Inflazione Usa cala in linea con le stime, per tagli tassi Fed prende quota ipotesi settembre
Il rapporto sull’inflazione degli Stati Uniti ha evidenziato un lieve raffreddamento dei prezzi, sostanzialmente in linea con le aspettative degli analisti. Si consolidano le possibilità di un taglio dei tassi della Fed a settembre, anche se molto dipenderà dai prossimi dati, come ribadito dal presidente Powell, a partire dal Pce core del 31 maggio. Intanto, le vendite al dettaglio deludono le attese.
Inflazione in discesa al 3,4% e dato core al 3,6%
Ad aprile l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti ha riportato un incremento dello 0,3% rispetto a marzo, a fronte dello 0,4% previsto dagli economisti e della rilevazione precedente. Su base annua, l’inflazione ha rallentato dal 3,5% al 3,4%, in linea con le attese.
Il Cpi core, calcolato al netto delle componenti più volatili dell’inflazione (alimentari e prezzi energetici), mostra un aumento dello 0,3% su base mensile, in linea con le stime, dopo lo 0,4% del mese precedente. La crescita rispetto ad aprile 2023 è pari al 3,6%, coerente con il consensus, dopo il 3,8% registrato a marzo su base annua.
Fed prudente, Powell cauto su tagli tassi
Difficilmente il rapporto odierno sui prezzi al consumo sposterà significativamente le prospettive sui tassi di riferimento della Federal Reserve. A delineare maggiormente le possibili decisioni della banca centrale americana per le prossime riunioni, a partire dal meeting dell’11-12 giugno, saranno anche i dati sul Pce core del 31 maggio e il successivo report sull’inflazione Cpi, in uscita proprio il 12 giugno. Eventuali letture molto deboli, con un sensibile raffreddamento dei prezzi, potrebbero aumentare le chance per una riduzione dei costi di finanziamento nelle riunioni di luglio o, più probabilmente, settembre.
Ieri Jerome Powell, presidente della Fed, ha ribadito che gli ultimi dati sull’inflazione non hanno evidenziato progressi sufficienti e che i tassi dovranno ancora rimanere su livelli restrittivi. Finora i dati sui prezzi sono risultati “più elevati di quanto qualcuno si aspettasse”. Pertanto, “dovremo essere pazienti e lasciare che la politica restrittiva faccia il suo lavoro”, ha concluso.
In precedenza, il chairman aveva suggerito due possibili scenari che potrebbero agevolare un taglio anticipato dei tassi: una moderazione dell’inflazione verso il target del 2%, indipendentemente dal mercato del lavoro, oppure un inatteso indebolimento di quest’ultimo. Gli ultimi dati sull’occupazione negli Usa hanno rinvigorito le speranze di un abbassamento del costo del denaro a settembre, ma molto dipenderà dai report sui prezzi in uscita nelle prossime settimane.
Focus sul Pce core del 31 maggio
L’attenzione si sposta quindi sul deflatore Pce core, l’indicatore di inflazione preferito dalla Fed per le sue decisioni di politica monetaria, in uscita il 31 maggio. L’ultima rilevazione si è attestata al 2,8%, superiore alle previsioni.
Nei giorni scorsi, gli analisti di Bloomberg hanno sollevato l’ipotesi che l’indice possa mostrare una lettura ancora robusta, malgrado la discesa del Cpi core emersa oggi. Questo perché il Pce core e il cosiddetto indice “supercore” (che esclude anche la componente degli alloggi) includono nel calcolo i prezzi per i pasti consumati fuori casa, rimossi invece dal Cpi core, che risentiranno di alcuni aumenti salariali nel settore. Dall’altro lato, la correzione del mercato azionario nel mese di aprile dovrebbe riverberarsi sulla componente di servizi finanziari del Pce core, che hanno un peso superiore al 7%.
La reazione dei mercati all’inflazione Usa
Dopo la pubblicazione del report sull’inflazione, i mercati continuano a scommettere su 1-2 tagli dei tassi nel 2024. L’allentamento complessivo atteso da parte della Fed è attualmente pari a 47 punti base.
Sostanzialmente fuori discussione una mossa nei meeting di giugno e luglio, mentre le probabilità di un allentamento nella riunione successiva, a settembre, raggiungono il 90%.
In seguito al report, i futures sui principali indici di Wall Street hanno accelerato al rialzo. I derivati sull’S&P 500 e sul Nasdaq avanzano di circa mezzo punto percentuale, rispetto all’andamento piatto precedente. I rendimenti dei Treasury decennali si attestano al 4,38% e quelli dei biennali al 4,75%, entrambi in calo di circa 6 bp e in discesa rispetto a prima che il rapporto fosse annunciato. Il cambio euro/dollaro risale a 1,085 e il dollaro/yen si deprezza lievemente a 155,3.
Ieri prezzi alla produzione, oggi vendite al dettaglio
I dati odierni giungono all’indomani di quelli contrastati sui prezzi alla produzione, che hanno evidenziato un incremento mensile superiore alle attese (+0,5%) e un +2,2% tendenziaòe. Tuttavia, la lettura del mese precedente è stata rivista al ribasso sia su base mensile (da +0,2% a -0,1%) sia anno su anno (da +2,1% a +1,8%).
Inoltre, alcune categorie di costi computate anche nell’indice Pce core hanno registrato una moderazione, come il costo delle cure ospedaliere ambulatoriali, diminuito dello 0,1% e le tariffe aeree, in calo del 3,8%.
Oggi sono stati diffusi anche i dati sulle vendite al dettaglio, invariate su base mensile rispetto al +0,4% previsto dagli analisti. Escludendo auto e benzina, le vendite retail sono diminuite dello 0,1% ad aprile, a fronte di un aumento atteso dello 0,2%