Notizie Notizie Mondo Bce sotto attacco. Ma c’è chi difende Lagarde

Bce sotto attacco. Ma c’è chi difende Lagarde

17 Marzo 2023 13:18

Bce e tassi: la solitudine di Lagarde? Non proprio

Nel Day After il Bce Day, le critiche contro Christine Lagarde si sprecano:

ieri il Consiglio direttivo dell’Eurotower ha annunciato l’ennesimo rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base, facendo scattare di nuovo sull’attenti gli italiani (e tutta l’Europa) già alle prese con la stangata dei tassi sui mutui.

Alert vari sono tornati a riempire le prime pagine dei quotidiani finanziari, amplificati da interventi a stazioni radiofoniche varie.

Dal Premio Nobel Stiglitz al leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, si è levato un vero proprio coro contro l’Eurotower guidata da Lagarde.

A scendere in campo anche l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Eppure qualcuno, Christine Lagarde, l’ha difesa: è stato Mohamed El-Erian, presidente del Queens’ College a Cambridge e advisor di Allianz che, intervistato da Il Corriere della Sera, ha approvato l’ennesima stretta monetaria annunciata da Francoforte:

Il rialzo dei tassi della Bce dello 0,5% è una scelta coraggiosa, sostenuta da solide considerazioni economiche secondo le quali, in questo contesto, la politica dei tassi d’interesse dovrebbe essere indirizzata per controllare l’inflazione e altri strumenti per la stabilità finanziaria. La Bce ha fatto bene a non mischiare le due cose. Spero che sia un esempio per le decisioni della Fed la prossima settimana”, ha detto l’ex numero uno di Pimco.

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Secondo El-Erian, che ha allertato più volte la Fed di Jerome Powell in merito alla necessità di alzare i tassi Usa non di 25 punti base, ma di 50, “la spinta iniziale dell’inflazione è stata lasciata perdurare troppo a lungo e, di conseguenza, è migrata da alcuni prodotti al settore dei servizi, passando per il settore dei beni nel suo complesso. Questa transizione rende l’inflazione più appiccicosa e meno sensibile agli aumenti dei tassi di interesse”.

Mohamed El-Erian ha commentato anche il caso dramma Credit Suisse, che ha piegato i mercati prima dell’annuncio salvifico della Banca centrale della Svizzera, la SNB (Swiss National Bank).

Secondo l’economista, quella liquidità messa a disposizione del colosso svizzero comunque non risolve le questioni relative al modello di business di Credit Suisse.

Il Premio Nobel Stiglitz ammonisce Bce e Fed

Il Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, intervistato da La Repubblica, ha ammonito invece solo la Bce ma anche la Fed di Jerome Powell ricordando che, a suo avviso, non è con il rialzo dei tassi che si combatte l’inflazione.

“Non mi stancherò di ripeterlo: i rialzi dei tassi sono la via più sbagliata per combattere l’inflazione. Sono solo la strada più diretta e sicura per la recessione”.

L’ ex consigliere del presidente Usa Bill Clinton si è così espresso:

La Bce in un certo senso era obbligata ad aumentare i tassi per ridurre il divario con l’America e quindi contenere i rialzi del dollaro, che sono stati fin troppi. Quanto alla Fed, forse possiamo accreditarla di un minimo di resipiscenza perché sembra che alzerà i tassi dello 0,25%, metà di quanto previsto. È già qualcosa”.  Quel che non si perdona alla Fed sono le falle nel sistema di regolazione e vigilanza… quelle che non hanno imposto alle banche medio-piccole degli stress test efficaci e stringenti“.

E qui il riferimento è a quel vaso di Pandora che è stato scoperchiato con il crac di Silicon Valley Bank (SVB)  la banca delle start up californiana caduta in disgrazia dopo aver sofferto una maxi perdita con la vendita del suo portafoglio intasato di Treasuries Usa e titoli garantiti dai mutui.

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E’ stato proprio quel crac a far crollare ripetutamente le borse di tutto il mondo, alla fine della scorsa settimana e, ancora, lo scorso lunedì, nonostante l’intervento arrivato dalle autorità federali Usa, Federal Reserve in primis, per blindare i depositanti dell’istituto di credito , ma anche dell’altra banca che ha fatto crac, la crypto bank  Signature Bank.

