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Banche ricche con Bce ma avare con conti correnti

Pubblicato 28 Febbraio 2023 Aggiornato 1 Marzo 2023 09:10

Banche più ricche grazie alla Bce. Ma tassi sui depositi rimangono bassi

La Bce alza i tassi: ottima notizia per le banche, ma meno per i correntisti, che continuano a percepire interessi sui loro depositi alquanto risicati. Tanto che la stessa Christine Lagarde, presidente della Bce, ha inviato un messaggio ben preciso al settore del credito:

La mia speranza, visto che desideriamo che la trasmissione monetaria interessi l’economia, è che le banche riflettano i rialzi dei tassi di interesse anche nel modo con cui remunerano i depositi. E questo perché si tratta di qualcosa che dovrebbe avvenire”.

In Italia la questione dei rendimenti sui conti correnti che rimangono bassi è stata già affrontata da più parti.

Ieri si è fatto risentire il sindacato dei bancari FABI guidato da Lando Maria Sileoni, attraverso l’articolo dell’inserto Affari & Finanza del quotidiano La Repubblica.

Titolo dell’articolo: “Troppi soldi fermi sui conti correnti. Così volano i proditti delle banche”

Così Sileoni:

“La forbice dei tassi bancari ha avuto un andamento anomalo nell’ultimo anno. L’aumento degli interessi sui prestiti è stato sei, sette volte maggiore rispetto agli interessi sui conti correnti. Vuol dire che le banche hanno utilizzato l’aumento del costo del denaro molto a loro vantaggio e poco per restituire benefici alla clientela. Questa scelta dipende dalla volontà degli amministratori delegati di aumentare i ricavi e sopratutto gli utili del 2022, per poi distribuire importanti dividendi agli azionisti, come è stato. Ne prendiamo atto. Per quanto riguarda il rapporto con la clientela, ci sarebbe da fare qualche osservazione critica, tuttavia riteniamo questa situazione molto positiva per poter chiedere importanti aumenti economici col nuovo contratto nazionale dei bancari“.

Conti correnti: zavorre spese e inflazione divora risparmi

Tra l’altro, i conti correnti fanno fronte anche a un’altra minaccia: quella dell’inflazione divora risparmi.

E tutto questo a fronte, anche, di un boom delle spese per i conti correnti, soprattutto di un tipo specifico.

Insomma, non si può dire che per i correntisti italiani, alle prese già con il caro energia, la situazione sia semplice:

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Nel caso dell’Italia, oltre all’aumento delle spese per la gestione dei conti correnti, oggetto di discussione è il fatto che le banche non stiano trasferendo in modo adeguato ai clienti il vantaggio da esse percepito dai ripetuti rialzi dei tassi di interesse della Bce: vantaggio inciso nelle trimestrali appena diffuse relative al quarto trimestre del 2022 dalle varie big UniCredit, Banco BPM, Intesa SanPaolo, Banco BPM e dalla stessa Mps.

Boom tassi mutui. Ma remunerazione conti correnti non si adegua

Questi i numeri che sono stati diffusi dall’Abi nel rapporto relativo al gennaio del 2023, dunque al mese scorso, da cui è emersa, in particolare, l’impennata dei tassi sui mutui per effetto delle ripetute strette monetarie varate dalla Bce di Christine Lagarde.

A gennaio 2023, a seguito dei rialzi dei tassi BCE, i tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento hanno registrato le seguenti dinamiche“:

  • il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 3,51% (3,20% nel mese precedente e 6,18% prima della crisi, a fine 2007);
  • il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è pari al 3,70% (3,55% il mese precedente; 5,48% a fine 2007);
  • il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 3,53% (3,01% il mese precedente, 5,72% a fine 2007).

