Notizie Notizie Italia TIM: sì rete fissa a KKR, il Mef di Giorgetti soddisfatto. Vivendi furiosa e Moody’s non basta

TIM: sì rete fissa a KKR, il Mef di Giorgetti soddisfatto. Vivendi furiosa e Moody’s non basta

7 Novembre 2023 13:40

Il titolo TIM rimane sotto la lente degli investitori, dopo l’ok che il cda del gruppo ha dato all’offerta presentata per l’acquisizione della sua rete fissa (la cosiddetta NetCo), inclusa FiberCop, da parte del fondo americano KKR.

E’ stata invece respinta l’offerta non vincolante che lo stesso fondo aveva presentato per rilevare Sparkle.

TIM: effetto accordo con KKR si sfiamma subito. Titolo giù, Moody’s non basta

Le azioni della compagnia di tlc segnano un lieve ribasso, dopo le oscillazioni della sessione di ieri, che hanno visto il titolo prima non fare prezzo, poi aprire con uno slancio superiore a +4%, infine azzerare progressivamente i guadagni, fino a concludere la sessione di Piazza Affari in calo di oltre il 3%.

Il titolo ha scontato l’incertezza sul futuro del gruppo che non è stata del tutto sventata, visto che all’orizzonte si profila una vera e propria battaglia tra TIM (Telecom Italia) e il suo primo azionista francese Vivendi, che detiene il 24% circa del capitale del gruppo e che non ha fatto mai mistero della sua opposizione al deal.

Opposizione rimarcata nella serata di domenica scorsa, dopo la diffusione del comunicato con cui TIM ha reso noto di aver accettato la proposta del fondo americano.

TIM ha annunciato intanto con un altro comunicato di aver firmato il transaction agreement relativo a NetCo.

In particolare il gruppo guidato dal ceo Pietro Labriola ha sottoscritto l’accordo nella giornata di ieri con Optics BidCo, società controllata dal fondo Usa Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (KKR) e anche come ulteriore investitore Azure Vista, società interamente controllata da Abu Dhabi Investment Authority).

Occhio all’altra novità emersa nella serata di ieri, ovvero alla decisione dell’agenzia di rating Moody’s di mettere sotto revisione con possibilità di un upgrade il rating B1 di Telecom Italia.

“Abbiamo messo i rating di Telecom Italia sotto revisione per l’upgrade perché, se la cessione di NetCo verrà completata come previsto, la riduzione attesa del debito netto pari a 14 miliardi di euro si tradurrà in un miglioramento significativo del profilo finanziario della società, che più che compenserà il deterioramento nel suo profilo di business”, ha spiegato Ernesto Bisagno, Vice President – Senior Credit Officer di Moody’s e lead analyst per Telecom Italia.

Moody’s ha aggiunto che la revisione al rialzo potrebbe tradursi in una promozione del giudizio di 1-2 livelli, nel caso in cui il completamento dell’accordo avvenisse, così come previsto da TIM, entro l’estate del 2024.

La furia di Vivendi dopo sì TIM a KKR: decisione del cda ‘illegittima’

I francesi del miliardario bretone Vincent Bolloré (azionista di maggioranza della media company francese Vivendi, a sua volta primo socio di TIM) hanno reagito prontamente al sì di TIM a KKR, dichiarando la decisione del cda del gruppo “illegittima” e indicando l’intenzione di utilizzare “qualsiasi mezzo legale a loro disposizione per combatterla”.

L’annuncio del semaforo verde del cda di TIM all’offerta vincolante presentata da KKR per rilevare la rete fissa è arrivato nella serata di domenica 5 novembre, con un comunicato:

Il Consiglio di Amministrazione di TIM, riunitosi sotto la presidenza di Salvatore Rossi nelle giornate del 3, 4 e 5 novembre, ha esaminato l’offerta vincolante presentata lo scorso 16 ottobre da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (‘KKR’) relativamente all’acquisto di attività relative alla rete fissa di TIM (la cd. NetCo), inclusa FiberCop, da parte di una società (Optics BidCo), controllata da KKR, nonchè l’offerta nonvincolante sull’intera partecipazione detenuta da TIM in Sparkle. Il Consiglio, all’esito di un ampio e approfondito esame, condotto con l’assistenza di primari advisor finanziari (Goldman Sachs, Mediobanca e Vitale & Co per la Società ed Equita e LionTree individuati dagli Amministratoriindipendenti) e legali (Gatti Pavesi Bianchi Ludovici Studio legale associato per la Società e Studio Carbonetti per gli Amministratori indipendenti), ha approvato a maggioranza (con 11 voti favorevoli e 3 contrari) l’offerta vincolante per NetCo presentata da KKR.

