Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Da inflazione Usa semaforo verde a taglio tassi Fed? Per Powell c’è anche un segno meno

Da inflazione Usa semaforo verde a taglio tassi Fed? Per Powell c’è anche un segno meno

11 Luglio 2024 15:44

E’ stato pubblicato oggi l’atteso report CPI sull’inflazione Usa relativo al mese di giugno.

Il dato principale market mover di questa settimana non solo per Wall Street, attenzionato dalla Fed di Jerome Powell ma anche dalla Bce di Christine Lagarde nel caso dell’Eurozona, ha messo in evidenza una crescita dell’inflazione degli Stati Uniti in discesa, fattore positivo per i mercati.

Immediata è stata così la reazione di Wall Street, con i futures sugli indici S&P 500, Dow Jones e Nasdaq Composite che sono subito balzati dopo la pubblicazione dell’indicatore. Da segnalare i i nuovi valori massimi di chiusura che sono stati testati dai listini S&P 500 e Nasdaq nella sessione della vigilia.

Inflazione Usa: CPI +3%  y/y, segno meno m/m, a minimo da shock Covid

Nel mese di giugno, l’indice dei prezzi al consumo CPI degli Stati Uniti è salito su base annua del 3%, a un ritmo inferiore rispetto al +3,1% atteso dal consensus degli analisti, rallentando rispetto al +3,3% di maggio.

Sorprendente la performance su base mensile, che ha messo in evidenza un calo del CPI pari a -0,1%, rispetto al +0,1% stimato e al +0,1% precedente.

Si è trattato del dietrofront del dato, su base mensile, più forte dal maggio del 2020, nel bel mezzo dello shock della pandemia Covid-19 esplosa nel marzo di quell’anno, ovvero degli ultimi 4 anni.

Inflazione core +3,3% su base annua: ritmo più lento da aprile 2021

La componente core dell’indice dei prezzi al consumo (CPI), ovvero il dato depurato dalle componenti più volatili costituite dai prezzi dei beni energetici e dei beni alimentari, è salita anch’essa al ritmo più debole delle attese, ovvero dello 0,1% su base mensile, meno del +0,2% stimato.

Su base annua la performance del CPI core è stata di un rialzo del 3,3%, a un tasso inferiore rispetto al +3,4% previsto e rispetto al +3,4% di maggio. Il ritmo è stato il più basso dall’aprile del 2021.

In evidenza la forte flessione dei prezzi della benzina, che sono scivolati a giugno del 3,8%, più che compensando l’aumento dello 0,2% che ha interessato sia i prezzi dei beni alimentari che degli shelter, ovvero del costo delle abitazioni negli States.

Proprio i costi legati alle abitazioni Usa si sono confermati in questi ultimi mesi tra le componenti che più di tutte hanno reso persistente il trend rialzista dell’inflazione, vista la loro incidenza sul CPI di circa 1/3.

Ma stavolta anche la componente degli shelter ha fatto dietrofront, in quanto, salendo dello 0,2% su base mensile, ha comunque rallentato il passo rispetto al +0,4% precedente.

Su base annua il trend è stato di un incremento del 5,2%, rispetto al +5,4% di maggio.

I prezzi dei beni alimentari sono saliti invece a giugno dello 0,2% su base mensile, rispetto al +0,1% precedente, e del 2,2% su base annua, rispetto al +2,1% precedente, in questo caso rafforzando il trend.

I prezzi dell’energia sono scesi invece del 2% su base mensile, rispetto al -0,2% precedente, salendo su base annua dell’1%, in decisa ritirata rispetto al +3,7% di maggio.

Da forum Sintra Bce a Congresso Usa: cosa ha detto Powell (Fed)

Proprio negli ultimi due giorni, il presidente della Fed Jerome Powell, in due audizioni al Congresso (ieri alla Camera dei Rappresentanti e l’altro ieri al Senato degli Stati Uniti) ha risposto alle domande dei deputati e dei senatori sul trend dell’inflazione Usa e, di conseguenza, su quella che potrebbe essere la traiettoria dei tassi sui fed funds, che rimangono fermi al record degli ultimi 23 anni dal luglio del 2023, al range compreso tra il 5,25% e il 5,5%.

