridgewater Associates)

Il Corriere della Sera ha fatto anche i nomi dei fondi esteri con cui il titolare del Tesoro ha parlato a Davos:

si mette in evidenza soprattutto il nome di Ray Dalio, fondatore del fondo Bridgewater Associates, colosso di asset management,  noto per essere l’hedge fund numero uno al mondo.

Gli ultimi numeri sugli AUM del fondo speculativo sono stati riportati da un articolo di Fortune: si tratta di ben $124.317.200.000 di asset gestiti.

Bridgewater in realtà è famoso  in Italia anche per quelle scommesse contro quasi tutto il Ftse Mib lanciate prima delle elezioni del 2018, che hanno portato alla formazione del governo giallo-verde, ovvero M5S-Lega.

La grande scommessa short contro Piazza Affari, che Ray Dalio lanciò nel 2018 fece infuriare l’Italia, scioccando il mondo della finanza.

Furono, di fatto, ben 17 titoli di Piazza Affari che finirono nel mirino del fondo speculativo di Bridgewater Associates, incluse le banche Intesa SanPaolo, UniCredit, Banco BPM, e pesi massimi di altri settori, come Eni ed Enel.

Non mancarono commenti piccanti, come quelli di  Carlo Messina, numero uno di Intesa SanPaolo e di Davide Serra, ceo di Algebris .

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Ai fini della realizzazione del piano di privatizzazioni, il ministro Giorgetti ha scelto però il pragmatismo. E così l’incontro con il fondatore di Bridgewater Associates c’è stato, ed è andato a quanto pare anche bene visto che, riporta il Corriere, Ray Dalio ha commentato l’esito come “wonderful”.

Dal canto suo il ministro ha fatto notare, riporta sempre il Corriere della Sera, che “Dalio non è solo un uomo di finanza, gli piace riflettere in modo più profondo”.

I colloqui di Giorgetti hanno visto tra gli interlocutori principali anche i grandi esponenti dell’Arabia Saudita e del Qatar: ovvero il ministro delle finanze saudita Mohammed Al-Jaardan e l’omologo del Qatar Ali bin Ahmed Al Kuwari.

Privatizzazioni: rumor su ENI, tensione su dossier Rai Way

Tutto questo mentre, nel corso della scorsa settimana, Bloomberg ha riportato le indiscrezioni sul piano di Meloni di cedere, sempre nell’ambito del piano di privatizzazioni, una quota di Eni fino al 4% , e mentre il sottosegretario all’Economia Federico Freni ha rilasciato alcune dichiarazioni relative ad altri gioielli di Stato come Rai Way.

Freni ha anche chiarito che “non c’è nessuna fretta di privatizzare”, aggiungendo che “si privatizzerà bene, nei tempi giusti, nei momenti giusti”.

Su Rai Way, in particolare, il sottosegretario ha sottolineato che “Vediamo, si può ragionare su tutto, io sono sempre per un appoggio costruttivo con il mercato”, a seguito dell’ok del Gruppo Rai alla cessione di partecipazioni della controllata.

A tal proposito, vale la pena di ricordare che Rai Way, controllata dal Gruppo Rai, è un gruppo che gestisce le torri di trasmissione, il cui 65% del capitale è nelle mani del Gruppo Rai dopo la privatizzazione parziale che venne lanciata ai tempi del governo Renzi, che vendette sul mercato il 35% quotando l’azienda a Piazza Affari.

Ora, stando ai rumor di mercato, in questo caso il piano Meloni punterebbe alla vendita del 15% di Rai Way, per portare nelle casse dello Stato qualcosa come 200 milioni di euro.

Si tratta tuttavia di un dossier che scotta, vista l’oppozione dei fondi azionisti Amber Capital, Artemis Investment e Kairos Partner che, nei giorni scorsi, hanno commentato – stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Radiocor – la prospettiva di una ulteriore vendita delle quote di Rai Way, parlando di “un chiaro segnale di disallineamento degli interessi dell’azionista Rai rispetto al resto degli azionisti”, tanto da anticipare la volontà di “non partecipare all’eventuale collocamento di azioni”.

Un disegno, quello della privatizzazione di Rai Way, che è stato osteggiato anche dal quotidiano La Repubblica nell’articolo La Rai svende il 15% delle antenne tv. Alleanze ignorate.

Venerdì scorso, inoltre, gli analisti di Equita SIM su Rai Way hanno rimarcato l’importanza del dossier relativo alla fusione tra la controllata del gruppo Rai e EI Tower:

“Secondo Repubblica, che cita fonti vicine a Rai, il dossier di fusione con Ei Tower rimane comunque fra i progetti della società. Infine, i consiglieri indipendenti di Rai Way hanno chiesto approfondimento sui benefici dalla fusione con Ei Towers.

Rai Way presenterà nel l’update del Piano Industriale nel primo semestre di quest’anno.

Equita continua a ritenere che “la fusione Rai Way -Ei Tower rappresenti il catalyst sul titolo perché ci attendiamo porti un re-leverage della combined entity (D/EBITDA al ratio a 3.5-4.5x) anche attraverso un dividendo straordinario (nostra stima di €1.5 ps)”.

Mentre invece, hanno messo in evidenza gli analisti, “la decisione di Rai sembrerebbe un ulteriore rinvio dell’operazione con Ei Towers, che però non sembra essere esclusa in futuro. Ai prezzi correnti il titolo ha dividend yield del 7%, che rimane sicuramente interessante (payout del 100%)”.

