Banche europee: i rischi post SVB-Credit Suisse
Banche europee, cosa succede ora? Quale sarà il danno del panico SVB-Credit Suisse-Deutsche Bank?
Quali sono le reali condizioni di salute in cui versano le banche europee – e, di conseguenza, in cui versa il credito in Europa – dopo i recenti terremoti che hanno colpito il sistema bancario made in Usa e in Europe?
Gli analisti commentano l’impatto del panico scatenato sui mercati prima dalla notizia del crac della banca californiana delle start up Silicon Valley Bank (SVB), poi dal salvataggio di Credit Suisse, infine dal tonfo, venerdì scorso, del titolo di Deutsche Bank, prima banca in Germania.
Lo stress sul sistema bancario c’è, questo è un dato di fatto.
Da qui a temere di essere all’alba di una crisi finanziaria globale simile a quella provocata dal crac di Lehman Brothers, ce ne passa.
Anche perché, su una cosa gli analisti sembrano essere d’accordo: questa è una crisi che è stata scatenata dalla paura che ha infettato i mercati. ‘Come sempre’: potrebbe ribattere qualcuno. Certo, è la risposta, con tanto però di precisazione: le banche europee, almeno quelle, sono al sicuro. E questo per merito delle regole di Basilea III.
Banche europee ben capitalizzate, semmai il rischio è in Usa
Lo ha detto chiaramente, nel corso di un’intervista rilasciata alla CNBC Dan Scott, responsabile di Vontobel Multi Asset.
L’introduzione di Basilea III, dunque delle misure varate dopo la crisi finanziaria del 2008 al fine di rafforzare i controlli sulle banche e la loro stessa gestione del rischio, ha reso gli istituti di credito europei “capitalizzati in modo significativo”.
Dunque, almeno per Scott, niente paura per quanto riguarda le banche europee.
Piuttosto, “credo che il problema sia rappresentato dalle banche di piccola e media dimensione degli Stati Uniti” che non sottostanno alle regole di Basilea III e che non sono state sottoposte agli stress test.
“E’ qui – ha continuato il numero uno di Vontobel Multi Asset – che sono stati individuati i problemi”. Problemi che tra l’altro affondano le radici anche nella decisione dell’amministrazione dell’ex presidente americano Donald Trump di allentare, per le banche regionali degli States, un bel po’ di controlli.
Ma per le “banche europee più importanti, di grande capitalizzazione, il quadro è completamente diverso, e non mi preoccuperei”, ha rimarcato Scott.
Il numero uno di Vontobel Multi asset ha fatto notare, anche, che, prima del salvataggio di emergenza orchestrato dal governo svizzero e dalla banca centrale Swiss National Bank, la stessa Credit Suisse, venduta alla rivale UBS, presentava un CET1 ratio e un ratio di liquidità solidi, a dimostrazione di come l’istituto fosse ancora solvibile e dotato di liquidità.
Kairos: più crisi di fiducia che crisi di liquidità
A commentare la crisi recente che ha travolto le banche regionali americane e le banche europee è stato anche Alberto Tocchio, Head of European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR.
Tocchio ha riassunto quanto emerso in queste ultime sedute, ricordando che, dopo lo shock dei bond At1 azzerati di Credit Suisse, in realtà gli stessi bond AT1 o Cocos avevano “recuperato parecchio delle perdite”, tanto che il titolo UBS era balzato fino a +35% in poche ore, insieme al settore bancario europeo”, che aveva “recuperato il 14%”.
Questo, prima che le banche tornassero a essere vendute pesantemente in Borsa a causa del fattore Deutsche Bank.
Il settore bancario ha così riperso tutto, “con il faro puntato – ha fatto notare Tocchio – come avevamo previsto e accennato settimana scorsa, sulle banche nordiche per l’alta esposizione al settore immobiliare e a Deutsche Bank vista come un’altra banca esposta alla potenziale recessione in Germania e con un book più esposto delle altre banche al residenziale”.
Lo strategist di Kairos ha parlato però più di “una crisi di fiducia che di liquidità”, ricordando come il panico giochi “brutti scherzi” e puntualizzando anche che “Deutsche Bank non è Credit Suisse”.
Il colosso bancario tedesco, ha infatti teso a sottolineare, “ha una raccolta più retail ed è più difficile che possa rapidamente muoversi”.
Inoltre “le rassicurazioni europee sono state piuttosto chiare”.
Paradosso banche: ora impegnate in richiami bond At1
Detto questo, il responsabile della divisione di Equity and Thematics di Kairos Partners SGR in Europa, ha messo in evidenza anche il seguente paradosso:
“Abbiamo ora le banche centrali pronte a garantire ulteriore liquidità al sistema bancario, ma paradossalmente sono le banche stesse che per proteggersi non si espongono più a prestiti facili, non aiutate anche dai livelli più alti dei loro costi di finanziamento come i bond AT1″.
Banche dunque meno propense a fare credito, “che fanno quel tightening all’economia reale che porterà inevitabilmente ad una decrescita dell’economia e degli utili per ora non pienamente scontata dall’azionario”.
In definitiva, “le banche ora preferiscono fare acquisti del loro debito piuttosto che prestare ad aziende e famiglie”.
