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Pil Giappone scatena paura tassi Bank of Japan. Borsa Tokyo paga buy yen

Pubblicato 11 Marzo 2024 Aggiornato 13 Marzo 2024 13:44

Il Giappone sventa la recessione tecnica e si prepara con la banca centrale Bank of Japan a porre fine all’era dei tassi negativi.

La parola fine potrebbe essere annunciata già tra qualche giorno, al termine della riunione della banca centrale, in calendario il 18-19 marzo. E’ questo lo scenario che la borsa di Tokyo, lo yen e i bond made in Japan stanno prezzando, dopo la pubblicazione della lettura finale del dato relativo al Pil del quarto trimestre del 2023, che ha sconfessato quanto era emerso dai numeri preliminari.

Immediato il rialzo dello yen nei confronti delle principali valute, sulla scia delle scommesse su una Bank of Japan pronta a dire basta ai tassi negativi; un rialzo che non è piaciuto affatto alla borsa di Tokyo.

Risultato: l’indice Nikkei 225 ha chiuso la giornata di contrattazioni in calo del 2,19% a 38.820,49 punti, dopo aver perso nei minimi intraday quasi il 3%, scontando le vendite sui titoli tecnologici, mentre il Topix ha segnato una perdita pari a -2,2% a 2.666,83 punti, dopo essere scivolato anch’esso del 3% circa all’inizio della sessione.

La borsa di Tokyo ha fatto dietrofront non solo a causa del Pil, ma anche dopo l’annuncio della Bank of Japan, che ha reso noto di non avere fatto shopping di ETF giapponesi nella giornata di oggi:

motivo in più, per i trader, per scommettere sulla fine della pacchia dei tassi negativi in Giappone.

Occhio anche alla reazione dei titoli di stato, scesi anch’essi dopo la pubblicazione del Pil: l’effetto è stato il rialzo dei tassi dei bond a 10 anni di 3 punti base, allo 0,760%, record dell’ultimo mese.

Pil Giappone sventa recessione, Bank of Japan verso stop tassi negativi?

Nell’ultimo trimestre del 2023, di fatto, le cose per l’economia del Giappone sono andate meglio rispetto a quanto era stato inizialmente annunciato:

il dato finale relativo al Pil ha ribaltato la lettura preliminare, che aveva indicato una contrazione, nell’ultimo trimestre del 2023, pari a -0,4%, per l’economia del Giappone, dopo la flessione del 3,3% nel corso del terzo trimestre.

Le cose sono andate diversamente:

il prodotto interno lordo giapponese è salito nell’ultimo trimestre del 2023 dello 0,4% su base annua.

Sebbene inferiore alle aspettative di un rialzo dell’1,1%, il dato ha riportato dunque un trend positivo.

Idem su base trimestrale la crescita è stata dello 0,1% rispetto al terzo trimestre del 2023, al di sotto delle stime di un’espansione pari a +0,3% ma, anche in questo caso, meglio rispetto a quanto era emerso con la lettura preliminare dell’indicatore, che aveva messo in evidenza una contrazione pari a -0,1% su base trimestrale, dopo il calo dello 0,8% del terzo trimestre.

Nessuna recessione tecnica, insomma, in Giappone, ovvero nessun secondo trimestre consecutivo di crescita negativa per il Pil:

un’ottima notizia per l’economia made in Japan, meno buona per l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo, reduce da una pioggia di buy che dura da mesi, che lo ha portato a toccare per la prima volta nella storia anche la soglia di 40.000 punti, per poi superarla, qualche giorno fa.

Il rally della borsa di Tokyo è stato fomentato proprio dalle aspettative di una Bank of Japan con le mani legate, incastrata in una politica monetaria ultraespansiva, incentrata sui tassi negativi (-0,1%) da anni, anche a fronte di una crescita dell’inflazione, nel Giappone ossessionato storicamente piuttosto dalla piaga della deflazione.

