Wall Street: tassi Fed metteranno il turbo allo S&P 500? I nuovi target e la rivincita dei non Magnifici 7
I tori continuano a scalpitare a Wall Street, forti degli altri tagli ai tassi che la Fed, secondo le attese, continuerà ad annunciare, dopo la prima maxi sforbiciata di 50 punti base arrivata la scorsa settimana.
E’ solo l’inizio, concordano analisti e investitori, visto che il via libera ad altre riduzioni dei tassi è arrivato anche dall’ultimo dot plot pubblicato dalla banca centrale americana.
E, contrariamente a quanto era stato paventato da alcuni strategist, Wall Street non ha reagito con il panico al maxi taglio annunciato dalla Fed mercoledì scorso, 18 settembre:
il primo taglio in più di quattro anni, dal 2020, e il primo taglio di mezzo punto percentuale, esclusi quelli varati durante la pandemia Covid-10, dal 2008, anno della crisi finanziaria globale.
Dopo l’iniziale nervosismo seguito all’annuncio della Fed, Wall Street ha recepito il messaggio, riportando giovedì scorso un forte rally, che ha consentito agli indici azionari S&P 500 e Dow Jones di segnare nuovi valori record di chiusura.
Ulteriori massimi storici sono stati inanellati da entrambi i listini fino alla sessione di ieri, con il Dow Jones che ormai da qualche giorno ha conquistato la soglia dei 42.000 punti e lo S&P 500 che viaggia oltre quota 5.700, ormai vicino a 6000 punti.
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A Wall Street i tori vedono già lo S&P 500 a quota 6.000
Ed è sui 6.000 punti che i tori stanno scommettendo, di fatto, guardando all’indice benchmark di Wall Street. E’ quanto emerge dall’articolo “The S&P 6,000 calls are starting to feel reasonable: Morning Brief“, che ricorda che ieri lo S&P 500 ha chiuso a un livello record per la 40esima volta dall’inizio del 2024.
A un valore pari a 5.718,57 punti, l’indice viaggia a un valore inferiore rispetto all’obiettivo di 6.000 punti di meno del 5%.
Su quota 6.000 punti per lo S&P 500 hanno iniziato così a puntare già diversi analisti.
Da BMO Capital Markets la previsione più bullish per lo S&P 500
L’articolo ricorda che giovedì scorso Brain Belski, responsabile strategist degli investimenti di BMO Capital Markets, ha rivisto al rialzo il suo target sull’indice di Wall Street da quota 5.600 a 6.100 punti, annunciando la previsione più bullish di tutti gli strategist sull’azionario che sono stati interpellati da Yahoo Finance.
“Così come nella nostra ultima revisione al rialzo di maggio, continuiamo a essere sorpresi dalla forza dei guadagni del mercato, e abbiamo deciso di nuovo che fosse avallato qualcosa di più di un aggiustamento incrementale”.
Ma la cosa più sorprendente della mossa di BMO Capital Markets, è stato fatto notare, è che l’upgrade dell’outlook sullo S&P 500 non è stato accompagnato da un miglioramento, anche, delle previsioni sugli utili il che significa che, seguendo il ragionamento di Belski, se lo S&P 500 dovesse agguantare la soglia di 6.100 punti entro la fine di questo anno, il P/E sarebbe pari a 24,4 volte, ben al di sopra della media a 10 anni, pari a 18 volte.
A quel punto, come farebbe lo S&P 500 a non essere considerato sopravvalutato? Lo strategist ammette, di fatto, che un target price del genere “potrebbe sembrare elevato rispetto ai valori storici”.
E tuttavia, riferendosi al periodo in cui l’economia americana soffrì un soft landing del 1995, lo stesso mette in evidenza che quello fu “un periodo in cui l’indice riuscì a sostenere multipli superiori alle 20 volte per diversi anni”.
Anche le divisioni di ricerca di Evercore e Oppenheimer puntano su uno S&P 500 prossimo a toccare quota 6.000 punti mentre, come si evince dalla tabella, altri strategist sono decisamente più cauti.
Addirittura quelli di JPMorgan stimano per ora un dietrofront dell’indice di Wall Street fino a quota 4.200 punti.
Barclays, Goldman Sachs, Citi e UBS mettono in conto invece un valore poco mosso rispetto a quelli attuali, pari a 5.600 punti, mentre Lori Calvasina, responsabile della strategia sull’azionario Usa di RBC Capital Markets, ha deciso di non spostare il suo prezzo obiettivo, che rimane tuttora pari a 5.700 punti.
In realtà, in una nota ai clienti, Calvasina ha riconosciuto, guardando allo S&P 500, che esisterebbero “rischi al rialzo” per la sua previsione nel caso in cui il Pil Usa si confermasse solido.
Detto questo, la preoccupazione è per alcune variabili non di poco conto, come quella delle elezioni presidenziali.
Basta prendere come esempio, a tal proposito, il commento sfornato di recente dagli analisti di Goldman Sachs.
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Tra i motivi che hanno indotto Calvasina a rimanere cauto anche il sentiment bullish emerso con i dati dell‘American Association of Individual Investors: un sentiment alto in modo sufficiente da essere interpretato come segnale di un mercato che sta “flirtando con una situazione di pericolo”.
Ma non è solo la Fed di Jerome Powell, pronta a tagliare altre volte i tassi prima della fine del 2024, a rendere ottimisti gli strategist più bullish su Wall Street.
La riscossa dei titoli non Magnifici 7
Diversi esperti hanno motivato la loro fiducia in ulteriori rialzi dello S&P 500 anche con la ripresa di quei titoli che non fanno parte del club dei Magnifici 7.
Oltre ai titani-Big Tech Usa Apple, Amazon, Tesla, Meta Platforms, Alphabet-Google, NvidiaNvidia, Microsoft, ci sono altre 493 società non appartenenti al club e quotate sullo S&P 500 che stanno assistendo a una crescita dei loro utili, con una performance che si sta riflettendo anche sulle rispettive azioni.
Se i 10 titoli delle altrettante società più capitalizzate quotate sullo S&P 500 sono scesi dello 0,5% nel periodo compreso tra gli inizi di luglio e il 19 settembre, le 490 azioni restanti sono salite, infatti, del 6,2% mettendo a segno, così come ha fatto notare Belski, la performance migliore relativa in quasi due anni.
Il responsabile strategist degli investimenti di BMO Capital Markets ha sottolineato tra l’altro che sono state ben 339 le azioni scambiate sullo S&P 500 che hanno sovraperformato il listino benchmark dall’inizio del terzo trimestre dell’anno, al ritmo più forte in 22 anni circa.
Un trend che, secondo Belski, è destinato a continuare, e che “dovrebbe aiutare a sostenere i guadagni futuri del mercato, anche nel caso in cui i prezzi e i fondamentali delle azioni dei Magnifici 7 dovessero continuare a decelerare nei prossimi mesi”.
A confermare l’ottimismo di Belski, a questo punto, saranno le novità che emergeranno con l’imminente stagione degli utili, che prenderà il via tra due settimane circa.