Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Bankitalia: il punto su Pil, inflazione, prestiti banche. Ancora effetto tassi Bce

Bankitalia: il punto su Pil, inflazione, prestiti banche. Ancora effetto tassi Bce

17 Aprile 2024 15:20

Pubblicato oggi il secondo bollettino economico del 2024 di Bankitalia. Non solo di Pil, di inflazione, di tensioni geopolitiche che stanno scuotendo il mondo: la Banca d’Italia guidata dal governatore Fabio Panetta ha affrontato come sempre con il suo bollettino diversi temi, inclusi quelli che riguardano direttamente le banche, in un contesto in cui gli effetti della restrizione monetaria lanciata dalla Bce di Christine Lagarde continuano ancora a manifestarsi.

Continua a essere infatti elevato lo scotto che le famiglie, le banche e le imprese continuano a pagare per accedere ai finanziamenti.

E la crescita del Pil continua ad arrancare.

Bankitalia: Pil Italia continua a crescere a ritmi contenuti

Buone notizie non sono mancate.

Bankitalia ha scritto nel bollettino che “l’economia mondiale segna un miglioramento”, precisando però anche quanto emerso dall’ultimo outlook sull’economia mondiale presentato dall’Fmi, ovvero dal World Economic Outlook (WEO): questo miglioramento “è trainato dagli Stati Uniti”. Non certo dall’Europa, si potrebbe aggiungere attingendo alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale.

Basti pensare che, secondo l’Fmi, nel 2025 il Pil dell’Italia farà peggio di tutte le economie del G7.

LEGGI ANCHE

Bce: Lagarde pronta a taglio tassi. Sorpresa Pil euro da Fmi: Italia peggiore del G7 nel 2025

Nel suo bollettino, riferendosi al trend dell’economia italiana, Bankitalia ha ricordato che “nell’ultimo trimestre del 2023” il Pil ha “continuato a crescere, pur se a ritmi contenuti”, facendo notare che “al calo dei consumi si è contrapposto il deciso incremento degli investimenti”.

“Questi ultimi sono aumentati soprattutto nel comparto edile, che ha beneficiato dell’accelerazione dei lavori in vista della riduzione degli incentivi fiscali (ovvero del Superbonus). Secondo nostre stime, la lenta espansione del prodotto è proseguita nei primi mesi dell’anno in corso, con un contributo positivo dei servizi a fronte della perdurante debolezza della manifattura”.

In generale, Bankitalia ha sottolineato che, in base ai suoi “modelli previsivi”, il Pil dell’Italia nel corso del primo trimestre del 2024 “sarebbe lievemente aumentato”.

A fronte di un continuo calo previsto per “la produzione industriale”, “nei servizi gli indicatori anticipatori segnalano un recupero dell’attività”.

Detto questo, “il comparto delle costruzioni avrebbe rallentato a seguito della rimodulazione degli incentivi“, anche se “rimanendo in espansione”, visto che “la produzione è nuovamente cresciuta in gennaio e, secondo le indagini condotte dall’Istat,
l’ammontare dei lavori in corso o ancora da eseguire resta elevato nonostante il calo delle nuove commesse”.

“Dal lato della domanda, la fiacchezza dei consumi si sarebbe accompagnata a un ulteriore lieve incremento degli investimenti”.

Bankitalia ha confermato che la debolezza dell’economia italiana è stata condizionata dal quadro ancora incerto dell’economia europea.

Di fatto, “all’inizio del 2024 il Pil dell’area dell’euro ha continuato a ristagnare per la debolezza dell’industria, a fronte di segnali di recupero nel terziario”.

Ribadito l’outlook sulla crescita del Pil dell’Italia già reso noto il 5 aprile scorso:

le stime sono di un ritmo di espansione pari a +0,6 per cento nel 2024, dell’1,0 nel 2025 e dell’1,2 nel 2026.

Escludendo la correzione per le giornate lavorative, il Pil dell’Italia è atteso in crescita pari allo 0,8 per cento nel 2024, allo 0,9 nel 2025 e all’1,3 nel 2026.

Le previsioni parlano in sostanza di un’espansione che, nel prossimo biennio, “si intensificherebbe”, e di un’inflazione che “dovrebbe rimanere inferiore al 2 per cento”: ottimo presupposto, quest’ultimo, per chi spera nell’arrivo dei tagli dei tassi da parte della Bce.