Sempre nella serata di ieri il board di TIM ha contestualmente rifiutato il piano alternativo che era stato presentato nelle ultime settimane dalla società di investimenti di Londra Merlyn Advisors, e che Vivendi aveva chiesto di considerare.

“Merlyn…merita di avere la possibilità di fare qualsiasi passo che porterebbe il board (di TIM) a convocare l’assemblea degli azionisti per decidere se il piano approvato domenica (dunque l’offerta del fondo KKR) corrisponda a ciò che gli azionisti desiderano”, ha scritto Merlyn, stando a quanto riporta un articolo di Reuters.

“Offerta valorizza rete fissa fino a 22 MLD”. Ma per Vivendi rischio dead man walking

Dal comunicato di TIM emerge che l’offerta vincolante presentata dal fondo Usa KKR (appoggiata dal governo Meloni) “valorizza NetCo (esclusa Sparkle) a un enterprise value di 18,8 miliardi di euro, senza considerare eventuali incrementi del predetto valore derivanti dal potenziale trasferimento di parte del debito a NetCo e da earn-out legati al verificarsi di determinate condizioni che potrebbero aumentare il valore sino a 22 miliardi di euro”. Comunque troppo poco per i francesi capitanati di Vivendi che, secondo l’agenzia di Reuters, avevano preteso una proposta superiore ai 30 miliardi di euro.

Fin da quell’annuncio con cui il cda di TIM presieduto dall’amministratore delegato Pietro Labriola aveva detto di preferire l’offerta sulla rete fissa presentata dal fondo americano KKR a quella del consorzio CdP-Macquarie, in diversi, tra cui il Financial Times, avevano pronosticato una dura battaglia tra il board e il primo azionista della compagnia telefonica.

Nell’articolo Vivendi to fight Telecom Italia’s plan to sell landline network to KKR“, in particolare, ovvero “Vivendi pronta alla lotta contro il piano di vendita della rete fissa di Telecom Italia a KKRR”, l’FT aveva citato le dichiarazioni di Yannick Bolloré, presidente del Consiglio di sorveglianza di Vivendi e figlio di Vincent Bolloré, che aveva parlato della necessità che il cda di TIM valutasse il “modo di ottimizzare il valore di tutti gli azionisti”.

Una fonte vicina a Vivendi aveva avvertito inoltre, interpellata dall’FT, che Vivendi continuava a “portare avanti questa battaglia in quanto l’asset che è il gioiello della società è la rete. Di conseguenza, se si separa la rete dal resto, la società diventa un dead man walking”.

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Alla metà di ottobre,  una fonte interpellata da Reuters aveva poi riferito che la nuova offerta di KKR – considerando tuttavia sia la rete fissa di TIM che Sparkle – avrebbe dovuto superare i 23 miliardi di euro, inclusi 10 miliardi di debito e 2 miliardi di earn-out legati alla possibilità di un accordo futuro con Open Fiber, la società che dal dicembre del 2021 – così come si legge nella sezione ‘Struttura societaria’ del sito – è soggetta alla direzione e coordinamento del socio unico Open Fiber Holdings S.p.A., partecipata al 60% da CDP Equity S.p.A. (società riconducibile al gruppo Cassa depositi e prestiti) e al 40% da Fibre Networks Holdings S.a.r.l. (società riconducibile al gruppo Macquarie). La fonte di Reuters aveva riferito che il fondo americano valutava Sparkle 1 miliardo di euro circa.

In ogni caso Vivendi non ci sta e promette battaglia, avendo tutta l’intenzione di mettersi di traverso alla conclusione di un accordo che vede in primo piano anche la partecipazione del governo Meloni, visto il MoU raggiunto con KKR dal Mef, con un decreto ad hoc  emanato dopo la riunione del CdM del 28 agosto scorso.

