Notizie Notizie Italia UniCredit, Mps, Intesa, Bper, Banco BPM: il grazie alla Bce, tutti gli utili del 2023

UniCredit, Mps, Intesa, Bper, Banco BPM: il grazie alla Bce, tutti gli utili del 2023

Pubblicato 13 Novembre 2023 Aggiornato 4 Febbraio 2024 10:09

Le banche italiane si apprestano a concludere il 2023 con una crescita boom degli utili, sostenuta dall’effetto dei rialzi dei tassi da parte della Bce di Christine Lagarde.

E’ sempre la FABI, il sindacato dei bancari, a calcolare i profitti incassati dalle principali banche italiane: UniCredit, Intesa SanPaolo, Mps, Bper e Banco BPM, dopo aver presentato un’altra analisi dedicata nello specifico a quanto emerso dalle ultime trimestrali degli istituti di credito.

Il quadro che emerge è di un sistema bancario che ha rafforzato non solo la redditività ma anche i livelli di solidità patrimoniale.

Banche italiane pronte a chiudere il 2023 con utili per oltre 40 miliardi

Banche italiane sempre più solide e più ricche. E’ quanto emerge dall’analisi compilata dalla FABI e diffusa nel fine settimana, successiva all’altro rapporto, firmato sempre dal sindacato, in cui a essere presentato è stato il conto degli utili incassati nel terzo trimestre, insieme al valore delle riserve che le cinque Big hanno deciso di accantonare, invece di pagare la tanto contestata tassa sugli extraprofitti delle banche varata dal governo Meloni.

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Già da quel rapporto erano emerse cifre decisamente alte per i cinque principali istituti di credito italiani. Qualcosa che la FABI aveva messo in evidenza facendo notare con un tono di malcelata critica come per le banche, alla fine, non dovrebbe essere affatto un grande sacrificio, nelle condizioni attuali, alzare gli stipendi dei loro dipendenti.

Nel fine settimana il sindacato è andato oltre, presentando il conto di tutti gli utili che le banche italiane dovrebbero incassare nell’intero 2023.

La crescita degli utili  è stimata in un +70% rispetto ai 25 miliardi di euro di utili del 2022, che dovrebbe portare il valore complessivo dei profitti (il riferimento è sempre alle 5 Big UniCredit, Intesa SanPaolo, Mps-Monte dei Paschi di Siena, Bper e Banco BPM) a superare la cifra di 40 miliardi di euro.

“Si avviano a superare quota 40 miliardi di euro gli utili totali che le banche italiane realizzeranno nel 2023”, si legge nell’analisi della FABI, che fa riferimento ai “brillanti risultati raggiunti nei primi tre trimestri dell’anno, confrontati con quelli dei 12 mesi precedenti”.

Proprio gli utili incassati nei primi tre trimestri hanno permesso di stimare che “i profitti del settore bancario del nostro Paese si attesteranno, complessivamente, attorno a 43 miliardi e 431 milioni. Un risultato che sarebbe superiore di ben 17,2 miliardi (+70%) rispetto ai 25,4 miliardi di utili del 2022 e quasi il triplo se confrontati con il quinquennio precedente: nel 2021 gli utili si erano attestati a 16,4 miliardi, nel 2019 a 15,7 miliardi e nel 2018 a 15,1 miliardi; nel 2020, a causa della pandemia da Covid, il risultato complessivo fu di soli 2 miliardi”.

La FABi rimarca che “il 2023, dunque, sarà ricordato come un anno d’oro per i profitti delle banche italiane e già nei primi nove mesi dell’anno, che ha portato 15,7 miliardi di utili ai primi cinque gruppi, emergono in effetti indicazioni precise e quanto mai positive sulla capacità di generare utili ed essere redditizie”.

Basta far riferimento al boom di utili appena annunciato dalle dirette interessate, che continuano a beneficiare degli ottimi risultati anche a Piazza Affari, come dimostra la sessione odierna del Ftse Mib, sostenuta soprattutto dai titoli del settore.

Oggi, nello specifico, si guarda al boom di buy sul titolo Mps successivo all’ altro annuncio di Fitch – oltre a quello sull’Italia – e, nel caso di UniCredit, alla conferma dello shopping degli asset in Grecia.

