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Fabio Panetta (Bce): il prossimo governatore di Bankitalia parla di eurobond

Pubblicato 30 Agosto 2023 Aggiornato 5 Settembre 2023 08:32

Eurobond, parla Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce e prossimo governatore di Bankitalia.

Fabio Panetta, prossimo a prendere le redini di Bankitalia al posto del numero uno uscente Ignazio Visco il prossimo 1° novembre, al momento ancora membro del Comitato esecutivo della Bce, riprende la questione mai risolta degli eurobond.

Nell’articolo pubblicato su Politico oggi, mercoledì 30 agosto, poi ripreso dal blog della Bce, “L’Europa deve pensare in grande per costruire la sua unione dei mercati dei capitali”, il prossimo governatore della Banca d’Italia ha lanciato un appello all’Europa tutta, rimarcando la necessità di procedere alla “creazione di un mercato dei capitali integrato a livello europeo, un progetto varato dalla Commissione europea nel 2015 e noto come Unione dei mercati dei capitali (UMC)“.

Panetta ha ricordato “i progressi significativi” che sono stati compiuti dall’Europa nella realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC) , da quando la Commissione Ue ha lanciato il piano di azione nel 2015.

In particolare, l’Ue “ha introdotto norme per sviluppare l’attività di cartolarizzazione dei crediti, al fine di ampliare l’accesso al finanziamento esterno da parte delle imprese”.

Ancora, Bruxelles “ha armonizzato le norme prudenziali relative alle società di investimento e reso meno stringenti le condizioni per l’attività di venture capital, al fine di stimolare l’offerta di capitale di rischio”.

Al momento, “ulteriori misure sono in fase di definizione nell’ambito del piano d’azione UMC 2020, al fine di semplificare le regole per la quotazione in borsa delle società dell’Ue, armonizzare le norme nazionali in materia di insolvenza e modificare la normativa sulla tassazione degli strumenti finanziari, che ancor oggi ostacola gli investimenti transfrontalieri e penalizza il finanziamento azionario rispetto al debito”.

Detto questo, in una situazione in cui “le tensioni geopolitiche e le sfide globali emerse negli anni recenti – prime tra tutte la transizione digitale e il cambiamento climatico – rendono necessario rafforzare la capacità dell’economia europea di fronteggiare shock dirompenti e di investire sul futuro”, Panetta osserva che ” i risultati rimangono insoddisfacenti”.

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Panetta: “in Europa mercato capitali tuttora frammentato”

“Il mercato dei capitali europeo è infatti tuttora frammentato lungo i confini nazionali”, fa notare l’esponente della Bce, che cita quanto emerso da alcune analisi che sono state condotte dalla Bce, ovvero che “in Europa il grado di integrazione finanziaria è attualmente molto inferiore rispetto a prima della crisi finanziaria globale“.

La verità è che “i mercati dei capitali europei sono meno sviluppati di quelli di altre economie avanzate”.

Il banchiere sottolinea che in Eurozona “la capitalizzazione del comparto obbligazionario in rapporto al Pil è pari a un terzo di quella degli Stati Uniti”.

“Inoltre, sebbene il capitale di rischio rappresenti in entrambi i casi la principale fonte di finanziamento delle imprese, nell’area dell’euro le azioni sono prevalentemente non quotate, mentre negli Stati Uniti esse sono per la maggior parte quotate, aprendo le imprese a un più ampio bacino di potenziali investitori (grafico)”.

Eurobond non pervenuto: l’appello dei tre Mr. Bce

Panetta presenta nell’articolo i due “punti critici nel cammino verso una vera e propria UMC”, Unione del mercato dei capitali.

E’ in uno di questi che il prossimo governatore di Bankitalia fa riferimento al dossier degli eurobond: quello che, nel caso specifico dell’Italia, sarebbe una vera manna dal cielo, forse il vero scudo anti-spread salva BTP, il cui lancio è stato auspicato tra l’altro, all’inizio dell’anno, da alcuni stessi guru della Bce.

