Wall Street: euforia su inflazione Usa e tassi Fed si spegne. E Dimon (JPMorgan) dice attenti
Dow Jones protagonista indiscusso di Wall Street, dopo essere salito al di sopra della soglia di 40.000 punti per la prima volta nella storia.
Durante la giornata di contrattazioni di ieri, l’indice dei titoli industriali è scattato fino 40.051,05 punti, forte di un mercato toro che è iniziato nell’ottobre del 2022 e che ha visto i tre principali listini azionari Usa segnare ripetutamente nuovi record negli ultimi mesi.
Wall Street: Dow Jones oltre quota 40.000, ma il record dura poco
L’entusiasmo per i nuovi massimi del Dow Jones oltre quota 40.000 ha avuto tuttavia vita breve.
Wall Street ha fatto infatti dietrofront, azzerando i guadagni incassati nelle ore precedenti.
Risultato:
il Dow Jones ha terminato la giornata di contrattazioni in flessione di 38,62 punti o dello 0,1%, a quota 39.869,38 punti, mentre lo S&P 500 ha perso lo 0,21%, a quota 5.297,10 punti.
Giù anche il Nasdaq Composite, in ritirata dello 0,26%, a 16.698,32 punti.
Quell’euforia scatenata due giorni fa dalla pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo Usa CPI, tra i principali termometri dell’inflazione e grande market mover di questa settimana atteso con trepidazione dall’azionario globale, è così durata il tempo di un giorno.
Ieri, a Wall Street è tornata la cautela dopo che nell’Inflation Day di mercoledì 15 maggio, tutti e tre gli indici Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq Composite avevano riportato guadagni importanti, volando a nuovi valori massimi e confermando una fase di buy che continua ad andare avanti dall’inizio dell’anno.
Di fatto, YTD lo S&P 500 ha chiuso a valori record per ben 23 volte, mentre nuovi massimi sono stati archiviati dal Dow Jones per ben 18 volte.
Sono state inoltre otto le volte in cui il Nasdaq ha chiuso nel 2024 a nuovi valori record.
Nuovo attenti sull’inflazione Usa da tre esponenti Fed
In una fase in cui Wall Street si conferma tuttavia ostaggio dell’inflazione Usa e delle speranze sulla possibilità che la Federal Reserve guidata da Jerome Powell tagli finalmente i tassi, la domanda è se le scommesse dei mercati abbiano fondamenta per trovare riscontro nella realtà dei fatti.
Il dubbio che Wall Street sia tornata nella sessione di mercoledì a scommettere sull’arrivo di più sforbiciate ai tassi da parte della Fed di quelle che verranno annunciate è stato alimentato ieri dalle dichiarazioni rilasciate da tre funzionari della banca centrale americana.
Tutti e tre, per la precisione la presidente della Fed di Cleveland Loretta Mester, il presidente della Fed di New York John Williams e il presidente della Fed di Richmond Thomas Barkin, parlando in discorsi separati, hanno affermato che, a loro avviso, l’inflazione degli Stati Uniti potrebbe impiegare più tempo per raggiungere l’ambito target del 2% fissato dalla banca centrale americana.
E’ stato dunque l’ennesimo bagno di realtà, ieri, a portare gli indici azionari Usa a chiudere in lieve ribasso nel finale.
Ancora una volta a decidere la direzione di Wall Street sono state così le aspettative dei mercati sulle prossime mosse della Fed e la rinnovata consapevolezza che Jerome Powell potrebbe decidere di non lasciarsi incantare soltanto da un dato sull’inflazione Usa che, dopotutto, pur non contenente sorprese negative, non è stato neanche sufficiente a far rientrare del tutto i timori legati a un trend dei prezzi ancora troppo forte.
E così, dopo le dichiarazioni dei tre esponenti della Fed, i futures sui fed funds, che dopo la diffusione del CPI Usa avevano prezzato due tagli dei tassi Usa nel 2024, ieri sono tornati a prezzare soltanto una riduzione del costo del denaro.
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Dimon avverte Wall Street: troppo ottimismo su inflazione e tassi
Non hanno poi certo aiutato le dichiarazioni rilasciate da Jamie Dimon, numero uno di JPMorgan, la banca più grande degli Stati Uniti, che ha praticamente detto ai microfoni di Bloomberg TV che l’inflazione Usa è molto più persistente di quanto gli americani pensino.
Secondo l’AD del colosso finanziario Usa i mercati sarebbero troppo ottimisti sul trend dell’inflazione, dei tassi e della stessa economia americana.
In occasione della conferenza JPMorgan Global Markets Jamie Dimon ha detto di ritenere che “l’inflazione potrebbe non andare via nel modo in cui la gente si aspetta che avvenga” e che “ci sono molte forze inflazionistiche di fronte a noi che potrebbero portare l’inflazione a essere un po’ più alta di quanto previsto”.
Tra queste, la transizione green e le tensioni geopolitiche, così come l’aumento delle tensioni commerciali e le spese fiscali eccessive.
Di conseguenza, Dimon ha avvertito che le probabilità che la politica monetaria della Fed rimanga invariata – e che i tassi vengano dunque lasciati fermi al range attuale, compreso tra il 5,25% e il 5,5% – sono più alte rispetto a quanto la maggior parte dei cittadini e Wall Street stessa stiano al momento stimando.
Hanno accolto senza grandi aspettative i numeri relativi all’inflazione Usa diffusi questa settimana anche gli analisti di Bank of America, che hanno scritto in una nota di continuare a prevedere che il primo taglio dei tassi da parte della Fed arriverà a dicembre.
D’altronde, hanno fatto notare gli esperti di BofA, quell’indice CPI si riferisce “solo a un mese”.
Per la precisione, si legge nella nota di Bank of America, “sebbene il report sia stato sicuramente positivo rispetto a quelli negativi pubblicati all’inizio dell’anno, il trend si riferisce a un solo mese, ragion per cui riteniamo che non si tratti di una novità sufficientemente grande per entusiasmare in modo eccessivo la Fed”.
Inoltre, “noi prevediamo che l’indice PCE core – il parametro preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione – sia salito ad aprile dello 0,23% su base mensile o del 2,8% a ritmo annualizzato, il che significa che l’inflazione è migliorata rispetto al primo trimestre (del 2024), ma è ancora superiore al target del 2% della Fed. Di conseguenza, confermiamo l’outlook di un primo taglio a dicembre”.