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PagoPA a Poste Italiane, alert Antitrust su novità decreto PNRR di Meloni. Scatta anche l’ABI

20 Marzo 2024 14:23

PagoPA a Poste Italiane in base ai desiderata del governo Meloni? L’idea non è piaciuta neanche all’Antitrust, anche se il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, nel pomeriggio di ieri, ha fatto notare che in realtà l’Autorità non ha detto proprio no. “L’Antitrust non ha detto no. La sistemeremo”, ha detto il titolare del Tesoro.

Sicuramente l’idea non è piaciuta neanche all’ABI, l’Associazione bancaria italiana, che sempre ieri si è espressa contro la cessione di PagoPA a Poste.

In un documento depositato ieri alla Commissione Bilancio della Camera, che sta esaminando il provvedimento, l’ABI ha scritto che la cessione del 49% della società PagoPA a Poste Italiane “rischia di creare, sotto diversi profili, uno squilibrio competitivo”.

Esplode caso PagoPA, l’Antitrust: ‘criticità concorrenziali’

Che il caso della cessione del 49% di PagoPA a Poste Italiane fosse destinato a scoppiare lo si era capito quasi subito, quando qualche banca aveva già storto il naso di fronte alla novità che era emersa con il decreto PNRR, (decreto legge sul Piano nazionale di ripresa e resilienza), approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 26 febbraio.

Tra le varie disposizioni, nell’articolo dedicato al lancio di It-Wallet, il decreto PNRR annunciava la decisione del governo di cedere PagoPA, la società che gestisce i pagamenti alla PA (pubblica amministrazione), sia all’Ipzs, l’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, che a Poste Italiane, il gioiello di Stato già oggetto di grandi manovre, in quanto tassello cruciale di quel piano di privatizzazioni da 20 miliardi di euro lanciato da Meloni & Co. per sforbiciare l’immenso debito pubblico dell’Italia.

Nella giornata di ieri, un chiaro attenti alla cessione è stato lanciato dall’Antitrust e dell’Abi.

Così l’Antitrust:

La cessione del 49% del capitale di una società pubblica dovrebbe rispettare condizioni minimali di trasparenza e non discriminazione a garanzia del mercato, oltre, ovviamente, a massimizzare il gettito per l’erario dello Stato.

Nella memoria che è stata firmata dal presidente Roberto Rustichelli, l’Antitrust ha scritto nero su bianco di ritenere che “la norma di legge presenti alcune criticità concorrenziali sia su un piano generale, con riferimento alla modalità seguita per la cessione al mercato della società pubblica, sia per le specifiche caratteristiche del soggetto cessionario individuato dal legislatore”.

Ancora, nella memoria – anticipata da La Repubblica – si legge che “il ricorso a una procedura trasparente e non discriminatoria è la sola modalità che, consentendo al decisore pubblico di esplorare e conoscere gli interessi e le opportunità esistenti sul mercato, assicura la possibilità di svolgere una valutazione comparativa idonea a selezionare l’operatore più qualificato”.

La mossa dell’Antitrust è stata commentata dall’Associazione dei consumatori Codacons che, sempre nella giornata di ieri, ha messo in evidenza come l’Autorità abbia di fatto accolto la sua segnalazione sul caso, che era stata presentata lo scorso 13 marzo.

Il Codacons aveva denunciato, di fatto, “possibili effetti lesivi della concorrenza”.

Così si legge nel comunicato del Codacons a commento delle criticità messe in evidenza dall’Antitrust:

“Sull’imminente ingresso di Zecca dello Stato e Poste Italiane in PagoPA l’Antitrust ha accolto la segnalazione presentata dal Codacons lo scorso 13 marzo, tesa proprio a fare luce sulla correttezza dell’operazione”.

L’associazione ha dunque apprezzato l’intervento dell’Antitrust, “che ha riscontrato criticità sul fronte della concorrenza”.

