Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Fed e inflazione Usa: manca poco ad annuncio Powell. Quando e quanti tagli nel 2024: l’alert della ‘nuova’ colomba

Tassi Fed e inflazione Usa: manca poco ad annuncio Powell. Quando e quanti tagli nel 2024: l’alert della ‘nuova’ colomba

31 Luglio 2024 12:34

E’ arrivato finalmente il Fed Day di luglio: oggi i mercati conosceranno il verdetto sui tassi deciso dalla banca centrale americana guidata dal presidente Jerome Powell.

L’annuncio è atteso per le 20 ora italiana (14 di Washington). Alle 20.30, prenderà il via la conferenza stampa con cui Powell risponderà alle domande dei giornalisti, dando indicazioni sulla direzione futura dei tassi sui fed funds Usa.

Fed: taglio tassi a settembre? Alert dati che smontano certezze

I mercati – e i cittadini Usa – dovranno attendere ancora qualche mese prima che la Federal Reserve tagli i tassi di interesse per la prima volta, dopo la sfilza di strette monetarie lanciata negli ultimi due anni.

La banca centrale americana, così prezzano i mercati con una probabilità che è diventata nelle ultime sessioni praticamente una certezza, deciderà di lasciare infatti i tassi sui fed funds Usa di nuovo fermi, al range compreso tra il 5,25% e il 5,25%, record degli ultimi 23 anni, alla fine della riunione del Fomc, il suo braccio di politica monetaria.

Così come ha già fatto la Bce di Christine Lagarde, è dunque praticamente certo che la Fed manterrà lo status quo sui tassi di interesse, nonostante il via libera a un taglio arrivato in teoria dall’ultimo dato sull’inflazione Usa, reso noto venerdì scorso:  il dato tra l’altro preferito dalla Federal Reserve, ovvero il PCE core index.

Va detto tuttavia che le sorprese, come è emerso oggi dal dato relativo all’inflazione dell’area euro, sono sempre dietro l’angolo, e che il trend dei tassi, sia dell’Eurozona che degli Stati Uniti, è tutto fuorchè certo.

Detto questo, se è vero che ora il secondo taglio della Bce del 2024 – dopo la mini sforciata del 6 giugno scorso – è ora considerato in bilico, dopo il dato di oggi, è altrettanto vero che i mercati continuano a puntare sulla grande svolta (che in realtà sarà molto probabilmente piccola anch’essa) da parte della Fed, nel mese di settembre.

In generale, guardando a tutto il 2024, dai calcoli di LSEG emerge che i mercati dei futures sui tassi scommettono su tagli, negli Stati Uniti, per un valore totale di 68 punti base, a partire dal mese di settembre: si tratta di un forte balzo, rispetto ai tagli di appena 30 punti base che erano stati prezzati prima del meeting del Fomc di giugno.

Entro il giugno del 2025, le attese dei mercati sono di altri tre tagli, ciascuno di 25 punti base, da parte della Fed.

Inflazione Usa: dal PCE core via libera a tagli tassi Fed?

Guardando agli Stati Uniti, la performance dell’indice PCE core non è stata certo ideale, visto che il trend del dato preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione degli Stati Uniti ha messo in evidenza un rialzo superiore alle attese elaborate dal consensus degli analisti.

Vero però che il dato si è confermato in linea con il trend del mese di maggio, confermando la fiducia degli analisti nel processo disinflazionistico, a loro avviso, in corso negli Stati Uniti.

A tal proposito il responsabile della divisione dedicata all’economia Usa di Morningstar, Preston Caldwell, ha fatto notare che, nel corso del secondo trimestre di quest’anno, l’inflazione misurata dal PCE core ha messo a segno una crescita al ritmo annualizzato del 2,3%, rispetto al ritmo pari al 4,5% riportato nel corso del primo trimestre del 2024.

“Dunque, siamo tornati a un contesto di inflazione benigna, a cui avevamo assistito nel semestre del 2023″, prima che i dati di inizio 2024 facessero sorgere diversi dubbi sulla sostenibilità del processo disinflazionistico avviato alla fine dello scorso anno.

