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Bce e tassi post Svb: se Lagarde non arretra

15 Marzo 2023 13:00

Bce: con crac Svb e panico Credit Suisse davvero un altro rialzo di 50 pb?

La Bce di Christine Lagarde avrà cambiato idea sulla direzione da dare ai tassi dell’area euro, dopo il crac di Svb-Silicon Valley Bank e il conseguente panico di un imminente evento stile Lehman Brothers, rinfocolato ora anche da Credit Suisse?

C’è la possibilità che la Banca centrale europea, già messa sull’attenti non solo da diversi esponenti del governo Meloni, ma anche dal mondo delle banche italiane e da alcuni stessi economisti e strategist, faccia un passo indietro rispetto alla direzione considerata anche fin troppo super hawkish sui tassi?

La risposta, per ora, sembra essere no.

BCE: SEGUI LA DIRETTA

Nell’articolo pubblicato su Barron’s da Brian Swift, il titolo dice tutto ECB Set to Raise Rates. Unlike the Fed, the Banking Crisis Won’t Weigh on Its Decision: ovvero, tradotto, “la Bce alzerà i tassi. Diversamente dalla Fed, la crisi bancaria non peserà sulla sua decisione”.

Effetto Credit Suisse, affondano banche italiane: UniCredit e Mps -7%

In arrivo dunque un’altra stretta monetaria anti-inflazione di 50 punti base, dopo quella dello scorso 1° febbraio, quando Christine Lagarde  ha letteralmente snobbato gli appelli dell’Italia, annunciando un rialzo dei tassi dei tre tassi di interesse di riferimento della Bce?

In quell’occasione, l’Eurotower ha alzato i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 3,00%, al 3,25% e al 2,50%, indicando l’intenzione di provvedere a un ennesimo rialzo di 50 punti base nell’imminente riunione del Consiglio direttivo di domani, giovedì 16 marzo.

Piazza Affari boccheggia, con l’indice Ftse Mib in calo di oltre il 3%: nei minimi intraday il listino ha fatto un capitombolo superiore a -3,5%.

UniCredit scivola di oltre -7%, così come riportano scivoloni fino a oltre -6% le altre banche italiane come Intesa SanPaolo, Bper, Banco BPM. Il titolo di Mps Monte dei Paschi di Siena affonda di oltre il 7%.

Tutto questo mentre l’economista Nouriel Roubini non sembra avere alcun dubbio. Così recita un suo post su Twitter:

“Così come ho sottolineato questa mattina, nell’intervista rilasciata a Bloomberg TV, la crisi di Credit Suisse è un ‘momento Lehman’ per i mercati europei e globali. ‘Troppo grande per fallire e troppo grande per essere salvata’. Non è neanche chiaro quali siano le sue varie perdite non realizzate sui suoi strumenti finanziari e altri asset”.

Bce oserà davvero alzare tassi di 50 punti base?

La Bce può davvero permettersi di ignorare un panico del genere?

Negli Stati Uniti, i trader stanno scommettendo ormai su un tasso terminale Usa più basso rispetto al target finale su cui avevano scommesso prima del dramma della banca Svb Silicon Valley Bank, la banca americana più grande a fallire dopo il crac di Washington Mutual del 2008.

Praticamente, si scommette su una Federal Reserve più indulgente sul fronte tassi, sulla scia anche di un’inflazione che continua a frenare.

Nelle ultime sessioni il KO della cosiddetta banca delle start up Svb ha riportato sui mercati il terrore di un potenziale evento simile alla disfatta di Lehman Brothers, innescando il panico a Wall Street e nel mondo.

Ieri, dopo i forti sell off che si sono abbattuti sui titoli delle banche americane – in particolare su quelli delle banche regionali – fino alla sessione di lunedì, il sentiment degli investitori ha mostrato un netto miglioramento.

D’altronde, per diversi analisti il crac di Svb non può essere affatto paragonato a quello di Lehman Brothers, né in termini di importanza che di potenziale contagio ad altre banche.

