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Bce e tassi: Credit Suisse non frena Lagarde

16 Marzo 2023 15:57

Bce: da Lagarde nessun dietrofront tassi. Il commento su banche Eurozona

La Bce di Christine Lagarde non arretra, annunciando un rialzo dei tassi di interesse dell’area euro di 50 punti base, come preannunciato, e nonostante la paura di una crisi bancaria mondiale in stile 2008, che assilla da giorni i mercati finanziari. Paura scatenata prima dal crac della banca delle start up Usa Silicon Valley Bank (SVB) e poi dai problemi di Credit Suisse, quest’ultima vera e propria banca sistemica.

Nella sessione di ieri, i mercati avevano sperato su un dietrofront della Bce rispetto a quel rialzo dei tassi di 50 punti base che Lagarde aveva deciso di varare da un bel po’ di settimane.

“Il Consiglio direttivo ha deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 3,50%, al 3,75% e al 3,00%, con effetto dal 22 marzo 2023″, ha annunciato la Banca centrale europea.

Ad alimentare le speculazioni su una possibile virata da parte dell’Eurotower era stato il crollo del titolo di Credit Suisse, capitolato nei minimi intraday fino a oltre il 30%, dopo che il principale azionista della banca, Saudi National Bank, aveva escluso l’opzione di erogare ulteriori aiuti all’istituto.

Gli smobilizzi erano stati talmente forti da far scivolare le azioni del colosso bancario svizzero al di sotto della soglia dei 2 franchi svizzeri, per la prima volta nella sua storia.

Il panico era esploso sui mercati di tutto il mondo, che si stavano ancora riprendendo dallo shock SVB, che aveva riportato sui mercati l’incubo del crac di Lehman Brothers e della crisi finanziaria globale del 2008.

Nelle ultime ore, l’allarme Credit Suisse è rientrato, sebbene nessuno scommetta su un risanamento lampo della banca svizzera. Tutt’altro, visto che è stata la stessa Banca centrale svizzera Swiss National Bank (SBN) a farsi avanti, mettendo sul piatto una liquidità aggiuntiva a favore dell’istituto.

L’offerta è stata immediatamente accettata: Credit Suisse ha annunciato nelle ore successive di prendere in prestito dalla SNB fino a 50 miliardi di franchi svizzeri, in un momento in cui continua a portare avanti il suo processo di ristrutturazione, lanciato alla fine del 2022.

Mostro inflazione più pericoloso di mostro potenziale Credit Suisse

I dubbi sul destino di Credit Suisse ci sono eccome. Ma evidentemente, per Lagarde e i suoi, il mostro dell’inflazione è più pericoloso del mostro Credit Suisse e di una qualsiasi eventuale crisi bancaria più ampia.

Anche perchè, lo ha detto oggi la stessa Lagarde parlando con i giornalisti, grazie alle regole che sono state imposte alle banche europee a seguito della crisi del 2008, “il settore bancario versa al momento in una posizione molto, ma molto più solida rispetto a quella che presentava nel 2008”.

Ci sono le regole di Basilea III e altre norme che hanno portato le banche ad aumentare i loro indici di solvibilità, così come altre ancora che hanno indotto gli istituti ad accantonare maggiori riserve per far fronte a eventuali shock di mercato.

Insomma le banche dell’area euro, ha rimarcato Lagarde, sono molto più forti di quanto lo fossero nel 2008.

E in ogni caso, la Banca centrale dispone di tutti gli strumenti per arginare una possibile crisi. Non solo. L’Eurotower potrebbe riuscire a sfornare un nuovo strumento volto a contrastare una eventuale crisi di liquidità, in qualsiasi momento.

“Il nostro staff…ha dimostrato in passato di riuscire anche a essere creativo nel breve periodo, nel caso in cui si dovesse trovare di fronte a quella che potrebbe essere una crisi di liquidità. Ma non è questo ciò a cui stiamo assistendo”.

Bce vede inflazione troppo alta per periodo di tempo troppo lungo

Dall’altro lato, se le banche versano in condizioni di salute migliori, l’economia dell’Eurozona continua a far fronte alla minaccia dell’inflazione, al punto che gli stessi economisti della Bce prevedono “un’inflazione troppo alta per un periodo di tempo troppo lungo“, ha rimarcato Christine Lagarde nella conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi da parte dell’Eurotower.

Si prevede per la precisione un tasso di inflazione, in Eurozona, in media al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025, a fronte di pressioni di fondo sui prezzi che “restano intense”.