Decreto che, oltre ad “assicurare le risorse finanziarie necessarie a consentire l’ingresso del Ministero dell’economia e delle finanze nell’operazione ‘NetCo’ guidata dal fondo KKR”, decretava l’intenzione del Mef di essere “coinvolto nel ruolo di azionista di minoranza”.

Governo Meloni: Giorgetti e Urso benedicono accordo TIM-KKR

Il sì di TIM alla proposta del fondo americano è stato commentato nella giornata di ieri sia dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, titolare del Mef, che dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

Intanto, il numero uno di Via XX Settembre Giancarlo Giorgetti ha ricordato che “il Mef ha partecipato all’offerta” su NetCo:

“Abbiamo fatto un’offerta e il cda di Tim l’ha accettata. Adesso ovviamente gli azionisti hanno i loro diritti e li faranno valere nelle sedi opportune però il progetto è quello”, ha sottolineato Giorgetti, riconoscendo che, comunque, (il principale azionista) “Vivendi ha i suoi diritti e li esercita”.

Idem il commento del ministro delle Imprese e del Made in Italy, che su X si è così espresso:

“Il progetto del governo è stato chiaro sin dall’inizio, al fine di consentire la piena connettività del territorio italiano con una rete nazionale efficiente e competitiva. Per questo il Mef ha partecipato all’offerta NetCo, su cui ha deliberato ieri il Cda di Tim. Ovviamente, come ha giustamente rilevato il ministro Giorgetti, ogni azionista ha sempre la facoltà di esercitare i propri diritti nelle sedi opportune”.

Sindacati sul piede di guerra. M5S: da Fratelli d’Italia a Fratelli di Wall Street

TIM non poteva non essere destinata a diventare da caso di Borsa un caso politico, visto lo zampino del governo Meloni.

Non è dunque mancata nelle ultime ore la raffica di commenti, arrivata dal mondo dei sindacati e delle opposizioni.

“Con la vendita della rete Tim al fondo Kkr si apre una fase di grande incertezza per lo sviluppo infrastrutturale del Paese e per l’occupazione”, hanno scritto in una nota congiunta il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario nazionale della Slc Cgil Riccardo Saccone.

Gesmundo e Saccone hanno sottolineato che “cedere la rete ad un fondo speculativo straniero, oltre che tradire le aspettative in un Governo che professa la sovranità tecnologica, mostra plasticamente quanto manchi del tutto una reale visione di politica industriale per il Paese, cui sono strettamente legate le sorti delle lavoratrici e dei lavoratori. Venduta la rete rimane un bacino di circa 17.000 persone, con un’età media di 50 anni, per le quali non sono ben chiare prospettive industriali e certezze occupazionali”.

“A questi numeri – hanno continuato i rappresentanti della Cigil – si aggiungono quelli enormi dell’indotto. Per questo troviamo grave e inaccettabile l’assenza di confronto, in questa delicatissima fase, con il sindacato”.

Polemiche infuocate anche da parte del M5S:

“Il pool di patrioti al contrario composto da Meloni, Giorgetti e Urso ha deciso che il futuro della digitalizzazione del nostro paese batterà bandiera statunitense. La scelta di consegnare in pacco regalo l’infrastruttura più importante del paese, vale a dire la rete in capo a TIM, al fondo speculativo americano KKR, è di una miopia disarmante. E la probabilissima cessione dei cavi sottomarini di Sparkle altro non sarà che la ciliegina sulla torta di un’operazione totalmente scombinata e autolesionista”, hanno scritto i deputati M5s in commissione Trasporti e Telecomunicazioni Antonino Iaria, Luciano Cantone, Roberto Traversi e Giorgio Fede.

Ci chiediamo dove sia finito l’ardore sovranista di Meloni: questa decisione è tragica tanto dal punto di vista economico quanto su quello della futura competitività dell’Italia, senza dimenticare il fronte occupazionale che una Tim ‘spezzettata’ comporterà, con migliaia di posti di lavoro a forte rischio. Quanto alla NetCo della rete, quel 20% del Mef renderà lo Stato italiano mero spettatore di fronte alle decisioni strategiche più importanti. Ci domandiamo quale sia stata la ratio del governo nel sostenere questo infausto epilogo della vicenda. Da Fratelli d’Italia a Fratelli di Wall Street è stato un attimo“.

