Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Fed: nuova batosta inflazione per Powell. Il grande rischio è ormai realtà?

Tassi Fed: nuova batosta inflazione per Powell. Il grande rischio è ormai realtà?

29 Aprile 2024 11:50

Nessun taglio dei tassi sui fed funds Usa da parte della Fed, questa settimana e, chissà, forse per molte altre riunioni ancora.

Alla vigilia della riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale americana guidata da Jerome Powell, le attese sono per tassi che saranno lasciati di nuovo fermi, nella forchetta compresa tra il 5,25% e il 5,5%.

Il Fomc si riunirà domani, martedì 30 aprile, per annunciare la decisione sui tassi dopodomani, mercoledì 1° maggio.

Mossa Fed sempre più lontana, l’altro dato che ha freddato le colombe

Quella grande mossa della Fed, ovvero il primo taglio dei tassi dopo due anni di strette monetarie continue, su cui i mercati avevano scommesso quasi con certezza alla fine del 2023, sembra farsi ancora più lontana.

Il motivo è lo stesso che ha indotto Powell a rimanere con le mani in mano, ripetutamente, in queste prime riunioni del 2024: la crescita dell’inflazione degli Stati Uniti.

L’ultimo bagno di realtà è arrivato venerdì scorso, 26 aprile, con la pubblicazione del parametro preferito dalla Fed per monitorare il trend dei prezzi:

l’indice PCE core, ovvero la componente core dell’indice dei prezzi della spesa per consumi personali, relativo al mese di marzo, salito su base annua del 2,8%, oltre le attese, allo stesso ritmo di quanto avvenuto a febbraio, e al di sopra del rialzo del 2,7% atteso dal consensus.

Incluse le componenti più volatili, rappresentate dai prezzi dei beni energetici e alimentari, il dato PCE ha messo a segno un rialzo del 2,7%, anche in questo caso più delle attese, che erano per un aumento del 2,6%.

Su base mensile, entrambi gli indici sono saliti dello 0,3%, in linea con le stime, e allo stesso ritmo di febbraio.

L’indice PCE è stato pubblicato insieme ai dati relativi alle spese per consumi e redditi personali, che hanno confermato la solidità della propensione a spendere dei consumatori, anche a fronte di prezzi ostinatamente elevati.

Su base mensile, le spese per consumi sono aumentate dello 0,8%, al di sopra del +0,7% stimato e allo stesso ritmo di crescita di febbraio, mentre i redditi personali hanno messo a segno un rialzo dello 0,5%, in linea con le previsioni e oltre il +0,3% del mese precedente.

Il quadro emerso dalla diffusione degli indicatori è stato lo stesso presentato da altri indicatori macroeconomici pubblicati nelle ultime settimane: quello che conferma che i ripetuti rialzi dei tassi lanciati dalla Fed negli ultimi due anni non sono riusciti ancora ad affossare l’andamento dei prezzi negli Usa, e a riportare dunque l’inflazione al target di crescita desiderato dalla Fed, pari al 2%.

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A questo punto, i trader attendono gli altri dati macro previsti per i prossimi giorni, prima del verdetto sui tassi di dopodomani:

mercoledì sarà il turno in particolare del rapporto ADP, ovvero del rapporto occupazionale relativo alla nuove busta paga create nel settore privato, che anticipa il report occupazionale Usa:

quest’ultimo sarà comunicato venerdì prossimo, 3 maggio, quando la Fed avrà già annunciato la propria decisione sui tassi e il presidente Jerome Powell avrà già dato indicazioni al mercato sulla politica monetaria degli States, nella consueta conferenza stampa successiva all’annuncio sul costo del denaro.

Il grande interrogativo: quanti tagli tassi Usa nel 2024?

Le premesse non sono di buon auspicio, come ha fatto notare John Kerschner, Head of US Securitised Products and Portfolio Manager di Janus Henderson, che ha ricordato quanto le aspettative sui tagli imminenti da parte della Fed fossero state elevate fino a qualche mese fa, tanto da indurre i mercati, successivamente, a un repricing significativo:

“L’inizio del 2024 è stato in gran parte all’insegna della rimozione dei tagli anticipati in maniera molto decisa dalla Fed. L’atteggiamento accomodante di Powell alla fine del 2023 si è scontrato con pressioni inflazionistiche significative e con un contesto di crescita statunitense più stabile e resistente”.

