Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi Giappone: inflazione farà scattare BoJ? Per ora scatta Tokyo con più bond

Tassi Giappone: inflazione farà scattare BoJ? Per ora scatta Tokyo con più bond

24 Novembre 2023 13:44

Gli ultimi numeri relativi all’inflazione in Giappone ripropongono alla comunità degli economisti la solita domanda che trader e investitori si stanno facendo almeno dal 2022: quando arriverà l’annuncio della grande svolta della politica monetaria della Bank of Japan, ancora ostinatamente dovish? Quando finirà, soprattutto, l’era dei tassi negativi?

In Giappone, sebbene a ritmi ancora contenuti, la crescita dell’inflazione continua a confermarsi superiore al target del 2% della Bank of Japan da 19 mesi consecutivi.

Oltre che con il dato relativo all’inflazione, il Giappone si mette in evidenza oggi anche con l’ok che la Camera bassa ha dato al piano del governo Kishida volto a blindare le famiglie e le imprese proprio dalla spina dell’inflazione.

L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo continua intanto a inanellare nuovi record: oggi il listino ha chiuso in rialzo dello 0,52%, salendo a quota 33,625.53 punti, record degli ultimi quattro mesi, ovvero dal 3 luglio scorso.

Giappone: inflazione accelera il passo. Quando parola fine BoJ a tassi negativi?

Partendo dal dato relativo all’inflazione, oggi in Giappone è stato reso noto l’indice dei prezzi al consumo relativo al mese di ottobre.

Dopo il rallentamento di settembre, la crescita dell’inflazione core è tornata a salire, rafforzando le speculazioni degli investitori su un cambio di rotta magari più imminente da parte della Bank of Japan.

L‘indice CPI headline è salito del 3,3% su base annua, rispetto al rialzo del 3% atteso dal consensus degli analisti, accelerando il passo rispetto al +3% di settembre.

L’attenzione dei mercati si è focalizzata sul dato core, ovvero su quello che esclude nel caso del Giappone i prezzi dei beni alimentari freschi.

Il dato è salito su base annua, a ottobre, del 2,9%, rafforzandosi rispetto al +2,8% di settembre, mese in cui il trend si era attestato al livello inferiore al 3% (ad agosto il rialzo era stato pari a +3,1%) per la prima volta dall’agosto del 2022.

Il ritmo di crescita, inoltre, è stato superiore al target dell’inflazione della Bank of Japan, pari al 2%, per il 19esimo mese consecutivo.

Come fa notare un articolo di Reuters, la BoJ (Bank of Japan) continua a insistere tuttavia sul fatto che le pressioni inflazionistiche, nel paese, sono sostenute al rialzo soprattutto dai prezzi delle commodity più alti e dalla debolezza dello yen, e non dai prezzi dei beni in crescita supportati da una domanda delle famiglie più forte, oppure dalla crescita dei salari.

Non per niente è lo stesso governo capitanato dal premier Fumio Kishida a fare pressioni sulle imprese affinché aumentino i salari e gli stipendi, consentendo così ai consumatori di compensare l’effetto negativo esercitato sul loro portafoglio dall’inflazione.

Occhio anche all’indice CPI core core del Giappone (che esclude i prezzi dei beni alimentari e dei beni energetici), che ha riportato a ottobre un aumento del 4%, rallentando il passo rispetto al +4,2% di settembre, ma rimanendo attorno alla soglia del 4% o a un livello superiore per il settimo mese consecutivo.

La BoJ di Kazuo Ueda ha confermato finora la propria impostazione estremamente accomodante, imperniata sulla politica di tassi negativi (ripetutamente lasciati invariati al -0,1%) e sul controllo della curva dei rendimenti (YCC – Yield Curve Control).

Qualche modifica, va detto, c’è già stata, come emerge dall’ultimo meeting della Bank of Japan,  in un contesto in cui la Banca centrale del Giappone continua a manifestarsi mosca bianca tra le banche centrali dei paesi avanzati.