La normativa speciale, a cui appare applicabile il caso di PagoPA – ha ricordato il Codacons nell’esposto – è contenuta nel D.lgs. 332/1994 riguardante le procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni. A tal proposito, l’art. 1, comma 3, prevede che, in caso di cessione mediante trattativa diretta di partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, come nel caso di specie, tale cessione deve essere effettuata invitando potenziali acquirenti, che presentino requisiti di idonea capacità imprenditoriale per avanzare offerte”.

Di fatto, ha sottolineato l’associazione dei consumatori, “risulta evidente che il sistema prioritario è il ricorso al mercato (al miglior offerente) con procedura aperta, relegando in via residuale ed eccezionale la negoziazione diretta, in linea con l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato”.

Il Codacons ha concluso così la nota scrivendo di aspettarsi “ora un intervento del Governo per superare gli effetti distorsivi del mercato denunciati dal Codacons e confermati dell’Antitrust, e il rispetto delle regole nell’intera procedura di ingresso di altri soggetti nel capitale di PagoPA”.

PagoPA a Poste: la mossa di Meloni che ha indispettito subito le banche

L’articolo pubblicato lo scorso 6 marzo dal quotidiano La Repubblica PagoPA a Poste Italiane, le banche pronte al ricorso contro il decreto del governo segnalava il grande mal di testa che la decisione del governo Meloni stava provocando alle banche italiane, aggiungendo che l’allarme, in particolare, era stato lanciato da due istituti di credito.

Nel ricordare che, stando all’ultima versione del decreto PNRR, PagoPA sarebbe finita per almeno il 51% alla Zecca dello Stato e che la quota restante del 49% sarebbe andata a Poste Italiane, La Repubblica scriveva nell’articolo che proprio “l’entrata in scena di Poste” aveva fatto scattare sull’attenti “almeno due nostre banche, una più grande e una media”.

Entrambe le banche hanno già chiesto dei pareri legali. E’ un passo verso un possibile, probabile ricorso all’Autorità Antitrust, garante della corretta concorrenza tra le imprese.

Tra i timori sollevati, quelli sugli effetti che la cessione di PagoPA a Poste Italiane potrebbe avere sulla concorrenza e il rischio che Poste eserciti “poteri di veto” sul sistema di pagamenti, “e quindi un’influenza diretta sulle scelte gestionali di PagoPA”.

Uno dei pareri legali menzionava espressamente il rischio di monopolio che il decreto PNRR creerebbe a favore di un soggetto, per l’appunto Poste Italiane, che “finora era soltanto uno degli utilizzatori di PagoPA”.

Un danno anche per i consumatori che, rimarcava il quotidiano, “grazie al modello aperto di PagoPA, potevano scegliere tra diversi canali di accesso alla piattaforma”.

Nell’articolo veniva inoltre fatto notare che, sebbene qualcuno avrebbe potuto obiettare che Poste Italiane è in mano pubblica, nel capitale del gruppo quotato sul Ftse Mib di Piazza Affari sono presenti anche investitori privati, la cui presenza è destinata a diventare più rilevante, vista la determinazione del governo Meloni a privatizzare la società, nell’ambito del suo piano di privatizzazioni (pur con la garanzia che allo Stato rimanga una partecipazione di almeno il 35%).

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Va detto che oggi i riflettori sono puntati su Poste Italiane soprattutto per il nuovo piano strategico “2024 – 2028 Strategic Plan – The connecting platform” , con tanto di nuovi target sugli utili, sui ricavi e su altre voci di bilancio, così come con tanto di nuova sorpresa sui dividendi, che è stato approvato nella giornata di ieri dal cda del gruppo.

PagoPA: cosa si legge nel decreto PNRR

Così, il decreto PNRR presenta il piano del governo Meloni volto a cedere PagoPA:

“Ai fini del rafforzamento dell’interoperabilità tra le banche dati pubbliche e di valorizzazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati di cui all’articolo 50 -ter del decreto legislativo n. 82 del 2005, nonché di razionalizzazione e di riassetto industriale nell’ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato, sono attribuiti rispettivamente all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in misura non inferiore al 51 per cento, e, per la restante quota di partecipazione, al fornitore del servizio universale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, i diritti di opzione per l’acquisto dell’intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società PagoPA S.p.A., di cui all’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12″.

