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Crisi banche finita? No. Spettro Lehman ancora qui

27 Giugno 2023 13:24

No, la crisi delle banche post crac SVB e dramma Credit Suisse non è ancora finita. Lo dice il numero uno della BRI, che paventa un evento Lehman

La crisi delle banche non è finita e il rischio di un evento Lehman Brothers o di una crisi che possa essere definita remake della crisi finanziaria scatenata con il crac Lehman, non è stato ancora del tutto scongiurato. E’ quanto ha detto il numero uno della BRI (Bis, o Banca dei Regolamenti Internazionali), Agustín Carstens, stando a quanto riportato da un articolo di Fortune.

La dichiarazione, quella relativa al rischio di un evento Lehman, potrebbe provocare scalpore dal momento che, di crisi delle banche, sia in Europa che negli Stati Uniti, non si parla ormai da un bel po’ di settimane, dopo la grande paura che ha colpito i mercati finanziari globali nel mese di marzo.

Quella crisi che aveva portato in molti a temere il bis della crisi finanziaria globale del 2008 è, almeno sui mercati, rientrata.

Ma è davvero rientrata nella realtà dei fatti?

Secondo il numero uno della BRI Agustín Carstens, evidentemente no.

Tra l’altro l’articolo di Fortune, che porta il titolo “Banks face their worst losses since the 2008 crisis if inflation cannot be tamed, says the world’s brain trust of central bankers” ricorda come la banca delle banche centrali, di norma, ovvero la BRI, non sia certo famosa per spiegare quanto accade nell’economia e nel sistema finanziario mondiale usando toni allarmistici: e questo è un altro elemento che rischia di destare ulteriori preoccupazioni.

Carsten ha parlato con i giornalisti in occasione della presentazione del Report Annuale della BIS: un report che sta facendo parlare tra l’altro di sé anche per il chiaro monito lanciato ai governi.

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Paura evento Lehman scattata con crac SVB e crisi Credit Suisse

Nel colloquio con il magazine Fortune, il numero uno della BRI è tornato a commentare il collasso delle tre banche americane: SVB, Signature Bank, First Republic.

Proprio il fallimento della banca californiana delle start-up SVB-Silicon Valley Bank aveva riacceso sui mercati la paura di un evento Lehman Brothers: paura che poi si è andata acuendo con la crisi, in Svizzera, di Credit Suisse (e i suoi bond) , banca salvata con un’operazione orchestrata dalla banca centrale Swiss National Bank, che l’ha data in sposa alla rivale di casa UBS.

In quelle settimane concitate di marzo, protagoniste indiscusse delle ansie dei trader e degli investitori erano espressioni come “fuga di depositi”, “bank run” e “corsa agli sportelli”.

Il dramma Credit Suisse alimentava in Europa il timore che anche altre banche europee potessero essere infettate dalla crisi.

Quando poi il trauma della californiana SVB sembrava ormai rientrato piombava, su un mercato che si stava riprendendo, il caso First Republic, la banca regionale che il colosso di Wall Street JP Morgan aveva cercato di blindare con diverse iniezioni di liquidità e che poi finiva per rilevare.

Da lì, la tensione, almeno sulle banche, è rientrata. Ma Carstens, nella sua intervista rilasciata a Fortune, si è mostrato guardingo. Secondo lui, il fatto che di crisi bancaria non si parli più, non significa che il pericolo sia del tutto alle spalle, soprattutto in una situazione in cui, ha detto il numero uno della BRI, “l’economia globale vive un momento cruciale”.

Il rischio per le banche porta il nome di NPL, acronimo che sta per Non Performing Loans, perdite sui crediti, crediti deteriorati.

Alert BRI su NPL banche: il rischio crisi finanziaria 2008

Nel suo rapporto annuale, la BRI ha, di fatto, chiaramente scritto che, se i prezzi al consumo e alla produzione (entrambi termometri del trend dell’inflazione) dovessero rimanere più alti, per un periodo più lungo di quanto anticipato, le banche potrebbero far fronte, ovviamente, al balzo degli NPL “in modo simile, a livello di grandezza” a quanto accaduto durante la crisi finanziaria globale del 2008.

In quell’anno da incubo, e non solo per i mercati, Lehman Brothers collassò, mentre diverse furono banche commerciali importanti costrette a chiudere i battenti.

Wachovia fu fagocitata da Wells Fargo, mentre Washington Mutual divenne la banca più grande degli Stati Uniti a fare crac.

Precisazione: né Carstens né la BRI hanno fatto i nomi delle due banche regionali Usa fallite SVB-Silicon Valley Bank e First Republic.

La banca delle banche centrali ha tuttavia avvertito che anche i problemi di banche minori potrebbero minare la fiducia degli investitori nell’intero sistema bancario.

E, nel suo report annuale, la BRI ha chiaramente scritto che, nel caso di uno scenario caratterizzato da tassi “higher-for-longer”, ovvero da tassi di interesse più alti per un periodo di tempo più lungo, rispetto a quanto anticipato, le perdite sui crediti sofferte dalle banche potrebbero “avvicinarsi ai livelli visti durante la Grande crisi finanziaria”, dunque dai tempi della fine dei giochi per Lehman Brothers.

In modo particolare, le perdite delle banche con una grande esposizione ai settori più sensibili ai tassi di interesse rischierebbero di essere “più pesanti”.

La tassa dell’inflazione, dunque, rischia di colpire in modo significativo anche le banche che, finora, hanno beneficiato piuttosto delle strette monetarie lanciate dalla Fed e dalla Bce, grazie all’effetto dei rialzi dei tassi sui loro rispettivi NII (margini di interesse).

Ma con il rischio recessione, aumenta parallelamente anche il rischio di un default delle imprese e delle famiglie a cui gli istituti hanno fatto credito, e dunque di un balzo degli NPL, ergo crediti deteriorati.