Labriola:  nascono due società punto di riferimento per trasformazione digitale Italia

Intanto nella serata di domenica 5 novembre il sì di TIM al fondo KKR è stato commentato in primis dal ceo della società telefonica Pietro Labriola che, in una nota, ha ricordato i “due anni di lavoro a testa china”, che si sono chiusi “con una decisione storica: dare il via alla nascita di due società con nuove prospettive di sviluppo”.

“Entrambe saranno il punto di riferimento per la trasformazione digitale del nostro Paese perché, grazie a questa operazione, potranno accelerare lo sviluppo tecnologico nel settore delle Telecomunicazioni”, ha aggiunto l’amministratore delegato di TIM.

Continuando:

Non è la conclusione del nostro percorso ma un nuovo inizio. Con questa operazione, infatti, diamo linfa all’infrastruttura di rete e allo stesso tempo consentiamo alla nuova TIM di focalizzarsi sull’innovazione tecnologica che serve per governare il complesso mercato dei servizi digitali e giocare un ruolo da leader.

Labriola ha parlato anche nella giornata di ieri, inviando una lettera direttamente ai dipendenti di TIM:

“La decisione presa dal cda non riguarda le sorti della rete fissa, perché nessuno ritiene che questa operazione segnerà un freno al suo sviluppo (anzi!), né qualcuno può pensare che l’ingresso di un fondo d’investimento possa rendere meno italiana questa infrastruttura che insiste sul nostro territorio, peraltro soggetta al Golden Power e con la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di F2i”.

“La decisione presa riscriverà il futuro dei servizi di telecomunicazione, perché pone le basi per abbattere il debito che grava sulla più grande azienda del settore e le impedisce di puntare con decisione al suo sviluppo e a mantenere la sua leadership nel mercato –  ha continuato il ceo Labriola – Ieri è stato messo un tassello importante per la realizzazione del piano presentato a luglio 2022, un piano che ha molti elementi di straordinarietà perché riguarda un assetto nuovo delle telecomunicazioni italiane”.

Dal canto suo il presidente di TIM Salvatore Rossi ha parlato di “una scelta chiara su un tema di cui si discuteva da molti anni”, affermando che “le delibere approvate oggi (domenica 5 novembre per chi legge) con grande responsabilità e coraggio dal Consiglio di TIM vanno nella direzione di fare il bene di TIM, delle persone che vi lavorano, dei suoi azionisti, del Paese intero”.

“La cessione della rete a un investitore infrastrutturale come KKR ha trovato anche l’apprezzamento del Governo – ha continuato Rossi – che sosterrà questa operazione con ingenti risorse; ridà una prospettiva di crescita al Gruppo TIM”.

Ancora, Rossi ha tenuto a rimarcare che “il debito si ridurrà molto a seguito di quest’operazione” e che “uno degli scopi è proprio quello di ridurre in modo consistente, vorrei dire decisivo, il peso finanziario del debito che negli scorsi 25 anni ha gravato su Telecom Italia, su Tim, e l’ha molto frenata nei suoi disegni legittimi di sviluppo”.

Tutte le tappe per la cessione della rete fissa di TIM al fondo Usa KKR

Tornando a TIM e all’annuncio di ieri sera, l’accordo con KKR prevede le seguenti tappe:

  •  Il conferimento da parte di TIM di un ramo d’azienda – costituito da attività relative alla rete primaria, all’attività wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia – in FiberCop, società che già gestisce le attività relative alla rete secondaria in fibra e rame.
  • Il contestuale acquisto da parte di Optics Bidco, che è un veicolo controllato da KKR, dell’intera partecipazione detenuta da TIM in FiberCop.
  • La sottoscrizione alla data del closing dell’operazione di un master service sagreement che regolerà i termini e le condizioni dei servizi che saranno resi da NetCo a TIM e da TIM a NetCo a seguito del completamento dell’operazione.