Inoltre l’inflazione core, ovvero l’ “inflazione al netto dei beni energetici e alimentari ha continuato ad aumentare a febbraio e gli esperti della Bce si attendono una media del 4,6% nel 2023, livello più elevato di quello anticipato nelle proiezioni di dicembre. In seguito dovrebbe ridursi al 2,5% nel 2024 e al 2,2% nel 2025, via via che le spinte al rialzo derivanti dai passati shock dell’offerta e dalla riapertura delle attività economiche verranno meno e che la politica monetaria più restrittiva frenerà in misura crescente la domanda”, si legge nel comunicato.

Per quanto riguarda il Pil dell’area euro, la Bce ha annunciato che “le proiezioni per la crescita nel 2023 sono state corrette al rialzo nello scenario di base, collocandosi in media all’1,0% per effetto sia del calo delle quotazioni energetiche sia della maggiore tenuta dell’economia al difficile contesto internazionale. Gli esperti della BCE si attendono poi che la crescita aumenti ancora all’1,6% sia nel 2024 sia nel 2025, sostenuta dal vigore del mercato del lavoro, dal miglioramento del clima di fiducia e dalla ripresa dei redditi reali”.

“Allo stesso tempo il rafforzamento della crescita nel 2024 e nel 2025 risulta inferiore rispetto alle proiezioni di dicembre, di riflesso alla politica monetaria più restrittiva”.

Ma non c’è nessun segno meno di fronte ai numeri snocciolati dagli economisti di Francoforte il che rende al momento Lagarde tranquilla sulla resilienza dell’economia dell’Eurozona.

Una resilienza anche a prova di crisi bancaria? Evidentemente sì, per Lagarde.

Dalla Germania l’alert inflazione da profitti

Detto questo, c’è anche chi teme che in realtà la Bce di Christine Lagarde, che già si è mossa troppo tardi per sfiammare la crescita dell’inflazione – sostenuta prima del reopening delle economie post Covid, poi alimentata dai problemi dell’offerta scatenatisi con la guerra in Ucraina – stia in realtà sottovalutando il problema dell’inflazione.

E’ quanto emerge da un articolo pubblicato in Germania, che porterà qualcuno a ironizzare prontamente sul fatto che un commento del genere non sarebbe potuto arrivare se non dai tedeschi ossessionati per motivi storici dalla paura dell’inflazione.

L’alta inflazione nella zona euro è anche causata dall’aumento dei profitti delle imprese. Per alcuni economisti, sembra più probabile una spirale di profitti che una spirale salariale-prezzi. Queste non sono buone notizie per la Bce”, scrive da Francoforte Martin Pirkl, nell’articolo Weshalb die EZB die Inflation unterschätzen könnte .

Viene posto praticamente l’accento sull’inflazione da profitti, che non sarebbe neanche stata monitorata a dovere.

Uno sguardo al deflatore del PIL della zona euro – dove il PIL nominale è correlato a quello reale – mostra che i profitti delle imprese hanno avuto un ruolo non trascurabile nello sviluppo dell’inflazione. Il deflatore del PIL può essere suddiviso in inflazione salariale e inflazione dei profitti, con i profitti in aumento che hanno avuto altre cause oltre agli aumenti dei prezzi. La quota di inflazione dei profitti nell’inflazione totale era superiore a quella dell’inflazione salariale in tutti i trimestri del 2022 (vedi grafico). Tuttavia, l’importanza dei salari è aumentata significativamente alla fine dell’anno”, si legge nell’articolo, che fa notare che “gli aumenti dei profitti sono a malapena menzionati nel dibattito pubblico della Banca centrale europea”.

In sintesi, secondo alcuni economisti, il pericolo maggiore non è tanto una spirale salariale dei prezzi, ma una spirale di profitti che potrebbe intensificare l’inflazione.

Tuttavia, la maggior parte dei modelli economici comunemente usati non tiene conto di questo aspetto. Per questo motivo, gli esperti chiedono alla Bce di monitorare da vicino lo sviluppo dei profitti delle società per evitare di sottovalutare l’inflazione.

L’agenzia di stampa Reuters, ha riportato l’articolo, ha confermato che “finora c’è stata poco discussione in merito all’interno della BCE”, ricordando che  solo Fabio Panetta e Mario Centeno hanno parlato di margini di profitto in aumento”.

E invece, “è importante che la Bce monitori da vicino la questione”, ha sottolineato Markus Demary, economista senior della divisione di politica monetaria e mercati finanziari dell’Istituto di Economia Tedesca (IW) di Colonia.

Segnale di pausa tassi da Christine Lagarde?

Dall’altro lato, si insinua sui mercati, a dispetto della stretta monetaria varata oggi, la speranza che la Bce possa essere in realtà vicina a dire stop al rialzo dei tassi.

Lo fa notare Katharine Neiss, Chief European Economist di PGIM Fixed Income, che mette in evidenza alcuni aspetti meno hawkish arrivati oggi da Francoforte:

“La decisione odierna della Bce contiene tutti gli elementi chiave delle nostre attese”.