Ovviamente, c’è anche il particolare niente affatto trascurabile del fatto che quella minaccia tanto paventata della tassa sugli extraprofitti delle banche è stata sventata.

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L’effetto tassi Bce e il margine di interesse come ‘cuscinetto’ per le banche

La FABI lo scrive chiaro e tondo:

“A favorire la crescita dei profitti sono senza dubbio le decisioni della Banca centrale europea. Se negli ultimi anni il contesto dei tassi di interesse non aveva sostenuto i numeri delle banche, specie in riferimento all’attività tradizionale, infatti, lo stesso non può dirsi per l’anno ancora in corso e, in parte, per il 2022. Gli effetti prodotti sul conto economico delle principali banche italiane sono stati strabilianti e significativi e la stagione dei conti trimestrali lo dimostra nei fatti”.

Vale la pena a tal proposito ricordare come la Bce guidata da Christine Lagarde abbia alzato i tassi principali di riferimento dell’Eurozona per ben 10 volte consecutive fino allo scorso 26 ottobre, quando ha deciso di lasciare i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%

Occhio anche alle ultime dichiarazioni della presidente della Bce Lagarde che potrebbero anticipare una svolta della politica monetaria dell’Eurozona.

Detto questo per la FABI, “a soli tre mesi dalla fine del 2023, le banche sembrano essere già ben equipaggiate per affrontare la fase finale di chiusura dei conti ed utilizzare la leva del margine di interesse come ‘cuscinetto’ per il possibile rallentamento dell’economia atteso per il 2024″.

E ancora, se si tiene in considerazione anche “il miglioramento degli indici patrimoniali e dei livelli di liquidità, il 2023 sarà un anno da incorniciare e il prossimo biennio, stando anche alle indicazioni contenute nei documenti delle principali banche, porterà a risultati analoghi se non migliori”.

E ancora, per dare una idea degli utili ghiotti incassati dalle banche italiane, scrive la FABI, “va detto, inoltre, che con 15,7 miliardi di profitti, i primi cinque gruppi, nei primi nove mesi di quest’anno, hanno eguagliato il dato dell’intero sistema del 2019 e superato quello del 2018 (15,1 miliardi)”.

Tornando al capitolo della tassa sugli extraprofitti, dalla FABI è arrivata la conferma della minaccia sventata.

“Per quanto riguarda la tassa sugli extra-profitti introdotta recentemente dal governo, tutte le banche, compresi i primi cinque gruppi oggetto dell’analisi, hanno optato per l’accantonamento a riserva non distribuibile pari a 2,5 volte l’importo teorico del prelievo fiscale: per le prime cinque banche si tratta di 4,2 miliardi per il 2023. Si tratta di una facoltà esplicitamente prevista da un emendamento al decreto legge 104 del 2023 che ha spinto gli istituti di credito del Paese a rafforzare il proprio patrimonio, evitando, così, il versamento dell’imposta straordinaria. Una strada grazie alla quale, le banche hanno probabilmente anticipato rafforzamenti patrimoniali che, in prospettiva, alla luce del probabile deteriorarsi del credito, potrebbero essere suggeriti o imposti dalle autorità di supervisione e vigilanza”.

Così il segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni:

“Le nostre previsioni confermano che il settore bancario italiano sta attraversando una fase straordinaria: gli utili raggiungono livelli record e questi risultati sono anche frutto dell’impegno quotidiano di chi lavora in banca. Le richieste avanzate da tutti i sindacati a livello unitario al tavolo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro sono più che legittime. Oltre ai 435 euro di aumento medio mensile dello stipendio compresi gli arretrati del 2023 vogliamo il ripristino pieno della base di calcolo del tfr e l’aumento dei buoni pasto.

Sileoni ha aggiunto che “la trattativa sembra essersi avviata su un percorso positivo: nei prossimi giorni proseguirà il confronto con l’obiettivo di poter chiudere e firmare il prima possibile un nuovo contratto che, come in passato, garantisca e tuteli la categoria, assicurando un futuro positivo e professionalmente importante sia a chi già lavora in banca sia a chi sarà assunto nei prossimi anni”.