I tre economisti Tilman Bletzinger, William Greif e Bernd Schwaab hanno lanciato infatti un appello a favore del lancio di un safe asset denominato in euro, spiegando che l’area euro soffre la sua assenza, “soprattutto se si fa un paragone con gli Stati Uniti (..)”.

Nel paper pubblicato all’inizio dell’anno, i tre Mr. Bce hanno scritto chiaro e tondo che “l’assenza di safe asset denominati un euro e la frammentazione del mercato sono problematici“, avvertendo che “entrambi i fattori possono aumentare i rischi di ‘doom loop’ tra banche e debiti sovrani (situazioni in cui i problemi del settore bancario possono contagiare quello dei titoli di stato e viceversa) e i costi di servizio del debito in situazioni negative, portando gli investitori a rifugiarsi negli asset più sicuri (situazioni in cui gli investitori vendono gli asset più rischiosi e acquistano gli asset più sicuri), che aumentano la frammentazione finanziaria”.

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Fabio Panetta: “Un titolo privo di rischio è necessario”

La questione relativa all’emissione di un debito comune europeo, sostanzialmente di un eurobond, è tornata alla ribalta nelle ultime ore grazie all’articolo firmato da Fabio Panetta, che, nell’illustrare gli ostacoli alla realizzazione di un mercato dei capitali unico in Europa, ha sottolineato come il primo sia rappresentato dall’ “assenza di un titolo sovrano privo di rischio emesso su base stabile dall’Ue”.

Il banchiere ha concordato con quanto scritto dai tre economisti della Bce nel loro paper, ricordando che, “storicamente, i mercati dei capitali più avanzati si sono sviluppati attorno a un titolo sovrano”.

Anche Panettam così come i tre economisti, ha fatto il paragone con gli Stati Uniti, dove “il mercato dei capitali si è formato in parallelo con la crescita del mercato dei titoli pubblici emessi dal governo federale”.

Un titolo privo di rischio è necessario per lo sviluppo delle principali attività tipiche di ogni mercato dei capitali sviluppato – ha continuato Panetta – Ad esempio, la possibilità di scambiare un benchmark esente da rischi faciliterebbe la determinazione del prezzo di prodotti finanziari rischiosi, quali le obbligazioni societarie e i derivati, stimolandone lo sviluppo”.

Ancora, che si chiami eurobond o safe asset denominato in euro, un titolo pubblico comune “renderebbe disponibile una forma di garanzia finanziaria utilizzabile in ogni paese e in tutti i segmenti di mercato“, fattore che “renderebbe più agevole l’attività delle controparti centrali (in grado di ridurre i rischi connessi con la negoziazione di attività finanziarie) e faciliterebbe gli scambi collateralizzati di attività bancarie, anche su base transfrontaliera. Consentirebbe agli intermediari sia bancari sia non bancari di diversificare i propri rischi”.

E, anche, il titolo “contribuirebbe ad attrarre investimenti esteri, rafforzando per questa via il ruolo internazionale dell’euro”.

Insomma, “l’emissione su base permanente di un titolo pubblico europeo rappresenterebbe un punto di svolta. L’Ue deve avere una propria capacità fiscale, con la possibilità di far ricorso al mercato dei capitali. Senza di essa la costruzione di un mercato dei capitali europeo funzionale e competitivo risulterebbe assai ardua”.

Unione bancaria completa: altra grande assente in Europa

Un altro punto critico non risolto che impedisce la concretizzazione del piano UMC, ha continuato il prossimo timoniere della Banca d’Italia, è rappresentato dalla “mancanza di un’unione bancaria completa, che costringe le banche europee a operare in uno o pochi mercati nazionali”.

Di fatto, ha affermato Fabio Panetta, “è difficile immaginare una vera e propria UMC senza che i principali attori di mercato – in primo luogo le banche – possano operare liberamente nell’intero mercato europeo” .

