Tassi Bce e inflazione: Lagarde tra colombe e falchi, l’enigma quanti tagli nel 2024
Un taglio dei tassi in occasione della prossima riunione della Bce di settembre è considerato ormai cosa fatta. E’ quanto scrivono gli analisti di Nomura, in un report che è stato diffuso dopo la pubblicazione, venerdì scorso, del dato relativo all’inflazione dell’area euro.
Gli stessi analisti avevano considerato d’altronde già blindata la prospettiva di una sforbiciata dei tassi il 22 agosto scorso a seguito dell’annuncio, da parte della stessa Banca centrale europea, del rapporto relativo ai salari negoziati.
“L’interrogativo, per i mercati”, sottolinea Nomura, è se sia diventato probabile un altro taglio dei tassi anche a ottobre, in una situazione in cui finora “le sorprese dai dati dell’area euro continuano a essere negative, così come lo sono negli Stati Uniti”.
Bce: inflazione VS recessione. Si aspetta anche dato Usa
E’ ovvio che nuovi dati macro negativi potrebbero supportare in modo significativo “le scommesse di ulteriori tagli” da parte della Bce: così si legge nel rapporto di Nomura, che tuttavia cerca di frenare anche le speculazioni eccessivamente dovish di chi auspica più riduzioni dei tassi, oltre a quello dato ormai quasi per certo in occasione della riunione del Consiglio direttivo dell’Eurotower del prossimo 12 settembre.
Nell’analisi “Euro area: The inflation beast has been slain” della divisione di ricerca della holding finanziaria giapponese, si legge infatti che “crediamo che sia improbabile che i mercati prezzino altri tagli per quest’anno in modo significativo, o che prezzino la probabilità di un taglio dei tassi da parte della Bce di 50 punti base in un meeting imminente, a meno che i numeri relativi al report occupazionale Usa del prossimo 6 settembre non si mostrino deboli in modo significativo. E non è questo il nostro scenario di base”.
L’imminente market mover che investitori e mercati hanno già cerchiato in rosso sui loro calendari, dunque, ovvero la pubblicazione dei nonfarm payrolls di agosto che saranno annunciati nella sessione di venerdì, sarà cruciale secondo Nomura non ‘solo’ per far capire alla Fed di Jerome Powell se debba tagliare i tassi sui fed funds, nel meeting del prossimo 17-18 settembre, di 25 punti o di 50 punti base, ma anche per orientare le prossime decisioni di politica monetaria della Bce di Christine Lagarde. Una Bce che continua tra l’altro a essere spaccata tra chi ritiene che sia arrivata l’ora di agire in modo più significativo per aiutare l’economia dell’Eurozona, e chi lancia ancora un attenti all’inflazione, anche in una situazione in cui l’indice dei prezzi al consumo del blocco è salito al ritmo minimo degli ultimi tre anni.
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Sono state alcune stesse fonti della Bce interpellate dalla Reuters ad aver riportato come, all’interno dell’Eurotower, ci siano ormai due fronti ben definiti:
da un lato le colombe, spaventate dallo spauracchio-rischio di una recessione, dall’altro lato i cosiddetti guardiani dell’inflazione, che si battono per essere certi che, nei prossimi mesi, non si paleseranno nuovi rigurgiti di eventuali fiammate dei prezzi.
Inflazione euro rischia di andare sotto il 2%?
Al centro del dibattito, destinato ad andare avanti, è l’incertezza sull’impatto che la debolezza della crescita del Pil e la possibile recessione produrranno sull’inflazione, che la Bce vuole vedere tornare al suo target del 2% entro la fine del 2025.
C’è anche chi ritiene che un indebolimento dell’economia dell’area euro più accentuato delle attese potrebbe alla fine far scivolare l’inflazione al di sotto del target del 2%.
Il rallentamento dell’occupazione, ha spiegato in particolare una fonte della Bce alla Reuters, si tradurrebbe di fatto in una erosione dei redditi disponibili, dunque dei consumi: “fattore che – ha spiegato la fonte, “indebolirebbe le pressioni sui prezzi più velocemente di quanto stimiamo ora”.