D’altronde, la notizia dei bond di Credit Suisse azzerati ha scosso non poco i mercati.
La crisi che ha colpito le banche europee e le banche Usa potrà essere stata causata, dunque, anche soltanto dal fattore paura, ma i riflessi sui fondamentali dell’economia e sui mercati, comunque, ci saranno.
Il risultato è che, ha sottolineato ancora Tocchio, “l’inflazione ora fa meno paura della stabilità finanziaria e potenziale recessione“, in una situazione in cui “lo steepening delle curve quasi sempre preannuncia un periodo più difficile per l’azionario”.
Credit Suisse e le banche europee, quale impatto sul mercato?
L’effetto Credit Suisse e la paura per il destino delle banche europee sono stati argomenti affrontati anche da François Rimeu, Senior Strategist, La Française AM, nell’analisi ad hoc: “Credit Suisse e le banche europee, quale impatto sul mercato”.
Lo strategist ha fornito anche consigli operativi agli investitori.
“L’attuale situazione di stress del settore bancario, visibile sia negli Stati Uniti che in Europa, fa riemergere lo spettro delle crisi finanziarie del passato e in particolare quella del 2008 – ha fatto notare Rimeu, aggiungendo che “per molte ragioni, tuttavia, la situazione è oggi molto diversa, con banche molto meglio capitalizzate e le cui attività più rischiose sono quasi scomparse dai bilanci”.
Detto questo, “è estremamente difficile sapere quali saranno le esatte conseguenze di questi fallimenti sulla crescita economica, soprattutto perché la situazione rimane molto incerta sul futuro di alcune banche regionali statunitensi che hanno visto crollare i loro prezzi azionari negli ultimi giorni”.
Di conseguenza, Rimeu ha detto di ritenere che le “turbolenze possano accelerare l’inasprimento delle condizioni di credito, in quanto le banche si concentreranno sulla costruzione di bilanci solidi, anche se ciò andrà a scapito dei loro volumi di prestiti”.
In un contesto in cui “le condizioni finanziarie sono ora restrittive, sia negli Stati Uniti che in Europa”, l’avvertimento non è mancato. Il rischio è che “con il passare del tempo aumenta la probabilità di eventi creditizi simili a quelli appena vissuti”.
“Le prime ‘vittime’ – ha ricordato lo strategist nella nota dedicata alle banche europee – sono state gli anelli più deboli dell’ecosistema finanziario, ma sulla base dei cicli di restrizione passati, altri seguiranno e non necessariamente nel mondo bancario”.
I principali “sospetti”?
Sembrano essere proprio “i settori che hanno beneficiato per anni di tassi di interesse estremamente bassi, moderatamente regolamentati e le cui attività sono illiquide e/o valutate in modo artigianale (private equity / prestiti a privati / “shadow banking”).
La Française AM: come posizionarsi sul mercato del credito
Il Senior Strategist di La Française AM non ha indorato la pillola.
“La situazione sembra ora preoccupante e invita alla cautela“, ha detto, riferendosi alle banche a quei bond emessid dalle stesse che sono stati travolti da un sell off dopo il caso delle obbligazioni AT1 azzerate di Credit Suisse.
Pur definendo “la crisi bancaria un evento creditizio importante, ma non tale da “modificare le previsioni di inflazione e crescita in misura sufficiente da indurre le banche centrali a interrompere il loro ciclo di rialzi dei tassi”, Rimeu ha scritto che “il problema è che con il passare del tempo aumenta la probabilità di un evento del genere, con il ritorno della volatilità in modo molto violento”. Aggiungendo che, “a questo proposito, è piuttosto raro assistere a un massiccio aumento della volatilità implicita dei mercati del reddito fisso senza che questo abbia un impatto significativo sulla volatilità di altre classi di attività o sui premi di rischio in generale”.
Detto questo, “non è affatto certo che ciò che abbiamo visto nelle ultime due settimane” si ripeta di nuovo.
Passando ai consigli pratici di investimento, lo strategist ha reso noto che l’esposizione di La Francaise sulle azioni risulta bassa:
“Abbiamo incrementato il peso delle utilities a scapito dei titoli energetici e finanziari (nonostante la già bassa esposizione al settore finanziario)”.
A livello di aree geografiche, la preferenza è rivolta all'”Asia/Cina e all’Europa/USA”.
Sul mercato del credito, La Française AM ha illustrato la propria strategia:
- Debito subordinato: Cautela sul segmento di mercato LT2, in particolare sulle call corte, con un mercato che prezza pochissimo il rischio non-call per il 2023. Ci aspettiamo molte non-call sugli AT1 (come Deutsche Bank di recente), ma i prezzi riflettono già questo rischio.
- Investment grade: il debito bancario non è quasi mai stato scontato come la sua controparte non bancaria; siamo positivi nel medio termine sull’Eurozona, più cauti verso gli Stati Uniti. Il resto del mercato è stato leggermente scontato, ma sta beneficiando della sua elevata duration senza questi periodi di stress.
- High yield: Continueranno ad emergere rischi e tassi di default, con valutazioni che non riflettono ancora pericoli significativi. Sebbene i fondamentali delle società rimangano solidi, stiamo riducendo le nostre allocazioni, soprattutto nel segmento B.