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Bce e tassi: Visco (Bankitalia) dice basta ai falchi

8 Marzo 2023 14:34

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco avverte la Bce su rialzi tassi

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco invita i falchi della Bce di Christine Lagarde ad abbassare i toni sui tassi:

Non apprezzo le dichiarazioni dei miei colleghi sui rialzi prolungati dei tassi”, ha detto chiaramente il numero uno della Banca d’Italia, nel suo intervento alla XIV conferenza Maeci-Banca d’Italia.

L’impressione è che Ignazio Visco, visto come un esponente tra i più dovish del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, sia praticamente sbottato, dicendo basta alle chiamate hawkish sui tassi che continuano ad arrivare dall’Eurotower, e che vedono protagonisti, come sempre, i paesi identificati nel cosiddetto asse del Nord, Germania in primis. Paesi che sono storicamente considerati anche i più virtuosi nella gestione dei rispettivi debiti pubblici.

E’ di appena pochi giorni fa la dichiarazione del falco tedesco del Consiglio direttivo della Bce, Joachim Nagel, presidente della Bundesbank che ha detto, senza tali peli sulla lingua, di essere favorevole a ulteriori rialzi dei tassi, dopo quello atteso per il mese di marzo e, anche, a un QT-Quantitative Tightening più aggressivo. Una mossa, quest’ultima in particolare, che preoccupa particolarmente il futuro del debito pubblico dell’Italia e dei debiti pubblici dei paesi con i conti pubblici più in rosso.

Per Joachim Nagel, la Bce di Christine Lagarde deve essere intanto “più testarda dell’inflazione”, in una situazione in cui l’altra arma contro l’inflazione, ma anche ‘contro’ i BTP, ovvero il QT-Quantitative Tightening, potrebbe implicare uno smobilizzo dei titoli di stato acquistati con il precedente programma QE (APP) fino a “20 miliardi di euro al mese”, rispetto ai 15 miliardi finora annunciati dall’Eurotower.

Se si realizzasse, una prospettiva del genere alimenterebbe ulteriormente la seguente domanda: “Con una Italia ormai orfana della Bce, chi sarebbero gli acquirenti delle nuove emissioni di BTP da parte del Tesoro italiano?”.

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Il falco austriaco chiede fino ad altri rialzi dei tassi di 50 pb

E certo Joachim Nagel non è stato l’unico falco della Bce a spingere su strette monetarie più veloci e importanti.

Ha fatto sentire la sua voce anche il falco austriaco della Bce, Robert Holzmann (governatore della Banca centrale dell’Austria) che ha parlato addirittura della necessità che i tassi di interesse dell’area euro vengano alzati quattro volte, e ogni volta di ben 50 punti base, nelle riunioni del Consiglio direttivo dell’Eurotower dei mesi di marzo, maggio, giugno, luglio.

Credo che ci vorrà molto tempo per far scendere l’inflazione – ha detto Holzmann, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters – La mia speranza è che entro i prossimi 12 mesi avremo testato il picco dei tassi di interesse”.

Il picco dei tassi di interesse nel 2024? La frase avrà fatto accapponare la pelle di nuovo agli esponenti del governo Meloni, che già si erano scagliati contro la Bce di Lagarde, in primis il ministro della Difesa Guido Crosetto e il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, segretario della Lega, Matteo Salvini, che non avevano risparmiato critiche e battute ironiche nei confronti della stessa presidente della Bce.

L’altro ieri è stato invece lo stesso ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, a lanciare l’alert effetto tassi sul debito italiano.

E l’attenti di Visco sembra essere indirizzato anche alla presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, che non perde occasione per ribadire, a dispetto degli appelli che stanno arrivando ormai non solo dal governo Meloni, ma dallo stesso mondo delle banche, che i tassi di interesse dell’area euro devono continuare a essere alzati per rimettere in riga il tasso di crescita dell’inflazione.

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Bce, Visco: politica monetaria si muova con prudenza

Nel suo discorso, Ignazio Visco non minimizza il problema della fiammata dei prezzi, che ha messo di nuovo in alert Francoforte e i falchi della Bce dopo gli ultimi dati relativi all’inflazione dell’Eurozona  (vedi anche inflazione in Italia.)