E “i recenti dati sull’inflazione, più marcati del previsto, hanno reso i mercati nervosi”, con i tassi (dei Treasury) che “hanno raggiunto i massimi del 2024, mostrando un’estrema volatilità”.

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Il punto “è che la Fed ha bisogno di vedere dati mensili in media tra lo 0,15 e lo 0,2% per raggiungere l’obiettivo dichiarato del 2%, che a questo punto sembra allontanarsi”.

Kerschner non ha stroncato tuttavia le speranze di tagli ai tassi da parte della Fed nel corso del 2024, come qualche economista sta iniziando a fare, e anche da un po’ di settimane.

Secondo il manager di Janus Henderson, infatti, “se i progressi continuano (perchè comunque l’inflazione si sta mostrando per certi versi se non al ribasso, almeno stazionaria) potrebbe essere ragionevole ipotizzare uno o forse 2 tagli nel 2024″.

Tagli tassi Fed: cosa stanno prezzando i mercati

Allo stesso tempo, va ricordato che la scorsa settimana è stato reso noto anche il dato relativo al Pil Usa che, ha fatto notare un commento firmato da Ebury, “ha rappresentato quello che la Federal Reserve non avrebbe voluto vedere”, visto che “oltre a pressioni inflazionistiche sorprendenti, la forte domanda interna è stata compensata da una performance commerciale negativa, segno che la sopravvalutazione del dollaro sta danneggiando la competitività degli Stati Uniti”.

Ebury ha così detto di prevedere che, in questo contesto, “la riunione del FOMC di mercoledì sarà un test difficile per il presidente Powell”.

“Mentre il taglio di giugno è stato di fatto escluso sia dai mercati che dalle comunicazioni della Fed, ci si interrogherà sull’opportunità di eventuali tagli e persino sulla possibilità di un ulteriore inasprimento in vista della ripresa delle pressioni inflazionistiche”:

una prospettiva che è stata avallata dal trend del dollaro Usa, che “ha già messo a segno un forte rialzo”.

Detto questo, secondo la divisione di ricerca della fintech, il dollaro “potrebbe avere difficoltà a rafforzarsi ulteriormente a meno che non si inizino a prezzare veri e propri rialzi, cosa che non ci aspettiamo a meno che l’inflazione non continui a sorprendere al rialzo”.

Vero è che il dato PCE ha illustrato un quadro con alcuni chiari segnali di alert: come quelli arrivati dalla componente dei prezzi dei servizi, schizzati a marzo su base mensile del 4%. I prezzi dei beni alimentari sono balzati invece dell’1,5%, mentre quelli energetici sono aumentati del 2,6%.

Per quanto riguarda il PCE core, Ebury ha sottolineato che il rapporto “ha portato altre cattive notizie ai funzionari della Federal Reserve”, visto che “sia il tasso headline che quello core dell’inflazione sono risultati superiori alle stime degli economisti”:

“Ciò dà ulteriore peso all’argomentazione secondo cui le pressioni inflazionistiche rimangono troppo elevate perché il FOMC inizi a ridurre i tassi, con i mercati dei futures che ora non prevedono alcuna possibilità reale di un taglio almeno fino all’autunno”.

Per gli analisti, tra l’altro, questo “repricing delle aspettative sui tassi” dovrebbe riflettersi nel discorso che il presidente Jerome Powell proferirà dopodomani, dopo l’annuncio sui tassi da parte della Banca centrale Usa:

“Powell probabilmente sottolineerà che la Fed non ha ancora terminato di combattere l’inflazione e che saranno necessarie ulteriori prove di un allentamento delle pressioni sui prezzi prima che la banca possa iniziare a tagliare i tassi. Probabilmente gli verrà anche chiesto se i mercati possono aspettarsi ulteriori rialzi se le pressioni inflazionistiche dovessero persistere. Sebbene non crediamo che si spingerà fino a suggerire che altri rialzi sono in programma, non crediamo nemmeno che escluderà un ulteriore inasprimento, il che potrebbe garantire un ulteriore rialzo del dollaro.”

Tra l’altro, va ricordato che è stata la stessa Fed, in primis, a non escludere il rischio di un nuovo e ulteriore rialzo dei tassi. Una ipotesi ventilata già da un po’ anche da qualche economista.

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