Notizie Notizie Italia Governo Meloni BTP, spread e Meloni passano test rating Moody’s. ‘Ma banche anticipino Bce’

BTP, spread e Meloni passano test rating Moody’s. ‘Ma banche anticipino Bce’

Pubblicato 17 Novembre 2023 Aggiornato 9 Gennaio 2024 09:46

E alla fine i BTP, lo spread e l’Italia tutta passano il test del rating sul debito pubblico di Moody’s.

Nella giornata di ieri, venerdì 17 novembre, a mercati chiusi, l’agenzia di rating non ha solo confermato il rating “BBa3”, di un livello superiore a quello junk appena di un gradino, ma ha anche migliorato l’outlook da “negativo” a “stabile”.

Nessun timore per lo spauracchio di una Italia di Meloni da junk aveva scosso il mercato dei titoli di stato italiani.

Nelle ultime sessioni i tassi dei BTP a 10 anni sono scesi anche sotto la soglia del 4,4%, al minimo degli ultimi due mesi.

Lo spread BTP-Bund a 10 anni ha bucato inoltre la soglia dei 180 punti base.

Nessuno scossone neanche per il Ftse Mib di Piazza Affari, che ieri, in attesa del giudizio di Moody’s, chiudeva in rialzo dello 0,82%, a quota 29.298,43 punti.

Spread BTP-Bund e governo Meloni: nessuna ansia per annuncio Moody’s

Lo spread BTP-Bund a 10 anni viaggia pressocché stabile attorno a 176 punti base.

Idem i tassi dei BTP a 10 anni, che oscillano attorno al 4,34%.

L‘ansia junk by Moody’s non si è affatto palesata negli ultimi giorni. Diversi analisti hanno subito sottolineato che, a loro avviso, l’agenzia di rating non si sarebbe azzardata a strappare dal debito pubblico italiano il giudizio ‘investment grade’.

Qualcuno non escludeva neanche una bella sorpresa, magari con una revisione al rialzo dell’outlook da “negativo” a “stabile”.

Così, di fatto, è stato. Moody’s ha migliorato l’outlook sul debito italiano, allontanando lo spettro junk. Che rimane, visto che il rating, pari a Baa3, rimane all’ultimo gradino tra quelli al livello di investment grade dell’agenzia. Ma che si fa meno imminente, considerato il miglioramento delle prospettive a “stabile”.

Il rischio junk per i BTP era infatti esploso nel momento in cui Moody’s, che aveva già attribuito al debito pubblico italiano il rating pari a Baa3, aveva deciso poco dopo la caduta del governo Draghi – avvenuta nel luglio del 2022 – di abbassare l’outlook da stabile a negativo.

E’ stato quel panico per l’Italia orfana di Draghi, si può dire, a rendere più concreto il rischio di una bocciatura del giudizio sui titoli di stato italiani da parte di Moody’s.

Oltre alla carta italiana neanche il governo Meloni ha manifestato negli ultimi giorni la benché minima preoccupazione per la possibilità di un downgrade a spazzatura del giudizio sui BTP.

Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha mostrato sempre una grande fiducia nei confronti della sostenibilità del debito pubblico italiano, rispondendo a tono a chi gli parlava della minaccia di un downgrade e sbanderiando, piuttosto, il successo del BTP Valore.

E la presidente del Consiglio stessa Giorgia Meloni ha sempre rivendicato i progressi fatti dal suo governo nel tenere sotto controllo lo spread BTP-Bund e i tassi.

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Il dubbio, tuttavia, rimane: cosa succederebbe all’Italia se invece il downgrade di Moody’s ci fosse?

Per quanto riguarda lo spread BTP-Bund, gli analisti di Barclays ritengono che il differenziale potrebbe tornare in area 250 punti base, come mette in evidenza un grafico di Bloomberg.

Tra le vittime illustri, oltre allo spread e ai tassi dei BTP, che punterebbero verso l’alto, ci sarebbero anche le banche italiane, legate al destino dei titoli di stato italiani da quel doom loop che si sarà anche allentato, ma che rimane ben presente, come ha fatto tra l’altro notare l’altra agenzia di rating Standard & Poor’s nelle ultime ore, dedicando un report alle banche globali e una sezione, in particolare, agli istituti di credito made in Italy.

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Arcano Partners e la previsione su Moody’s. La conferma della soglia spread SOS

Nell’analisi di Arcano Partners “Downgrade Moody’s non in vista, ma rischio sovrano può penalizzare soprattutto banche e assicurazioni”, veniva messa in evidenza proprio la vulnerabilità del settore finanziario italiano a una eventuale bocciatura a junk da parte dell’agenzia di rating.

Alessandro Pellegrino, credit portfolio manager di Arcano Partners, chiarisce che “non ci aspettiamo azioni sul rating da parte di Moody’s venerdì 17 e crediamo che un downgrade sia altamente improbabile; piuttosto vediamo un cambio a “neutral” (da ‘negative’ ) dell’outlook”.

Pellegrino spiega che “un eventuale downgrade avrebbe tuttavia ripercussioni significative in Europa: la stessa Banca Centrale Europea, infatti, già nel 2020 ha messo al riparo la zona euro dal rischio di ampliamenti degli spread dei diversi paesi con uno strumento specifico, il PEPP, coadiuvato da strumenti di supporto a livello di politiche fiscali della Unione Europea (ESM e Next Generation EU)”.