Ma il punto è che non solo sull’economia dell’Eurozona, ma sull’intera economia globale, gravano incognite troppo forti:

“Anche se la politica monetaria ha finora avuto successo nello stabilizzare le aspettative, la grave situazione geopolitica rende molto difficile prevedere i futuri andamenti macroeconomici . La politica monetaria dovrà quindi continuare a muoversi con prudenza, facendosi guidare dai dati, che via via si renderanno disponibili, in modo da riportare l’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio periodo, senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa”.

Ignazio Visco consiglia dunque alla Bce di Christine Lagarde e ai falchi che chiedono misure ancora più aggressive di darsi, praticamente, una calmata.

Il governatore rimarca anche l’avvertimento sulla necessità di non innescare una spirale salari-prezzi:

“La ‘tassa’energetica va assorbita, come abbiamo più volte sottolineato, non generando vane e dannose rincorse tra prezzi e salari ma accrescendo la capacità di sviluppo dell’economia, e con essa la dinamica dei redditi reali. Se invece le richieste retributive, più che mirare in avanti, fossero soprattutto guidate dalla volontà di recuperare nell’immediato le perdite dovute al rincaro dei prodotti energetici e se i profitti delle imprese, dopo il trasferimento sui prezzi finali degli straordinari aumenti del costi dell’energia, non ne riflettessero nei prossimi mesi il drastico recente ridimensionamento, la politica monetaria non potrebbe che continuare a contrastare gli effetti di questi comportamenti sul complesso dei prezzi al consumo”.

“Come ho di recente più volte ricordato – ha detto ancora il numero uno di Bankitalia – il perseguimento della stabilità monetaria, responsabilità primaria della banca centrale, è tanto meno oneroso quanto più nella stessa direzione si muovono gli interventi delle politiche di bilancio e gli intendimenti delle parti sociali”.

Inflazione Eurozona VS Usa: rimarcata la differenza

Nel corso del suo discorso, Ignazio Visco ha riassunto quanto fatto dalla Bce di Lagarde per frenare la crescita dell’inflazione dell’Eurozona, ribadendo però anche la differenza, che era stata messa in evidenza dallo stesso braccio destro dell’ex presidente del Consiglio (ed ex presidente della Bce) Mario Draghi, l’economista Francesco Giavazzi , tra la fiammata dell’inflazione negli Stati Uniti – dove peraltro il discorso del numero uno della Fed Jerome Powell ha appena fatto riscattare la paura tassi – e quella dell’area euro:

Negli Stati Uniti – ha spiegato Visco – il rialzo dell’inflazione ha riflesso soprattutto l’eccesso della domanda di beni di consumo alimentato dall’ingente stimolo di bilancio realizzato durante la pandemia. Vi si è aggiunta la peculiare dinamica del mercato del lavoro, dove i posti disponibili superano largamente le richieste di occupazione, con forti spinte al rialzo delle retribuzioni”.

Diverso il caso dell’Europa dove, invece, “l’inflazione è principalmente il risultato di shock da offerta: alle pressioni sui prezzi, già registrate nel 2021 anche a causa delle strozzature nelle catene globali del valore, si sono aggiunti i rincari energetici determinati dalle crescenti tensioni geopolitiche, culminate con l’invasione dell’Ucraina”.

Tra l’altro, “oltre ai rincari si è assistito a un significativo incremento della volatilità alimentato soprattutto dalla dinamica del prezzo del gas, cresciuto drasticamente, fino al picco di quasi 350 euro per megawattora toccato la scorsa estate, per poi iniziare a calare, fino a scendere al di sotto dei 50 euro, su valori comunque ancora pari a circa tre volte quelli prevalenti alla vigilia della pandemia”.

E’ in questo contesto, ha ricordato il governatore, che “l’accelerazione della crescita dei prezzi ha imposto, dalla fine del 2021, un deciso cambio di orientamento della politica monetaria della Banca centrale europea”.

