Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Fed e Bce, tassi e inflazione. A Sintra Powell e Lagarde continuano a non fare il gioco dei mercati

Fed e Bce, tassi e inflazione. A Sintra Powell e Lagarde continuano a non fare il gioco dei mercati

Pubblicato 2 Luglio 2024 Aggiornato 4 Luglio 2024 14:01

Ormai è ben noto: Jerome Powell, presidente della Fed Usa e Christine Lagarde, numero uno della Bce, non si fanno certo intimidire dai desiderata dei mercati e oggi, parlando entrambi da Sintra, Portogallo, dove è in corso il forum organizzato dalla Banca centrale europea, sono tornati a mettere i puntini sulle ‘i’.

All’indomani del discorso proferito da Lagarde per inaugurare l’evento annuale del forum di Sintra, anche Powell ha ribadito quello che è diventato un ritornello che torna periodicamente a farsi sentire sui mercati: non c’è nessuna urgenza di tagliare i tassi. E’ vero per la Bce ed è vero anche per la Fed.

Bce e Fed in linea sui tassi: con attenti a inflazione tagli non urgenti

Jerome Powell, numero uno della Fed, ha riconosciuto “i progressi significativi” compiuti dall’inflazione degli Stati Uniti nell’avvicinarsi al target del 2% fissato dalla banca centrale Usa.

Tuttavia, per quanto il processo disinflazionistico sia stato ripristinato, Powell ha detto che “vogliamo essere più sicuri che l’inflazione stia tornando al target” prima di iniziare ad allentare la restrizione monetaria.

Un taglio dei tassi Usa, allora, magari a  “settembre?”, ha chiesto Sara Eisen, giornalista della CNBC e moderatrice dell’evento: nessuna data specifica, ha risposto il timoniere della banca centrale americana.

Powell ha ribadito che la Fed “vuole avere maggiore fiducia” e che l’economia è forte, motivo per cui “abbiamo tempo”, ricordando a tal proposito che, a dispetto delle previsioni nefaste di una recessione negli Usa formulate da diversi analisti fino a non molto tempo fa, i fondamentali americani si sono confermati resilienti.

Di conseguenza, è ancora opportuno che la politica  monetaria rimarga restrittiva.

“Strong labor market and growth”: “un mercato del lavoro forte e una crescita forte”, ha ripetuto Powell, facendo notare che la Fed non si trova di certo di fronte a una situazione in cui l’economia invoca il suo aiuto.

Pressioni Lula-Trump? Campos Neto e Powell rimarcano indipendenza

A rispondere alle domande della CNBC, oltre a Lagarde e Powell, anche il numero uno della banca centrale del Brasile Roberto Campos Neto.

“Noi facciamo il nostro lavoro”, ha detto Campos Neto, nel commentare l’osservazione della giornalista, che ha ricordato come le mosse lanciate dalla banca centrale abbiano irritato il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

Qualche giorno fa Lula ha definito di fatto il banchiere centrale “un avversario politico e ideologico”, criticando Campos Neto per la sua decisione di non continuare a tagliare i tassi del paese.

L’ultima sforbiciata al costo del denaro del Brasile risale a maggio, quando Campos Neto ha annunciato un taglio di 25 punti, portando i tassi al 10,5%.

Campos Neto ha ribadito la necessità che le banche centrali facciano il loro lavoro a prescindere dai desideri dei governi e delle presidenze di turno, concentrandosi “sulle soluzioni tecniche da adottare per assicurare al paese il meglio”.

“Sarà la storia a giudicare”, ha concordato Powell, rimarcando il bisogno che la Fed, così come tutte le banche centrali, rimangano indipendenti, e rispondendo così alla domanda su quelli che potrebbero essere i rischi che l’indipendenza della banca centrale Usa in particolare potrebbe dover fronteggiare nel caso in cui a essere eletto nelle prossime elezioni presidenziali Usa fosse l’ex presidente Donald Trump. Una probabilità, questa ultima, che ha dato un bel po’ di filo da torcere ai Treasury Usa.