Questo, “a fronte dei tassi che le banche hanno apllicato alla raccolta bancaria da clientela (somma di depositi, obbligazioni e pronti contro termine in euro a famiglie e società non finanziarie), pari allo 0,65%, (0,61% nel mese precedente) ad effetto”:

  • del tasso praticato sui depositi (conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito), 0,49% (0,45% nel mese precedente), con il tasso praticato sui depositi in conto corrente pari allo 0,17%, tenendo conto che il conto corrente permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento;
  • del tasso sui PCT, che si colloca all’1,30% (1,22% il mese precedente);
  • del rendimento delle obbligazioni in essere, 2,18% (2,12% nel mese precedente)

Il risultato, messo nero su bianco dall’Abi, è che il famoso altro spread che interessa gli italiani, oltre all’altro ben noto spread BTP-Bund, ovvero il margine (spread) fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie, è risultato pari in Italia, nel mese di gennaio, a 286 punti base (259 nel mese precedente; 335 punti base prima della crisi finanziaria, a fine 2007).

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Già qualche settimana fa, la Fabi metteva in evidenza l’anomalia dello spread tra tassi sui depositi e tassi sui prestiti delle banche italiane, presentando i seguenti dati che erano stati ripresi dall’agenzia di stampa Reuters.

“Il tasso medio sulla raccolta bancaria era pari allo 0,50% a settembre 2022, in lieve aumento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, quando il tasso era pari allo 0,45%: in 12 mesi, dunque, una variazione positiva di appena 5 punti base. Nel periodo in esame, i tassi medi sui nuovi mutui, invece, sono passati dal 2,19% al 2,49% con una variazione positiva di 30 punti base”.

E intanto UniCredit & Co. fanno boom in Borsa

Tassi sui depositi dunque fin troppo bassi, da parte di banche che, almeno in questo momento, secondo i critici, hanno poco di cui lamentarsi, e non solo per il boom dei rispettivi NII (margini di interesse) ma anche per l’ottima performance dei titoli in Borsa (conseguenza degli ottimi conti), come ha messo in evidenza un’analisi della Reuters.

Il sottoindice di riferimento dei titoli bancari più importanti in Europa, ovvero lo Stoxx Banks Index, è balzato dall’inizio del 2023 di quasi il 20%, volando al record degli ultimi cinque anni, facendo così del settore bancario quello tra i migliori YTD dell’azionario, insieme ai titoli del settore auto e intrattenimento e viaggi.

Citato come esempio il titolo UniCredit, che ha segnato un rally quest’anno del 35%, sulla scia dell’entusiasmo degli investitori, galvanizzati dalle promesse fatte dal ceo Andrea Orcel su una pioggia di dividendi più ricchi che spetterà loro, del valore di 5,25 miliardi di euro, grazie agli utili conseguiti nel 2022 e a conti record nel quarto trimestre.

dividendi UniCredit
dividendi UniCredit Andrea Orcel

Tra l’altro, questa manna dal cielo dovrebbe continuare, visto che la Bce di Christine Lagarde non è affatto soddisfatta del risultato che finora i suoi rialzi dei tassi hanno prodotto sull’inflazione dell’area euro, che rimane fin troppo alta, ancora, rispetto al target di crescita fissato al 2%.

Hani Redha, gestore di portafoglio globale multi-asset, commenta la situazione in cui versano i titoli delle banche dell’Eurozona, spiegando che “gran parte delle buone notizie relative al rialzo dei rendimenti e al fatto che non sia arrivata nessuna recessione, finora, è riflessa a pieno” nei prezzi delle azioni.

Detto questo,  interpellata dall’agenzia Reuters, l’analista ha ricordato anche che questo è un settore che, “per un periodo di tempo molto lungo, soprattutto in Europa, è rimasto indietro rispetto agli altri”. Il che significa che, sostanzialmente, “i titoli delle banche non sono necessariamente costosi”.

E infatti, dai dati di Refinitiv Datastream, emerge che i titoli delle banche europee vengono scambiati ad appena 0,73 volte il rapporto prezzo-valore di libro, al di sotto della media degli ultimi 20 anni, pari a 1 volta, e a un rapporto molto più conveniente rispetto ai titoli delle banche Usa, che vengono scambiati attorno a 1,1 volte.

Problemi di soldi, in termini spicci, sicuramente non ne ha UniCredit, che sta facendo parlare di sé soprattutto per la proposta di aumentare la paga del ceo Andrea Orcel fino a +40%. Rumor, tra l’altro, che hanno provocato le dimissioni di un’alta figura manageriale e che hanno fatto riscoppiare il caso del compenso forse troppo ricco percepito dall’AD.

