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Bce, Lagarde: forte probabilità taglio tassi, inflazione sotto controllo. 24 ore al verdetto

Pubblicato 22 Maggio 2024 Aggiornato 4 Giugno 2024 11:17

Con l’inflazione dell’area euro sotto controllo, esiste “una forte probabilità” che la Bce di Christine Lagarde tagli i tassi di interesse nelle prossime settimane, ovvero nella imminente riunione di giovedì 6 giugno 2024.

A dirlo è stata la stessa Lagarde, nel corso di una intervista che ha rilasciato in occasione della riunione di due giorni a porte chiuse del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, in corso in Irlanda, nella cittadina di Kilkenny.

“Nessuna prescrizione, nessun impegno – ha precisato Lagarde interpellata dal canale televisivo RTE – Ma se i dati che riceveremo rafforzeranno il livello di fiducia che abbiamo nel riportare nel medio termine l’inflazione al 2%, qualcosa che è un nostro obiettivo, la nostra missione, il nostro dovere – allora la probabilità (di un taglio dei tassi) sarà forte”.

Taglio tassi Bce, ci siamo? Lagarde: inflazione sotto controllo

Lagarde ha rimarcato i progressi compiuti dall’inflazione dell’area euro, sottolineando che “ho davvero fiducia nel fatto che l’inflazione sia sotto controllo”.

Il motivo?

“Alcuni fattori che hanno avuto un grande impatto si stanno smorzando – ha spiegato la numero uno dell’Eurotower – Penso alla crisi energetica. Penso a quelle che chiamiamo strozzature nelle catene dell’offerta, che stanno gradualmente diminuendo“.

Inoltre, “le previsioni che abbiamo per il prossimo anno e per quello successivo sono di valori molto, molto vicini al target, se non al target. Dunque, sono fiduciosa nel fatto che siamo passati alla fase di controllo”.

Lagarde è stata interpellata non soltanto su quelle che saranno le prossime mosse di politica monetaria dell’Eurotower, ma anche su altri temi, tra cui le imminenti elezioni presidenziali Usa e la possibilità che Donald Trump torni a essere eletto presidente degli Stati Uniti.

Lagarde su vittoria Trump in Usa: Europa non sia follower, ma leader

Nel commentare l’esito del voto in tal senso, Lagarde ha puntualizzato che “tocca agli elettori americani decidere, e sono sicura che le loro decisioni saranno prese sulla base di informazioni complete. Quello che so essere un fatto è che, visto il programma promosso durante la campagna (elettorale), (la vittoria di Trump) “avrà conseguenze per l’Europa, a cui dovremo tenerci pronti, che si tratti di dazi o di altre vie e strumenti”.

“Dobbiamo essere semplicemente preparati (a una tale eventualità) – ha ribadito la presidente della Bce – perchè siamo forti, siamo una grande zona economica, e non dovremmo essere follower, dovremmo essere leader”.

Tornando alla questione del primo taglio ai tassi in Eurozona dal 2019, che segue una carrellata di rialzi dei tassi che è durata quasi due anni, stando a quanto ha riferito la stessa Lagarde la grande svolta di politica monetaria della Bce sarebbe dunque vicina.

Nell’attesa, è lo stesso linguaggio usato dalla numero uno dell’Eurotower che si è reso protagonista in questi ultimi mesi. Fino agli inizi del 2024, Lagarde non perdeva infatti occasione per ribadire come fosse prematuro pensare a eventuali future sforbiciate ai tassi in Eurozona.

Sono stati gli ultimi dati macro relativi alla dinamica dei prezzi dell’area euro a convincerla ad aprire, almeno, alla possibilità di annunciare quel taglio ai tassi che da mesi mercati, cittadini stessi dell’Eurozona, diversi economisti e strategist chiedono a gran voce, a causa dell’indebolimento dell’economia dell’area euro. Indebolimento che, vale tuttavia la pena di ricordare, non è stato però così importante, contrariamente a quanto in diversi avevano paventato, visto che l’incubo della recessione, considerato quasi cosa certa per l’Europa, non si è fatto realtà.

Sarà anche per questo che, nell’accantonare i toni hawkish sui tassi, Lagarde non ha certo sposato una narrativa dovish.

Altri esponenti della Bce hanno fatto lo stesso: in primis il falco tedesco Isabel Schnabel, che ha di recente frantumato le speranze di un doppio regalo ‘estivo’ sui tassi firmato dalla Banca centrale europea. 

D’altronde, per quanto sia stata la stessa Lagarde a ricordare e quasi a proclamare l’indipendenza della Bce dalla Fed, il fattore tassi Usa non può essere del tutto ignorato a causa del rischio, in caso di eccessiva divergenza tra i tassi dell’area euro e quelli degli Stati Uniti, che il lavoro finora compiuto da Francoforte per rimettere in riga il trend dei prezzi finisca per essere spazzato via dal problema dell’inflazione importata.

