Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Fed: Powell alle prese con sberla inflazione Usa. Il brutto sospetto sui tagli

Tassi Fed: Powell alle prese con sberla inflazione Usa. Il brutto sospetto sui tagli

20 Marzo 2024 13:04

E dopo la Bank of Japan tocca alla Fed di Jerome Powell fare l’annuncio sui tassi. Il verdetto è atteso per le 14 ora di New York di oggi, mercoledì 20 marzo 2024, al termine della riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – che ha preso il via nella giornata di ieri.

Seguirà alle 14.30 la consueta conferenza stampa che vedrà il presidente della Banca centrale Usa spiegare la decisione annunciata e rispondere alle domande dei giornalisti.

Tassi Fed: scommesse super dovish stracciate. Primo taglio a fine luglio?

Sui mercati, il nervosismo è evidente: l’inflazione ancora ostinata negli Stati Uniti ha già convinto il consensus degli analisti e i mercati a scommettere sul fatto che, nella giornata di oggi, i tassi sui fed funds Usa saranno lasciati di nuovo invariati, nel range compreso tra il 5,25% e il 5,5%.

A far drizzare le antenne ai trader è però il rischio  che la Fed posticipi ulteriormente quei tagli ai tassi su cui i mercati avevano tanto sperato a partire dalla fine del 2023, quando l’ultimo atto dell’anno aveva scatenato speculazioni ultra dovish sulle mosse future non solo della Fed, ma anche della Bce.

Con quell’ultimo atto del 2023, la Fed aveva fatto la gioia dei mercati, presentando un dot plot che aveva previsto un numero di sforbiciate ai tassi più alto di quanto atteso in precedenza.

Successivamente, con gli inizi del 2024 e l’arrivo di alcuni dati, così come dei ripetuti attenti alle colombe lanciati dallo stesso Jerome Powell, i mercati hanno dovuto rifare i conti, spostando più in avanti le loro aspettative sui tagli.

Gli ultimi dati macro hanno ulteriormente affossato le speranze dovish, fino a far diventare meno probabile perfino un taglio ai tassi nel mese di giugno, outlook prezzato fino a poco fa dai mercati.

Tanto che ora, secondo quanto riportato da un articolo di Reuters, i mercati scommettono su un taglio ai tassi da parte della Fed soltanto in occasione del meeting del Fomc previsto per il 30-31 luglio con una probabilità pari al 40%.

Per un taglio nel mese di giugno, le scommesse – stando a quanto emerge dal FedWatch Tool del CME Group – sono al momento pari ad appena il 55%, in lieve ribasso rispetto all’inizio di questa settimana.

Il dollaro sta parlando una lingua “hawkish” ed è in rialzo nei confronti delle principali valute. D’altronde, ora c’è anche chi avverte che la Fed potrebbe tornare ad alzare i tassi. Nelle ultime ore, indicazioni dal mondo delle banche centrali sono arrivate anche da Christine Lagarde, presidente della Bce (Banca centrale europea).

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Il rapporto euro-dollaro soffre un calo dello 0,21% circa, a quota $1,0841.

Il biglietto verde avanza anche nei confronti della sterlina, con il rapporto GBP-USD in flessione dello 0,21% a quota $1,269.

Focus, soprattutto dopo l’annuncio storico di ieri arrivato dalla Bank of Japan, sul rapporto dollaro-yen.

In questo caso la valuta americana avanza dello 0,57%, a quota JPY 151,71.

Il risultato è che, nonostante la decisione della BoJ di Kazuo Ueda di porre fine alla politica monetaria incentrata in Giappone sui tassi negativi, lo yen viaggia ai minimi degli ultimi quattro mesi.

Inflazione più alta e nessun SOS dall’economia. Che fretta c’è di tagliare?

“Due mesi di dati sull’inflazione più alta (delle attese) sono troppo pochi per decretare che tutto è perduto, ma certo alimentano il rischio che il problema dell’inflazione” sia un problema maggiore e che “abbia senso essere cauti”, ha commentato, interpellato dalla Reuters, Jeremy Schwartz, economista senior per gli Stati Uniti di Nomura Securities.

“Bisogna considerare la possibilità che sia necessario un periodo più lungo di politica (monetaria) restrittiva”, ha aggiunto l’economista.

Reuters mette in rilievo tra l’altro che gli analisti di Nomura fanno parte di una minoranza che si sta facendo più larga, e che comprende analisti che ritengono che, nel dot plot che la Fed presenterà oggi, il numero di tagli ai tassi previsto dagli esponenti del Fomc per il 2024, sarà in media di appena due riduzioni, ciascuna di 25 punti base, rispetto alle tre sforbiciate che erano state previste nel dot plot pubblicato a dicembre.