A questo punto, visti i miseri rendimenti che percepiscono, i risparmiatori italiani noti per tenere parcheggiati una enorme quantità di risparmi nei conti correnti delle banche decideranno di fare incetta dei prodotti finanziari che le stesse banche offrono?

Nell’articolo di Affari & Finanza vengono riportate le parole di Gianfranco Torriero, vice direttore generale vicario dell’Abi:

“Bisognerebbe ricordare sempre che che un conto corrente non è una forma di investimento dei risparmi ma una piattaforma di una serie di servizi, in particolare transazionali. Oggi paghiamo con il telefonino e l’orologio ma alla base c’è sempre il conto corrente (..) Certo, all’epoca dei tassi zero, lasciare i soldi sul conto aveva un rapporto tra costo e opportunità molto basso, perché le alternative erano ben poco convenienti”.

Ma ora la situazione è decisamente cambiata e “l’offerta bancaria sugli investimenti si è adeguata – sottolinea ancora Torriero – Ad esempio il tasso sui nuovi depositi con durata prestabilita (certificati di deposito e conti vincolati) è passato dallo 0,48% del dicembre 2021 al 2,16% del dicembre 2022. Discorso analogo per le obbligazioni bancarie“.

Risparmi incanalati verso BTP autarchico: il piano del Tesoro

A tal proposito, questo è il momento propizio anche per il Tesoro (governo Meloni) in primis, che può sfruttare il contesto di rendimenti elevati e offrire agli italiani il cosiddetto BTP autarchico, presentando loro un’alternativa a quella, che continua a essere perseguita da molti italiani inconsapevoli, di continuare a tenere la liquidità nei conti correnti bancari che rendono davvero poco.

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Il Tesoro guidato da Giancarlo Giorgetti non ha fatto tuttavia mistero dell’intenzione di aumentare la partecipazione degli italiani al debito pubblico dell’Italia, tanto che è arrivata l’ora anche del nuovo BTP Italia.

Un incitamento alle banche dell’area euro in generale affinché distribuiscano la ricchezza che hanno percepito con le strette monetarie della Bce è arrivato intanto, per l’appunto, dalla stessa Christine Lagarde nelle ultime ore.

Le banche aumentino i tassi sui depositi, visto che tanto stanno beneficiando di quei rialzi dei tassi annunciati e varati dall’Eurotower.

Tassi depositi banche italiane: le previsioni non sono confortanti

Il caso non è stato sollevato tra l’altro soltanto dalla FABI e dalla stampa italiana.

A parlarne anche un articolo di Bloomberg pubblicato sul Washington Post, firmato da Marc Rubinstein.

Nel far riferimento al periodo d’oro che le banche dell’area euro stanno vivendo, anche rispetto alle rivali Usa, e indicando anche la pioggia di dividendi in arrivo per gli azionisti, l’articolo ha fatto notare che, così come non hanno fatto pagare la zavorra dei tassi negativi ai titolari dei conti correnti – negli anni in cui la Bce perseguì la politica dei tassi sotto lo zero – gli istituti di credito non stanno trasferendo sui conti correnti, oggi, il vantaggio dei rialzi dei tassi di interesse di cui si stanno avvantaggiando.

I tassi sono saliti 300 punti base in Eurozona dal mese di luglio – si legge nell’articolo di Bloomberg – E tuttavia, secondo i dati della banca centrale, le banche italiane hanno trasferito sui conti correnti soltanto il 5% degli aumenti, a fronte del 2% trasferito dalle banche spagnole”.

Detto questo, il così noto “deposit beta” dovrebbe secondo gli esperti aumentare – aggiunge Bloomberg -, dal momento che le banche prometteranno remunerazioni sui conti correnti più ricche al fine di ingraziarsi maggiormente la clientela. Anche se poi, si legge ancora:

probabilmente le banche italiane trasferiranno soltanto il 30%-40% dei rialzi dei tassi complessivi di cui hanno beneficiato (ai conti correnti) entro la fine del 2023, mentre il trasferimento delle banche spagnole sarà del 20-25%”.

Davvero poco, rispetto a quanto stanno guadagnando.