Non per niente, di questa frammentazione ha parlato più di una volta il ceo di una delle principali banche europee: Andrea Orcel, amministratore delegato dell’italiana UniCredit.

In particolare lo scorso aprile, nell’affrontare nel corso di un’intervista rilasciata a Bloomberg il tema M&A (merger and acqiisitions, fusioni e acquisizioni), Orcel ha ricordato che le opportunità sono limitate ai confini nazionali, in quanto la mancanza di regole comuni e di libero scambio di liquidità, capitale e risorse umane rende poco conveniente l’espansione oltre tali confini.

Sempre per questo motivo, ha sottolineato Orcel, è difficile parlare di Banking Union o Capital Market Union con le normative attuali.

Il ceo di UniCredit ha così avvertito l’Europa sulla necessità di “andare molto oltre” per competere con le potenze economiche di Stati Uniti e Cina, posizionandosi come il terzo blocco mondiale, profetizzando che, in assenza di una evoluzione delle regole comuni, il continente continuerà a essere caratterizzato da unagrande frammentazione e grande complessità”.

E invece “una Unione dei mercati dei capitali funzionale e competitiva a livello internazionale -ha spiegato Panetta – arricchirebbe la struttura della nostra economia, determinando benefici significativi attraverso tre principali canali”.

  • In primo luogo, una UMC “offrirebbe ai nostri operatori – emittenti, sottoscrittori, intermediari – i servizi di un mercato dei capitali articolato su scala continentale, facilitando una maggiore condivisione dei rischi tra Stati membri“. Eliminando le barriere, l’unione “consentirebbe una migliore diversificazione dei rischi, attenuando gli effetti di shock idiosincratici e conferendo stabilità all’economia”.
  • “La UMC risponderebbe inoltre, affiancandosi ai tradizionali canali bancari, all’esigenza di ampliare le fonti di finanziamento di progetti innovativi, ad esempio nei settori dell’energia e della tecnologia – ha continuato il prossimo governatore di Bankitalia.
  • “Infine, una UMC altamente funzionale agevolerebbe la conduzione della politica monetaria della Banca centrale europea. Essa favorirebbe lo sviluppo di mercati dei capitali liquidi, integrati e dotati di elevato spessore, consentendo una trasmissione tempestiva, fluida e uniforme degli impulsi monetari alle imprese e alle famiglie in tutta l’area dell’euro”.

Tornando agli eurobond, sullo sfondo rimangono i troppi dubbi sull’apertura dei paesi falchi dell’Europa Francia e Germania all’idea di titoli di stato comuni europei.

Durante il periodo tra i più drammatici della pandemia Covid, non rimase inosservato il tweet dell’allora ministro delle finanze olandese, ora ministro degli Esteri Wopke Hoekstra , a seguito di una riunione dell’Eurogruppo:

“L’Olanda è e resta contraria agli eurobond perché aumentano i rischi per l’Europa anziché ridurli”, scrisse tre anni fa Hoekstra.  E questo, “oltre a non essere saggio, non è ragionevole. L’Olanda dovrebbe garantire i debiti contratti da altri. La maggior parte dei paesi dell’area euro sostiene questa linea”.

Va detto che l’Olanda e la Germania, almeno quella di Angela Merkel, si sono sempre opposte all’idea dell’eurobond.

Ai loro occhi, la loro emissione significherebbe di fatto essere costretti ad accollarsi i debiti di quei paesi che, in tutti questi anni, non si sono dotati di uno scudo -magari semplicemente frenando sulla spesa pubblica – per fronteggiare eventuali emergenze ed eventi eccezionali. Quei paesi che, ai loro occhi, hanno sperperato soldi facendo lievitare la spesa, snobbando le regole europee sul debito e sul deficit. Quei paesi che, secondo loro, vedono protagonista soprattutto l’indebitata Italia.