D’altronde, l’economia Usa non sta lanciando certo un SOS:

“Per ora, la narrativa di un’economia Usa così fragile da non poter sopravvivere senza tassi ultra-bassi è stata smentita e buttata nel cestino della spazzatura della storia”, ha detto John Donaldson, numero uno della divisione di reddito fisso di Haverford Trust, partecipando a un sondaggio lanciato dalla CNBC.

Da questo sondaggio è emerso inoltre quanto paventato dai trader, ovvero che la Fed potrebbe finire con l’annunciare una quantità di tagli ai tassi inferiore rispetto a quanto stimato in precedenza, a causa non solo di una inflazione che rimane più alta delle attese, ma anche di una economia degli Stati Uniti più solida, e sicuramente non in grave difficoltà.

Di fatto, la probabilità media di un soft landing dell’economia Usa stimata dagli economisti e strategist intervistati dalla CNBC è salita al 52%, in rialzo rispetto al 47% del sondaggio di gennaio.

E’ stata inoltre la prima volta dal luglio 2023 che la probabilità di un soft landing ha superato la soglia del 50%.

La probabilità dell’avvento di una recessione nell’arco dei prossimi 12 mesi è scesa invece al 32%, al minimo dal febbraio del 2022, in ribasso rispetto al 39% di gennaio e al 63% di novembre.

Alla Reuters Oscar Munoz, responsabile strategist macro Usa presso TD Securities, ha fatto notare tra l’altro che la Fed può permettersi di “essere paziente”, soprattutto se si considera che, a fronte di un tasso di disoccupazione Usa salito a febbraio al 3,9%, comunque ancora al di sotto di quel livello che la Fed reputa sostenibile nel lungo termine, le aziende americane, nello stesso mese, hanno creato ben 275.000 nuovi posti di lavoro.

Gli economisti interpellati dalla CNBC hanno detto di ritenere tuttora che la Fed taglierà i tassi tre volte, nel corso del 2024, portandoli al 4,6%.

Ma vale la pena ricordare che gli esperti, in generale, non hanno mai scommesso su quei sei tagli su cui avevano puntato invece i mercati.

Sospetto su dot-plot Fed. Solo due tagli ai tassi nel 2024?

Il timore che assilla i mercati è che la Fed di Powell possa stimare per quest’anno appena due tagli ai tassi di interesse, qualcosa che per Muoz di TD Securities confermerebbe che i dati recenti relativi all’inflazione si sono dimostrati, di fatto, un “game changer”.

Ha espresso la stessa preoccupazione alla CNBC Guy LeBas, responsabile della divisione di reddito fisso presso Janney Montgomery Scott, ricordando che “gli ultimi due mesi di dati sull’inflazione lievemente elevati hanno sbattuto la porta in faccia a un taglio dei tassi,…”, il che significa che “c’è una elevata probabilità che il dot plot indichi due (soli) tagli ai tassi nel corso del 2024″.

Vero è che, alla vigilia del grande annuncio, almeno i tassi sui Treasury riportano un trend al ribasso, con quelli decennali che arretrano al 4,285% circa.

Gli ultimi dati macro non hanno però fatto certo il gioco dei mercati.

Venerdì scorso indicazioni poco confortanti sono arrivate con la pubblicazione dell’indice PPI, che a febbraio ha riportato un balzo su base annua pari a + 1,6%, al ritmo più sostenuto dal settembre del 2023.

Su base mensile, la crescita è stata doppia rispetto a quanto atteso e anche doppia rispetto al mese di gennaio, pari a +0,6%.

Escludendo le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari e dei prezzi energetici, il PPI core è salito dello 0,3%, più del +0,2% atteso.

Ancora prima è stato reso noto l’indice dei prezzi al consumo CPI, altro termometro cruciale per monitorare il trend dell’inflazione, avanzato al ritmo del 3,2% , rispetto al 3,1% precedente e al 3,1% atteso dal consensus.

Ancora peggio il CPI core, che è salito su base annua del 3,8%, a un ritmo inferiore rispetto al +3,9% di gennaio ma al di sopra del +3,7% previsto.

I numeri, niente affatto di buon auspicio, sono arrivati tra l’altro nei giorni in cui è stato lo stesso Jerome Powell, nel corso delle sue audizioni al Congresso degli Stati Uniti, a sottolineare che la Banca centrale Usa non è ancora pronta a tagliare i tassi di interesse.