Nel corso del 2022 e del 2023, la Banca centrale del Giappone si è infatti confermata mosca bianca tra le banche centrali di tutto il mondo, che avevano già iniziato ad alzare i tassi di interesse per cercare di far rientrare la crescita esplosiva dei prezzi, scattata dopo il reopening delle economie dalle ripetute fasi di lockdown da Covid e a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina.

Mentre la Fed di Jerome Powell, la Bce di Christine Lagarde e altre banche centrali come Bank of England iniziavano e continuavano ad alzare i tassi, la Bank of Japan confermava in modo ostinato i tassi negativi al -0,1%, continuando al contempo ad affossare lo yen.

I valori stracciati dello yen nei confronti delle altre valute, soprattutto del dollaro e dell’euro, hanno dato così un assist significativo ai titoli delle aziende giapponesi esportatrici quotati in Borsa, sostenendo l’azionario del Giappone, dunque la borsa di Tokyo.

Basta ricordare il trend riportato nel corso del 2023 dall’indice Nikkei 225: il listino azionario ha concluso l’anno incassando la performance migliore in Asia.

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La corsa della borsa di Tokyo, non si è fermata con la fine dell’anno.

Reduce da un boom superiore a +28%, l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha continuato a sorprendere, superando nelle prime settimane di contrattazioni del 2024 e per la prima volta dal 1990 prima quota 34.000 -, blindata sia da alcuni numeri sull’inflazione in Giappone che dalle dichiarazioni sui tassi rilasciate da alcuni esponenti della Bank of Japan -, poi altre importanti soglie psicologiche, fino a scattare oltre la soglia di 37.000 punti, di nuovo per la prima volta in 34 anni.

La febbre per l’azionario del Giappone è andata avanti, portando l’indice Nikkei 225 a sfondare per la prima volta nella storia anche quota 40.000.

Peccato che poi, agli inizi di marzo, sia arrivato un dato poco confortante sulla crescita dell’inflazione.

Il Nikkei 225 ha bucato di conseguenza la soglia dei 40.000 punti già nei giorni scorsi: oggi, il calo di oltre il 2%, a seguito della pubblicazionedel dato relativo, per l’appunto, al Pil del Giappone.

La notizia del Giappone che, contrariamente a quanto era stato reso noto un mese fa circa, è riuscito a schivare la recessione ha scosso immediatamente i mercati finanziari:

primo effetto, sulla scia delle scommesse degli investitori su una imminente normalizzazione dei tassi di interesse da parte della Bank of Japan guidata dal governatore Kazuo Ueda, è stato il balzo dello yen, che sul mercato del forex ha portato i rapporti USD-JPY ed EUR-JPY a scendere rispettivamente a JPY 146,70 e a JPY 160,43 circa.

In particolare il rapporto dollaro-yen è scivolato fino a quota 146,54, attorno ai minimi delle ultime cinque settimane, a cui si era posizionato venerdì scorso, quando era sceso fino a 146,48.

I rialzi dello yen sono stati alimentati, per l’appunto, dall’intensificarsi delle scommesse dei trader sulla fine della politica dei tassi negativi, in Giappone, già in occasione del prossimo meeting di politica monetaria della banca centrale, in calendario i prossimi 18 e 19 marzo:

una prospettiva, questa, rinfocolata nei giorni scorsi dagli esiti delle continue negoziazioni salariali, che si stanno traducendo, per molte categorie, in un sensibile aumento dei salari.

Era stata proprio la notizia dell’aumento dei salari incassato dal sindacato numero uno in Giappone, in particolare, a portare l’indice Nikkei 225, la scorsa settimana, a bucare quota 40.000.

Borsa Tokyo: non solo tassi negativi Bank of Japan, l’altro market mover

La resilienza della borsa di Tokyo è stata messa  in evidenza da diversi analisti, e non solo per il fattore tassi negativi-Bank of Japan.

In particolare Dina Ting, Head of Global Index Portfolio Management Team, Franklin Templeton Exchange-Traded Fund, ha presentato in una nota l’espansione delle prospettive economiche del Giappone, mettendo in evidenza anche la crescita degli utili della Corporate Japan.