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Lagarde alle prese con il dilemma tassi Fed

Il dilemma della Bce e il problema rappresentato ora dalla Fed di Jerome Powell sono stati spiegati da Gilles Moëc, capo economista di AXA Group e responsabile della divisione AXA IM Research, che ha commentato quanto emerso di recente dalla pubblicazione delle minute dell’Eurotower relative all’ultimo meeting del Consiglio direttivo dell’11 aprile scorso, quando Lagarde ha aperto alla possibilità di tagliare i tassi dell’area euro per la prima volta dal 2019.

Quei “verbali della riunione di aprile della Bce – ha fatto notare Moëc – sono stati ancora più espliciti della Lagarde nella sua conferenza stampa nel preannunciare un taglio dei tassi a giugno, qualificato come ‘plausibile’, rendendo “lo scenario di una generale ‘ondata europea’ di allentamento monetario prima dell’estate, in contrasto con una Fed più esitante, più forte”.

Tra l’altro, ha sottolineato l’economista, “il rischio di sottovalutare l’obiettivo di inflazione e di provocare inavvertitamente un costo eccessivo per la produzione e l’occupazione si sta facendo strada nella mente dei policymaker europei”, tanto che “il rischio di undershooting è stato anche uno degli argomenti utilizzati dalle colombe della Bce quando hanno chiesto un taglio già ad aprile”.

Moëc ha indicato tuttavia che le minute della Bce “hanno evidenziato una notevole preoccupazione riguardo a ciò che la Fed potrebbe fare di fronte alla resilienza dell’inflazione negli Stati Uniti”, ricordando che, “data la predominanza del mercato statunitense, è naturale che i policymaker europei monitorino attentamente gli sviluppi macro e politici del Paese”.

Ed è “dall’inizio dell’anno che sosteniamo che i rischi siano asimmetrici al di là dell’Atlantico, con un potenziale rischio di undershooting dell’inflazione in Europa, a fronte di un notevole rischio di overshooting negli Stati Uniti”.

Attenti, dunque: “leggere l’Europa attraverso le lenti americane potrebbe portare a costosi errori di policy”.

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Dal dato sui salari la possibilità di ulteriori tagli

Ma c’è un altro elemento che costringe la Bce di Christine Lagarde a rimanere ancora guardinga nei confronti dell’inflazione:

il trend dei salari in Eurozona, che si conoscerà finalmente nella giornata di domani, giovedì 23 maggio.

E’ questo il tassello mancante del puzzle composto da quelle che per Lagarde sono condizioni sine qua non per tagliare i tassi e che devono rispondere tutte all’appello.

Se questo dato dei salari – relativo per la precisione ai salari negoziati nel primo trimestre del 2024 – confermerà la fase di indebolimento della crescita, già confermata con i numeri relativi al quarto trimestre del 2023, allora il 6 giugno sarà molto probabilmente il grande giorno in cui la Banca centrale europea taglierà i tassi dell’area euro.

Riguardo a eventuali ulteriori riduzioni dei tassi, gli esperti invitano però i mercati a non scommetterci troppo.

A sottolinearlo è stato anche il presidente della Bundesbank, banca centrale tedesca ed esponente (falco) del Consiglio direttivo della Bce Joachim Nagel.

“Se i tassi saranno abbassati per la prima volta a giugno, non significa che saranno poi tagliati nei meeting immediatamente successivi del Consiglio”, ha detto Nagel  in un’intervista rilasciata congiuntamente al quotidiano tedesco Handelsblatt, a quello francese Les Echos, a quello italiano Corriere della Sera e a quello spagnolo El Mundo.

“Non abbiamo messo il pilota automatico”.

Molto dipenderà a questo punto dal dato relativo ai salari, che sarà reso noto nella giornata di domani.

Così si legge nel commento “Dati salariali della Bce, un importante indicatore” , firmato da George Curtis, Portfolio Management, TwentyFour Asset Management:

“La Banca Centrale Europea (Bce) inizierà quasi certamente il ciclo di riduzione dei tassi il mese prossimo. I dati favorevoli sull’inflazione e le chiare indicazioni del Consiglio direttivo hanno portato le probabilità implicite di un taglio a giugno a quasi il 100%, con ben poco in grado di farlo deragliare”.

Detto questo, ha ricordato Curtis, “il principale ostacolo per la Bce, come ha sottolineato Christine Lagarde a gennaio, è rappresentato dai dati sui salari del primo trimestre”.

Il gestore ha ricordato che, “analogamente alla Federal Reserve (Fed), anche se in misura minore, l’Eurozona ha lottato con un’inflazione dei servizi molto appiccicosa, dato che i mercati del lavoro rimangono rigidi, con il tasso di disoccupazione dell’Eurozona che si aggira intorno ai minimi storici. Nei verbali della riunione di aprile, il Consiglio direttivo ha menzionato la stretta correlazione tra i salari e il tasso di inflazione nei settori sensibili ai salari, osservando che è improbabile che l’inflazione dei servizi subisca un forte calo fino al 2025, quando si prevede una decelerazione più significativa della crescita dei salari”.