Presa la decisione di accettare l’offerta vincolante del fondo KKR per la rete fissa, il cda ha dato mandato all’Amministratore Delegato Pietro Labriola di finalizzare e sottoscrivere i contratti vincolanti relativi all’offerta.

La conclusione dell’operazione è attesa entro l’estate del 2024.

In particolare, l’offerta ipotizza che il closing avvenga entro l’estate 2024 e prevede che il prezzo del ramo d’azienda oggetto di conferimento in FiberCop sia soggetto ad aggiustamento (usuale per questa tipologia di operazione) al closing in relazione a determinati parametri e target predefiniti, quali, inter alia, la cassa e il debito trasferiti, il livello del capitale circolante, il costo registrato negli ultimi 12 mesi dei dipendenti trasferiti e il rispetto di alcuni obbiettivi di investimento e di installazione della rete in fibra ottica”.

Per quanto riguarda la possibilità che il fondo KKR paghi eventuali earn-out a favore di TIM che portino la somma da versare dai 18,8 miliardi proposti fino ai 22 miliardi, questa è condizionata all’avverarsi di determinate condizioni future, tra cui:

  • Il completamento, durante i 30 mesi successivi alla data del closing, di alcune potenziali operazioni di consolidamento che riguardino NetCo e all’eventuale introduzione di modifiche regolamentari idonee a generare benefici a favore di NetCo, che potrebbero comportare il pagamento a favore di TIM di un importo massimo di 2,5 miliardi di euro.
  • L’introduzione ed entrata in vigore entro il 31 dicembre 2025, di incentivi di settore che potrebbero comportare il pagamento a favore di TIM di un importo massimo di 400 milioni di euro.

Con smobilizzo NetCo debito TIM tagliato di 14 miliardi di euro

Nel comunicato, TIM ha precisato la ratio dell’operazione con cui ha deciso di vendere la rete fissa: quella in primis di tagliare “l’indebitamento finanziario di circa 14 miliardi di euro al momento del closing (senza considerare l’impatto degli aggiustamenti di prezzo di cui sopra e gli eventuali earn-out)”, e dunque di assistere a un miglioramento dei conti, “nonostante il deterioramento delle condizioni macroeconomiche, rispetto alle previsioni presentate in occasione del Capital Market Day del 7 luglio 2022”.

Con lo smobilizzo della rete fissa, la compagnia telefonica guidata dal ceo Pietro Labriola, oltre a tagliare “l’indebitamento e a liberare risorse, avrà l’opportunità di operare nel mercato domestico beneficiando della riduzione di alcuni vincoli regolatori e potrà contribuire al mantenimento della flessibilità strategica prevista dal piano di delayering”.

TIM ha precisato che l’operazione le consentirà di beneficiare anche “di una struttura di capitale solida con un rapporto fra debito netto ed Ebitda inferiore a 2 volte (after lease)”.

Per il closing dell’operazione, a questo punto è previsto il concretizzarsi di alcune condizioni sospensive, per la precisione “il completamento del conferimento della rete primaria in FiberCop, società che gestisce già per l’appunto le attività relative alla rete secondaria in fibra e rame,  l’autorizzazione dell’Antitrust, autorizzazione in materia di sovvenzioni estere distorsive e Golden Power”.

Sparkle: cosa succede dopo il no a KKR

Per quanto riguarda il no all’offerta non vincolante presentata da KKR per rilevare Sparkle, il cda di TIM ha ritenuto la proposta “non soddisfacente”, dando di conseguenza “mandato al ceo di verificare la possibilità di ricevere un’offerta vincolante a un valore più elevato una volta completata la due diligence, il cui termine è stato esteso fino al 5 dicembre”.

Vale la pena di ricordare che Sparkle è il primo fornitore di servizi di telecomunicazioni internazionali in Italia e quinto al mondo per traffico Internet, con una rete di 600.000 km di fibra ottica, tre Network Operation Center per un supporto h24, e una presenza commerciale in 32 Paesi.

Il cda ha infine “preso atto della comunicazione inviata da Merlyn Partners e RN Capital Partners, ritenendola non in linea con il piano di delayering della Società, come presentato agli investitori nel già citato Capital Market Day”.