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Interpellata dall’agenzia Reuters, Yoshimasa Maruyama, responsabile economista della divisione dei mercati di SMBC Nikko Securities, ha affermato di prevedere che “la Bank of Japan porrà fine alla politica di tassi di interesse negativi, rimuovendo il controllo sulla curva dei rendimenti, nel mese di aprile, quando sarà stato raggiunto un accordo sui salari e sulla scia, anche, del trasferimento dei costi più alti sui prezzi, da parte delle imprese”.

Il governatore Kazuo Ueda finora ha cercato di smorzare le scommesse dei trader su una svolta hawskish della banca centrale del Giappone.

La scorsa settimana, il banchiere ha affermato che, “per ora, la Bank of Japan dovrà reiterare la sua politica monetaria espansiva in modo paziente”, aggiungendo che “il destino degli stessi acquisti di ETF che la BoJ porta avanti sarà discusso in concomitanza con la decisione relativa alla strategia di uscita dall’attuale politica accomodante” ancora in atto.

Ueda ha precisato che la Bank of Japan dovrà verificare la dinamica rialzista dei salari, prima di apportare modifiche alla sua politica monetaria, aggiungendo che il trend debole dei consumi sembra complicare  per ora un qualsiasi cambiamento ai tassi di interesse e a quella politica di controllo della curva dei rendimenti.

“Valuteremo la fine della politica del controllo della curva dei rendimenti e dei tassi negativi nel momento in cui potremo aspettarci un tasso di inflazione che centrerà in modo stabile e sostenibile il nostro target del 2%”, ha detto Ueda la scorsa settimana, nella sua audizione al Parlamento del Giappone.

Giappone: boom Borsa e tassi. Ma da Tokyo nuovi bond per 9 trilioni yen

In generale, l’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo conferma il trend positivo del 2023, continuando a oscillare attorno ai livelli degli ultimi 33 anni, praticamente dagli anni ’90.

Qualche giorno fa un articolo di Reuters ha messo in evidenza come la borsa di Tokyo sia scattata di oltre l’8% dall’inizio di novembre e di quasi +29% dall’inizio dell’anno.

Buy anche sul Topix, in crescita del 26% circa YTD, tra l’altro con un rapporto P/E pari ad appena 14 volte, rispetto alle 23 dello S&P 500 e a quasi 29 del Nasdaq.

A correre sono stati però quest’anno anche i tassi dei titoli di stato giapponesi, con quelli a 10 anni che, all’inizio di novembre, sono scattati fino allo 0,970%, al record dal 2013, ovvero degli ultimi 10 anni, livello tra l’altro superiore di più di quattro volte rispetto a quello del mese di marzo.

L’alert sui costi di servizio del debito in rialzo anche in Giappone, tra l’altro paese tra i più indebitati del mondo, rilanciato da alcuni economisti, non ha impedito però oggi al Parlamento giapponese di approvare il piano del governo Kishida che prevede l’emissione, tra le altre cose, di nuovi titoli di stato per un valore di 8,9 trilioni di yen.

Obiettivo: finanziare un pacchetto di aiuti che prevede tagli temporanei alle tasse sul reddito, aiuti alle famiglie caratterizzate da redditi bassi e sussidi volti a rendere meno onerose le bollette di gas ed elettricità che stanno angustiando da un po’ i consumatori giapponesi.

Questo, a fronte di un debito che ha una dimensione pari a due volte e mezza quella del Pil del Giappone, superiore al 260% del Pil.

Ma, oltre all’ulteriore emissione di bond per un valore di quasi $9 trilioni di yen, che porterà l’emissione totale dei titoli di stato di questo anno fiscale a 44,5 trilioni di yen, il governo ha proposto anche stimoli fiscali per un valore di quasi 2 trilioni di yen per sotenere l’industria dei chip.

Il tutto fa parte dell’extra budget approvato oggi dalla Camera bassa, per un valore di 13,1 trilioni di yen (comprensivi di 5 trilioni di aiuti a famiglie e imprese), equivalente a 88 miliardi di dollari.

Nel frattempo, il mercato mondiale dei bond già guarda con ansia a quelle che potranno essere le conseguenze della fine della politica extra accomodante della Bank of Japan.

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