Come sempre, e così come affermato in occasione del recente forum di Sintra, Powell ha parlato della necessità di disporre di ulteriori dati macroeconomici, prima di cantare vittoria contro la crescita dell’inflazione, ancora lontana dal target del 2% stabilito dalla stessa Banca centrale americana.

Vero è che Powell ha dato tuttavia anche una speranza dovish, o almeno meno hawkish ai mercati, proferendo l’altro ieri una frase che ha rassicurato gli investitori sulla possibilità di un taglio dei tassi a settembre.

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Allo stesso tempo, nessuna concessione è stata fatta alle colombe che, di nuovo, non hanno avuto alcuna indicazione sul timing dell’allentamento della politica monetaria, che negli Usa rimane ancora restrittiva.

Così come la presidente della Bce Christine Lagarde, con cui si è trovato particolarmente in sintonia sul doppio tema inflazione-tassi in occasione del forum di Sintra organizzato dall’Eurotower, Powell non ha voluto fare nessuna promessa ai mercati, che attendono che, dopo il primo taglio dei tassi firmato dall’Eurotower, anche la Fed faccia il grande passo.

Le premesse non sono di buon auspicio, dal momento che, con l’inflazione che rimane tuttora al di sopra del target della Fed pari al 2%, l’ultimo dot plot presentato dalla banca centrale americana indica addirittura soltanto un taglio dei tassi Usa, nel corso del 2024.

Quel dot plot ha alimentato tra l’altro tra gli esperti di mercato anche diversi dubbi sulla reale capacità della Bce di Lagarde di continuare a tagliare i tassi.

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Inflazione Usa e tassi Fed: il commento di Capital Group

Su cosa farà la Fed si è espresso Pramod Atluri, Gestore di portafoglio di Capital Group, nella nota pubblicata oggi “L’andamento dei tassi della Fed rispecchierà il lento calo dell’inflazione”.

“Nonostante l’inflazione elevata e il tasso di riferimento della Federal Reserve più alto degli ultimi 23 anni, l’economia Usa ha mostrato notevole resilienza. I mercati del lavoro sono solidi, la spesa al consumo robusta e i fondamentali aziendali sani – ha ricordato Atluri – Mentre la crescita continua a rallentare, l’economia Usa si è adattata a questo nuovo contesto di tassi, e ci aspettiamo che la crescita rimarrà superiore a un sano 2% nel 2024″.

Proprio “questa resilienza generalizzata ha forzato gli investitori a rivedere le aspettative sui tassi di riferimento della Fed”.

Detto questo, il gestore ha precisato che, “sebbene riteniamo che le prospettive di tagli dei tassi si siano fatte più incerte, la banca centrale sembra propensa a ridurli”. A maggior ragione ora, si potrebbe aggiungere, dopo la pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo di giugno.

Nel fare riferimento a quanto ha detto il presidente della Fed Jerome Powell di recente, Atluri ha sottolineato che il banchiere centrale “ha citato due possibili strade per i tagli dei tassi: un’inattesa debolezza nel mercato del lavoro o un’inflazione stabilmente orientata al 2%”.

Per quanto concerne l’inflazione degli Stati Uniti, questa – ha spiegato il gestore di portafoglio di Capital Group – “è scesa nel 2023 ma si è poi fermata sopra il 3% all’inizio del 2024”, facendo sorgere diversi dubbi sulla sostemibilità del processo disinflazionistico in corso.

Siamo tuttavia ottimisti: gli incrementi di prezzo si avvicineranno al target della Fed entro la fine dell’anno, soprattutto perché i rincari degli affitti – una delle principali ragioni per cui l’indice dei prezzi al consumo core rimane elevato – continuano a migliorare leggermente. Inoltre l’inflazione più elevata che ha caratterizzato alcuni beni e servizi all’inizio dell’anno potrebbe riflettere talune distorsioni degli aggiustamenti stagionali”.

