Cds: il ruolo nel disastro Deutsche Bank (non solo)
Cds ovvero credit default swap tra gli acronimi più indicativi del rischio di default, che si tratti di una banca ma anche del debito sovrano di uno stato, ora al centro dell’attenzione con il caso Deutsche Bank.
Di cds se ne è parlato molto durante la crisi dei debiti sovrani dell’area euro – dunque anche molto nel caso dell’Italia – così come se ne ne è parlato molto in tempi decisamente più recenti, e di recente con le impennate che hanno interessato sia i credit default swap di Credit Suisse che di Deutsche Bank, per l’appunto.
Più semplicemente, si potrebbe dire che i cds fanno rima nel mondo della finanza con il termine di default di bond, obbligazioni, emessi da stati oppure da istituzioni finanziarie.
Di tanto in tanto, in momenti di gravi tensioni sui mercati, questa sigla tornare a saltare fuori.
Per esempio, nel 2022 si è parlato del balzo dei cds al record in due anni anche e perfino in riferimento ai bond di Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup, a causa dell’inflazione esplosa negli Stati Uniti come effetto prima del reopening dell’economia post lockdown da Covid, e poi per la guerra in Ucraina e le relative sanzioni imposte contro la Russia.
Il livello di questi contratti è risalito sulla scia delle strategie di hedging, lanciate dai detentori di obbligazioni per proteggersi contro il rischio di eventuali default delle stesse.
Cds: cosa sono i credit default swap
I CDS, di fatto, sono strumenti derivati sul rischio di credito che attribuiscono ai detentori la possibilità di proteggersi contro il rischio, per l’appunto, che un debitore non onori i pagamenti dovuti.
Nel sito del Tesoro italiano, riguardo ai cds sovrani, in un approfondimento legato al tema, si legge che “i contratti di Credit Default Swap (CDS) hanno per oggetto l’acquisto o la vendita di protezione contro il rischio di default di un determinato emittente, in funzione dell’esposizione derivante dalla detenzione di specifici strumenti, con scadenze differenziate”.
Nel caso degli emittenti sovrani, si legge nell’analisi, “i contratti più utilizzati hanno come riferimento i titoli di Stato benchmark corrispondenti (nel caso italiano i BTP), soprattutto nelle scadenze a 5 e 10 anni. Al riguardo è opportuno precisare che mentre sui titoli di Stato il riferimento del mercato è rappresentato dalla scadenza decennale, nei CDS è piuttosto il contratto a 5 anni quello costantemente monitorato da analisti ed operatori, in quanto il più trattato e, di conseguenza, quello caratterizzato da
maggiore liquidità”.
Ma perchè in queste ultime ore e sessioni si è tornato a parlare di questi strumenti?
La risposta porta il nome soprattutto del colosso bancario tedesco Deutsche Bank, bombardato venerdì scorso da una ondata di sell, dopo la notizia del boom dei suoi cds.
Il punto è che, stando a quanto ha riportato un articolo di Bloomberg , dietro a quel collasso dei mercati che ha scioccato il mondo meno di una settimana fa, ci sarebbe stata una sola scommessa. Una sola scommessa, del valore di 5 milioni di euro, che avrebbe avuto per oggetto i cds sui bond emessi dalla banca numero uno in Germania.
Bloomberg ha ricordato che questi contratti possono essere illiquidi e che dunque, basta una sola puntata a scatenare movimenti violenti sui mercati e a provocare quel tipo di inferno che ha infettato anche gli altri istituti di credito che, oltre al tonfo delle loro azioni, hanno assistito impotenti al boom dei rispettivi cds.
Quel sell off ha provocato un crollo della capitalizzazione di mercato di Deutsche Bank di 1,6 miliardi di euro, bruciando contestualmente più di 30 miliardi di euro di un indice che replica il trend dei titoli bancari europei, dopo che i mercati avevano già pagato il crac della banca californiana Silicon Valley Bank, i continui timori per le banche regionali Usa e il dramma Credit Suisse, data poi in sposa a UBS.
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Bloomberg ha sottolineato che non è chiara l’identità di chi abbia piazzato la scommessa, così come non è chiaro il motivo per cui la stessa sia stata piazzata.