Bce verso nuovi rialzi tassi. Ma l’attenti arriva da Pil Eurozona

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha riassunto le fasi che hanno visto la Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde agire contro il rialzo dei prezzi, tra cui la decisione di dire addio a quello strumento che ha tanto blindato negli ultimi anni i BTP (il QE-Quantitative easing), proteggendoli dal rischio di attacchi provenienti dal mondo degli squali della finanza, hedge fund & Co:

“Dapprima abbiamo annunciato la riduzione degli acquisti netti di titoli. Nel corso del 2022 il processo ha necessariamente accelerato, evitando però variazioni eccessivamente brusche delle condizioni monetarie, anche alla luce dell’incertezza causata dall’invasione dell’Ucraina. Dal luglio scorso ad oggi, partendo da livelli particolarmente bassi, addirittura negativi per
i depositi delle banche presso la banca centrale, i tassi di riferimento sono stati innalzati per complessivi 300 punti base ed è già stata espressa l’intenzione di accrescerli ancora di 50 punti nella riunione che terremo la prossima settimana”.

Ora, magari, anche basta?

Va detto che un attenti ai falchi della Bce è arrivato proprio oggi con la pubblicazione del dato relativo al Pil dell’area euro del quarto trimestre del 2022.

La rilevazione finale sul Pil del quarto trimestre della zona euro ha messo in evidenza un’economia stagnante (crescita pari a zero) su base congiunturale, in linea con il consensus di Bloomberg, rivedendo al ribasso la lettura precedente che indicava una crescita dello 0,1%. Su base annua, il dato ha subito una revisione da +1,9% a +1,8%, risultando inferiore alle stime (+1,9%).

L’economia dell’area euro, la cui solidità migliore delle stime più pessimistiche era stata decantata proprio da Christine Lagarde, non versa in condizioni proprio buone di salute.

Tutt’altro, tanto che gli economisti di ING hanno messo in evidenza in un loro commento al dato che, dal dato, è emerso che le spese per consumi delle famiglie, nel quarto trimestre del 2022, sono scese al ritmo più lento dall’inizio dell’area euro, nel 1999, a eccezione della contrazione sofferta durante la pandemia Covid-19.

ING ha fatto notare che il trend non è stato uguale in tutti i paesi. L’Olanda e il Belgio, per esempio, hanno assistito a una crescita solida, mentre la Francia, la Germania e l’Italia hanno tutte sofferto una folessione dell’1% circa, con la Spagna che ha sperimentato un calo di ben -2,4%.

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Bce e tassi: la view di Mirabaud AM

La prossima riunione del Consiglio direttivo della Bce è imminente: l’annuncio sui tassi arriverà il prossimo giovedì 16 marzo.

L’Eurotower darà anche indicazioni sul lancio del Quantitative Tightening, ovvero sull’operazione di smobilizzo dei titoli di stato di cui ha fatto shopping in tutti questi anni.

Gero Jung, responsabile economista di Mirabaud AM, scrive in una nota la sua view.

“Gli ultimi dati sull’inflazione sono solidi e suggeriscono che la Bce aumenterà ulteriormente i tassi, e non solo durante la prossima riunione di marzo. Sebbene la mossa di 50 pb di questo mese sia pienamente prevista, ora ci aspettiamo un altro rialzo durante la riunione di maggio”.

“Questo risultato – sottolinea Jung – arriva dopo i forti dati sull’inflazione, che il mese scorso hanno mostrato un’accelerazione dell’Indice nazionale dei prezzi al consumo core al 5,6%, anche se il dato principale ha mostrato un modesto calo su base annua”.

Certo, “guardando ai dati, gli aumenti dei prezzi dell’energia si stanno attenuando, ma sia l’inflazione alimentare che quella core rimangono (troppo) forti. Più nel concreto, i prezzi core dei beni di consumo sono aumentati dello 0,8% mese su mese, mentre l’equivalente dei servizi è cresciuto dello 0,6%”.

Il capo economista di Mirabaud AM fa notare che, in questo contesto, “un tasso finale del 4% è possibile”, precisando tuttavia che gli economisti della società, nel medio periodo,  continuano  ad avere” una visione più moderata”.

Il motivo? Vengono presentati, piuttosto, i motivi:

“In primo luogo, ricordiamo che a partire da marzo, importanti effetti base porteranno a numeri dell’Indice nazionale dei prezzi al consumo più bassi. Inoltre, prevediamo un rallentamento dell’economia entro la fine dell’anno e continuiamo a prevedere una lieve recessione negli Stati Uniti”.

Infine, “vediamo che gli indicatori generali, compresa la fiducia dei consumatori, rimangono a livelli bassi”.