“Il corrispettivo della cessione delle quote di cui al primo periodo – recita ancora il DECRETO-LEGGE 2 marzo 2024, n. 19 – è determinato sulla base di una relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero dell’economia e delle finanze, di intesa con le parti acquirenti e con oneri a carico delle stesse. Tutti gli atti connessi alle operazioni di cui al presente comma sono esenti da imposizione fiscale, diretta e indiretta, e da tasse”.

Ancora, si legge nel Decreto PNRR, “le somme oggetto del corrispettivo di cui al presente comma sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel medesimo anno, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato”.

Il testo che si riferisce a PagoPA è incluso all’intero del Capo V “Disposizioni urgenti in materia di digitalizzazione” del decreto PNRR.

PagoPA è controllata attualmente al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Non solo Antitrust, contro PagoPA a Poste scatta anche l’ABI

Ieri, a esprimersi contro la cessione di PagoPA a Poste Italiane è stata anche l’Associazione bancaria italiana (ABI), presieduta da Antonio Patuelli.

L’ABI ha citato per l’appunto il rischio di uno “uno squilibrio competitivo”, aggiungendo anche che “si concretizza, quindi la possibilità che si possa configurare un controllo congiunto del nuovo PagoPA da parte di IPZS e Poste, sicché ciascuna di esse è potenzialmente in grado di esercitare un’influenza determinante sull’attività commerciale della nuova società, potendo giungere ad impedire l’assunzione di decisioni attraverso l’esercizio di un diritto di veto”. Una situazione, ha avvertito l’ABI, che “avrebbe come conseguenza una rilevante alterazione dell’equilibrio competitivo”.

Nel  Documento per la Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei Deputati depositato alla Camera, l’ABI ha ricordato che “tra i PSP aderenti alla Piattaforma PagoPA figurano, accanto alle banche e agli istituti di pagamento, e oltre a Poste Italiane, PostePay S.p.A., istituto di moneta elettronica interamente controllato da Poste Italiane e LISPay S.p.A., istituto di moneta elettronica interamente controllato da PostePay S.p.A.”

L’Associazione ha dunque avvertito che “il perfezionarsi dell’acquisizione da parte di Poste Italiane S.p.A. di parte del capitale di PagoPA avrebbe come conseguenza una rilevante alterazione dell’equilibrio competitivo tra PostePay/LISPay/Poste Italiane rispetto agli altri PSP (prestatori di servizi di pagamento) aderenti alla Piattaforma, potendo le prime due, ed in alcuni casi anche direttamente Poste Italiane, ledere la parità concorrenziale e beneficiare di un trattamento di favore in ragione della possibilità di Poste Italiane di influire sulle scelte della società PagoPA, tenuto anche conto delle previsioni contenute nel D.Lgs 217/201″.

“Poste Italiane -si legge ancora nel documento dell’ABI – sarebbe contemporaneamente proprietario e gestore della ‘rete’ che trasporta ‘servizi di pagamento PA e altri enti’ (tramite la partecipazione al capitale di PagoPA) e fornitore dei corrispondenti servizi di pagamento, anche controllando Postepay e, indirettamente, LISPay”.

L’Associazione bancaria italiana ha concluso il documento sottolineando che “la disciplina prevista dal DL in commento andrebbe ripensata in una logica competitiva e di mercato, tenuto conto che l’intervento normativo è volto alla valorizzazione e al miglioramento della condivisione del patrimonio informativo pubblico ma impatta in misura rilevante anche lato pagamenti, prevedendo anche lo scorporo proprio della componente pagamenti”.

In sostanza, le banche hanno sottolineato che, “considerata la numerosità e il rilievo dei profili da disciplinare, appare pertanto necessaria una profonda rivisitazione del testo del convertendo decreto-legge, valutando anche la possibilità di utilizzare un distinto veicolo normativo per la soluzione dei diversi aspetti segnalati”.