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Credit Suisse: e ora la Bce accende fari su banche

15 Marzo 2023 19:20

Credit Suisse, ora la Bce ci vuole vedere chiaro. Almeno, così sembra. Al punto che, stando ad alcune indiscrezioni, le autorità di vigilanza della Bce, responsabili della supervisione delle banche dell’Eurozona, avrebbero contattato gli istituti di credito del blocco per avere informazioni sulla loro esposizione finanziaria verso il gigante elvetico.

A riportare le indiscrezioni è stato in primis il Wall Street Journal, citando fonti vicine a Francoforte.

Non per niente a Piazza Affari è andata di scena la Caporetto delle banche italiane: UniCredit ha chiuso con un tonfo superiore a -9%, Intesa SanPaolo è scivolata del 6,85%, Banco BPM ha fatto -7,13%, Bper ha chiuso con un crollo del 7,23%.

Al di fuori del listino principale Mps Monte dei Paschi di Siena, che all’inizio dell’anno aveva incassato forti rally beneficiando delle varie scommesse su un risiko bancario a Piazza Affari, si è confermata l’anello debole delle banche italiane, soffrendo un capitombolo di oltre il 10%.

Il bagno di sangue non ha risparmiato le altre banche europee.

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Credit Suisse: tonfo -24%, banche europee sotto attacco

L’effetto domino del collasso di Credit Suisse, che ha chiuso segnando un crollo del 24% dopo essere scivolata fino a oltre il 30% nei minimi intraday testati alla borsa di Zurigo, è stato più che evidente.

Alla borsa di Parigi BNP Paribas ha perso più del 10%, Société Générale è affondata di oltre il 12%, le tedesche Commerzbank e Deutsche Bank hanno archiviato la seduta alla borsa di Francoforte con capitomboli di oltre l’8%.

La paura non poteva non infettare anche i grandi nomi di Wall Street: le vendite sono tornate ad attaccare non solo i titoli delle banche regionali – che, grazie alle mosse degli insider, erano riusciti a risorgere, blindati dai rispettivi shopping dei loro ceo – ma hanno assediato anche colossi di Wall Street del calibro di JP Morgan, Goldman Sachs, Citigroup.

Neanche il tempo di riprendersi dallo shock del crac di Silicon Valley, il fallimento della banca più grande da quello di Washington Mutual del 2008, neanche il tempo di digerire la tesi secondo cui, dopo tutto, il paragone tra Svb e Lehman Brothers non aveva forse ragione di esistere: sui mercati, che stavano iniziando a digerire il fattaccio Silicon Valley Bank, è esplosa la paura per le sorti di Credit Suisse, un gigante del mondo sistemico.

Forse, la vera Lehman Brothers. Altro che Svb, o le crypto bank saltate in aria anche esse, ovvero Silvergate e Signature Bank.

Difficile, se non impossibile, riuscire a sfuggire ai sell. E così il Ftse Mib di Piazza Affari, particolarmente esposto ai titoli bancari, ha chiuso la sessione con un tonfo di quasi -5%.

Sotto attacco anche la borsa di Londra (-3,8%), Francoforte -3,27%, Parigi -3,58%: praticamente tutta l’Europa, con l’indice benchmark Stoxx 600 in ritirata del 3% circa.

Ma Piazza Affari è stata, per l’appunto, la peggiore.

Roubini: troppo grande per fallire, troppo grande per essere salvata

Il dramma Credit Suisse si è consumato in tutto il mondo mentre i vertici del colosso elvetico si affannavano a mettere in risalto la solidità della banca che, in un post su Twitter, Dr. Doom Nouriel Roubini ha definito “troppo grande per fallire e troppo grande per essere salvata”, parlando proprio di Lehman Moment.

Una banca di cui, a causa del caos contabile che la caratterizza, neanche si riesce a conoscere, come ha scritto ancora Roubini, l’ammontare delle perdite non realizzate su strumenti finanziari e altri asset.

Una banca insomma gigante, ma nonostante questo niente affatto trasparente, la cui storia è costellata da scandali e richieste di informazioni da parte delle autorità di tutto il mondo.