A tal proposito, Curtis ha puntualizzato che “è importante ricordare che il mercato del lavoro negli Stati Uniti è molto più flessibile di quello europeo”, aggiungendo che “i pacchetti salariali negoziati annualmente, o addirittura pluriennali, sono molto più comuni in Europa, il che di solito si traduce in una reazione ritardata dell’inflazione salariale rispetto agli Stati Uniti“.

E “dopo il Covid, questo è esattamente ciò che è accaduto: secondo Indeed Wage Tracker, i salari statunitensi hanno mostrato una forte tendenza al rialzo quasi un anno prima rispetto all’Europa. Analogamente, il picco dell’inflazione salariale è stato raggiunto alcuni mesi dopo in Europa”.

Di conseguenza, “determinare con precisione la crescita dei salari in Europa è più difficile che negli Stati Uniti, data la disparità delle relazioni e delle tendenze negoziali a livello nazionale, per cui la Bce prende in considerazione una serie di misure a supporto della propria visione”.

Va ricordato che, per l’appunto, “le pressioni salariali nel 2023 si sono moderate, ma sono rimaste comunque al di sopra del livello coerente con l’obiettivo di inflazione del 2% della Bce”.

Salari euro VS salari Usa, Bce VS Fed: il commento

“Secondo gli ultimi verbali della Bce – ha fatto notare ancora il gestore della divisione di Portfolio Management di TwentyFour Asset Management – “la crescita annuale della retribuzione per dipendente è rallentata al 4,6% nel quarto trimestre rispetto al 5,1% del terzo trimestre, mentre la crescita della retribuzione oraria è passata dal 5% al 4,4%. La componente salari e stipendi dell’indicatore del costo del lavoro è scesa al 3,3% nel quarto trimestre, dal 5,1% del trimestre precedente, mentre la crescita annuale del costo unitario del lavoro è scesa dal 6,5% al 5,8% nello stesso periodo (pur rimanendo elevata, a causa della crescita relativamente debole della produttività). Anche la crescita dei salari negoziati, compresi i pagamenti una tantum, è diminuita dal 4,7% del terzo trimestre al 4,5% di fine anno”.

Curtis ha segnalato che “i dati che abbiamo visto finora per il primo trimestre sono stati contrastanti, con la Germania in particolare che ha mostrato un potenziale rialzo all’inizio dell’anno, anche se il percorso previsto per i salari negoziati dovrebbe attenuarsi al 4,3% a causa di dati più positivi al di fuori della Germania. Anche alcuni indicatori salariali di prospettiva stanno mostrando qualche segno di allentamento – la Bce indica tra questi l’Indeed Wage Tracker, che tiene traccia degli annunci di lavoro in tutta Europa. Le prime indicazioni indicano che ad aprile (il primo dato del secondo trimestre che abbiamo visto) si stanno verificando ulteriori segnali di allentamento, con i salari pubblicizzati tedeschi che sono aumentati del 3,39% su base annua, in calo rispetto al 4,65% di inizio anno, e con i salari europei complessivi che ad aprile sono rallentati al 3,02%, l’1% in meno rispetto al tasso su base annua della fine dell’anno scorso”.

Il quadro dovrebbe così secondo Curtis “mantenere la Bce cautamente ottimista sul percorso dell’inflazione dei servizi nel corso dell’anno, anche se, per ammissione della stessa banca centrale, quest’anno la crescita dei salari dovrebbe rimanere al di sopra del livello coerente con il suo obiettivo di inflazione”.

In questa situazione, “la direzione della crescita dei salari nominali sarà quindi fondamentale per capire non tanto quando avverrà il primo taglio (che ormai conosciamo con una certa certezza), ma come sarà il percorso dei tagli in futuro. In un contesto di crescita in miglioramento, basso tasso di disoccupazione e crescita dei salari che si sta lentamente normalizzando, riteniamo che non sia necessario che la Bce effettui tagli aggressivi nel 2024 e che il mercato preveda circa 3 tagli per quest’anno”.

Tra l’altro, se è vero che “la presidente Lagarde ha parlato di indipendenza della Bce nella conferenza stampa del mese scorso, le discussioni successive di molti membri del Consiglio direttivo hanno evidenziato una certa cautela nell’anticipare troppo la Fed una volta iniziato il ciclo di tagli” e “ciò dipenderà ovviamente dall’entità delle divergenze dei dati nei prossimi trimestri, ma in pratica significa che la differenza di spread tra Stati Uniti ed Europa nella determinazione dei prezzi dei tagli dei tassi per il 2024 sarà limitata. Tuttavia, riteniamo che ci sia spazio per una divergenza rispetto agli attuali livelli di 24 punti base (cioè il mercato sta valutando circa 2,80 tagli da parte della Bce e 1,84 tagli da parte degli Stati Uniti)”.

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