Dal canto loro i fondi azionisti hanno inviato al cda Rai una lettera, anticipata da Radiocor, che ha ipotizzato “riflessi negativi” sul potenziale processo di consolidamento con EiTowers (gruppo delle torri partecipato da F2i e da Mediaset) derivanti dallo smobilizzo di ulteriori quote da parte del Gruppo Rai del capitale di Rai Way.

Lettera che Freni ha liquidato senza tanti problemi quando, la scorsa settimana, ha risposto, a commento della missiva inviata dai fondi azionisti di Rai Way, per l’appunto, che “ignorare il mercato è sciocco, parlarci è sacrosanto, ma far decidere il mercato è sbagliato”.

Poste Italiane altra protagonista illustre piano privatizzazioni. Il caso Mps

Nel fine settimana, sempre il quotidiano La Repubblica ha delineato l’obiettivo del governo di privatizzare l’altro grande gioiello di Stato: Poste italiane, riportando indiscrezioni secondo cui Melomi & Co starebbero valutando l’opzione di “smobilizzare tra il 10% e il 20% della cassaforte degli italiani, dove sono contenuti più di 300 miliardi di risparmi”.

Obiettivo: portare nelle casse dello Stato fino a 2 miliardi e mezzo, sempre nell’ambito del piano di privatizzazioni del governo Meloni da 20 miliardi che, spalmato in tre anni, corrisponde all’1% circa del Pil italiano.

Della privatizzazione di Poste ha parlato anche il Sole 24 Ore, affermando che “l’operazione potrebbe avere forma di un collocamento accelerato, simile a quello visto due mesi fa sul 25% di Mps.

Nel piano di privatizzazioni del governo non può mancare la grande protagonista Mps Monte dei Paschi di Siena, che qualcuno ha già ribattezzato come nuova Mps per gli obiettivi che la banca, nota per essere piuttosto l’anello debole del sistema bancario italiano, è riuscita finalmente a centrare.

Il Mef ha già confermato l’impegno a restituire il Monte di Stato al mercato dopo la grande mossa lanciata dal governo italiano, con quello che potrebbe definirsi il fattore BTP.

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La mossa ha visto il Tesoro maggiore azionista di Mps perfezionare con successo la cessione di 314.922.429 azioni ordinarie di Mps, per un ammontare pari al 25% del capitale sociale.

Il Mef ha precisato che, “a fronte della domanda raccolta pari a oltre 5 volte l’ammontare iniziale, l’offerta è stata incrementata dal 20% al 25% del capitale sociale” della banca senese. L’esito dello smobilizzo delle quote è che la partecipazione detenuta dallo Stato è scesa dal 64,23% al 39,23% circa.

Ma sarebbe solo l’inizio: anche perché il Tesoro maggiore azionista di Monte dei Paschi di Siena ha preso con l’Ue l’impegno di privatizzare Mps entro quest’anno.

Le società partecipate dal Ministero dell’Economia

Intanto: quante sono e quali sono le società partecipate dallo Stato?

Sul sito del Mef vengono chiaramente fatti i nomi delle partecipazioni dello Stato in società quotate o in società con strumenti finanziari non quotati e società non quotate.

Le società quotate partecipate dal Tesoro sono le seguenti:

  • Banca Monte Paschi di Siena S.p.A. (39,23%)
  • Enav spa (53,28%)
  • Enel spa (23,59%)
  • Eni spa (4,67%) [Cassa depositi e prestiti spa detiene una partecipazione del 27,731% ]
  • Leonardo spa (30,20%)
  • Poste italiane spa (29,26%) [Cassa depositi e prestiti spa detiene una partecipazione del 35% ]

Le società con strumenti finanziari quotati partecipate dallo Stato sono:

  • Amco spa – Asset management company spa (99,78%)
  • Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’impresa spa (Invitalia) (100%)
  • Cdp – Cassa depositi e prestiti spa (82,77%)
  • Fs – Ferrovie dello Stato Italiane spa. (100%)
  • Rai – Radio televisione italiana spa (99,56%)
  • Sace spa (100%)

Ci sono poi partecipazioni dello Stato in società non quotate.

E’ proprio il Mef ministero dell’Economia a spiegare sul proprio sito che cosa intende per privatizzazioni:

“Un’azione di passaggio di quote di partecipazione di società ed enti dal settore pubblico a quello privato sta interessando alcune aziende di proprietà dello Stato. La vendita delle quote sul mercato, persegue diversi obiettivi, in particolare: ridurre il debito pubblico, aumentare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità gestionale delle organizzazioni interessate”.

La definizione che il ministero dell’Economia e delle Finanze dà delle società partecipate dallo Stato è la seguente:

“Si tratta delle società di capitali delle quali lo Stato detiene, per il tramite del Ministero dell’Economia e Finanze – Dipartimento del Tesoro, una quota del capitale sociale. Tale partecipazione può essere di maggioranza o di minoranza a seconda che superi o meno il 50%, e diretta od indiretta a seconda che il capitale sociale sia posseduto dallo Stato direttamente o attraverso una società partecipata”.

Del nodo privatizzazioni ha parlato nelle ultime ore anche il ministro del Made in Italy Adolfo Urso che, in risposta alle critiche delle opposizioni sul rischio che il Tesoro finisca piuttosto con lo svendere, al solo scopo di far cassa (l’impatto di 20 miliardi di dollari su un debito pubblico monstre, è stato fatto notare, sarebbe tra l’altro irrisorio), si è così espresso:

Il governo non fa cassa. In un piano di privatizzazioni anche per sostenere il debito pubblico il governo mette in campo alcuni strumenti per acquisire risorse ben garantendo però il controllo pubblico delle aziende strategiche del Paese”.