Per citare l’opinione di Global X, il crollo SVB non rappresenta, di fatto, assolutamente un Cigno nero.

E ieri, in particolare, grazie ai forti buy riscattati a Wall Street, in particolare ai rally soprattutto delle banche regionali – alimentati anche dalla mossa blinda-titoli dei ceo – l’impressione è stata che gli stessi mercati, inizialmente andati in tilt, avessero ridimensionato i propri timori, esplosi durante la fase che aveva accompagnato la fine dei giochi dei Svb (ma anche di Signature Bank).

Detto questo, è fuori di dubbio che l’ansia tassi in un contesto di fiducia inevitabilmente ammaccata dal caso Svb sia presente.

Così come è fuor di dubbio che il panico odierno sul titolo del colosso elvetico Credit Suisse stia portando i trader a rivedere le loro stesse posizioni su cosa farà, domani, la Bce di Lagarde.

Per la prima volta nella sua storia, il titolo Credit Suisse è capitolato sotto la soglia di 2 franchi svizzeri. Dopo essere stato sospeso diverse volte per eccesso di ribasso, le azioni hanno riportato un calo del 24% alle 13.45 ora di Londra, riducendo lievemente il tonfo, che aveva superato a un certo punto il 30%.

Il panico è scattato nel momento in cui il principale azionista della banca elvetica, Saudi National Bank, ha annunciato di non poter sostenere Credit Suisse con ulteriori aiuti finanziari.

Non possiamo, perché andremmo al di sopra del 10%. Si tratta di una questione che attiene alla regolamentazione – ha detto il presidente della banca saudita Ammar Al Khudairy nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia Reuters.

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Lagarde ignorerà sia governo Meloni che Bankitalia e Abi?

La Banca centrale europea, si chiedono gli esperti, è disposta davvero a ignorare non solo gli esponenti del governo Meloni, ma anche lo stesso numero uno di Bankitalia, il governatore Ignazio Visco, che ha detto praticamente basta falchi?

Davvero la Bce ignorerà anche l’ABI, l’associazione bancaria italiana guidata da Antonio Patuelli che, già prima dell’ultima stretta di inizi febbraio, aveva auspicato un ripensamento di Lagarde sui tassi, in un’intervista al Sole 24 Ore?

Francoforte snobberà di conseguenza anche l’appello del Direttore Generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, che ha detto giorni fa, e ben prima dei drammi Svb e Credit Suisse, di sperare che la Bce condividesse “quanto recentemente indicato dal Governatore Visco”, consigliando un “approccio cauto”?

La lista degli appelli a uno stop, o quanto meno a un ripensamento di Lagarde sui tassi, si allunga sempre di più.

Gros-Pietro (Intesa) a La Stampa parla del fattore credibilità Bce

In una intervista rilasciata a La Stampa, nel commentare il panico esploso con il fallimento di Silicon Valley Bank, il presidente di Intesa SanPaolo Gian Maria Gros-Pietro lo ha detto chiaramente.

Rispondendo alla domanda se ci sia il rischio di fare troppo, Gros Pietro ha così risposto:

“Sì, come c’è stato il rischio di fare troppo tardi. Ci si era illusi che l’inflazione fosse temporanea. C’è stata una buona reazione da parte dell’Europa, il tetto ai prezzi dell’energia ha funzionato, il gas è sotto i 50 euro. Questo è un aspetto che la Bce deve considerare con attenzione. Deve agire per dissipare le aspettative che favoriscono l’aumento dei prezzi”.

Gros-Pietro ha ricordato tuttavia che esiste un motivo che potrebbe indurre Christine Lagarde a mantenere il suo mantra anti-inflazione: “la credibilità, che è cruciale per la Bce”.

Il presidente di Intesa SanPaolo ha rimarcato inoltre anche lui l’avvertimento del numero uno della Banca d’Italia, Ignazio Visco.

