Notizie Notizie Italia Spread BTP-Bund: troppo alto o troppo basso? Tassi e rischio Italia, l’appello alla Bce

Spread BTP-Bund: troppo alto o troppo basso? Tassi e rischio Italia, l’appello alla Bce

6 Ottobre 2023 17:09

Spread BTP-Bund oltre 200 punti base: troppo alto? O, invece, troppo basso? Quale dovrebbe essere lo spread giusto?

In sostanza,  quanto i mercati stanno avendo ‘ragione’ nel prezzare il rischio Italia?

Oggi lo spread a 10 anni tra tassi dei BTP italiani e tassi dei Bund tedeschi ha superato la soglia di 200 punti base, continuando a viaggiare ai livelli record dallo scorso mese di marzo.

Nessun problema per il governo Meloni, che ha già reso noto quella che sarebbe, a suo avviso, la soglia pericolo del differenziale, decisamente più alta dei valori attuali. Secondo il sottosegretario all’Economia Federico Freni, la soglia di guardia dello spread “potrebbe essere il massimo della serie storica toccato negli ultimi 4 anni, quindi 340/350 che è il massimo dal 2018 ad oggi”.

Spread BTP-Bund oltre quota 200 pb. Ma qual è la vera soglia di guardia?

In una fase in cui il bagno di sangue sta colpendo il mercato globale dei bond, in primis quello made in Usa, con i tassi sui Treasuries che sono schizzati fino al record degli ultimi 16 anni, dal 2007, a balzare sono da settimane anche i Bund tedeschi.

Di conseguenza, secondo alcuni analisti, il valore da monitorare per l’Italia non sarebbe tanto quello dello spread BTP-Bund, quanto il trend dei tassi dei BTP a 10 anni che, due giorni fa, sono volati anche oltre la soglia del 5%, per la prima volta in più di un decennio.

Detto questo, che lo spread BTP-Bund stia riflettendo non solo la paura che ha stretto nella morsa il mercato globale dei bond, ma anche il timore di una nuova crisi del debito sovrano in Italia, è chiaro. Così come è chiaro che il successo incassato dalla seconda edizione del BTP Valore non è sufficiente a calmare i nervi degli investitori, soprattutto se si considera l’ansia per il boom della spesa per interessi dell’Italia, l’imminente verdetto di Moody’s sul rating del debito, che rischia di essere bocciato a “junk”, ovvero a spazzatura e il fatto che, oltre alla Bce, anche le banche stanno battendo in ritirata, prendendo le distanze dai BTP.

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Spread BTP-Bund troppo alto o troppo basso? Il tweet di Robin Brooks

Quanto i mercati finanziari stiano scontando in modo giusto fondamentali economici dell’Italia e il reale rischio legato all’enorme debito pubblico del paese è un quesito che assilla tutti. Nella giornata di oggi, lo spread BTP-Bund è tornato a puntare verso l’alto, superando anche la soglia di 200 punti base: il differenziale prosegue la corsa che, a parte qualche parentesi, è scattata a seguito della presentazione da parte del governo Meloni dellla Nadef, Nota di aggiornamento del Def.

Lo stesso governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che si appresta a cedere il suo posto al membro del Comitato esecutivo della Bce, Fabio Panetta, in passato, aveva fatto notare come la speculazione deformasse in determinati casi il valore dello spread.

Nel 2019, per esempio, il numero uno di Palazzo Koch sottolineava nelle Considerazioni finali 2019 come non ci fosse alcuna ragione per uno spread quasi doppio rispetto a quello di paesi come Spagna e Portogallo.

Alla metà di giugno del 2022, il governatore Visco individuava in un valore inferiore ai 150 punti base il livello giusto dello spread:

Le nostre analisi indicano che un livello del differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali di Italia e Germania inferiore a 100 punti base sarebbe giustificato dai fondamentali e comunque certamente non lo sarebbero livelli superiori ai 200 punti”.

Poco dopo la formazione del governo Meloni, a seguito della vittoria del centrodestra alle elezioni politiche italiane del 2022, Visco comunicava che “lo spread BTP-Bund rimaneva “troppo alto”, commentando i primi giorni del governo italiano con “So far so good”, ovvero: “Finora tutto bene”.

Il differenziale, in quel momento, viaggiava attorno ai 217 punti base.

Qualche giorno fa, ormai prossimo a lasciare lo scranno più alto di Bankitalia a Fabio Panetta, Visco è tornato a commentare lo spread.

Stavolta, il governatore di Bankitalia ha commentato la fiammata dello spread BTP-Bund prima verso quota 200, ora anche al di sopra, successiva alla presentazione della Nadef da parte del governo Meloni, definendo la crescita “non il risultato di speculazione contro l’Italia ma di un’attenzione sul fatto di tenere i nostri conti il più possibile in ordine”.

Negli ultimi giorni, alcuni commenti sullo spread BTP-Bund sono arrivati da alcuni esponenti del mondo dell’alta finanza.

A dispetto di chi ha sempre sostenuto, soprattutto in Italia, che lo spread sia troppo alto, alcuni esperti hanno dato ragione alle scosse che hanno colpito i mercati dei titoli di stato dei paesi della periferia dell’area euro, mentre altri sono arrivati a dire che i mercati, in realtà, sarebbero anche fin troppo compiacenti.

Robin Brooks, capo economista @IIF, ovvero dell’Institute of International Finance ed ex capo strategist forex di Goldman Sachs, ha pubblicato lo scorso 3 ottobre un tweet giustificando la reazione dei tassi dei debiti sovrani, non solo di quello dell’Italia.