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A parlare di indipendenza delle banche centrali è stata anche la numero uno della Bce Christine Lagarde, che ha ammesso che l’Eurotower in questo momento guarda con preoccupazione alla capacità di ciascun paese dell’area euro di rispettare “le nuove regole fiscali”, dunque i nuovi diktat sul deficit e sul debito arrivati con il nuovo Patto di stabilità e di crescita, e alla necessità che le stesse economie portino avanti quelle “riforme strutturali” che sono indispensabili per assicurare la loro solidità e crescita.

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“Rischi inflazione Usa più bilanciati”. Ma l’attenti rimane

Tornando alla questione tassi Usa, Powell ha frenato di nuovo, così come aveva fatto ieri Lagarde, gli entusiasmi delle colombe, sottolineando che “siamo ben consapevoli del fatto che se agiremo troppo presto (ovvero se taglieremo i tassi troppo presto) potremmo ribaltare il buon lavoro che abbiamo fatto”.

Allo stesso tempo, è vero anche che “intervenendo troppo tardi (tagliando i tassi troppo tardi), potremmo mettere a repentaglio la ripresa e l’espansione” in corso dell’economia.

Detto questo, i rischi di tagliare troppo presto o troppo tardi, ha aggiunto Powell, sono diventati quest’anno più bilanciati, visto che l’inflazione è scesa e l’economia, così come il mercato del lavoro, sono rimasti solidi.

Insomma, ha continuato il banchiere centrale, “vogliamo assistere a ulteriori progressi dell’inflazione”.

Certo, “gli ultimi dati mostrano che il percorso dei salari è migliorato”, ma “vorremmo vedere più dati simili a quelli che ora stiamo osservando”.

Il riferimento è stato anche al trend del PCE Usa, termometro dell’inflazione Usa che, salito al ritmo del 2,6% su base annua, ha mostrato “un progresso davvero significativo”. Ma, sebbene la buona notizia sia rappresentata dal fatto che l’economia è tornata su “un percorso disinflazionistico”, ha continuato il numero uno della Fed, “vogliamo essere più fiduciosi nel fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2% prima di avviare il processo di allentare la politica” monetaria.

In sostanza, anche nella giornata di oggi, sia la Fed che la Bce hanno dimostrato  che è ancora troppo presto per cantare vittoria contro l’inflazione. A dare ragione alla Bce di Lagarde,sono tra l’altro i fatti.

Proprio oggi è stato reso noto il dato relativo all’inflazione dell’Eurozona, che ha avallato la cautela della Bce, e che è stato commentato così da Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm:

“I dati flash relativi all’inflazione dell’Eurozona per il mese di giugno evidenziano un calo dell’inflazione complessiva al 2,5% su base annua, in diminuzione rispetto al 2,6% di maggio. L’inflazione core si attesta al 2,9%, leggermente superiore al 2,8% previsto, ma i valori sono stabili rispetto al mese precedente. Il forte aumento dei prezzi del settore dei servizi è stato compensato da un calo dei costi dell’energia e dei prodotti alimentari, riflettendo il trend registrato in Europa e nel Regno Unito negli ultimi mesi”, ha detto Flax, riassumendo il trend dei prezzi dell’area euro.

Il CIO di Moneyfarm ha parlato degli effetti del dato macro sulla politica monetaria della Bce, sottolineando che, “con l’inflazione in traiettoria discendente, è prevedibile che la Bce continui a seguire il suo approccio basato sui dati prima di prendere in considerazione un altro taglio dei tassi nel corso dell’anno. Il 6 giugno l’Eurotower ha allentato la stretta con un taglio dei tassi dello 0,25%, con l’obiettivo di riportare l’inflazione entro il target del 2% all’inizio del prossimo anno. Tuttavia – ha avvertito Flax – il rapporto di oggi evidenzia che l’inflazione core rimane elevata, con particolare enfasi sui servizi. Con queste premesse, possiamo aspettarci che Francoforte attenda ancora qualche lettura prima di un altro taglio dei tassi”.  E proprio questa attesa è stata confermata da Lagarde a più riprese in queste ultime ore in occasione del forum di Sintra. Così come anche dalla Fed di Jerome Powell.