Già un altro parametro tra i più importanti per misurare l’inflazione, ovvero l’indice dei prezzi al consumo di giugno, ha dato ottime indicazioni, presentando addirittura un segno meno.

Wall Street ha dunque brindato al dato reso noto venerdì scorso, forte anche di quanto proferito dal presidente della Federal Reserve Jerome Powell  in occasione di un recente discorso all’Economic Club di Washington.

Consiglio: non scommetteteci troppo. Fed cauta come la Bce?

Tuttavia, in attesa dell’annuncio di oggi, gli avvertimenti che consigliano ai trader di non avere aspettative troppo alte non mancano.

Anna Wong, capo economista di Bloomberg Intelligence, ha fatto notare da un lato che “i mercati hanno prezzato a pieno un taglio dei tassi da parte della Fed a settembre”.

Tuttavia, “il grande interrogativo per il meeting del Fomc del 30-31 luglio è il seguente: quanto chiaro sarà il Fomc nel segnalare (questo taglio?)”.

“Noi crediamo – ha aggiunto Wong – che quanto sarà comunicato nel meeting di luglio offrirà solo qualche indizio preliminare su un taglio a settembre, con il presidente della Fed Jerome Powell che parlerà della potenzialità di un taglio, a patto che ‘i dati evolvano in linea con le nostre attese'”.

Insomma, nessuna promessa, come nessuna promessa si è azzardata a fare la collega Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea.

Alert dalla colomba Fed: consenso rischia di non essere unanime

Per quanto riguarda il meeting di oggi, Bloomberg riporta che le scommesse dei mercati su un eventuale taglio sono inferiori al 5%: nessuna sorpresa, dunque, dalla Fed.

Tuttavia, l’articolo “Fed Expected to Hold Rates and Signal September Cut “  ricorda anche che diverse sono state le voci del mondo dell’alta finanza che si sono levate negli ultimi giorni, sostenendo che la Fed avrebbe ragione di ridurre i tassi anche oggi:

tra queste, quelle dell’ex vicepresidente della Fed Alan Blinder, del capo economista Goldman Sachs Jan Hatzius e dell’ex presidente della Fed di New York, William Dudley.

Alcuni economisti hanno detto inoltre di avere qualche dubbio sull’unanimità con cui sarà presa la decisione sui tassi di questo meeting di luglio.

Tra gli esponenti del Fomc c’è infatti la colomba Austan Goolsbee, presidente della Fed di Chicago, che potrebbe decidere di opporsi allo status quo sui tassi, confermandosi il primo membro del braccio di politica monetaria della Fed a opporsi al verdetto della maggioranza, nell’arco degli ultimi due anni e mezzo.

Goolsbee voterà in questa riunione, dopo aver preso le veci della presidente della Fed di Cleveland Loretta Mester, che ha lasciato il Fomc nel mese di giugno.

E sempre Goolsbee ha avvertito in modo chiaro la banca centrale americana con una intervista rilasciata giorni fa.

Se la Fed non taglierà i tassi, ha avvertito il banchiere, l’economia Usa rischierà di deragliare da quel sentiero d’oro “golden path” che sta percorrendo da un po’: quello caratterizzato da una inflazione che è riuscita a scendere a colpi di strette monetarie senza avere come compagna di viaggio una recessione.

Questa situazione sarà a rischio, ha avvertito Goolsbee, se la Fed “continuerà a essere restrittiva come lo è ora”.

Powell con la bocca cucita ma con tanto di ammissione

Per ora Jerome Powell, timoniere della banca centrale Usa, pur tenendo la bocca cucita sul momento in cui la banca centrale potrebbe iniziare a tagliare i tassi Usa, ha fatto una importante ammissione sulla necessità che la restrizione monetaria non finisca per strozzare la crescita – comunque decisamente solida – dell’economia Usa.

Già in precedenza, qualche giorno prima, Powell aveva proferito inoltre una frase che aveva fatto sperare i mercati sull’arrivo di un primo allentamento della restrizione monetaria lanciata dalla Fed durante la sua lotta disperata nel 2022 e nel 2023 contro l’impennata dell’inflazione degli Stati Uniti.

