Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi: la Bce di Lagarde tallonata da inflazione-salari spiega il taglio ‘hawkish’. Minute rivelano decisione sofferta

Tassi: la Bce di Lagarde tallonata da inflazione-salari spiega il taglio ‘hawkish’. Minute rivelano decisione sofferta

Pubblicato 4 Luglio 2024 Aggiornato 15 Luglio 2024 12:09

Il primo taglio dei tassi dell’area euro dall’era Draghi, annunciato a giugno dalla Bce di Christine Lagarde, è stato il frutto di una decisione sofferta. E’ quanto emerge dalle minute della Bce, relative al meeting di politica monetaria del 6 giugno: giorno in cui la Banca centrale europea ha lanciato un mini taglio di 25 punti base, portando i i tassi sui depositi, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale e i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale dell’Eurozona a scendere rispettivamente al 3,75%, al 4,25% e al 4,50%.

Dai verbali che l’Eurotower ha pubblicato oggi, giovedì 4 luglio, emerge che non tutti gli esponenti del Consiglio direttivo si sono detti pronti quel giorno ad avallare una sforbiciata, vista la debolezza del processo di disinflazione.

“Alcuni esponenti hanno avuto la sensazione che gli indicatori a disposizione diffusi a partire dal meeting precedente non fossero stati sufficienti a renderli più fiduciosi nella convergenza dell’inflazione verso il target del 2% entro il 2025”, si legge nei verbali. E che anzi suggerissero che “tagliare i tassi di interesse non sarebbe stato pienamente in linea con il principio di dipendenza dai dati seguito dalla Bce”.

Nelle minute si legge anche che, in quella riunione in cui i tassi di interesse dell’area euro vennero tagliati, “qualcuno aveva chiesto che i tassi venissero lasciati invariati”.

D’altronde,un chiaro avvertimento era arrivato da alcuni analisti e anche banchieri di alto livello, dopo il verdetto a sorpresa del rapporto sui salari negoziati.

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Lo scorso 6 giugno, la Banca centrale europea ha dato praticamente un contentino ai mercati e ai cittadini dell’area euro, che da tempo chiedevano a Francoforte un taglio dei tassi, al fine di risollevare l’economia del blocco (non caduta tuttavia in recessione, a dispetto delle previsioni più nefaste).

Il taglio è arrivato, ma subito con una nota stonata:

la mini sforbiciata dei tassi veniva definita subito hawkish, in quanto considerata quasi obbligata, dopo che diversi esponenti della Banca centrale europea, nelle settimane precedenti, avevano detto di essere praticamente pronti a fare il grande passo.

Peccato che, nel frattempo, erano arrivati dati macro poco confortanti, che segnalavano un percorso disinflazionistico alquanto accidentato.

Gli esponenti del Consiglio direttivo della Bce si ritrovavano così, agli inizi di giugno, di fronte a uno scenario ancora più incerto. E proprio questa incertezza è tutta incisa nelle minute che sono state rese note oggi e che hanno confermato anche la contrarietà di un esponente a tagliare i tassi.

Qualcuno si era anche detto contrario a tagliare i tassi: il no arrivava dal governatore della banca centrale dell’Austria e membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, Robert Holzmann, noto da tempo per le sue posizioni da falco.

Gli altri esponenti, anche se incerti sul da farsi, avevano alla fine accettato la proposta di un taglio dei tassi di 25 punti base, avanzata da Philip Lane, esponente del Comitato esecutivo dell’Eurotower.

Ciò non toglie che quell’annuncio del taglio dei tassi tanto agognato sia stato tutto fuorché deciso con convinzione, vista l’ansia di diversi banchieri, che avevano motivato le loro preoccupazioni con il rapporto sui salari negoziati che era stato pubblicato due settimane prima circa: rapporto che aveva dimostrato come l’inflazione fosse più ostinata di quanto previsto.

