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Giappone: stop tassi negativi? Con Bank of Japan di Ueda buy yen

18 Dicembre 2023 10:13

E dopo la Fed, la Bce e la Bank of England, toccherà alla Bank of Japan guidata dal governatore Kazuo Ueda ad annunciare, nella giornata di domani martedì 19 dicembre,  il suo ultimo atto del 2023, in un momento in cui sui mercati l’interrogativo è su quando verrà decretata in Giappone la fine dei tassi negativi.

Non subito, stando a quanto hanno indicato le ultime dichiarazioni rilasciate dallo stesso Ueda.

Oggi lo yen torna a essere messo sotto pressione, perdendo terreno sia nei confronti dell’euro che del dollaro Usa.

Giù anche i tassi dei titoli di stato giapponesi JGB, con quelli a 10 anni che scendono di 2 punti base, attorno allo 0,685%, dopo essere saliti nella sessione di venerdì scorso.

Sui mercati prevale la convinzione che sarà necessario attendere ancora un po’ prima di assistere alla grande svolta di politica monetaria della Bank of Japan.

Il rapporto dollaro-yen è in rialzo dello 0,10% circa a quota JPY 142,28, mentre il rapporto euro-yen avanza dello 0,36%, a JPY 155,42.

Bank of Japan: cosa ha detto Ueda al Parlamento e al premier Kishida

L’attenzione continua a essere rivolta alle prossime mosse della Bank of Japan guidata dal governatore Kazuo Ueda che, di recente, ha scosso il mercato del forex, scatenando i buy sullo yen, con dichiarazioni non proprio dovish.

Agli inizi di dicembre, nel far riferimento alla possibile fine della politica monetaria del Giappone incentrata sui tassi negativi, il governatore Kazuo Ueda, in audizione al Parlamento giapponese e in occasione di un incontro con il primo ministro Fumio Kishida, ha sottolineato che “ci sono diverse opzioni”.

“Ma – ha continuato il numero uno della BoJ – non abbiamo preso nessuna decisione riguardo al target dei tassi di interesse a cui potremmo puntare, una volta che porremo fine alla politica dei tassi negativi”.

“Se manterremo i tassi a breve a zero o li alzeremo allo 0,1%, e a quale velocità li porteremo poi allo 0,25% o allo 0,50%, dipenderà dalle condizioni economiche e finanziarie di quel momento”, ha detto  Ueda.

Nei mercati abituati all’enorme quantità di moneta stampata, il solo riferimento alla fine della politica monetaria ultra espansiva lanciata dalla BoJ ha scosso i nervi degli operatori, che hanno scaricato senza tanti problemi le azioni scambiate alla borsa di Tokyo, accumulando posizioni sullo yen.

Nell’incontro con il premier Kishida, il numero uno della Bank of Japan ha assicurato inoltre che monitorerà attentamente la solidità della domanda domestica e l’outlook dei salari dell’anno prossimo per orientare le proprie decisioni di politica monetaria.

Detto questo, Ueda ha avvertito anche che la crescita dell’inflazione, in Giappone, non è ancora tale da poter essere considerata sostenibile, fattore che ha blindato le aspettative di un nulla di fatto, almeno in occasione di questo ultimo meeting del 2023.

Tassi negativi Giappone: vicini alla fine di un’era?

La politica dei tassi negativi, che ha continuato a permanere in questo ultimo anno in cui la crescita dell’inflazione non ha risparmiato neanche il Giappone, è vicina ormai al capolinea?

Della svolta della Bank of Japan si parla da parecchio, almeno dalla fine del mandato di quello che potrebbe essere considerato alla stregua dell’ “ultimo samurai dovish”, ovvero dell’ex governatore della banca centrale del Giappone, Haruhiko Kuroda.

E’ stato sotto la sua guida che la Bank of Japan ha inaugurato quella politica di tassi di interesse al di sotto dello zero, dunque di tassi negativi, che continua tuttora a caratterizzare il Giappone.

I tassi principali di riferimento rimangono inchiodati infatti al -0,1%.

La politica dei tassi negativi ha visto la luce nel febbraio del 2016, quando la banca centrale ha iniziato ad aumentare in modo massiccio l’offerta di moneta attraverso l’acquisto di titoli di stato giapponesi (JGB) di lungo termine.

In precedenza, la BoJ aveva acquistato principalmente titoli di stato di breve termine.

Le speculazioni su una BoJ più hawkish o almeno meno dovish sono scattate proprio con la nomina di Kazuo Ueda a governatore dell’istituzione, noto anche come Ben Bernanke del Giappone.