“Inflazione su valori contenuti”, atteso ulteriore rallentamento nel 2024

I numeri certificano il quadro di rallentamento della dinamica dei prezzi: “Nel primo trimestre l’inflazione al consumo è rimasta su valori contenuti” , mentre “quella di fondo è ulteriormente diminuita per effetto del forte rallentamento dei prezzi dei beni, a fronte di una riduzione meno accentuata della componente dei servizi. Le imprese e le famiglie hanno rivisto al ribasso le loro attese di inflazione, nel breve e nel medio termine. Nonostante le tensioni riguardanti il commercio marittimo nel Mar Rosso, è continuata la discesa dei prezzi dei beni intermedi”

Le attese a questo punto sono di un rallentamento dell’inflazione al consumo “in maniera netta quest’anno”, dal 5,9 per cento nella media del 2023, “all’1,3 per cento”.

Si prevede poi un rialzo moderato dell’inflazione “nel biennio 2025-26”, ma a valori che rimarrebbero “ben al di sotto del 2 per cento”.

“L’inflazione di fondo, ancora sostenuta dalla dinamica dei costi unitari del lavoro, scenderebbe in modo più graduale, a circa il 2 per cento nella media di quest’anno, per ridursi ulteriormente nel prossimo biennio (attorno all’1,7 per cento)”.

Effetto rialzi tassi Bce: costo raccolta banche e credito rimangono elevati

Tra le note stonate, Bankitalia ha sottolineato che nel mese di febbraio di quest’anno il costo della raccolta bancaria e quello del credito alle imprese e alle famiglie sono rimasti elevati, in una situazione in cui i prestiti erogati dalle banche italiane “si sono ridotti, dopo il modesto e temporaneo incremento registrato nello scorcio del 2023”.

Una flessione, ha spiegato Bankitalia, che è stata provocata da un lato dalla “debolezza della domanda di finanziamenti” da parte dei diretti interessati, ovvero da parte delle famiglie e delle imprese, che hanno messo un freno alle loro richieste di credito a causa “dell’alto costo del credito”, ricorrendo anche al “ricorso all’autofinanziamento”.

A condizionare il calo dei prestiti da parte delle banche sono stati anche “i criteri di offerta ancora restrittivi, principalmente per effetto di un’elevata percezione del rischio”.

Nel mettere in evidenza la spina rappresentata dai costi del credito che rimangono ancora elevati, Bankitalia ha aggiunto che nel periodo compreso “tra novembre e febbraio i tassi di interesse sui nuovi prestiti bancari alle imprese sono rimasti elevati, pur registrando un lieve calo (5,3 per cento da 5,6%)”.

In particolare, la “riduzione è stata più marcata per le erogazioni a tasso fisso, che hanno beneficiato di un calo dei tassi a lungo termine privi di rischio, e per quelle sopra il milione di euro, tipicamente erogate a prenditori di maggiore dimensione e meno rischiosi”.

Il costo dei nuovi mutui alle famiglie per l’acquisto di abitazioni è sceso al 3,9 per cento (dal 4,5 in novembre), grazie alla minore onerosità di quelli a tasso fisso”.

Più in generale, “dall’avvio del processo di normalizzazione della politica monetaria, il tasso applicato ai nuovi finanziamenti ha subito un rialzo di 4,1 punti percentuali per le imprese e di 2,5 per i mutui alle famiglie; il costo dei prestiti in essere è salito di 3,8 e di 1,7 punti percentuali per le imprese e le famiglie, rispettivamente”.

Nello spiegare l’effetto che le strette monetarie da parte della Bce hanno avuto sui costi di finanziamento, Bankitalia ha messo in evidenza che “la trasmissione dei rialzi dei tassi ufficiali al costo dei finanziamenti erogati alle società non finanziarie è risultata più marcata di quanto suggerito dalle regolarità storiche”.

L’ennesima prova di come, in un momento in cui gli investitori intravedono un taglio dei tassi di interesse nell’area euro nel mese di giugno, l’impatto della battaglia contro l’inflazione lanciata dalla Bce di Christine Lagarde sia entrato a far parte dei record della storia.

La Bce ha motivato il fenomeno anche con “il maggiore rischio percepito dagli intermediari, in parte generato dai forti e ravvicinati incrementi all’inizio della fase restrittiva”.