Alert Credit Suisse: clienti ricchi in fuga dal wealth management. La banca aspetta ora i soldi sauditi
Allarme Credit Suisse: la seconda banca più grande della Svizzera ha ammesso di essere alle prese con una imponente fuga dei clienti. Fuga che ha colpito soprattutto la divisione di wealth management.
Spaventati dalla crisi che sta assediando il gigante elvetico, che ha lanciato un processo di ristrutturazione storico, i clienti di Credit Suisse hanno ritirato fino a 84 miliardi di franchi svizzeri, ovvero l’equivalente di $88,3 miliardi.
La fuga si è manifestata nelle prime settimane di questo trimestre, nel periodo compreso tra il 30 settembre e l’11 novembre:
in totale, i flussi in uscita sono ammontati al 6% circa degli $1,47 trilioni di asset di Credit Suisse.
Credit Suisse, i clienti: non vogliamo fare la figura degli stupidi
Il fuggi fuggi ha colpito soprattutto la divisione di wealth-managament, ovvero proprio il business core del gruppo, quello della gestione dei grandi patrimoni dei clienti ricchi, che hanno ritirato l’equivalente di ben $66,7 miliardi dall’istituto.
La notizia è arrivata come una bomba in concomitanza con le stime del colosso sulle perdite del quarto trimestre e con la decisione degli azionisti di dare l’ok a un aumento di capitale da 4,2 miliardi di dollari.
Indicativo il commento riportato da Peter Lee nell’articolo di Euromoney:
“I clienti molto ricchi non vogliono fare la figura degli stupidi tenendo la maggior parte dei loro soldi in una banca che non è capace di gestire i propri affari al punto da non riuscire a fare utili”.
D’altronde, quella perdita stimata dalla stessa Credit Suisse per il quarto trimestre del 2022, pari a 1,5 miliardi di franchi svizzeri, andrebbe ad aggiungersi al rosso di 1,9 miliardi di franchi sofferto nei primi nove mesi dell’anno. Una perdita di bilancio decisamente monstre, che ha portato i clienti ricchi della banca a fare un po’ di conti. E a decidere alla fine di andare altrove.
Il risultato è che, con la loro fuga, la divisione di wealth-management ha assistito a flussi in uscita, dall’inizio del quarto trimestre, pari a ben il 10% del valore degli asset che gestiva alla fine di settembre, nel bel mezzo di un processo di risanamento.
Credit Suisse ha confermato ieri il lancio di una serie di misure volte ad affrontare i problemi che assillano in modo persistente la sua investment bank, nell’ambito di un più ampio piano di ristrutturazione:
“Queste misure decisive dovrebbero tradursi in una ristrutturazione radicale dell’Investment Bank, in una trasformazione accelerata dei costi e in un capitale rafforzato e riallocato: ognuna di queste misure sta facendo progressi”.
Credit Suisse e l’allarme Lehman Moment scattato sui mercati
Ma dei problemi della banca si parla ormai da diversi mesi, tanto che, all’inizio di ottobre, sui mercati era scattato perfino l’allarme di un Lehman Moment.
Il Financial Times riportava che uno stesso dirigente di Credit Suisse aveva riferito di contatti tra i vertici e i “clienti e controparti” per capire il da farsi.
“Stiamo ricevendo anche messaggi di sostegno dai nostri principali azionisti”, aveva continuato il manager, aggiungendo che la banca avrebbe voluto evitare il ricorso a un aumento di capitale, per non deprimere le quotazioni del titolo, già allora a valori minimi record.
E invece l’aumento di capitale si farà, per la precisione in due tranche.
La prima, che ha ricevuto l’approvazione del 92% degli azionisti, vedrà Credit Suisse collocare in via privata le nuove azioni a nuovi investitori, che includono la Saudi National Bank, intenzionata a rilevare con la sottoscrizione delle azioni fino al 9,9% del capitale.
Alcuni analisti temono tuttavia che neanche un aumento di capitale tanto significativo (da $4,2 miliardi) possa non bastare, a meno che Credit Suisse non concretizzi in toto il suo piano di ristrutturazione, incentrato anche sulla vendita di alcune attività e sull’uscita da alcuni business.
La seconda fase dell’aumento di capitale avverrà piazzando invece i nuovi titoli agli investitori esistenti: questa proposta è passata con il 98% dei voti degli azionisti.
Intervistato da Euromoney Simon Adamson, amministratore delegato e responsabile della divisione globale di ricerca finanziaria presso CreditSights, ha fatto notare che la preoccupazione, per Credit Suisse, è che proprio il suo fiore all’occhiello, ovvero la divisione di gestione patrimoniale wealth management, dovrebbe confermarsi, nei piani della banca, “il core business”, una volta risanata. Cosa avverrà di conseguenza al core business del colosso, se i clienti ricchi continueranno a farsi alla fuga?