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Qualche scossone allo yen e ai tassi dei JGB, con la nuova Bank of Japan di Kazuo Ueda, c’è stato.

Alla fine di luglio, Ueda & Co. hanno apportato una modifica alla politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC) della Bank of Japan, dopo la sorpresa piombata sui mercati già negli ultimi mesi di Haruhiko Kuroda, con il bis dello shock di Natale.

Con quello shock, Kuroda aveva ampliato il range di oscillazione dei tassi dei titoli di stato del Giappone tollerato dalla BoJ, dalla precedente forchetta compresa tra -0,25% e 0,25% alla nuova banda, compresa tra il -0,5% e il +0,5%.

Con Ueda, la banca centrale andava oltre, annunciando l’acquisto di titoli di Stato giapponesi a 10 anni all’1,0% nelle operazioni a tasso fisso, confermando di essere pronta anche ad andare oltre i paletti tollerati e così decretando, di conseguenza, una vera e propria svolta alla politica del controllo della curva dei rendimenti (YCC).

Qualche settimana dopo, da Ueda arrivavano inoltre dichiarazioni che facevano scommettere di nuovo sulla fine più o meno imminente della politica dei tassi di interesse negativi , innescando una nuova reazione dello yen.

Detto questo lo yen ha continuato a oscillare  al minimo degli ultimi 33 anni in questo 2023, visto che Ueda ha rimarcato più volte la necessità di assistere a una crescita dell’inflazione sostenibile in Giappone, prima di iniziare a rialzare i tassi.

Non per niente, quei tassi negativi continuano a essere una realtà.

Ma ora le cose nel mondo stanno cambiando, con i trader che scommettono sulla fine del ciclo di strette monetarie targate Bce e Fed e sull’inizio imminente di tagli dei tassi. A tal proposito, va ricordato che, la scorsa settimana, a fronte della Fed di Jerome Powell che ha aperto, di fatto, all’opzione dei tagli ai tassi – come emerso chiaramente dal suo dot plot, la Bce di Christine Lagarde ha fatto di tutto per smorzare le speranze delle colombe su un dietrofront della sua politica monetaria restrittiva, almeno per l’inizio del 2024.

In questo contesto, dalla Bank of Japan qualche dichiarazione meno dovish è arrivata invece anche dal numero due della Bank of Japan, Ryozo Himino.

Pur rassicurando i mercati sull’importanza di portare ancora avanti la politica monetaria estremamente accomodante in atto, che proseguirà fino a quando la BoJ non certificherà una crescita dell’inflazione sostenibile accompagnata da un aumento dei salari, Himino si è soffermato giorni fa sui potenziali impatti sull’economia che potrebbero derivare dalla decisione della banca centrale di staccare la spina agli stimoli monetari attuali.

La fine di quella politica lanciata all’inizio del 2016, ha spiegato Himino, se varata in modo appropriato, potrebbe tradursi in un “esito positivo, dal momento che un’ampia gamma di famiglie e aziende beneficerebbe del ciclo virtuoso che si verrebbe a creare tra i salari e i prezzi”.

Ancora una volta, per motivi diametralmente opposti, la BoJ si confermerebbe mosca bianca tra le banche centrali.

Mentre la Fed e la Bce inizierebbero infatti a tagliare i tassi, la Bank of Japan potrebbe infatti porre fine alla politica monetaria incentrata tuttora sui tassi negativi.

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Le scommesse sulla fine dell’era dei tassi negativi in Giappone stanno alimentando anche puntate bullish sullo yen, la valuta giapponese, prevista rimbalzare nel 2024.

Un articolo di Bloomberg ha messo in evidenza che la previsione mediana degli analisti che sono stati interpellati da Bloomberg è di un rafforzamento dello yen, il prossimo anno, che porterà il rapporto dollaro-yen a scendere fino a 135 entro la fine del 2024.

La spiegazione che viene data a fondamento dell’outlook è che, con la Bank of Japan che inizierà ad alzare i tassi, il divario tra i rendimenti degli asset Usa e quelli degli asset del Giappone tenderà ad assottigliarsi.

L’outlook è suffragato anche dal trend dei tassi dei Treasury Usa che, nell’anticipare le prossime mosse della Fed di Jerome Powell sui tassi, sono capitolati di ben 50 punti base nell’arco dell’ultimo mese: qualcosa che non depone sicuramente a favore del dollaro.