Di conseguenza, se è vero che gli analisti concordano sul fatto che i tassi sui fed funds Usa saranno lasciati invariati in questa imminente riunione del Fomc, mancherebbe ormai davvero poco alla prima sforbiciata della Fed dall’inizio dell’incubo della pandemia Covid, esploso nel marzo del 2020, e alla prima dalle continue strette monetarie degli ultimi due anni.

Il primo rialzo dei tassi Usa è avvenuto il 17 marzo 2022, quando Powell & Co. si sono svegliati troppo tardi di fronte a una inflazione Usa (e nel mondo) già galoppante e fuori controllo:

in tutto, 11 sono stati i rialzi che hanno portato i tassi sui fed funds al valore attuale compreso tra il 5,25% e il 5,5%, poi lasciato invariato per sette volte consecutive dal Fomc, a partire dal luglio del 2023.

Primo taglio tassi previsto a settembre. Quanti in tutto nel 2024?

Ma quanto taglierà in tutto la Fed, nel corso del 2024? E questa narrativa dovish che campeggia da un po’ a Wall Street ha fondamenta davvero solide su cui reggere?

Considerando l’ultimo dot plot annunciato dalla banca centrale americana, quello sfornato in occasione dell’ultima riunione della Fed, per le colombe il quadro è in realtà deludente.

Cosa dice il FedWatcher del Wall Street Journal

Ma occhio al commento clou del FedWatcher del Wall Street Journal Nick Timiraos.

Il commento, sebbene non includa alcuna anticipazione su un possibile taglio dei tassi firmato dalla Fed, sottolinea che Powell dimostrerà oggi di essere pronto a tagliare i tassi a settembre senza dare alcuna garanzia.

Detto questo, “la prontezza ritrovata della Fed a tagliare i tassi riflette tre fattori – ha spiegato Timiraos – notizie migliori sull’inflazione; segnali di raffreddamento del mercato del lavoro; e il ricalcolo dei rischi, da un lato quello che l’inflazione rimanga troppo alta e dall’altro quello di provocare una debolezza economica non necessaria”, e dunque di strozzare il Pil Usa.

C’è poi chi guarda oltre al meeting di settembre.

Gli analisti di Deutsche Bank hanno scritto in una nota di prevedere un primo taglio dei tassi a settembre di 25 punti base a settembre, seguito da un altro taglio di 25 punti base a novembre, da un’altra sforbiciata di 25 punti base a dicembre e da una pausa che dovrebbe durare fino a settembre del 2025.

Bank of America ritiene invece che “i mercati siano tornati a essere troppo ottimisti sul prossimo ciclo di tagli dei tassi” e che di sforbiciate, quest’anno, se ne presenterà soltanto una. Questo perchè la “forte solidità della crescita dell’economia significa che il Fomc può permettersi di aspettare”.

Morgan Stanley è dovish sui tassi come Deutsche Bank, parlando di “progressi significativi dell’inflazione” che, a suo avviso, permetteranno alla Federal Reserve di avvicinarsi al momento di tagliare i tassi. “Morgan Stanley prevede tre tagli questo anno, a partire dal meeting del Fomc di settembre”.

Di fatto gli ultimi dati, secondo la comunità degli analisti e i mercati, avrebbero ammorbidito la posizione della banca centrale americana, consapevole del fatto che agire troppo tardi per tagliare sarebbe troppo rischioso.

Fed: annuncio tassi di luglio un nulla di fatto dovish

E così Greg Wilensky, responsabile della divisione di reddito fisso Usa di Janus Henderson Investors, ritiene che quella di oggi, ovvero la probabile decisione della Fed di lasciare i tassi invariati, sarà un “nulla di fatto dovish”:

Secondo l’esperto Powell segnalerà durante la conferenza stampa successiva alla riunione del Fomc che il primo taglio dei tassi dovrebbe arrivare “piuttosto presto”, dando ragione così alle scommesse dei mercati. Ma, attenzione, sempre a patto che “i dati continuino a evolvere come da attese”.

Wilensky ha ricordato infatti che “ci sono ancora molti dati da vedere tra ora e il meeting di settembre, incluse due letture dell’indice CPI: di conseguenza, non si può essere ancora certi” di un taglio.