Ovviamente secondo il gestore di portafoglio di Arcano Partners “un declassamento del rating dell’Italia metterebbe sotto stress” lo spread.

Così come Barclays, anche in questo caso il timore è che il differenziale di rendimento BTP/Bund possa salire fino a 250 punti base.

D’altronde, precisa Pellegrino, “questo livello è tipicamente considerato il livello di guardia degli investitori in Btp, quando si percepisce che la Bce non ha la situazione interamente sotto controllo”.

L’effetto contagio del junk, mentre c’è chi suona la sveglia per le banche: Carpe diem

Spread BTP-Bund a parte, è ovvio che una bocciatura a junk avrebbe ripercussioni “su tutte le società italiane, perché difficilmente le aziende possono avere un merito di credito superiore a quello del proprio paese di origine. Il contagio sarebbe immediato, soprattutto a partire da banche e assicurazioni”.

A tal proposito, proprio due settimane fa un articolo pubblicato su Global Capital lanciava un messaggio ben preciso alle banche italiane, come emerge dal titolo “Italian banks: carpe diem“.

L’articolo lanciava un chiaro appello alle banche italiane: finanziatevi ora sul mercato dei bond, prima della prossima riunione del Consiglio direttivo della Bce in calendario nel mese di dicembre.

Il motivo?

Questo spread BTP-Bund che, dal valore superiore ai 200 punti base fino a quota 210 immediatamente dopo la pubblicazione della Nadef da parte del governo Meloni, sceso poi grazie alla Bce anche al di sotto di quota 200, potrebbe non essere sostenibile, soprattutto se si considera che, nel mese di dicembre, oltre al meeting della Bce di Christine Lagarde, c’è anche l’appuntamento dell’iter di approvazione della legge di bilancio per il 2024 presentata alla metà di ottobre da Meloni & Co.

“Questo potrebbe essere il momento ideale per le banche per contattare gli investitori (con l’emissione di bond), dopo i conti del terzo trimestre ma prima del meeting della Bce di dicembre”.

In occasione di quella riunione, sottolinea infatti l’articolo, Lagarde potrebbe anche decidere di porre fine a quello strumento che si conferma tuttora una sorta di salva Italia e salva BTP, ovvero il PEPP.  E certo le ultime indiscrezioni, che indicano come gli hedge fund stiano colmando il vuoto lasciato dal QE della Bce ormai andato in soffitta non bastano a placare l’ansia.

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A quel punto, con un eventuale annuncio da parte della Bce di un giro di vite anche sul PEPP, la tensione sul mercato dei titoli di stato italiani potrebbe tornare ad accendersi, facendo salire i tassi dei BTP e costringendo di conseguenza le banche italiane a emettere obbligazioni a rendimenti più alti.

Risultato: quei costi di finanziamento più alti eroderebbero gli utili degli istituti di credito.

Chi si salverebbe dall’accetta di Moody’s e dal balzo dello spread

“Se per qualsiasi motivo lo spread con i titoli di stato tedeschi si spingesse fino a 250 punti – ha detto a tal proposito Alessandro Pellegrino, credit portfolio manager di Arcano Partners –  ad essere penalizzate sarebbero soprattutto le banche. Questo per vari motivi: innanzitutto le banche hanno un business prevalentemente domestico e hanno a bilancio quote significative di titoli di stato. Inoltre, il loro costo di finanziamento aumenterebbe rapidamente, impattando i profitti. Proprio le banche, inoltre, sono oggi altamente dipendenti dal mercato per finanziarsi”.

Ma a soffrire sarebbero anche le banche europee:

“Allo stesso tempo, pensiamo che ci sarebbero risvolti negativi per il comparto finanziario europeo (iTraxx Financials)”, ha aggiunto Pellegrino, spiegando che, “diversamente, l’effetto per le utilities sarebbe di portata inferiore perché, se è vero che aumenta il loro costo del debito, queste società hanno business più stabili, con ricavi ricorrenti. Soprattutto, non hanno bond in bilancio”.

In ogni caso, “l’effetto domino di un peggioramento del rating sovrano” da parte di Moody’s “potrebbe essere dunque molto veloce nell’universo delle emissioni societarie. E avrebbe spillovers anche sull’economia reale, e su un potenziale altro downgrade da parte di S&P”.

“La risalita dello spread a 250 punti base in Italia potrebbe infine riaccendere i timori di un possibile contagio agli altri paesi del sud Europa, tornando a sollevare dubbi per la stabilità finanziaria della zona euro”, ha puntualizzato Pellegrino, a conclusione del suo commento.

Al momento, né sul mercato dei titoli di stato italiani che a Piazza Affari, si registrano scossoni e/o timori legati all’imminente verdetto Moody’s. Ma certo quell’appello alle banche italiane fa pensare, visto che, se è vero che l’Italia ha ampie probabilità di scansare il giudizio spazzatura dell’agenzia, è vero anche che una nuova cattiva sorpresa potrebbe arrivare dall’ultima riunione della Bce di dicembre. Quel PEPP, QE pandemico, per ora, è al sicuro. Ma diverse sono state le indiscrezioni, rincorse per mesi, riguardo al rischio che la Bce smetta di alzare i tassi, ritirando però contestualmente in modo più significativo quei reinvestimenti che comunque, grazie al programma, continua a fare, a vantaggio, secondo qualcuno, soprattutto dell’Italia.

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