Di conseguenza, avevano detto i falchi, i rischi al rialzo sull’inflazione sembravano più alti di quanto risultava dalle proiezioni economiche.

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In quella riunione del Consiglio direttivo della Bce, veniva “reiterato che i salari sono un elemento chiave per valutare l’outlook sull’inflazione” , così come si sottolineava il loro “ruolo significativo nel condizionare i prezzi dei servizi”, fermo restando il bisogno di considerare anche altri indicatori, per disporre di un quadro “olistico” dell’inflazione.

Fatto sta che “la crescita dei salari negoziati era stata pari al 4,7% nel primo trimestre del 2024. In più, dati già disponibili relativi ad alcuni paesi dell’area euro avevano suggerito che la crescita dei compensi per dipendente era probabilmente rimasta, nel complesso e nel corso del primo trimestre, ai livelli elevati del quarto trimestre del 2023″.

Dall’altro lato, “la valutazione congiunta aggiornata dell’outlook dell’inflazione, delle dinamiche dell’inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria (i tre elementi della ‘funzione di reazione della Bce) aveva alimentato la fiducia nel fatto che l’inflazione dell’area euro stesse convergendo verso il target (del 2%) in modo sostenibile e tempestivo”, tanto da indurre lo staff degli economisti di Francoforte a prevedere un calo dell’inflazione dal 5,4% del 2023 al 2,5% nel 2024, “in media”, e in ulteriore discesa “verso il target nella seconda metà del 2025”.

Vero è che “questo processo di disinflazione, con i numeri dell’inflazione riflettevano prezzi energetici e delle commodities non energetiche più alti e recenti sorprese al rialzo dell’inflazione dei servizi, si confermava in qualche modo più lento delle proiezioni che erano state aggiornate. Allo stesso tempo, i dati in arrivo avevano suggerito come la ripresa dell’economia stesse procedendo a un ritmo soltanto moderato (fattore che, a sua volta, indicava come i rischi di pressioni inflazionistiche alimentate dalla domanda fossero contenuti)”, si legge nelle minute.

Ancora, i dati sulle “condizioni di finanziamento avevano indicato che la politica monetaria era rimasta restrittiva, elemento a sostegno del processo disinflazionistico”, tanto che, “rispetto all’inizio del periodo in cui la Bce aveva deciso di lasciare invariati i tassi (ovvero da settembre del 2023), i tassi reali sui prestiti alle aziende e alle famiglie erano saliti in modo notevole”.

“In corrispondenza di un livello considerato ancora chiaramente restrittivo, pari al 3,75%, per il tasso sui depositi”, gli esponenti della Bce concordavano così di tagliare i tassi, affermando che “anche grandi shock al rialzo sull’inflazione (inclusa una inflazione dei servizi più persistente o una trasmissione monetaria più debole delle attese), avrebbero potuto essere affrontati con un ritmo più lento dei tagli dei tassi, rispetto allo scenario di base incluso nelle proiezioni”.

La Bce faceva notare anche in quella riunione di inizi giugno che “un tasso di interesse pari al 3,75% avrebbe offerto una maggiore protezione contro ‘eventuali ‘shock al ribasso‘ rispetto a quanto avrebbero fatto  tassi rimasti al 4%”.

Tassi: il messaggio Bce-Fed arrivato da Sintra

I verbali sono tornati ad affrontare il nodo dell’inflazione dell’area euro che, come ha messo in evidenza l’ultimo dato relativo all’indice dei prezzi al consumo del blocco, ha indicato una componente core ancora in solido rialzo.

Già prima della diffusione delle minute, nei giorni scorsi è stata la stessa presidente della Bce Christine Lagarde a ribadire il mantra della cautela sui tassi, da Sintra.

Nessuna fretta di tagliare ancora i tassi: ha rimarcato la presidente dell’Eurotower, prima criticata per aver alzato continuamente i tassi, ora di nuovo sotto torchio per aver concesso ai mercati e ai cittadini dell’area euro un mini taglio, tra l’altro hawkish, che evidentemente non è stato neanche l’inizio di una vera fase di allentamento della politica monetaria.