Tre le osservazioni principali di Neiss.

  • In primo luogo, (la Bce) si è attenuta al ben noto rialzo di 50 pb per far fronte all’inflazione. Allo stesso tempo, però, l’ultimo annuncio riconosce le recenti turbolenze dei mercati finanziari non suonando dunque stonato.
  • In secondo luogo, non è stata fatta alcuna menzione all’accelerazione dell’andamento del QT oltre il secondo trimestre, che a mio avviso è la decisione giusta. Inoltre, sono state fornite rassicurazioni sugli strumenti di liquidità e sulla supervisione regolamentare e di vigilanza all’interno dell’Area Euro.
  • In terzo luogo, la dichiarazione contiene un notevole spostamento verso un tono più dovish, sottolineando la dipendenza dai dati e rinunciando a segnalare successivi rialzi dei tassi”.

Per la responsabile economista di PGIM Fixed Income si tratta di un passo importante:

“Si tratta di un cambiamento importante che apre le porte alla possibilità che questo rialzo sia l’ultimo, almeno per il prossimo futuro. In effetti, un cambiamento nei fondamentali macro potrebbe giustificarlo: in Europa l’erogazione di credito all’economia reale si basa maggiormente sulle banche e quindi, a parità di altre condizioni, le recenti turbolenze si tradurrebbero in condizioni finanziarie più rigide che altrove. Inoltre, secondo l’ultima indagine sui prestiti bancari della Bce, le condizioni finanziarie si stavano già rapidamente irrigidendo e l’economia interna non si sta surriscaldando come quella Oltreoceano”.

QT: confermato (per ora) lo status quo

Nella riunione odierna, il Consiglio direttivo ha esaminato anche la questione che tanto spaventa i titoli di stato dell’area euro, soprattutto quelli che hanno beneficiato in passato dello scudo del Quantitative easing, ovvero il QT-Quantitative Tightening.

Il portafoglio del PAA (termine tecnico utilizzato per far riferimento proprio al QE) si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, dato che l’Eurosistema reinveste solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza – si legge nel comunicato dell’Eurotower, che dunque conferma come la Bce abbia iniziato a smobilizzare la quantità di bond sovrani che ha in pancia – Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo”.

La Bce ha indicato, anche, che “per quanto riguarda il PEPP (pandemic emergency purchase programme o anche QE pandemico), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024″.

In ogni caso – ha precisato Francoforte – la futura riduzione del portafoglio del PEPP sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria. Il Consiglio direttivo continuerà a reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del PEPP, per contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria riconducibili alla pandemia”.

Stavolta nessuna guidance sui tassi dalla Bce di Lagarde

Eiko Sievert, Director in Sovereign Ratings di Scope Ratings, nella nota con cui ha commentato gli annunci di oggi della Bce, ha messo in evidenza alcuni punti.

A suo avviso, “la crescita dei salari, ora in graduale aumento, manterrà alta la spinta per ulteriori aumenti dei tassi”.

Allo stesso tempo, la view è chela velocità degli aumenti dei tassi rallenterà significativamente quest’anno, poiché l’impatto dell’inasprimento della politica monetaria si ripercuoterà con forza sull’economia, con potenziali implicazioni per la stabilità finanziaria, nonché per il settore bancario e per le finanze pubbliche”.

Da Scope Rating è arrivato in ogni caso l’attenti verso alcuni debiti sovrani: “La combinazione di un margine di manovra limitato per la politica monetaria della BCE e di uno spazio fiscale ridotto per i governi mette sotto pressione alcuni rating sovrani nel 2023”, si legge nella nota.

Va detto che è stata Christine Lagarde stessa, nel corso della conferenza stampa con cui ha commentato le ultime decisioni di politica monetaria della Bce, ad ammettere che il rialzo dei tassi è stato adottato da “una maggioranza molto larga” del Consiglio direttivo. Il che significa, che l’unanimità non è stata raggiunta.

La numero uno dell’Eurotower ha precisato che tre o quattro esponenti del Consiglio si sono opposti alla decisione, probabulmente in quanto, a suo avviso, probabilmente volevano avere a disposizione più tempo per monitorare gli sviluppi nel settore bancario.

A dispetto delle rassicurazioni su un sistema bancario europeo ormai solido, è evidente come un cambio di rotta, da parte di Christine Lagarde, ci sia stato. Stavolta non è stata data alcuna guidance sui tassi. Il che porta diversi analisti a ritenere che Credit Suisse e l’evolversi degli sviluppi del settore bancario sarà un elemento fondamentale, da cui Francoforte, anche nella sua lotta contro l’inflazione, non potrà prescindere.