Sei giorni fa, Credit Suisse comunicava infatti ai mercati la necessità di posticipare la pubblicazione dei conti del 2022, dopo la chiamata della Sec, l’autorità di Borsa Usa.

In un comunicato stampa, il colosso faceva riferimento a una interlocuzione con la Sec, che aveva obiettato sulla “valutazione tecnica di alcune revisioni, precedentemente comunicate – così annunciava Credit Suisse – relative a comunicazioni sui flussi di cassa consolidati dell’anno terminato il 31 dicembre del 2020, e del 2019″.

La Sec aveva acceso i riflettori anche sui “relativi controlli” messi in atto dall’istituto.

Di conseguenza, il gigante svizzero rendeva nota la decisione dei vertici di posticipare la pubblicazione dei conti, per “comprendere in modo più accurato i commenti ricevuti”.

Il quadro si faceva più drammatico ieri, con Credit Suisse che ammetteva di aver individuato “debolezze significative” nei processi di controllo attivati sui conti del 2021 e del 2021.

Le azioni continuavano a capitolare alla borsa di Zurigo, toccando nuovi minimi, insieme ai prezzi di alcune obbligazioni.

Credit Suisse e lo schiaffo saudita

La vera e propria bomba è stata sganciata nelle ultime ore, con lo schiaffo arrivato addirittura dai sauditi principali azionisti di Credit Suisse.

Si sta parlando del primo azionista della banca, la Saudi National Bank (SNB), che ha detto chiaramente che non inietterà ulteriore cash nel colosso elvetico.

Non possiamo, perché andremmo al di sopra del 10%. Si tratta di una questione che attiene alla regolamentazione – ha detto il presidente della banca saudita Ammar Al Khudairy nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia Reuters.

Detto questo, il manager ha puntualizzato che Saudi National Bank è soddisfatta del piano di ristrutturazione avviato dal gigante svizzero, aggiungendo che, a suo avviso, è improbabile che la banca possa aver bisogno di ulteriori finanziamenti.

Saudi National Bank, va ricordato, ha rilevato una partecipazione di Credit Suisse pari al 9,9%, attraverso l’aumento di capitale del valore di 4,2 miliardi di dollari lanciato dall’istituto.

Non credo che avranno bisogno di più soldi; se guardate ai loro ratio, sono a posto. Inoltre (la banca) opera seguendo regimi normativi solidi di Svizzera e di altri paesi“, ha detto ancora Ammar Al Khudairy, a margine di una conferenza che si è tenuta a Riyadh, in Arabia saudita.

In un momento in cui il caso Silicon Valley Bank ha già innescato una crisi di fiducia nei confronti delle banche, i mercati non hanno retto però il colpo, complici anche alcuni commenti arrivati dagli analisti.

“Se le autorità di regolamentazione non gestiranno bene la situazione di Credit Suisse, ci saranno reazioni violente in tutto il settore (delle banche)”, ha avvetito Joost Beaumont, responsabile della divisione di ricerca sulle banche della olandese ABN Amro. “A rendere la situazione peggiore, è il fatto che entrambe le sponde dell’Atlantico presentano problemi che riguardano le banche”.

Boom cds: il livello che preoccupa

Il panico sul destino di Credit Suisse è stato scontato, di nuovo, dai cds – credit default swap – contratti per assicurarsi contro il rischio di default di obbligazioni, in questo caso emesse dal gigante svizzero.

In particolare Bloomberg ha riportato che “i credit default swap a 1 anno di CS sono saliti a 835,9 punti base”, indicando il rischio di ulteriori rialzi. L’agenzia ha ricordato che “un livello dei cds a 1000 sarebbe fonte di seria preoccupazione”.

Alla BBC Andrew Kenningham of Capital Economics ha riassunto inoltre i dubbi dei mercati:

“Il problema di Credit Suisse ancora una volta solleva l’interrogativo se questa sia l’inizio di una crisi globale o se si tratti di un altro caso idiosincratico” (come quello, così come è stato definito di Silicon Valley Bank).

