Tassa extraprofitti banche: la Bce boccia (e rimprovera) Meloni
Arriva finalmente il parere della Bce sulla tassa sugli extraprofitti delle banche annunciata dal governo Meloni.
Il giudizio sul prelievo in discussione al Senato, già bocciato ieri dall’Abi, è negativo.
Ma Francoforte non si limita a bocciare il provvedimento che, contenuto nel decreto asset, prevede l’applicazione di un’imposta pari al 40% sugli extraprofitti incassati dalle banche, per consentire al governo italiano di finanziare i tagli delle tasse e aiutare gli italiani alle prese con le rate più care sui mutui.
La Bce lancia anche un monito a Meloni & Co: quello di non utilizzare la tassa per risanare il bilancio.
Il parere della Banca centrale europea, reso noto oggi, mercoledì 13 settembre 2023, porta la firma della presidente dell’istituzione, Christine Lagarde. La stessa Lagarde che rischia di far infuriare, di nuovo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il leader della Lega, vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini. Entrambi si sono più volte scagliati contro la politica monetaria di Francoforte.
La lettera di oggi, tra l’altro, arriva proprio alla vigilia del Bce-Day di domani, giovedì 14 settembre, che vedrà protagonista l’annuncio sui tassi da parte della Bce di Christine Lagarde.
Il timore è che l’Italia di Meloni, in particolare i suoi BTP, vengano penalizzati in ogni caso.
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Meloni, oltre alla bocciatura anche un monito: no a tassa per risanare il bilancio
Nel parere legale sulla tassa sugli extraprofitti si legge che la “Bce ha raccomandato in precedenza che è necessaria una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali di un governo per evitarne l’uso a fini generali di risanamento di bilancio”.
Insomma, il prelievo, avverte l’Eurotower, non venga utilizzato per risanare le casse dello Stato.
La lettera della Bce invita inoltre il governo Meloni alla “cautela”, per impedire che l’imposta una tantum finisca con il mettere in difficoltà le banche, intaccando i loro ratio patrimoniali, e costringendole ad effettuare maggiori accantonamenti.
“Occorre prestare cautela per garantire che l’imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia”, scrive l’Eurotower.
Viene lanciato un alert anche sulle possibili conseguenze che l’imposizione del prelievo avrebbe sulla trasmissione della stessa politica monetaria della Bce:
“Limitare la capacità degli enti creditizi di mantenere posizioni patrimoniali adeguate o di costituire con prudenza accantonamenti nel contesto di una possibile flessione della qualità creditizia potrebbe mettere a repentaglio una regolare trasmissione delle misure di politica monetaria”.
Abi e Bce paventano fuga investitori dalle banche italiane
La bocciatura da parte della Bce si unisce a quella arrivata dall’Abi, l’associazione bancaria italiana.
Ieri, in occasione delle audizioni al Senato dedicate proprio al decreto asset, il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini ha bocciato la proposta, lanciando un avvertimento anche sugli effetti che la sua applicazione avrebbe sul mercato italiano.
“L’introduzione di tale imposta straordinaria ha prodotto un vulnus alla fiducia riposta sul mercato finanziario italiano”, ha detto Sabatini, facendo notare, tra l’altro, che il governo Meloni non ha neanche comunicato la notizia al mondo bancario, laddove ha sottolineato che la comunicazione è avvenuta “senza alcun confronto preventivo anche con l’Abi”.
Il pericolo che gli investitori, sia nazionali che esteri, possano iniziare a tenersi alla larga dalle banche italiane è stato indicato anche dalla Bce:
“L’imposta straordinaria può rendere più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario e finanziamento all’ingrosso, in quanto gli investitori nazionali ed esteri potrebbero avere meno interesse a investire in enti creditizi italiani che hanno prospettive più incerte. Inoltre, l’introduzione di una imposta retroattiva ad hoc aumenta indebitamente l’incertezza sul quadro fiscale, danneggiando la fiducia degli investitori e influenzando potenzialmente anche il costo del finanziamento per le società non finanziarie”.
Ancora, ha sottolineato la Banca centrale europea “la sua natura retroattiva può alimentare la percezione di un quadro fiscale incerto e dar luogo a un ampio contenzioso, creando problemi di incertezza giuridica”.
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La Bce ricorda l’effetto dei rialzi dei tassi su costa raccolta. E c’è anche nodo NPL
La Bce di Christine Lagarde ha riconosciuto le conseguenze positive dei rialzi dei tassi sugli utili delle banche.