La stessa prudenza è stata manifestata dalla Fed di Jerome Powell, come è emerso dalle minute della banca centrale Usa, pubblicate nella serata italiana di ieri.

Sia Powell che Lagarde hanno parlato di tassi e di inflazione nei primi giorni di questa settimana, in occasione del forum delle banche centrali che, come da tradizione, si svolge ogni anno a Sintra, in Portogallo, organizzato dalla Bce, in un momento in cui la maggiore riluttanza della Fed a tagliare i tassi (finora non c’è stato ancora alcun taglio in Usa) continua a condizionare anche la politica monetaria dell’area euro, per quanto Lagarde abbia rimarcato la propria indipendenza rispetto a quanto si fa dall’altra parte dell’Oceano.

Basti pensare a quel dot plot nuovo della Federal Reserve, che ha portato molti esperti a rimarcare che, in queste condizioni, la Bce di Lagarde ha davvero pochi motivi per tagliare i tassi.

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Le minute pubblicate oggi sembrano confermare la view di Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud Asset Management, che ha commentato le dichiarazioni rilasciate da Lagarde in occasione del forum di Sintra, scrivendo in una nota che “la recente comunicazione della Bce è in chiaro contrasto con un taglio dei tassi a luglio”.

“Con la Presidente della Bce Lagarde che ha sottolineato che ‘ci vorrà tempo’ per ottenere dati sufficienti per essere certi di essere di fronte a una diminuzione del rischio di un’inflazione al di sopra dell’obiettivo, il messaggio è abbastanza chiaro: un secondo taglio a luglio è diventato meno probabile”.

“Inoltre – ha fatto notare l’esperto -affermando che i dati dell’inflazione di giugno non rispondono alle domande della Bce sull’inflazione dei servizi, il capo economista Lane ha confermato le dichiarazioni della presidente Lagarde”.

Di conseguenza, Mirabaud Asset Management non ritiene “che questo mese venga annunciato un altro taglio dei tassi”.

L’outlook, piuttosto, è di “altri due tagli nel corso dell’anno, poiché l’economia sta rallentando, le pressioni della domanda stanno diminuendo e anche l’inflazione dei servizi è destinata a diminuire”. E “per quanto riguarda l’ultimo dato sull’inflazione, il fatto che l’inflazione CPI core sia rimasta invariata – vicino al 3% – è in linea con questa visione”, ha spiegato l’economista.

“Per la politica monetaria, il problema principale resta quello di stabilire se gli alti prezzi dei servizi siano temporanei o più strutturali. Noi riteniamo che saranno una misura temporanea e per il futuro ci aspettiamo un’impostazione della politica monetaria dovish”, ha concluso Gero Jung.

E ora la Bce guarda anche a elezioni Francia

A Sintra non si poteva non parlare del voto in Francia, il cui primo turno si è svolto dopo lo shock dell’annuncio relativo alla decisione del presidente Emmanuel Macron di indire elezioni anticipate, a causa della disfatta sofferta dal suo partito alle elezioni europee. Così come non si poteva non parlare del nuovo Patto di stabilità e crescita e della necessità che venga rispettato dai paesi membri dell’area euro.

Questi temi sono stati affrontati non solo da Lagarde ma anche dal suo vice, Luis de Guindos, che ha lanciato un chiaro avvertimento ai mercati.

Allo stesso tempo, de Guindos ha detto di non ravvisare per ora il bisogno che l’Eurotower agisca per salvare i mercati, spiegando piuttosto il vero motivo per cui i mercati potrebbero rimanere “sconvolti”. No, dunque, all’attivazione di quello scudo TPI annunciato da Lagarde lo stesso giorno in cui l’Italia si è ritrovata orfana di Draghi.

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