Certo, Credit Suisse, pur scioccando in questi giorni i mercati, non può essere considerato un caso shock come quello di Silicon Valley bank.

I suoi problemi sono noti da tempo. Che dire per esempio della decisione dei clienti di Credit Suisse di ritirare fino a 84 miliardi di franchi svizzeri, ovvero l’equivalente di $88,3 miliardi, notizia comunicata alla fine del novembre dello scorso anno, che ha sancito l’attacco alla divisione di wealth management?

Qualcuno commentava:

“I clienti molto ricchi non vogliono fare la figura degli stupidi tenendo la maggior parte dei loro soldi in una banca che non è capace di gestire i propri affari al punto da non riuscire a fare utili”.

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Lehman Moment: un allarme già lanciato

E di Lehman Moment per Credit Suisse, si era parlato in realtà anche all’inizio di ottobre del 2022, quando gli spread dei cds di Credit Suisse (CDS-credit default swap, ovvero contratti di assicurazione per tutelarsi dal rischio di un eventuale fallimento, default, dei bond), segnavano l’ennesimo forte boom.

Erano giorni in cui Charlie Gasparino di Fox Business riportava che “il ceo Ulrich Koerner stava incontrando “grandi investitori istituzionali, preoccupati per le precarie condizioni  della banca, con l’obiettivo di rassicurarli del fatto che la banca disponeva di un solido capitale e di una solida liquidità..”.

Poche settimane dopo, la banca lanciava un maxi aumento di capitale, che rendeva i sauditi di Saudi National Bank i primi suoi azionisti.

Ancora prima, nel giugno del 2022, la banca aveva lanciato l’ennesimo profit warning, citando la guerra in Ucraina e la fase di rialzo dei tassi.

E che dire dei conti horribilis di Credit Suisse del 2021, quando il colosso era stato travolto dalla finanza d’azzardo scontando il collasso dei fondi legati a Greensill e la perdita di $5,5 miliardi di trading legata all’implosione del fondo di investimenti Archegos?

Credit Suisse si era confermata in particolare la banca più esposta, tra quelle che avevano finanziato le folli scommesse del fondo Archegos (altri nomi includono Goldman Sachs, Nomura, Morgan Stanley).

Il fondo era collassato nel momento in cui non era riuscito a soddisfare le margin call presentate dalle stesse banche che, verso la fine di marzo del 2021, avevano iniziato a bombardare Archegos con richieste di maggiori garanzie, consapevoli di come le sue puntate non stessero andando come sperato. Una puntata bullish, quella dell’hedge fund lanciato da Bill Hwang (tra l’altro noto per aver fatto anche mea culpa, anni prima, in un caso di insider trading che aveva visto protagonista un altro fondo che gestiva allora, Tiger Asia Management), andata a finire decisamente male.

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Prima Silicon Valley Bank, ora Credit Suisse.

Stiamo assistendo a un terremoto bancario che è iniziato nella Silicon Valley, e che si sta diffondendo davvero in tutto il mondo – ha commentato Edward Moya, analista dei mercati senior di Oanda, alla Cnbc – I mercati si stanno rendendo conto del fatto che ci sono banche in difficoltà, in quanto molti dei loro modelli di redditività su cui hanno fatto affidamento sono stati basati, soprattutto, sul contesto di tassi di interessi a zero”. Che ora, non esiste più.

Grande attesa per l’annuncio sui tassi che arriverà domani, alle 14.15, dalla Bce guidata da Christine Lagarde. Una Bce sempre più sotto assedio, da parte di chi, ben prima dell’esplosione della crisi di Svb, aveva già lanciato l’attenti sul rischio che Lagarde & Co. stessero esagerando, con la loro carrellata di rialzi dei tassi anti-inflazione.

BCE: SEGUI LA DIRETTA

In un mondo gelato ora dalla paura di un evento Lehman, l’Eurotower è ancora più sotto pressione: si allunga infatti la lista di chiede alla banca centrale di sotterrare l’ascia delle strette monetarie contro la fiammata dei prezzi.