Ricordo che Ignazio Visco ha detto una cosa fondamentale, alla fine pandemia: l’inflazione era figlia di uno choc di offerta. Questo, non si cura con la politica monetaria, bensì con investimenti mirati, frutto dell’impegno di governi e imprese”.

E qui viene da riprendere anche l’avvertimento che era stato lanciato dall’economista Francesco Giavazzi.

Eppure Sylvain Broyer, responsabile economista della divisione EMEA di S&P Global Ratings non si aspetta un dietrofront di Lagarde, nella giornata di domani. E questo perchè, ricordano dall’agenzia di rating, a prescindere (ma si può prescindere?) dal caso Svb, la Bce deve a suo avviso anche combattere “il problema dell’inflazione (dell’area euro), che sta diventando sempre di più un problema ‘localizzato'”.

Il commento di La Française AM

E quindi amen nonostante l’incubo Credit Suisse?

Così François Rimeu, Senior Strategist, La Française AM, sulle aspettative in vista della riunione della BCE di domani, nella nota:  “Forte slancio dell’inflazione vs. rischio finanziario”.

Rimeu ricorda che “finora era ampiamente previsto che la Banca centrale europea (BCE) avrebbe aumentato i tassi di interesse di 50 punti base (bps) nella prossima riunione; ora ci si chiede se il crollo in corso delle banche regionali statunitensi possa indurle ad adottare un approccio meno restrittivo. Le proiezioni aggiornate mostreranno probabilmente un’inflazione complessiva molto più bassa quest’anno, ma una crescita del PIL più rapida e un’inflazione di fondo più elevata, con un aggiustamento minimo per entrambi nell’orizzonte di medio termine”.

Anche secondo il senior strategist di La Francaise AM, “la Bce aumenterà i tassi di interesse di riferimento di 50 punti base, portando il tasso di deposito al 3,0%, nonostante le attuali turbolenze provenienti dalle banche regionali statunitensi”.

Detto questo, viene puntualizzato che “al momento in cui scriviamo, il mercato non si aspetta più un rialzo di 50 pb da parte della BCE (il prezzo è di 33 pb)”.

E dunque: “riteniamo che la Bce molto probabilmente ‘si atterrà al piano’, ovvero aumenterà i tassi sulla parte molto breve della curva.

Ancora:

La futura guidance sarà probabilmente il più neutrale possibile, mantenendo aperte tutte le opzioni, soprattutto alla luce delle visibili divisioni all’interno del Consiglio direttivo e della situazione delle banche regionali statunitensi. Christine Lagarde sottolineerà che il Consiglio direttivo aggiusterà la sua traiettoria politica in base ai dati in arrivo sull’inflazione, all’evoluzione delle prospettive e alla trasmissione della sua politica monetaria”.

Rimeu sottolinea di non prevedere che “la BCE mantenga la valutazione di febbraio sulle prospettive dell’inflazione, visti gli ultimi forti dati, così come non sono attese novità sul ritmo del Quantitative Tightening.

Sulle nuove previsioni economiche della Bce che saranno annunciate domani:

Ci aspettiamo che indichino una crescita più elevata nel 2023 (dallo 0,5% allo 0,7%) ma un Pil (dell’Eurozona) più basso nel 2024 (dall’1,9% all’1,5%). Per il 2025, ci aspettiamo che la crescita rimanga vicina a quella potenziale, intorno all’1,8%. Prevediamo che le proiezioni della Bce sull’inflazione globale saranno riviste al ribasso nell’arco dell’orizzonte di proiezione a causa dei cambiamenti delle ipotesi tecniche (tassi di mercato più elevati, euro più forte e prezzi dell’energia più bassi), con il 2,1% nel 2025 (contro il 2,3% delle proiezioni di dicembre)”.

Prevediamo che l’inflazione di fondo della Bce – concludono da La Francaise AM – sia rivista al rialzo nel 2023 (dal 4,2% al 4,6%) e rimanga sostanzialmente invariata nei due anni successivi, al 2,8% nel 2024 e al 2,3% nel 2025″.