Poste Italiane: il via del governo Meloni. Come sarà privatizzata e quanto rimarrà allo Stato
Il governo Meloni fa un nuovo passo nella privatizzazione di Poste Italiane, determinato in ogni caso a detenere una partecipazione nel gioiello di Stato pari ad almeno il 35%. E’ quanto è stato ufficializzato nella serata di venerdì 1° marzo, con un comunicato con cui il governo ha annunciato di avere sottoposto al parere parlamentare “lo Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane” con l’Atto numero 136.
Il Dpcm è stato sottoposto nello specifico al parere della Commissione Trasporti e bilancio.
Nessuno scatto particolare da parte del titolo di Poste Italiane che, poco dopo l’inizio della giornata di contrattazioni di Piazza Affari, mette a segno sul Ftse Mib un timido rialzo, viaggiando poco al di sopra della parità, attorno a quota 11,31 euro.
Poste Italiane: Atto del governo inviato per parere parlamentare
“Il presente decreto regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane S.p.A. che determini il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, non inferiore al 35%”.
Il governo specifica che “l’alienazione della quota di partecipazione di cui al comma 1 potrà essere effettuata, anche in più fasi, attraverso il ricorso singolo e/o congiunto ad un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Poste Italiane, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali, ovvero attraverso collocamento sul mercato, anche mediante modalità di vendita accelerate o attraverso vendita in blocchi”.
La notizia dell’invio del decreto da parte del governo Meloni allaa Camera è arrivata all’indomani della presentazione dei conti del 2023 di Poste Italiane, che hanno soddisfatto il mercato e che, oltre agli utili e ai ricavi del gruppo guidato da Matteo Del Fante, hanno sfornato anche la grande sorpresa dei dividendi.
Grande è a questo punto la presentazione del piano industriale 2024-2028, stabilita per il 20 marzo 2024.
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Nel Dpcm inviato alla Camera si specifica che, “al fine di favorire la partecipazione all’offerta del pubblico indistinto dei risparmiatori e dei dipendenti del Gruppo Poste Italiane, tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, potranno essere previste forme di incentivazione in termini di quote dell’offerta riservate e/o di prezzo (anche differenziato per pubblico indistinto e dipendenti) e/o, per quanto riguarda i dipendenti, di modalità di finanziamento”.
Il comunicato, che porta la firma del Ministero delle Finanze e del Ministero delle Imprese e del Made Italy, ricorda le basi su cui si fonda la nuova fase del processo di privatizzazione di Poste Italiane, in un momento in cui, da quando il governo Meloni ha presentato il suo ambizioso piano di privatizzazioni del valore di 20 miliardi di euro circa, nell’intento di reperire risorse per rimpinguare le casse dello Stato e dunque per sfoltire l’immenso debito pubblico italiano, non sono mancate le polemiche sul rischio che i gioielli di Stato finiscano per essere svenduti.
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In realtà, che ormai il governo italiano fosse pronto a consegnare altre fette detenute nel capitale di Poste Italiane era diventato ancora più chiaro con una nota ad hoc diffusa da Palazzo Chigi alla fine di gennaio, per la precisione con il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 66.
La nota aveva fatto seguito ad alcuni rumor riportati da Bloomberg sul piano di Meloni, volto a cedere, sempre nell’ambito del piano di privatizzazioni, anche una partecipazione dell’altro grande gioiello di Stato quotato sul Ftse Mib di Piazza Affari: il colosso petrolifero Eni, fino al 4%.
A tal proposito, va ricordato che il piano di privatizzazioni del governo Meloni è incentrato anche su altri dossier cruciali, come quelli di Mps-Monte dei Paschi di Siena, Rai Way, Ferrovie dello Stato.
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Rumor e dichiarazioni sul piano di privatizzazioni del governo Meloni
Nel caso specifico di Poste Italiane altre indiscrezioni avevano parlato di un piano volto a smobilizzare una quota, come riportava il quotidiano La Repubblica, compresa tra il 10% e il 20%“, al fine di reperire fino a 2 miliardi e mezzo di euro, sempre per tamponare il problema del debito pubblico. Debito pubblico che è praticamente un problema e una ansia continui per il governo Meloni (così come per i precedenti governi italiani). Al punto che, oltre al piano di privatizzazioni, l’esecutivo punta sempre di più sulla strategia ‘più BTP agli italiani’, come confermato dalla grande notizia degli ultimi giorni, relativa alla terza edizione del BTP Valore.
Vanno ricordate anche le dichiarazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che, alla fine di gennaio, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera in occasione della sua partecipazione al World Economic Forum di Davos, rendeva noto di avere incontrato fondi stranieri, nell’intento di valutare l’interesse degli investitori esteri verso gli asset italiani.
Tra i vari incontri segnalati, quello con Ray Dalio, fondatore del fondo Bridgewater Associates, colosso di asset management, noto come hedge fund numero uno al mondo:
lo stesso fondo speculativo che nel 2018 aveva lanciato la grande scommessa short contro Piazza Affari, ovvero vendite allo scoperto contro 17 titoli di Piazza Affari incluse le banche Intesa SanPaolo, UniCredit, Banco BPM, e pesi massimi di altri settori, come Eni ed Enel.
La nota sul Dpcm ricorda che Cassa Depositi e Prestiti detiene una partecipazione di Poste Italiane pari al 35% del capitale sociale e che il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) attualmente ha in mano 382.127.890 azioni del gruppo, pari a circa il 29,26% del capitale sociale.
Praticamente, la quota di Poste Italiane in possesso dello Stato italiano in modo un controllo diretto ed indiretto è pari al 64,26%.