Di conseguenza, “il rischio che l’inflazione torni al di sotto del target è reale“.
Ma falchi Bce citano crescita salari ben oltre il target
Dall’altro lato, i falchi indicano una crescita dei salari in Eurozona che, di per sé, rimane ben al di sopra del target di inflazione del 2%, anticipando una ripresa veloce dei redditi reali che dovrebbe mettere al sicuro l’economia.
E se è vero che l’industria sta soffrendo una crisi profonda, dicono le voci hawkish della Bce, rischiando di portare la Germania in una fase di recessione, questo problema ha più una natura strutturale che attinente alle decisioni di Lagarde.
Le stesse fonti che sono più preoccupate di imbrigliare l’inflazione che di dare impulso alla crescita hanno avvertito che, se l’inflazione dell’Eurozona non riuscisse a tornare all’obiettivo del 2% entro il 2025, la credibilità della Banca centrale europea potrebbe accusare un grave colpo.
Allo stesso tempo, come ha commentato lo strategist di Macquarie Thierry Wizman alla Reuters, “anche se gli Stati Uniti riuscissero a evitare la recessione, l’Europa potrebbe non riuscirci”.
Decisamente non ottimista nei confronti delle condizioni di salute dell’economia dell’Eurozona anche ABN Amro, che ha scritto in una nota di stimare una crescita ancora piuttosto modesta per l’economia del blocco.
“La ripresa dell’economia dell’Eurozona sta facendo fatica ad accelerare il passo. Gli elevati tassi di risparmio lasciano pensare che i consumatori siano meno orientati a spendere quanto guadagnano, specialmente in Francia, in Olanda e in Germania”.
E, anche per quanto riguarda il Pil dell’Italia, le prospettive non sono poi così luminose.
Così ha commentato Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, dopo la pubblicazione del dato relativo all’inflazione dell’area euro, reso noto venerdì scorso:
“Come risulta dai dati preliminari, ad agosto l’inflazione dell’Eurozona è scesa al 2,2%, in linea con le aspettative del consensus e a fronte del 2,6% registrato a luglio. Questo andamento avvalora l’ipotesi che la Bce prenda in considerazione un ulteriore taglio dei tassi a settembre”.
Di fatto “l’inflazione core – che esclude fattori più volatili come il prezzo dell’energia – è diminuita leggermente dal 2,9% al 2,8%, mentre l’inflazione dei servizi ha registrato un aumento modesto, passando dal 4% al 4,2% – ha ricordato Flax – Questa crescita è almeno in parte ascrivibile ai Giochi Olimpici di Parigi, che hanno contribuito all’aumento dei prezzi nel settore dei servizi francese. Inoltre, il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è sceso dal 6,5 al 6,4%. Si tratta di un fattore che l’Eurotower potrebbe prendere in considerazione, data la potenziale rigidità del mercato del lavoro, ma è probabile che i policymaker trarranno rassicurazione dalla minore crescita degli accordi salariali nel secondo trimestre”, e che dunque taglieranno i tassi, almeno a settembre.
Riguardo a quello che accadrà tuttavia da settembre in poi, nelle successive riunioni del Consiglio direttivo della Bce, il tutto rimarrà molto probabilmente avvolto nel mistero, dal momento che è stata la stessa la presidente Christine Lagarde a ripetere più volte che le decisioni di politica monetaria dell’area euro saranno prese di riunione in riunione, senza seguire un percorso predeterminato. E molto, ovviamente, dipenderà anche dalle prossime decisioni che saranno firmate dalla Fed di Jerome Powell.
L’unico taglio dei tassi varato finora dalla Bce di Lagarde dopo la sfilza di rialzi lanciati nel 2022 e nel 2023 risale al 6 giugno scorso.
Nell’ultima riunione di luglio precedente alla pausa estiva, la Bce ha confermato infatti, a dispetto di diversi appelli lanciati di nuovo anche dall’Italia – tornata di recente a far sentire la sua voce – lo status quo.
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