Ting ha fatto notare nello specifico che, tra i mesi di aprile e dicembre del 2023 “gli utili complessivi dei produttori giapponesi quotati in borsa sono cresciuti di oltre il 20% su base annualizzata, grazie agli aumenti dei prezzi e alle vendite sostenute di auto e macchinari favorite dalla solidità dell’economia statunitense”.

Tra le conseguenze, quella riassunta nel trend del FTSE Japan RIC Capped Index, che ha beneficiato di un rally del 5,8% da inizio anno, in “gran parte” grazie al “settore dei beni voluttuari, dove l’automotive è preponderante”.

L’analista ha ricordato che, alla fine di febbraio, “il Nikkei 225 ha superato il picco raggiunto nel 1989 (anno di lancio del Game Boy di Nintendo), permettendo all’azionario giapponese di archiviare una delle migliori performance nell’ambito dei mercati sviluppati”.

I buy sono scattati, ha spiegato, anche a causa dell’ “euforia dei mercati per il ‘punto di svolta’ raggiunto dall’intelligenza artificiale (IA)” e per “il brusco deprezzamento dello yen giapponese”, entrambi elementi che “hanno spinto un numero ancora maggiore di investitori esteri a sostenere i listini giapponesi”.

Ding ha confermato la sua view positiva sulla borsa di Tokyo anche con il fattore chip:

Nonostante le criticità demografiche (che interessano anche altri paesi ad alto reddito), il Giappone beneficia non solo di un contesto di continua crescita degli utili societari, ma anche di una maggiore diversificazione rispetto a mercati incentrati sui semiconduttori, come Taiwan e Corea del Sud, dove il settore informatico rappresenta rispettivamente il 63% e il 33% dei benchmark nazionali”.

Tutto questo, mentre “proprio come i governi di altri paesi, che hanno sottolineato la necessità di potenziare la produzione di chip a livello nazionale, anche i pubblici funzionari giapponesi hanno spinto per riconquistare la leadership nella produzione onshore di chip avanzati”, tanto che “questo mese, con il sostegno di colossi come Sony e Toyota, il maggior produttore di chip di Taiwan ha annunciato piani per espandere la sua attività nella regione meridionale giapponese di Kumamoto, con l’obiettivo di avere una seconda nuova fabbrica operativa nell’area prima del 2028″.

Tra l’altro, “per questa seconda fabbrica il governo giapponese ha stanziato sovvenzioni per circa 4,9 miliardi di dollari, e gli ulteriori contributi pubblici di importo ingente destinati a entrambi gli impianti dovrebbero giovare non solo al settore, ma anche all’occupazione e all’economia locale”.

Detto questo, è stato fatto notare anche, riguardo alla dinamica dei salari, che “gli economisti prevedono che gli aumenti salariali attesi in Giappone nel 2024 saranno più sostanziosi del già incoraggiante incremento del 3,6% registrato lo scorso anno, il più consistente degli ultimi trent’anni”.

Altro particolare: “I leader sindacali giapponesi hanno intensificato le richieste di adeguamenti salariali che superino i livelli dell’anno scorso, e anche il Primo Ministro Fumio Kishida ha sottolineato la necessità di aumenti retributivi di più ampia portata, sostenuti e superiori all’inflazione”. Il che significa che ormai la Bank of Japan ha imboccato la strada per scrivere la parola fine all’era dei tassi negativi.

In ogni caso, anche a fronte della tanto attesa grande svolta di politica monetaria della banca centrale, nella nota “La ripresa dell’azionario giapponese alimenta l’ottimismo degli investitori” l’esperta di Franklin Templeton Exchange-Traded Funds si è mostrata fiduciosa nei confronti delle potenzialità dell’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo.

Niente paura, anche in vista della fine dell’era dei tassi negativi, visto che “per gli investitori intenti a ripensare le loro allocazioni globali riteniamo che gli ETF focalizzati sul Giappone costituiscano un approccio conveniente che vale la pena considerare per ovviare al sottopeso su ‘Japan Inc’“.

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