Non c’è inoltre nessun elemento di prova che dimostri che l’operazione sia stata illegale. La sensazione è che la transazione sia avvenuta con l’obiettivo del trader di proteggersi dal rischio di default, dunque per motivi di hedging.
La puntata avrebbe avuto per oggetto i titoli di debito junior di Deutsche Bank, e non sarebbe stata tra l’altro neanche l’unica.
Una delle fonti interpellate avrebbe rivelato che le autorità di regolamentazione avrebbero individuato anche un’altra scommessa su contratti di cds riferiti a bond senior a cinque anni.
Il più scambiato, stando ai dati compilati di Bloomberg, sarebbe stato proprio il cds legato alle obbligazioni senior con scadenza a cinque anni di Deutsche Bank, denominato in dollari.
Cds: un mercato in caduta libera dal 2008. Vale $3,8 trilioni
Un articolo di Reuters scritto da Amanda Cooper mette in evidenza quanto dichiarato da Andrea Enria, il responsabile della Vigilanza Bce sulle banche, che ha messo in evidenza la volatilità recente degli strumenti finanziari relativi a Deutsche Bank, cds inclusi.
“Ci sono mercati come il mercato dei CDS –ha avvertito Enria – che sono molto opachi e molto illiquidi” e che “con pochi milioni di euro portano la paura a espandersi” e dunque a colpire “banche che hanno a disposizione trilioni di euro di asset”, così “contaminando i prezzi dei titoli azionari e, anche, i flussi in uscita dei depositi”.
Dai dati dell’associazione International Swaps and Derivatives Association emerge che il mercato dei CDS, nel complesso, vale attualmente 3,8 trilioni di dollari circa, un valore decisamente inferiore ai $33 trilioni testati nel 2008, nel bel mezzo della crisi finanziaria globale.
Il mercato dei CDS, viene messo in evidenza, è dunque piccolo se paragonato ai mercati azionari, forex e dei bond di tutto il mondo, dove sono più di $120 trilioni i bond oustanding.
Rischio da crisi Lehman Brothers?
I credit default swap sono noti soprattutto per il ruolo ricoperto nella crisi finanziaria del 2008.
L’articolo di Reuters fa proprio i nomi di Bear Stearns e Lehman Brothers riferendosi ad alcune delle banche americane note per aver emesso CDS sugli MBS (strumenti finanziari garantiti dai mutui).
Il rialzo dei tassi Usa per tutto il 2007 e la conseguente carrellata di default sui mutui rese questi strumenti finanziari e altri legati al mercato immobiliare carta straccia.
Risultato: i cds schizzarono, costringendo banche come Lehman e Bear Stears a dover sborsare cifre astronomiche.
C’è dunque il rischio che si ripeta di nuovo quanto accaduto nel 2008?
La risposta è “no”, visto che ” da allora – scrive Cooper nell’articolo pubblicato su Reuters – molto è cambiato”, tra cui l’utilizzo stesso dei cds che, così come molti derivati, è diminuito nel corso del tempo.
Inoltre, va detto che “le attuali turbolenze non riflettono un forte calo del valore degli strumenti finanziari sottostanti ai cds. Più che di rischio reale”, quanto sta accadendo ha a che fare con “la percezione del rischio”.
Nel caso di Deutsche Bank, viene ricordato, i cds sui bond a cinque anni sono arrivati a schizzare fino a oltre 200 punti base, la scorsa settimana, rispetto agli 85 punti base di appena due settimane fa.
Ma in tutto l’ultimo trimestre del 2022, sono stati i cds di Credit Suisse a essere quelli più scambiati sul fronte corporate, con 100 milioni di dollari di contratti oggetto di trading.
Quanto sono pericolosi dunque questi derivati?
Sicuramente tanto da portare Andrea Enria a parlarne.
Tanto che il numero uno della Vigilanza della Bce, nella sua intervista rilasciata ad Handelsblatt, ha lanciato un appello alle autorità finanziarie di tutto il mondo, affinché monitorino più attentamente il mercato dei credit default swap. Che si sarà anche molto ridimensionato rispetto al picco testato nel 2008, ma che è capace di innescare ancora tanto panico sui mercati di tutto il mondo. Con una sola scommessa.