Vero è che “in altre parti del mondo, le aspettative su crescita e inflazione sono più deboli rispetto agli Usa e le banche centrali in generale dovrebbero tagliare i tassi d’interesse più rapidamente”.

Vero però anche che il dato di oggi sembra dare ragione a chi ritiene che anche un taglio dei tassi da parte della Fed sia ormai imminente. Le probabilità di una riduzione in occasione della riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale, rimangono basse, mentre salgono quelle di un taglio a settembre.

Indice CPI Usa, effetti sul forex: crolla cambio dollaro-yen

Così ha intanto commentato l’indice CPI Usa dopo la sua pubblicazione David Pascucci, Analista dei Mercati per XTB, nella nota “Inflazione sotto le stime al 3%. Crolla USDJPY (dollaro-yen)”.

Pascucci ha menzionato da un lato la crescita dell’indice CPI a un ritmo inferiore alle attese, “sinonimo di un’economia in rallentamento” e dall’altro lato “il miglioramento delle richieste di sussidi di disoccupazione”.

I dati sono stati seguiti da “mercati azionari che cercano i massimi mentre sul forex assistiamo finalmente al crollo di UsdJpy che cala di circa 3 figure dai massimi facendo presagire un possibile intervento della BoJ (Bank of Japan)”.

L’esperto si è così espresso, facendo riferimento all’indice CPI:

Finalmente un dato peggio delle stime dal lato inflazione, una tendenza negativa che porta l’inflazione ad un calo dello 0,3% rispetto al dato di partenza che si trovava al 3,3%. Un calo consistente che apre la strada verso il 2% tanto atteso per vedere una serie di tagli dei tassi che potrebbero far ritornare la situazione dell’economia nella normalitá, salvo imprevisti lato disoccupazione”.

“Dal punto di vista degli altri dati come le richieste di sussidi di disoccupazione – ha continuato l’analista – i dati sono in miglioramento rispetto alle ultime uscite che hanno visto un rialzo consistente delle richieste con un tasso di disoccupazione al rialzo”.

“Ricordiamo che il prossimo dato sul tasso di disoccupazione uscirá il 2 agosto e fino a quel momento avremo altri 3 data-release delle richieste di sussidi, quindi c’é ancora tempo per vedere se i dati di oggi sono una anomalia positiva, oppure un rientro fisiologico del dato dovuto alla stagione estiva”, ha fatto notare Pascucci, continuando:

“Al momento la situazione sembra andare verso la direzione del taglio tassi ma mancano ancora delle conferme decisive dal lato occupazionale, il tutto dovrá essere condito dal ribasso consistente dell’inflazione nel corso dei prossimi mesi”.

Tornando al forex, l’analista di XTB ha menzionato per l’appunto il dietrofront del rapporto di cambio dollaro-yen, pubblicando il seguente grafico:

Il ribasso del cambio è stato molto consistente considerando il fatto che si tratta di un dato che viene rilasciato mensilmente e che di fatto non ha mai scatenato movimenti su UsdJpy cosí violenti”.

“Il cambio passa dai 161,70 a 158,30 in qualche minuto, un movimento troppo violento considerando il fatto che si tratta dell’uscita di un dato sull’inflazione a far partire il movimento. Per il momento, il movimento complessivo è di circa 3 figure, un movimento molto simile a quelli visti con la Boj che solitamente hanno un’ampiezza di 5,5 figure. Qualora fosse intervenuta la BoJ (Bank of Japan guidata dal governatore Kazuo Ueda, che quest’anno ha messo la parola fine all’era dei tassi negativi in Giappone) abbiamo davanti a noi ancora 2 figure al ribasso, pertanto si potrebbe arrivare in area 156,20. Attenzione ai possibili sviluppi nel pomeriggio per quanto riguarda questo cambio in quanto é fondamentale per sbloccare il mercato valutario e di riflesso tutti gli altri mercati”.