“La violenza con cui i tassi della periferia (dell’area euro) sono volati ricorda che l’Eurozona ha un grande problema del debito. E non esiste un’analisi sulla sostenibilità del debito che faccia sparire questo problema. In ogni caso, i mercati non credono a queste analisi. E’ arrivato il momento di smetterla di nascondere il problema del debito europeo sotto il tappeto..”

Se Robin Brooks ritiene normale la reazione dei mercati, quasi dovuta, altri economisti guardano all’Italia in modo decisamente più severo.

Tra questi c’è Desmond Lachman, ex vicedirettore presso la divisione di sviluppi politici Policy Development and Review Department del Fondo Monetario Internazionale, che ha già lanciato in passato diversi alert sull’Italia.

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Nell’articolo recente pubblicato su The Hill, dal titolo Is Italy Headed for a Debt Crisis?, Desmond Lahman ha dato una strigliata, oltre che al governo Meloni, agli stessi mercati, ricordando come il loro trend non si sia certo distinto per essere riuscito ad anticipare le crisi economiche che hanno travolto, durante la storia, l’Europa.

“Alla fine del 2009, alla vigilia della crisi del debito sovrano della Grecia, i titoli di stato greci presentavano un rendimento che a mala pena superava quello dei Bund tedeschi. Un anno più tardi, la crisi del debito sovrano della Grecia scuoteva i mercati finanziari americani e del mondo e, alla fine, la Grecia faceva default sul suo debito”, ha scritto Lachman, ricordando come quello ellenico sia stato il default sul debito sovrano più imponente della storia.

Oggi, “a giudicare dalla calma relativa del mercato del debito sovrano italiano, ci si chiede se i mercati stiano commentando un errore simile”.

Se così fosse, quello scatto dello spread BTP-Bund a cui abbiamo assistito in questa ultima settimana successiva alla pubblicazione della Nadef potrebbe essere niente rispetto a quanto potrebbe verificarsi.

L’economia e il mercato dei bond italiani hanno una dimensione pari a 10 volte quella della Grecia.

L’ex funzionario dell’Fmi, ora senior fellow del think tank American Enterprise Institute, si è soffermato nell’articolo sul “deterioramento dei fondamentali del debito dell’Italia” così come anche sulla prospettiva di un aumento del costo di servizio del debito, mettendo in evidenza che, a un valore che si aggira attorno al 145% del Pil, non solo il paese fa fronte a “un debito pubblico più alto di 15 punti percentuali rispetto al Pil di quanto lo fosse nello stesso 2012, anno della crisi dei debiti sovrani”.

Il problema è, secondo Lachman, anche un altro, visto che “grazie alla politica monetaria restrittiva della Banca centrale europea (Bce) lanciata per combattere l’inflazione, i tassi dei BTP a 10 anni sono saliti da un valore inferiore all’1% del 2021 ad attorno al 4,75%” di oggi (e in realtà, come abbiamo visto, i tassi dei BTP a 10 anni sono schizzati anche oltre la soglia del 5%, per la prima volta in un decennio.

L’ex Fmi critica la tassa sugli extraprofitti delle banche. L’appello alla Bce

Considerando il livello attuale dei tassi, per Desdmond Lachman la possibilità che l’Italia possa uscire dal girone infernale del debito è decisamente bassa.

E questo è vero soprattutto se si considera la “crescita economica deludente, dimostrata dal fatto che il reddito pro-capite dell’Italia è cambiato poco rispetto a qualcosa come 15 anni fa. E non aiuta il fatto che l’Italia sia destinata a scivolare in recessione, a causa della politica monetaria restrittiva della Bce”, che ha continuato ad alzare i tassi fino all’ultima riunione del Consiglio direttivo di metà settembre.

Un altro grande cambiamento in peggio che i mercati sembrano ignorare è la transizione della Bce di Christine Lagarde “dalla politica di Quantitative easing a quella di Quantitative Tightening”, fa notare ancora Desmond Lachman, che comporta “la fine di quella politica della Bce basata sull’acquisto della totalità del debito pubblico italiano, come parte importante della sua politica di Quantitative easing”.

Questa fine, a sua volta, “limita anche la probabilità di un acquisto di bond italiani da parte della Bce su larga scala che possa impedire una impennata disordinata dei rendimenti dei bond italiani” (e dunque, anche dello spread). Il che significa anche che “il governo italiano dovrà riuscire a soddisfare tutte le sue necessità di rifinanziamento del debito a tassi di interesse più elevati (come d’altronde sta accadendo)”.

“A offuscare ulteriormente l’outlook sui bond italiani – avverte ancora Lachman – è il comportamento bizzaro del governo italiano di centrodestra guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Questo comportamento è dimostrato dalla tassa sugli extraprofitti delle banche recentemente proposta e da alcune riforme economiche che vanno contro i mercati. In questo modo è difficile che si possa avere fiducia nella capacità del governo italiano di promuovere una crescita economica o di gestire una crisi potenziale dei debiti”.

L’esperto dell’American Enterprise Institute conclude l’articolo avendo cura di precisare che tutto questo non significa, tuttavia, che una crisi del debito italiano sia imminente. Un appello viene lanciato tuttavia alla Bce, reduce da un anno di continui rialzi dei tassi.

Desmond Lachman invita Christine Lagarde a essere “attenta a evitare di esagerare con le sue mosse di politica monetaria (rialzo dei tassi, e forse anche fine PEPP), nel suo intento di riprendere il controllo sull’inflazione”. In ballo c’è molto.

“Una recessione economica e tassi di interesse ancora più alti destinati soltanto a peggiorare i conti pubblici del paese sono l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno”, rimarca l’economista.