LEGGI ANCHE
Credit Suisse: crollano i ricavi da trading, livello più basso da decenni
Analisti preoccupati: i commenti di Bank Vontobel e JP Morgan
La fuga dei clienti da Credit Suisse contrasta tra l’altro con quanto sta avvenendo presso altri titani del mondo dell’alta finanza: nel corso del terzo trimestre, la divisione di wealth management della rivale svizzera UBS ha assistito a flussi in entrata superiori ai 17 miliardi di dollari, mentre Julius Baer ha reso noto di aver assistito a “un evidente miglioramento” nei nuovi flussi in entrata a partire dalla fine di giugno, con i clienti più ricchi che hanno aggiunto un ammontare netto di 4,1 miliardi di franchi svizzeri nei quattro mesi terminati a ottobre.
“I flussi in uscita massicci che hanno colpito il Wealth Management, il core business di Credit Suisse insieme a quello della Swiss Bank, destano profonde preoccupazioni, anzi le acuiscono, visto il fenomeno non è ancora rientrato”, ha commentato Andreas Venditti, analista della divisione di banche presso Bank Vontobel – Credit Suisse deve ripristinare la fiducia il più velocemente possibile. Ma è molto più facile a dirsi che a farsi”.
Pessimisti anche gli analisti di JPMorgan Chase e Jefferies, che hanno commentato la fuga dei clienti dal wealth management di Credit Suisse affermando che i flussi in uscita sono stati decisamente peggiori rispetto a quanto era stato paventato.
Il titolo CS non poteva non reagire incassando nuove forti perdite: le quotazioni di Credit Suisse sono scese nella giornata di ieri del 5%, portando il tonfo YtD a quasi -60%.
A questo punto si spera nei soldi dei sauditi: la banca più grande dell’Arabia Saudita, la Saudi National Bank, si appresta infatti a diventare il maggiore azionista di Credit Suisse, partecipando all’aumento di capitale da $4,2 miliardi.
Credit Suisse si appresta a fare il bis di perdite nel 2022
Credit Suisse si appresta intanto a fare il bis dell’annus horribilis del 2021, quando pagò con una perdita di 2 miliardi di franchi svizzeri soprattutto l’esposizione al disastro del fondo Archegos: il colosso elvetico si confermò lo scorso anno la banca più esposta, tra quelle che avevano finanziato le folli scommesse del fondo (altri nomi includevano Goldman Sachs, Nomura, Morgan Stanley).
Il fondo Archegos collassò in quanto incapace di soddisfare le margin call presentate dalle stesse banche che, verso la fine di marzo del 2021, avevano iniziato a bombardarlo con richieste di maggiori garanzie, consapevoli di come le sue puntate non stessero andando come sperato.
Credit Suisse era stata costretta a tagliare il 97% della sua esposizione al fondo.
Tra l’altro la banca era appena reduce dal rimpasto nella sua divisione di risparmio gestito resasi necessaria per contenere un altro danno sofferto: quello del collasso di Greensil, il gigante della finanza che contava tra i suoi consulenti l’ex premier britannico David Cameron.
All’inizio di marzo del 2021 Greensill aveva presentato un’istanza per ricorrere all’amministrazione controllata, sulla scia di un ‘grave stress finanziario’ e per l’impossibilità di rimborsare un prestito del valore di 140 milioni di dollari a Credit Suisse.
Il crac di Greensil era stato tale da trascinare nel disastro il settore dell’acciaio UK e alcuni risparmiatori tedeschi, mettendo in allerta anche la Bce.
Insomma, nel 2021, Credit Suisse ha pagato cara la doppia implosione del fondo Archegos e di Greensil Capital, facendosi travolgere in sostanza dai pericoli della finanza d’azzardo:
l’annus horribilis si concludeva con una perdita monstre, per l’appunto, di 2 miliardi di franchi svizzeri.
Le cose sono decisamente peggiorate con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, che ha fatto scivolare il mondo intero in una crisi profonda, azzoppando nel caso specifico i tentativi del colosso svizzero di rilanciare la propria redditività.
La banca si è messa sotto i riflettori subito, quest’anno, con il profit warning precedente lanciato sui risultati del secondo trimestre.
Verso la fine di settembre sono circolate inoltre indiscrezioni, secondo cui Credit Suisse avrebbe pensato di dividere in tre la divisione di investment banking.
Per ora, riguardo al piano di ristrutturazione, si è appreso da alcune fonti che il colosso elvetico ha siglato un accordo con il gigante del private equity Apollo Global Management avente per oggetto una porzione significativa del gruppo di prodotti cartolarizzati (SPG) della sua investment bank.