Questo fattore, dunque, “potrebbe scatenare la volatilità del mercato, anche se l’asticella per una Fed che non tagli a settembre continua a diventare più alta”.

In ogni caso, Wilensky ha sottolineato che “riteniamo che i dati complessivi di questa settimana (la scorsa per chi legge), in particolare il dato dello 0,18% mensile del PCE core e i segnali di raffreddamento dell’inflazione dei beni rifugio, continuino a rafforzare la nostra opinione che il primo taglio avverrà a settembre”.

Ancora, il gestore di Janus Henderson ha detto che “si prevede che i dati PCE continueranno a sostenere le recenti tendenze del mercato dei titoli di Stato, che prevedono rendimenti più bassi e una curva più ripida”.

Il consiglio, in termini operativi?

Preferiamo concentrare la nostra esposizione alla duration intorno alla scadenza a 5 anni e abbiamo una prospettiva meno costruttiva per la parte lunga della curva”.

“Fiducia crescente, rischi crescenti?”

Dice la sua anche Christian Scherrmann, economista Usa di DWS, nella nota “Anticipazioni del FOMC di luglio: fiducia crescente, rischi crescenti”:

“I dati in arrivo prima della riunione del FOMC di luglio – ha sottolineato Schwerrmann – non potevano essere migliori: i consumi sono rimbalzati a giugno dopo un inizio debole nel secondo trimestre. Nello stesso mese, l’aumento dell’inflazione (CPI), inferiore alle attese, ha soddisfatto sia i consumatori che i banchieri centrali. Nel frattempo, sembra che i mercati del lavoro siano ancora sulla buona strada per un migliore equilibrio”.

E proprio “la solidità dei mercati del lavoro è stata probabilmente la ragione principale per cui i mercati si aspettavano un atterraggio morbido negli ultimi tempi. Il robusto aumento dei redditi ha in parte compensato l’esaurimento dei risparmi in eccesso, sostenendo i consumi ed evitando una recessione nonostante l’aumento dei tassi”.

Tuttavia, ha avvertito Scherrmann, “la solidità del mercato del lavoro potrebbe aver contribuito anche all’inflazione. Ciò è stato probabilmente osservato nel primo trimestre di quest’anno”.

Vero è che “la tendenza deflazionistica in atto nel secondo trimestre potrebbe raccontare una storia diversa”. L’impressione, infatti, è che “sembra che i consumatori, soprattutto in alcune fasce di età e di reddito, stiano perdendo colpi, rendendo più difficile per le imprese aumentare i prezzi. L’accresciuta sensibilità ai prezzi dei consumatori osservata a giugno avvalora questa tesi. Se da un lato la tendenza deflazionistica può aumentare la fiducia dei banchieri centrali nel raggiungimento dell’obiettivo di inflazione, dall’altro sposta l’attenzione sullo slancio economico, espresso dalle condizioni del mercato del lavoro nella funzione di reazione della Federal Reserve”.

In “questo momento”, continua l’economista “abbiamo un po’ di entrambe le cose: una crescente fiducia nel fatto che l’inflazione si stia muovendo nella giusta direzione e un crescente rischio che i tassi di policy possano essere troppo alti, rallentando potenzialmente l’economia più del previsto in prospettiva”.

Di conseguenza, “prevediamo che questo si rifletterà nella prossima riunione del FOMC. Dal punto di vista dei tassi d’interesse reali, la politica monetaria della Fed si è inasprita negli ultimi mesi a causa del raffreddamento dell’inflazione. Anche se la dichiarazione riceverà probabilmente una qualche forma di aggiornamento in questa direzione, non riteniamo che le attuali condizioni del mercato del lavoro siano sufficientemente deboli da giustificare un aggiustamento dei tassi di policy nella prossima riunione. Pertanto, in termini di forward guidance, potrebbe ancora mancare la parola chiave ‘presto'”.

E “questo messaggio – per Schermann – verrà probabilmente trasmesso durante il simposio di Jackson Hole di quest’anno, in agosto, ponendo potenzialmente le basi per un primo taglio dei tassi nel corso dell’anno”.