Una scelta che è stata considerata indispensabile dal Tesoro Usa guidato da Janet Yellen, per arginare la crisi di fiducia innescata da Silicon Valley, dopo il fallimento del suo piano di aumento di capitale.

E i problemi devono essere piuttosto diffusi in quel mondo delle banche regionali a cui l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra aver dato carta bianca, esonerandolo da un bel po’ di controlli a cui fino a quel momento era stato sottoposto.

La cordata delle banche messa in piedi per salvare ora anche First Republic, a cui hanno deciso di partecipare undici banche, tra cui JP Morgan, Goldman Sachs, Citigroup, conferma come Silicon Valley Bank non sia proprio un caso isolato, almeno nell’industria degli istituti di credito di taglia piccola e media.

E al riguardo Janet Yellen in persona ha già fatto capire che il salvataggio dei depositanti di Svb e di Signature, più che la regola, si confermerà un’eccezione.

Tornando alla Bce e alla Fed, nella sua intervista al quotidiano La Repubblica Stiglitz ha ammonito le banche centrali per la maxi ondata di liquidità che hanno riversato sui mercati finanziari con le politiche monetarie straordinariamente accomodanti lanciate negli ultimi anni, prima che il balzo della crescita dell’inflazione le costringesse a fare un improvviso dietrofront, inaugurando la stagione dei rialzi dei tassi.

“Intanto tutto questo denaro bisognava non averlo mai messo in circolazione – ha fatto notare il Premio Nobel – Un decennio di tassi a zero e di politica monetaria accomodante su entrambi i lati dell’oceano, hanno dato il via libera alle avventure finanziarie più spregiudicate e rischiose. Ne abbiamo in questi giorni degli esempi lampanti” (per l’appunto).

E qui ovviamente i commenti sono rivolti all’altro caso esploso che ha messo in ginocchio i mercati: il caso #CreditSuisse, non una banca regionale Usa come Silicon Valley, ma una vera e propria banca sistemica che, con suo eventuale fallimento, davvero infetterebbe tutto il sistema bancario mondiale.

Fatte le critiche alle banche centrali, Stiglitz, oggi professore alla Columbia University, ha messo in dubbio l’efficacia stessa delle strette monetarie come antidoto contro l’inflazione.

“L’inflazione, ora che inevitabilmente è arrivata si combatte con tutt’altri metodi. Il rallentamento dell’attività dovuto alla fine della grande euforia post-pandemica e alla sciagurata guerra in Ucraina, è da solo un fattore anti-inflazione. E poi vanno incoraggiati gli investimenti produttivi più razionali e sensati, in grado di diffondere anche un certo grado di ottimismo come quelli ambientali”.

No ai rialzi dei tassi, secondo il Premio Nobel che sono la via più sicura non per affossare la fiammata dei prezzi ma per cadere dritti nella recessione.

Bce e tassi, l’ex ministro Tria: non credo che Lagarde potesse fare altro

Dal canto suo, in una intervista rilasciata a La Stampa, l’ex ministro dell’economia Giovanni Tria si è così espresso:

“Francoforte ha tenuto il punto. D’altra parte cosa poteva fare? Chi governa il gioco è la Federal Reserve americana che continua ad alzare i tassi. Anche per cercare di stabilizzare i cambi e limitare di incrementare l’inflazione importata non credo che la Bce potesse fare altro”.

Sul caso Svb, Credit Suisse e il rischio di una nuova crisi bancaria, Tria ha sottolineato che, “in realtà quando i tassi salgono, le banche fanno più affari: basta vedere gli enormi profitti registrati l’ultimo anno dalle banche italiane“.

“Gli istituti casomai si lamentavano quando i tassi erano negativi – ha continuato l’ex ministro – Che ci fossero problemi per il Credit Suisse era noto, la Silicon Valley Bank ha pagato scelte di conduzione. Certo, alzando i tassi si tende a deprimere i valori obbligazionari che fanno parte del patrimonio delle banche. Però la normalità non sono i tassi negativi, tanto più che quelli reali, considerando cioè l’inflazione, lo sono tuttora. La realtà è che la Bce è stata lasciata sola”.