Francoforte ha ricordato tuttavia che le strette monetarie si traducono anche in un aumento del costo della raccolta e in una crescita degli NPL, crediti deteriorati:
scenario, quest’ultimo, già paventato dalle stesse banche, visto il deterioramento dei fondamentali dell’economia, che aumenta il rischio di default da parte di chi ha beneficiato dei crediti, ovvero di famiglie e imprese. E che dunque rende più difficoltoso per le banche vedersi rimborsare quei prestiti che hanno erogato.
Così la Bce:
“Un reddito netto da interessi degli enti creditizi più elevato può inizialmente derivare dall’aumento dei tassi di interesse. Ma l’aumento dei tassi di interesse può anche contribuire a un aumento dei costi di finanziamento e ad eventuali perdite sui portafogli di titoli bancari in essere”.
“Inoltre, in una prospettiva di lungo periodo, tassi di interesse più elevati possono incidere negativamente sulla situazione finanziaria dei beneficiari di prestiti, aumentando così il rischio di credito”.
“Tali effetti non sono presi in considerazione nel concepire l’imposta straordinaria, in quanto quest’ultima è calcolata sul margine di interesse netto e non sugli utili netti. È opportuno che tali diversi fattori siano debitamente valutati al fine di garantire che gli enti creditizi rimangano in una posizione favorevole per assorbire potenziali perdite future”, ha ammonito l’Eurotower.
Gli effetti negativi della tassa su cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, fino a ieri, ha rivendicato la paternità, non finiscono qui. La Bce ha precisato infatti che la “natura retroattiva (dell’imposta) può alimentare la percezione di un quadro fiscale incerto e dar luogo a un ampio contenzioso, creando problemi di incertezza giuridica”.
Tra gli alert lanciati dall’Eurotower c’è poi anche quello del pericolo di una “frammentazione del sistema finanziario europeo a causa della natura eterogenea di tali imposte per il settore bancario”.
“Il rischio di una doppia imposizione per gli enti creditizi che operano anche attraverso succursali in altre giurisdizioni in cui si riscuote
ugualmente un’imposta straordinaria può rappresentare – di fatto – un’ulteriore fonte di tale frammentazione”.
Insomma, un vero e proprio pasticcio, quello della tassa sugli extraprofitti, nelle ultime ore sottolineato non solo dalla Bce, ma anche dai banchieri, ergo dall’Abi.
Si intensificano di conseguenza le scommesse sulla revisione della tassa, prospettiva di cui si parla tra l’altro da giorni ed elemento che oggi fa da assist ai titoli delle banche scambiati a Piazza Affari.
Sul Ftse Mib Mps-Monte dei Paschi di Siena si conferma regina di Borsa, con un rialzo dell’1,7% circa. Bene anche Bper +0,73%, mentre Banco BPM riporta un guadagno decisamente più contenuto.
Le due Big del credito UniCredit e Intesa SanPaolo viaggiano in territorio negativo.
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La posizione di Giorgia Meloni
Proprio ieri, in occasione dell’assemblea di Fratelli d’Italia (FdI), la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rimarcato la necessità che la tassa sugli extraprofitti delle banche varata dal governo agli inizi di agosto venga approvata dal Parlamento, a dispetto di quanto messo in evidenza dai tecnici del Senato , che hanno sollevato la questione del rischio di incompatibilità costituzionale del prelievo.
“Io difendo e difenderò quel provvedimento, che non ha un intento punitivo, e che racconta la fine di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. E’ una norma giusta e vi invito a difenderne le finalità nel corso della conversione del decreto legge”, ha detto la premier, nelle stesse ore in cui la possibile incostituzionalità della tassa veniva indicata dall’Abi
“Ingiustificate penalizzazioni del settore bancario determinerebbero una minore capacità di accantonamenti prudenziali, di finanziamento alle imprese e alle famiglie e limiterebbero l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano che, da ultimo, si rifletterebbe sull’intero mondo economico italiano”, ha detto ieri, intervenendo nell’audizione al Senato sul decreto asset, il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini.
Ancora prima, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, Meloni aveva detto che “tassare quel margine è una cosa di buon senso”. Motivo: “non intendo difendere le rendite di posizione”.
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Il punto, ha spiegato ieri Giovanni Sabatini, è che il governo Meloni ha optato per una tassa su qualcosa che non esiste: qualcosa che in queste ultime settimane è stato sottolineato più volte dagli economisti.
“L’imposta straordinaria è stata definita come tassazione di extraprofitti del settore bancario – ha detto Sabatini – Ma l’extra-profitto si riferisce a una situazione specifica, quella in cui un’impresa, godendo di una posizione di monopolio od oligopolio, può fissare il prezzo dei suoi prodotti ricavando un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale”. Qualcosa che per le banche, invece, che sono tra l’altro nell’area euro in forte concorrenza, non esiste.